La misura giovani tra nuovo Regolamento sullo sviluppo rurale e prime evidenze dell’applicazione 2000-2003

La misura giovani tra nuovo Regolamento sullo sviluppo rurale e prime evidenze dell’applicazione 2000-2003
a Università della Tuscia, Dipartimento di Economia Agroforestale e dell'Ambiente Rurale
b Università di Torino, Dipartimento di Economia
c Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
d Associazione Alessandro Bartola (AAB)

Premessa

La misura che stanzia aiuti a giovani che si insediano per la prima volta in qualità di imprenditori agricoli è una misura importante nell’ambito delle politiche per lo sviluppo rurale. E’ importante, innanzitutto, in quanto tocca aspetti particolarmente critici dell’agricoltura europea, quali sono la spinta senilizzazione dell’imprenditoria agricola e la mancanza di un adeguato turn-over generazionale; con i problemi connessi di competitività, scarso dinamismo e progressivo abbandono di risorse (temi che formano oggetto di approfondimento di altri tre contributi in questo numero).
Ma questa misura è anche importante in quanto assorbe una quota non irrilevante di risorse finanziarie. Sono stati destinati a questi interventi, dal complesso delle regioni italiane per la programmazione 2000-2006, circa 826 milioni di Euro, su un finanziamento totale per lo sviluppo rurale di poco meno di 14 miliardi (in termini relativi si tratta di una quota del 6% circa). Inoltre, i beneficiari di questo aiuto sono stati, sempre con riferimento all’Italia e allo stesso periodo di tempo, molto numerosi: 26.843, un numero di poco inferiore a quello dei beneficiari degli aiuti erogati per effettuare investimenti aziendali. Anzi, considerando che quasi la metà dei beneficiari degli aiuti agli investimenti sono stati proprio giovani che, contemporaneamente, usufruivano del premio di primo insediamento, è possibile affermare che i beneficiari della misura per il primo insediamento sono molto più numerosi (quasi il doppio) di quanti hanno ricevuto solo gli aiuti per effettuare investimenti.
Se, alla luce di quanto appena detto, si considera che questa misura è stata, ed è, oggetto di critiche, sia sotto il profilo della sua efficacia che sotto quello dell’equità (al riguardo si veda anche Agriregionieuropa n.0, marzo 2005), si può facilmente comprendere come una valutazione, per quanto preliminare e meramente qualitativa, delle novità che verranno introdotte con il nuovo Regolamento sullo sviluppo rurale, non può prescindere da una lettura di quanto sin qui verificatosi.
Con questa nota si vogliono offrire alcune riflessioni su questi due piani, tra di loro strettamente collegati. In primo luogo, verranno discussi alcuni aspetti dell’applicazione della misura che stanzia aiuti economici ai giovani che si insediano per la prima volta come imprenditori agricoltori (di seguito, brevemente indicata come “misura giovani”). La discussione si riferisce ai dati relativi ai primi quattro anni della programmazione 2000-2006. Oltre ad alcuni primi dati aggregati nazionali, per un maggiore approfondimento, e a solo titolo di esempio, vengono presentati alcuni dati campionari riferiti a tre aree dell’Italia centrale: la regione Marche, la provincia di Viterbo e quella di Grosseto. Per analisi più sistematiche e di maggiore dettaglio bisognerà attendere l’aggiornamento dei rapporti di valutazione intermedia sui PSR regionali che verranno presumibilmente divulgati a fine anno dagli enti valutatori indipendenti. Con l’auspicio, s’intende, che questi forniscano sempre più informazioni effettivamente utili ad una valutazione sostanziale, più che formale, dell’applicazione della misura e dei suoi effetti.
In secondo luogo, limitatamente alla “misura giovani”, verranno brevemente illustrate e discusse le novità contenute nel testo del Regolamento per lo sviluppo rurale, approvato dal Consiglio Agricolo dell’UE lo scorso 20 giugno. Il testo si chiude con la presentazione di alcuni spunti per una valutazione critica dell’intervento ed alcune considerazioni conclusive di carattere propositivo.

L’applicazione della “misura giovani” in Italia

Nell’arco dei quattro anni che vanno dal 2000 al 2003 1 la “misura giovani” ha portato all’insediamento di 26.843 imprenditori agricoli aventi meno di 40 anni, i quali hanno beneficiato mediamente di 18.000 Euro, perlopiù erogati sotto forma di un premio unico. Un primo aspetto da considerare, per impostare una valutazione sull’efficacia della misura, è se si tratta di un numero di nuove aziende significativo rispetto al numero delle aziende che ogni anno escono di scena. Nel corso degli anni novanta (precisamente tra il 1990 ed il 2000, le due ultime scadenze censuarie), il numero delle aziende agricole italiane si è ridotto mediamente di 42.800 unità all’anno (pari a –14,2% nel decennio), un tasso non troppo distante dal trend di lungo periodo. In definitiva, potremmo in prima approssimazione dire che, ogni anno, in assenza della misura giovani, avremmo avuto un’ulteriore morìa di aziende valutabile attorno alle 6.700 aziende ogni anno, pari al 15% di riduzione in più.
Si tratta di una cifra che, pur essendo insufficiente ad arginare il processo di contrazione delle unità produttive, non appare a prima vista del tutto insignificante. Queste 6.700 nuove aziende all’anno potrebbero rappresentare un patrimonio significativo di nuove acquisizioni se si trattasse di aziende relativamente grandi, sia in termini di uso delle risorse (terra in primo luogo) che in termini di reddito prodotto. Purtroppo i dati ad oggi disponibili a livello nazionale non comprendono le caratteristiche strutturali delle aziende che hanno beneficiato dell’aiuto, per cui non è possibile avanzare alcun tipo di considerazione in questo senso, per lo meno a livello aggregato.
Qualche riflessione al riguardo potrà essere fatta limitatamente alle tre aree per le quali abbiamo una maggiore disponibilità di dati. La SAU media delle aziende dei beneficiari del premio nelle tre aree è di 25 ettari a Grosseto, 21 a Viterbo e 48 nelle Marche; in tutti e tre i casi la classe di ampiezza aziendale più rappresentata è quella tra i 10 ed i 50 ettari. Si tratta, quindi, di realtà notevolmente più grandi rispetto alla media nazionale, anche volendo considerare il solo sottoinsieme delle aziende condotte da giovani meno che quarantenni, le cui aziende hanno un superficie media di circa 7,5 ha di SAU. Sotto il profilo delle dimensioni delle unità produttive, dunque, la situazione dei nuovi insediamenti sembra estremamente positiva.
Tuttavia, naturalmente, quanto detto non è sufficiente ad una valutazione, per quanto qualitativa e preliminare della validità della misura. Occorre spingersi a considerare altri aspetti, a porsi altre domande. In particolare, i circa 27.000 beneficiari del premio corrispondono effettivamente a 27.000 insediamenti di nuove aziende? E, se sì, senza l’aiuto ricevuto, questi giovani avrebbero scelto strade diverse rispetto al divenire imprenditori agricoli? E, ancora: cosa ne sarebbe stato di queste aziende? Sarebbero state destinate all’abbandono nel volgere di breve tempo? Evidentemente la risposta a queste domande rappresenta un altro tassello importante nella valutazione della efficacia della misura.
Purtroppo, per il momento non possiamo che accontentarci di elementi “indiziari” di risposta. Un primo indizio, a nostro parere, è rappresentato dalla provenienza aziendale. Infatti, se il giovane, che si insedia in qualità di conduttore, rileva l’azienda di famiglia, allora si possono verificare le seguenti situazioni tra loro alternative: a) il giovane rileva la conduzione aziendale e non avrebbe potuto farlo senza ricevere l’aiuto; b) il giovane rileva la conduzione aziendale ed avrebbe potuto farlo anche senza ricevere l’aiuto; c) il giovane già di fatto conduceva l’azienda, senza avere assunto formalmente lo status di conduttore (tradizionalmente ciò avviene al momento del ritiro o della scomparsa del genitore titolare); d) la conduzione viene affidata ad un membro giovane della famiglia, ma solo sul piano formale, al mero scopo di accedere al premio dal momento che non si tratta di persona intenzionata, nei fatti, a rilevare l’azienda ed a proseguirne l’attività, in quanto lo sforzo necessario all’insediamento è notevolmente maggiore.
Come si vede, solo nel primo caso la misura risulterebbe efficace. Viceversa, l’insediamento di giovani su aziende di provenienza extrafamiliare si basa, con probabilità molto maggiore, su di una genuina intenzione ed un effettivo impegno verso la nuova attività.
Tornando all’esame dei pochi dati disponibili per cercare elementi di risposta ai nostri quesiti, per quanto riguarda due aree, quella viterbese e quella grossetana 2, sul campione di casi che abbiamo potuto esaminare (si tratta rispettivamente di 33 e 30 beneficiari), si è accertato, rispettivamente, il 68 e l’85% dei casi di provenienza familiare dell’azienda (per le Marche- rappresentate da un campione di 383 beneficiari- il dato non è disponibile). Inoltre, estremamente alta risulta essere l’acquisizione dell’azienda tramite affitto, nella sua totalità o per parte dei terreni: nel 73% circa dei casi nei campioni di Viterbo e Grosseto e nell’85% circa dei casi nel campione marchigiano. Si tratta di valori sorprendentemente alti, soprattutto se si considera la scarsa diffusione dell’affitto in Italia, sia pure considerando la maggiore incidenza che questa forma di possesso dei terreni presenta nelle aziende con conduttori giovani. L’ipotesi più probabile al riguardo è che si tratti di contratti di affitto “fittizi”, stipulati al fine di far risultare il passaggio di gestione. Se confermato, ciò avvalorerebbe l’ipotesi che si tratti, in molti casi, di cessioni che avvengono “sulla carta”, come si è detto, al solo fine di accedere al premio. Ulteriori considerazioni possono arricchire questa ricostruzione “indiziaria” e avvalorare l’idea che l’erogazione del premio non abbia dato luogo ad insediamenti aggiuntivi di giovani imprenditori. I 18.000 Euro mediamente erogati rappresentano una cifra irrisoria se confrontata ai valori fondiari del nostro paese (nella media nazionale, nel 2002, si passava dai 15.000 Euro ad ettaro per un seminativo asciutto, ai 25.000 per quello irriguo); a maggior ragione se si tiene conto dell’entità del capitale necessario per acquisire infrastrutture, macchinari, bestiame, mezzi tecnici, attrezzature informatiche e tutto ciò che serve ad avviare su basi nuove, di maggiore efficienza e competitività, un’attività agricola 3
In particolare, considerando le dimensioni delle aziende che mediamente risultano essere state oggetto dell’insediamento nel campione osservato, 18.000 Euro appaiono del tutto insufficienti a svolgere un reale effetto di incentivo.
In definitiva, l’importo del premio appare come un incentivo inadeguato per attrarre giovani nel settore, ma anche per finanziare loro iniziative che possano trasformare significativamente e rendere competitive le aziende rilevate anche nel caso in cui queste siano di provenienza familiare. Ne segue che, nel caso in cui le aziende siano redditizie, i giovani sarebbero comunque restati, o in alternativa, se i giovani avevano in proprio le risorse necessarie per effettuare le trasformazioni, le avrebbero comunque effettuate. In questi casi l’erogazione del premio è inefficace rispetto all’obiettivo di favorire l’ingresso di giovani e la nascita di nuove imprese vitali: tutto questo sarebbe comunque avvenuto (se non era già avvenuto nei fatti). Viceversa, nel caso di aziende non redditizie, queste sono destinate a restare tali e l’erogazione di un premio di qualche decina di magliaia di Euro non può né dar luogo ad un avvicendamento generazionale all’interno della famiglia per garantire la sopravvivenza nel lungo periodo dell’azienda, né può indurre un ingresso nel settore di imprenditori giovani.
Le cifre prima discusse con riferimento alle situazioni verificatesi frequentemente nelle realtà territoriali sotto osservazione ci confermano una riflessione sulle implicazioni redistributive della misura, già avanzata preliminarmente nel contributo al numero zero di Agriregionieuropa: questi incentivi hanno finito spesso per beneficiare giovani, in un certo senso privilegiati rispetto molti coetanei, sia provenienti da famiglie agricole che extra-agricole, in quanto disponevano dell’ingente capitale necessario per avviare la loro attività professionale. Alla ricchezza posseduta, spesso di provenienza familiare, si è aggiunto questo finanziamento a fondo perduto, per ottenere il quale il possedere già (in famiglia) un’azienda ha costituito titolo preferenziale. Il giovane si viene a trovare in una sorta di “personale circolo virtuoso” nel quale, ancora una volta premia una condizione di status, rendendo più difficile l’accesso ai contributo da parte di altri soggetti.

La misura giovani nel nuovo Regolamento per lo sviluppo rurale

La prima, e forse anche la più scontata, riflessione di carattere generale che viene da fare sul nuovo Regolamento per lo sviluppo rurale riguarda l’assenza di riflessioni esplicite sull’applicazione che le misure hanno trovato fino ad oggi al fine di valutare gli specifici problemi o punti di forza di ciascuna, le necessarie correzioni di rotta e via dicendo. In un certo senso si può notare una qualche “sfasatura” temporale. Tra qualche mese, infatti, saranno pronti e divulgati gli aggiornamenti dei rapporti di valutazione intermedia dei PSR regionali della programmazione 2000-2006.
Aver varato un nuovo testo senza poter riflettere sull’applicazione delle misure nel periodo che si va concludendo rappresenta, in un certo senso, un’occasione perduta: non solo è un elemento di debolezza sostanziale in quanto la revisione delle misure non può beneficiare dell’esperienza trascorsa, ma è anche un elemento di contraddizione interna, nel senso che scredita alla radice lo stesso processo di valutazione; cosa che, naturalmente, non giova alla reputazione di queste politiche. Questo è ancor più vero alla luce del maggior ruolo che, con il nuovo Regolamento -per lo meno sulla carta- si intende affidare a tutto il processo di valutazione. Questo maggiore ruolo è motivato proprio in considerazione della natura estremamente complessa e non automatica di queste forme di sostegno, che rende necessario introdurre un chiaro elemento conoscitivo e di trasparenza della destinazione effettiva dei fondi, della rispondenza ai bisogni di intervento espressi dai diversi soggetti coinvolti, dell’efficacia mostrata dagli interventi stessi, dei loro effetti redistributivi, dell’efficienza e della competenza della macchina amministrativa, e così via. Fatta questa osservazione critica preliminare, anticipiamo che il nuovo Regolamento presenta alcune novità interessanti. In particolare, la misura per il finanziamento dei nuovi insediamenti di giovani agricoltori, che in questa sede ci limitiamo a commentare, è stata modificata in tre aspetti, a nostro giudizio, importanti (in realtà, sembrerebbe esserci un ulteriore elemento di novità, cioè un maggior collegamento fra la misura giovani e quella del prepensionamento, sebbene il testo sia allo stato attuale piuttosto vago al riguardo):

1. Giovani e competitività. Innanzitutto, nella riorganizzazione degli interventi per “assi”, la misura per l’insediamento dei giovani è stata collocata nel primo asse “accrescere la competitività del settore agricolo e forestale sostenendo la ristrutturazione, lo sviluppo e l'innovazione” (articolo n. 4) 4
Questa collocazione definisce inequivocabilmente, e più puntualmente rispetto al passato, l’obiettivo della misura, o per lo meno, l’obiettivo al quale questa è legata in via diretta e principale. L’inserimento di giovani agricoltori è finalizzato a dare all’agricoltura europea nuovi profili di efficienza e competitività. Restano, dunque, fuori, o in secondo piano, gli obiettivi sociali, quali evitare lo spopolamento, presidiare ed “animare” i contesti rurali più marginali; ma anche gli obiettivi ambientali, di tutela del territorio, cura del paesaggio, ecc... Questa delimitazione avrà (dovrà avere, se correttamente recepita) importanti conseguenze nella delimitazione degli ambiti di applicazione e nella selezione dei beneficiari, e, ovviamente, porterà anche conseguenze, in sede di valutazione, nella scelta dei criteri da adottare per valutare gli effetti generati dalla misura.
Rispetto ai primi due punti questo vuol dire che: a) dovranno essere privilegiati i contesti territoriali nei quali la presenza di un’agricoltura competitiva è non solo possibile ma anche auspicabile, nel senso che non si verificano conflitti, sia sotto il profilo economico che ambientale, rispetto ad usi alternativi delle risorse; b) l’erogazione del premio dovrà avvenire sulla base di una maggiore e più specifica selettività delle domande, concentrando gli aiuti a quei soggetti e a quelle aziende in grado di sviluppare (dimostrandolo) una realtà produttiva effettivamente più redditizia e competitiva di quella preesistente. Un aspetto emerso dall’analisi precedente, ma che, evidentemente, diviene ancora più importante se si legano i nuovi ingressi all’obiettivo della competitività, è la necessità di circoscrivere le erogazioni ai casi di ingressi nel settore che siano effettivamente aggiuntivi rispetto a quanto potrebbe avvenire (e ragionevolmente si può affermare che avverrebbe) anche in assenza di incentivi.

2. Il business plan. La seconda novità introdotta riguarda la presentazione di un business plan e la sua approvazione, quale condizione per l’accesso al finanziamento. L’importanza di questo aspetto discende direttamente dall’aver legato l’insediamento all’obiettivo del miglioramento della competitività del settore: è evidente che se si auspicano nuovi insediamenti, affinché questi diano un loro contributo al miglioramento della competitività del settore, questa condizione va comprovata. Si noti bene che non basterà più dimostrare che il giovane si insedia in un’azienda genericamente redditizia (come avveniva fino ad ora) ma occorrerà dimostrare che la redditività dell’impresa rilevata cresca a seguito dell’insediamento; oppure se si tratta di un’azienda formata ex novo, occorrerà mostrare con argomenti convincenti che l’impresa sarà in grado di restare sul mercato remunerando adeguatamente le risorse impiegate.
Si torna, in un certo senso, alla logica del “piano di sviluppo aziendale”. Logica, secondo noi auspicabile in quanto può evitare erogazioni a pioggia che hanno più il sapore di politiche redistributive o di misure volte a “compensare” altre fonti di finanziamento che vanno ad esaurirsi. Una politica di questo tipo è più chiaramente mirata alla rimozione di vincoli strutturali ancora presenti e ad uno sviluppo in senso competitivo della agricoltura europea. Si tratta di un aspetto, a nostro avviso, particolarmente importante in quanto contribuirebbe a limitare una “deriva” che questa misura sembra aver effettivamente preso, come si è mostrato nel paragrafo precedente e come si afferma da più parti, tra cui, ad esempio, anche nel rapporto INEA 2003/2004, Insediamento e permanenza dei giovani in agricoltura, dove si sostiene che in larga parte (86% del campione) i beneficiari sono giovani agricoli già di fatto insediati nelle aziende di famiglia o che si sarebbero comunque insediati, anche in assenza dell’aiuto, senza incontrare consistenti difficoltà.
Tuttavia, l’introduzione del business plan non è priva di alcune insidie e difficoltà tra cui brevemente ci sembra opportuno ricordare: i) il rischio di una eccessiva selettività, che potrebbe portare -almeno alla luce dell’esperienza fatta in passato dal nostro paese con le politiche di ammodernamento strutturale del settore degli anni settanta e ottanta- ad impedire quasi del tutto l’accesso a questi aiuti -anche nel caso di realtà in prospettiva interessanti- e alla conseguente esclusione di larghe fasce della nostra agricoltura da forme di finanziamento comunitario che sono sempre più importanti; ii) il rischio che alcune amministrazioni regionali si possano trovare in difficoltà a reperire le competenze necessarie alla valutazione dei business plan, o che, per paura di non riuscire ad attivare sufficientemente la misura, si generi un meccanismo “al ribasso” di riduzione della effettiva selettività dei criteri adottati; iii) ma anche il rischio “opposto”: che, cioè, il business plan venga interpretato come un ulteriore adempimento burocratico da assolvere, privo di effettivi contenuti specifici in merito a quello che dovrebbe essere il progetto imprenditoriale del giovane che si insedia e di elementi per comprovare la sua validità. Come giustamente osserva la Coldiretti, un aiuto in questo senso potrebbe venire dall’introduzione di una successiva verifica dello stato di attuazione del piano. E, aggiungiamo, noi, da una puntuale definizione dei contenuti che questo piano deve includere, nonché dei parametri da adottare per la valutazione dell’accresciuta competitività.
L’effettivo concretizzarsi o meno dei rischi appena accennati dipenderà, almeno in parte, dalla volontà politica e dalla capacità delle amministrazioni regionali ed in particolare dal dispiegamento, o dall’acquisizione, di specifiche competenze tecniche in questo senso. In ogni caso si tratta di una sfida che è necessario cogliere.

3. L’importo del premio cresce a 55.000 Euro. La terza novità riguarda l’innalzamento dell’importo del premio. Si tratta, a ben guardare, di una conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell’inadeguatezza delle cifre fino ad oggi stanziate. Dunque, sembrerebbe, a tutta prima, di poter salutare positivamente questa novità. Tuttavia, pur se significativo in termini percentuali (il tetto massimo erogabile cresce dell’83% rispetto ai 30.000 stanziati con il Reg. 1783, che a loro volta erano più dei 20-25.000 fissati nel 1999), questa cifra non appare ancora sufficiente a rappresentare un effettivo incentivo all’ingresso nel settore, per lo meno per quanto riguarda la realtà italiana 5
Secondo le osservazioni avanzate nel paragrafo precedente, occorre, ancora una volta, ricordare che se l’importo concesso non riesce ad attivare nuovi ingressi che siano effettivamente tali, di fatto esso si traduce in una sorta di “premio allo status”, ingiustificato ai fini dell’obiettivo della competitività e iniquo dal punto di vista distributivo. Stando così le cose, il giudizio sull’incremento del valore del premio potrebbe giungere a ribaltarsi, per lo meno con riferimento a molte delle realtà agricole europee.

Cosa avremmo voluto trovare nella misura giovani del nuovo Regolamento per lo sviluppo rurale?

Pur senza avere la pretesa di delineare i caratteri che, a nostro parere, dovrebbe avere una misura “ ottimale” di incentivazione dell’imprenditoria giovanile in agricoltura -vale a dire che sia efficace, efficiente, nonché condivisibile dal punto di vista redistributivo-, riteniamo che possa essere utile, in conclusione di questa preliminare valutazione del nuovo Regolamento, offrire qualche brevissima considerazione su alcune correzioni di rotta che, sempre secondo la nostra opinione, sarebbe stato necessario adottare ma che non abbiamo ritrovato nel testo del nuovo Regolamento.
In primo luogo, portando alle sue estreme conseguenze la “logica” del business plan -che, lo ripetiamo, ci sentiamo di condividere pienamente, anche alla luce di un più generale ed auspicabile orientamento delle politiche agricole al sostegno dei comportamenti- riteniamo che sarebbe stata opportuna una trasformazione più radicale dell’incentivo all’insediamento. Attualmente il premio viene erogato in virtù di presunti generici costi di insediamento (che non sono soggetti a verifica) e non a fronte di specifiche spese effettivamente sostenute secondo la logica adottata nella misura relativa agli investimenti.
Secondo noi, avvicinare l’aiuto al primo insediamento a quanto viene oggi fatto per sostenere gli investimenti aziendali, assieme all’obbligo dell’approvazione del business plan, avrebbe il vantaggio di rendere più sicura la destinazione del premio e la sua finalizzazione all’aumento di competitività aziendale. Evidentemente, in questo caso sarebbe necessario introdurre alcuni elementi volti a privilegiare gli investimenti fatti da giovani agricoltori, con quote riservate o con una maggiore percentuale di finanziamento (cosa che peraltro già avviene ma solo in termini di una maggiorazione dell’aiuto) ma anche allargare il ventaglio degli investimenti considerati ammissibili (spese di insediamento, di formazione, aggiornamento, ecc. potrebbero essere incluse). Tutti accorgimenti che sono agevolmente introducibili.
In quest’ottica, il tetto all’importo dell’ aiuto massimo erogabile potrebbe essere utilmente eliminato. Attualmente vi è un valore massimo comune a tutti i paesi e a tutte le situazioni, salvo la limitata possibilità di incremento nei casi previsti. Viceversa, analogamente a quanto accade per la misura di sostegno agli investimenti, si potrebbe fissare una percentuale massima dell’investimento finanziabile dalla misura. Verrebbe così a cadere il vincolo determinato dalla limitatezza dell’incentivo: un piano convincente, anche se costoso, potrebbe essere finanziato (magari, tanto per fare un esempio, si potrebbe legare l’incentivo alla capacità dell’azienda di occupare forza lavoro). Evidentemente, in questo modo il finanziamento del singolo insediamento diverrebbe più costoso (in termini di spesa pubblica) e, quindi, a parità di spesa sarebbe possibile finanziare un minor numero di insediamenti.
Tuttavia, questo non accadrebbe in tutti i paesi; in alcuni dei nuovi membri, verosimilmente, il nuovo insediamento sarebbe unitariamente meno costoso (e così facendo si eviterebbe, tra l’altro, una sovra-compensazione). Inoltre, l’adozione congiunta del business plan e del collegamento tra concessione dell’aiuto e realizzazione di investimenti contribuirebbe ad evitare il finanziamento di insediamenti “fittizi” o di quelli che sarebbero in ogni caso avvenuti e che non comportano incrementi di competitività.
Infine, un ulteriore rafforzamento in questo senso potrebbe venire da una nuova modalità di concessione degli incentivi, non più sotto forma di aiuti a fondo perduto, ma sotto forma di prestiti, magari ad onore, a tasso agevolato, a lunghissimo termine, e via dicendo. Ammettere la possibilità di concedere gli aiuti sotto forma di prestiti avrebbe tre ordini di vantaggi: i) aggirare alcune note difficoltà di accesso al credito, difficoltà che sono particolarmente significative in agricoltura e nel caso di giovani aspiranti imprenditori; ii) vincolare ulteriormente la concessione dell’aiuto ad un progetto per il quale il giovane si sta impegnando fortemente, contribuirebbe, anche per questa via, ad evitare che queste risorse prendano altre strade, estranee all’obiettivo di aumentare la competitività in agricoltura; iii) limitare la crescita dei costi connessi a questa politica, senza pregiudicare l’adeguatezza del finanziamento al quale il giovane può aver accesso, rispetto alle esigenze di impianto di una azienda agricola competitiva sufficientemente redditizia.

La misura giovani è (forse) necessaria ma (sicuramente) non sufficiente

Dopo tutte le riflessioni avanzate nei contributi dedicati al tema della senilizzazione e delle difficoltà di ricambio generazionale in agricoltura -per quanto molte siano di carattere preliminare e costituiscano un punto di partenza per un confronto sul tema- ci sembra di poter affermare che alcuni importanti punti fermi siano stati raggiunti. Qui di seguito vogliamo sintetizzarli molto schematicamente con l’auspicio che possano rappresentare altrettanti punti di partenza per un concreto dibattito:

  • L’insufficiente tasso di ingresso di nuovi imprenditori nel settore agricolo rappresenta una questione della massima gravità e di notevole portata anche sul piano numerico ed in quanto tale richiede uno sforzo di analisi e di intervento anche (significativamente) maggiori che in passato.

  • Rispetto a quanto fatto sin qui, occorre trovare forme più efficaci e meno distorsive di intervento. In particolare, si auspica una maggiore selettività nella scelta dei beneficiari nella direzione della progettualità e dell’impegno effettivo assunto dagli aspiranti giovani imprenditori. In altre parole, ripetendo uno slogan nel quale crediamo molto: occorre un orientamento ancor più deciso rispetto a quanto sin qui fatto, nella direzione del controllo e dell’incentivo dei comportamenti adottati dai soggetti.

  • Ai fini di un intervento più generale che abbia come obiettivo quello di assicurare il ricambio generazionale, è opportuno distinguere tra i due obiettivi specifici di evitare lo spopolamento e l’abbandono (obiettivi più di natura socio-ambientale e meno legati agli aspetti produttivi) e quello più direttamente legato al ringiovanimento quale strada per migliorare l’efficienza e la produttività del settore. Questa separazione è importante perché i due obiettivi riguardano realtà non coincidenti, pur nella ovvia continuità della casistica rinvenibile, distinte e diverse quanto ai territori, ai soggetti potenziali beneficiari, agli incentivi economici ai quali questi rispondono, e così via. Ne segue che una migliore finalizzazione dell’intervento può essere ottenuta calibrando misure specifiche per i due obiettivi.

  • Gli incentivi erogati per favorire l’insediamento di giovani agricoltori andrebbero integrati ed accompagnati da una serie ampia e diversificata di misure volte a superare le notevoli barriere all’entrata che di per sé il premio non è sufficiente ad abbattere. Tra queste, molto sinteticamente, ricordiamo: i) una politica del credito specificamente mirata ai giovani (con forme di credito ad onore, fideiussione, agevolazioni sulla durata e sui tassi d’interesse); ii) una politica di maggiore e più facile accesso alla terra (attraverso favorevoli regimi di successione ereditaria, iniziative volte a favorire la ricomposizione fondiaria anche tramite l’utilizzo di banche dati ed un più agevole ricorso all’affitto, attraverso forme di affiancamento temporaneo tra il futuro cedente ed il futuro rilevatario); iii) servizi specifici di assistenza non solo tecnica ma anche imprenditoriale che siano, in un certo senso, dei veri e propri incubatori di imprese.

  • Infine, vale la pena di ricordare che se la presenza di giovani è auspicabile in quanto portatrice di maggiore dinamismo, di maggiore propensione al rischio, di un maggiore valore del capitale umano (grazie al più alto livello di istruzione dei giovani), è, però, anche vero che il contesto generale esercita un ruolo determinante in questo senso. In altre parole, come si è visto nelle analisi proposte, i giovani tendono a rimanere (o ad entrare) laddove esistono le condizioni e le potenzialità per un’attività remunerativa. Ora, è noto che, nell’attuale fase di organizzazione delle attività produttive e dei mercati, queste condizioni si configurano sempre meno come condizioni esclusivamente interne alle imprese e sempre più come condizioni relative al coordinamento dei soggetti posti lungo le filiere e che interagiscono nei territori a livello locale. Di conseguenza, al fine di attrarre stabilmente giovani imprenditori in agricoltura, assicurando loro ragionevoli livelli di remunerazione, non si può prescindere dalle condizioni di competitività del settore. Tutti gli interventi mirati a quest’obiettivo ed in questo senso efficaci, rappresenteranno anche, indirettamente, un’efficace politica per l’inserimento dei giovani. Al contrario, in presenza di un’agricoltura (o meglio un sistema agroalimentare) nel suo insieme non competitiva, nessuna misura di incentivo all’ingresso di giovani darà risultati positivi e stabili.

  • 1. In questo arco di tempo le dotazioni finanziare sono state in buona parte assorbite dal funzionamento dei PSR, in particolare sembra che in molte regioni per la misura giovani, non si potranno aprire nuovi bandi fino a quando non si passerà alla prossima tornata programmatoria. Questo vuol dire che, ai fini della valutazione che qui si tenta, l’applicazione della misura può considerarsi completata, o comunque in uno stadio molto avanzato.
  • 2.   Si ringraziano per i dati resi disponibili, per la collaborazione e per gli scambi di idee: i servizi agricoli della Regione Lazio (settore decentrato di Viterbo), della Regione Toscana (provincia di Grosseto) e della Regione Marche. Un ringraziamento va anche alla dott.ssa Federica Lamoratta per la paziente organizzazione delle informazioni relative al campione di casi esaminato nella provincia di Viterbo.
  • 3. Si tratta di investimenti necessari nel caso di unità che si configurino come vere e proprie imprese, interessate a stare sul mercato e a remunerare adeguatamente le risorse investite. Evidentemente, il problema della mancanza di ricambio generazionale e dell’abbandono che ne consegue, non è solo un problema di efficienza e di competitività ma assume un profilo altrettanto rilevante in termini socio-ambientali. In questi casi, tuttavia, il problema non si pone tanto nei termini di superare le barriere all’ingresso per rendere possibile l’insediamento ma piuttosto come individuazione degli incentivi sufficienti alla risoluzione dei fallimenti di mercato generati dalla natura di beni pubblici o di esternalità di questi beni e servizi socio-ambientali. Nel nostro discorso teniamo volutamente separati i due ambiti, concentrandoci sul primo proprio perché secondo noi, come verrà ribadito nelle conclusioni, obiettivi e strumenti di politica da adottare nei due casi sono differenti.
  • 4. Ciascun asse corrisponde ad un macro-obiettivo delle politiche di sviluppo rurale. I macro-obiettivi sono tre:
    a) accrescere la competitività del settore agricolo e forestale sostenendo la ristrutturazione, lo sviluppo e l'innovazione;
    b) valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio;
    c) migliorare la qualità di vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione delle attività economiche.
    Come si vede in questa ripartizione vi è un tentativo di separare gli obiettivi più direttamente economici sia da quelli ambientali che da quelli sociali. L’idea che sembra emergere da questa operazione è di rafforzare il rapporto tra obiettivi e strumenti per una maggiore e migliore finalizzazione dell’intervento stesso.
  • 5. A titolo di esempio si consideri che l’importo medio erogato dalla legge italiana per la ricomposizione fondiaria (441/98) è stato approssimativamente di 280.000 Euro (nostre stime su dati INEA, 2005). D’altro canto bisogna anche considerare che in paesi con un mercato fondiario differente ed anche con differente costo del lavoro (come ad esempio alcuni dei nuovi membri dell’UE) l’efficacia incentivante dei 55.000 Euro, o anche di cifre nettamente inferiori, potrebbe senz’altro essere sufficiente.
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