Sviluppo rurale e capitale umano

Sviluppo rurale e capitale umano
L’esperienza Leader
  Istituto Nazionale di Economia Agraria

Introduzione

L’Iniziativa comunitaria (Ic) Leader+, come noto, costituisce la terza fase di un intenso intervento comunitario sullo sviluppo rurale, caratterizzato dal cosiddetto approccio dal basso (bottom up), dalla necessità di operare in partenariato per la realizzazione di Piani di Sviluppo Locale (Psl) che presentino elementi di innovatività e trasferibilità nei territori rurali. Tali elementi sono stati oggetto di studi e riflessioni, in parte condotti sulla base di dati quantitativi rilevati nel corso delle tre edizioni dell’IC, in parte sulla base dei dati qualitativi forniti da interviste, materiale documentale, esperienze raccolte.
La prospettiva di analisi che si vuole adottare in questo breve contributo è quella del capitale umano e sociale. Se, infatti, il paradigma dello sviluppo locale endogeno si basa sulla determinazione locale delle opzioni di sviluppo, sul controllo locale del processo di sviluppo e sullo sfruttamento in loco dei benefici dello sviluppo stesso (Slee, 1992), il ruolo del capitale umano e sociale dovrebbe diventare il nucleo fondamentale di ogni intervento e di ogni conseguente valutazione dei suoi risultati. Per attivare processi di bottom up nelle aree marginali rurali, dovrebbero essere presenti in teoria almeno tre tipi di risorse: un capitale umano competente e altamente qualificato, una rete coesa di soggetti, una leadership capace di mediare tra le diverse esigenze e portare a conclusione il processo stesso. Il focus su tale aspetto, dunque, sembra doveroso.
Come è stata affrontata la questione nell’Ic Leader? Fin dall’inizio è stata messa in evidenza l’importanza del fattore umano e l’esigenza di coinvolgere la popolazione nei processi di sviluppo da attivare nei territori rurali; tuttavia, le modalità proposte nelle tre edizioni e le pratiche adottate non sembrano essere state sempre coerenti con le premesse. Il partenariato (rete coesa di soggetti), ad esempio, è stato imposto come presupposto formale della partecipazione all’Ic, la leadership è stata delegata in molti casi alla sfera politica per quanto riguarda la presidenza dei partenariati (leadership formale) e alla sfera tecnica per quanto riguarda la gestione operativa dei Psl (leadership tecnica). L’accento sulla leadership, inoltre, è stato inteso come importanza di individuare il soggetto o i soggetti con l’idea più originale e innovativa attorno alla quale sviluppare il Psl, concentrando l’attenzione sugli aspetti tecnici del processo (cosa fare, quale innovazione) più che sul processo (come fare, come aggregare i soggetti, come creare un gruppo coeso).

La formazione nel Leader+

Nell’esperienza di Leader+, la formazione è stata vista essenzialmente come uno strumento accessorio ad altri interventi. Ad esempio, nel caso di Psl orientati allo sviluppo del settore turistico, sono stati realizzati corsi di formazione per addetti al turismo, animatori di villaggi, operatori di strutture turistiche, esperti in cucina tradizionale del territorio di riferimento, ecc. Nel caso di Psl orientati alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, sono stati organizzati corsi per operatori ambientali, coordinatori di attività di protezione civile, guide al patrimonio ambientale, ecc. Le attività formative sono state strutturate in maniera tradizionale con relazioni/lezioni di esperti – spesso esterni al contesto territoriale – su argomenti tecnici, stage e/o tirocini, uso di dispense e/o altro materiale cartaceo o digitale.
Anche le modalità di valutazione della formazione sono state generalmente quelle utilizzate nella formazione professionale tradizionale: numero di domande e numero di partecipanti ai corsi, grado di soddisfazione degli stessi, ecc.
Insomma, la formazione è stata vista in maniera funzionale, indirizzata al potenziamento delle competenze individuali, con l’obiettivo di fornire ai partecipanti un maggior grado di occupabilità nel territorio anche in relazione agli altri interventi predisposti. In molti casi, è bene chiarirlo, si è trattato di interventi ben costruiti e ben realizzati, che hanno dato buoni risultati e sono stati considerati positivamente dagli stessi partecipanti. E’ però mancato, nella maggioranza dei casi, un approccio più elevato alla formazione e soprattutto un diverso approccio al capitale umano.
L’impostazione seguita rispecchia infatti l’approccio socio-economico che sta alla base dell’Ic e dell’elaborazione dei Psl, risentendo della mancanza di quella cultura formativa che invece negli anni si è andata costruendo anche in Italia, secondo la quale la centralità di ogni processo di apprendimento/cambiamento deve risiedere nelle persone coinvolte e nel contesto in cui le persone si trovano. In altre parole, la formazione costituisce l’output di un processo di apprendimento che coinvolge gli aspetti culturali (le conoscenze e le competenze delle persone, il sistema dei valori e delle tradizioni, le motivazioni, le aspettative, ecc.) e gli aspetti organizzativi e contestuali, che ne costituiscono le condizioni di realizzazione.
Secondo tale approccio, il corso è solo uno dei modi di fare formazione e di incidere in maniera significativa sul capitale umano (e su quello sociale); sarebbe invece opportuno – quando si parla di adulti e di contesti organizzati – operare in termini di lifewide learning, cioè dell’insieme degli apprendimenti formali, non formali e informali che si realizzano nel corso della vita. Ogni intervento dovrebbe dunque essere inserito in una cornice più complessiva di iniziative, in cui può trovare spazio anche la formazione tradizionale – meglio se a domanda e individualizzata – a patto che sia accompagnata da altre azioni, da altre tipologie di formazione come la formazione a distanza, il project work, l’action learning, e dalla costruzione di progetti reali e realizzabili di innovazione e cambiamento organizzativo e produttivo.

Innovazione e apprendimento

Il cambiamento di prospettiva che dovrebbe interessare le iniziative sul capitale umano negli interventi di sviluppo rurale, dovrebbero – in sintesi – ripercorrere il percorso fatto nell’ambito delle innovazioni in agricoltura. A tal proposito, occorre notare come anche nel campo dello sviluppo agricolo e rurale l’attenzione degli addetti ai lavori si sia progressivamente spostata dalle innovazioni ai contesti, riconoscendo ciò che le teorie dell’apprendimento già da tempo andavano affermando: il fattore interno (le conoscenze, le motivazioni, gli interessi, ecc. del soggetto) incide sul cambiamento in maniera decisiva e molto più incisiva del fattore esterno (l’innovazione, l’informazione, il contenuto, ecc.). Per tale motivo l’accento si pone più di frequente sul modo in cui un’innovazione viene proposta e adottata in un determinato contesto, sugli elementi che caratterizzano il contesto stesso, sugli stili aziendali dei soggetti che rielaborano e introducono l’innovazione, piuttosto che sull’innovazione in sé (Van der Ploeg, 2006). La difficoltà è, nel nostro specifico ambito di intervento, di operare una similitudine tra quanto riguarda l’introduzione di un’innovazione tecnica e un’innovazione che riguarda piuttosto le relazioni e le modalità di lavoro. Se, infatti, lo sviluppo locale endogeno deve far leva su una rete coesa di soggetti competenti (che nei contesti marginali manca) e su una leadership capace di determinare e controllare un processo in loco, occorre offrire l’opportunità alle persone del territorio di formarsi lavorando insieme, magari con il supporto di forme di consulenza e supervisione specifiche nell’ambito di contesti organizzativi ben definiti, in modo da produrre al termine dell’intervento come risultato l’apprendimento e il cambiamento.
Per evitare di far pensare a una completa lontananza dell’esperienza Leader da questi presupposti, occorre dire che comunque in alcuni casi nelle tre edizioni dell’IC si sono avuti interventi che nel complesso hanno tentato un approccio più articolato e complessivo allo sviluppo delle risorse umane e sociali di quello prima sommariamente descritto. Un esempio è il Gal Maiella Verde [link], che ha tentato nel corso degli anni di porsi come soggetto attivatore di risorse non solo finanziarie ma soprattutto umane e sociali attivando iniziative e progetti anche al di là del finanziamento Leader e costruendo una rete di relazioni solida nel territorio, con l’obiettivo di imparare facendo insieme con altri. Il GAL Maiella Verde ha realizzato anche una serie di attività formative indirizzate a soggetti diversi con l’idea di fondo che lo sviluppo avviene se tutti i soggetti di un territorio (imprenditori, giovani, famiglie, scuole, ma anche amministratori locali e funzionari), si muovono nella stessa direzione. E’ importante allora, con forme e su contenuti diversi, coinvolgere tutte le persone che operano e vivono in una data area, fare, cioè, una formazione a tutto campo, non necessariamente finalizzata all’acquisizione di una competenza tecnica direttamente spendibile sul mercato del lavoro, anche perché questo, eventualmente, è compito del sistema formativo nazionale e regionale.

Riferimenti bibliografici

  • Comunicazione CE (2000/C 139/05) del 14 aprile 2000
  • Slee B. (1992), Endogenous development: a concept in search of a theory, Seminario Camar, Chania
  • Sortino A. (2007), L’inquadramento teorico del paradigma dello svilippo rurale endogeno, Agribusiness Paesaggio e Ambiente vol. X (2006): pp. 144-152 [link]
  • Van der Ploeg J. D. (2006), Oltre la modernizzazione. Processi di sviluppo rurale in Europa, Rubettino, Soveria Mannelli (CZ)
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