Il manuale “Economia dell’azienda agraria – Teoria e metodi” di Michele De Benedictis e Vincenzo Cosentino (DBC), ha ormai trent’anni e poiché si tende ad accostare le ricorrenze al proprio vissuto, il lontano 1979 mi riporta al primo incarico di insegnamento presso l’Università della Calabria. I due eventi sono connessi in quanto, non solo fui incoraggiato ad assumere quell’incarico dal Prof. De Benedictis, ma ciò avvenne come conseguenza della tragica scomparsa di Vincenzo Cosentino e Lucio De Angelis. Così il manuale DBC, appena fresco di stampa, arrivò agli studenti calabresi in “prima visione” (ricordo che il corso si teneva nel secondo semestre), placando contemporaneamente le ansie del primo incarico e la voglia di approfondire un argomento sul quale si stavano già orientando i primi passi della mia attività di ricerca. Da allora il DBC ha accompagnato per lunghi anni i miei corsi sulla materia e orientato le mie prime pubblicazioni sull’azienda agraria.
Il manuale, tra i più citati dagli economisti agrari italiani, nei suoi trent’anni ha vissuto momenti di gloria con riconoscimenti internazionali e ristampe, anche se, come ricorda lo stesso Autore, nessuna riedizione. Il DBC continua quindi ad essere un testo di riferimento per tutti coloro che si interessano alle tematiche dell’azienda agraria. Gli strumenti teorici e metodologici proposti costituiscono un bagaglio conoscitivo fondamentale per ogni economista agrario, anche per coloro che utilizzano approcci diversi da quelli proposti nel manuale. Sotto questo profilo, quindi, il DBC rimane un libro fondamentale nella biblioteca di ogni economista agrario. Il fatto stesso che, a trent’anni dalla pubblicazione, ci si interroghi sull’attualità del manuale ne dimostra la vitalità, in un mondo dove un testo universitario difficilmente supera il decimo compleanno. Da questo punto di vista, si può affermare che gli anni del DBC sono ben portati e che l’influenza del manuale sulla disciplina supera quella di molti testi meno datati. Quindi, più che la polvere, direi che sono gli indelebili segni dell’uso a caratterizzare la mia copia del manuale.
Ma non è certamente l’emotività della ricorrenza a sollecitare l’intervento sulle questioni che il Prof. De Benedictis pone in merito ai contenuti e finalità che “debbano oggi caratterizzare un corso dedicato ad esplorare l’area tematica economia dell’azienda agraria”, quanto l’interesse del tema alla luce delle sfide dalla globalizzazione, con ciò aprendo un dibattito sulla pedagogia della materia e, simultaneamente, sull’opportunità di continuare ad impiegare il manuale a fini didattici.
La questione centrale non riguarda “l’obsolescenza” del testo di per sé, ma la creazione di percorsi didattici attuali ed al passo con i tempi. Sotto questo profilo, dalla stesura del manuale sono intercorsi due “fatti” fondamentali che oggi ne limitano la fruibilità come libro di testo: la trasformazione dell’azienda agraria da un “sistema chiuso” ad un “sistema aperto” e la riforma dei cicli universitari (ovvero l’avvento delle lauree triennali e biennali introdotte dal D.M. 509/99 e recentemente modificate dal D.M. 270/07).
Il primo “fatto nuovo” riguarda le caratteristiche fondamentali dell’azienda agraria. Il lungo processo di riforma delle politiche agricole, le trasformazioni dei mercati, le innovazioni tecnologiche ed organizzative hanno radicalmente cambiato la realtà dell’azienda agraria ed il suo ambiente di riferimento. Sebbene la portata del mutamento possa difficilmente essere riassunta in queste poche righe, tuttavia si può affermare che, nel trentennio considerato, l’azienda agricola si è evoluta da un sistema essenzialmente chiuso, dove l’attenzione è rivolta prevalentemente all’interno ed il conseguimento dell’efficienza produttiva è il tema fondamentale, ad un sistema aperto, dove l’interazione con l’ambiente economico esterno si configura come un aspetto centrale dell’attività economica ed il principale fattore di successo od insuccesso. La letteratura economico-agraria ha analizzato nel dettaglio questa trasformazione, descrivendo il tramonto dell’approccio produttivistico, sostituito dalla centralità dell’orientamento ai mercati. Per gli studiosi dell’azienda agraria, questa apertura all’ambiente esterno (mercati, territorio, ambiente fisico) è stata un’autentica rivoluzione copernicana.
Direi che, da un sistema “tolemaico”, dove l’azienda a carattere familiare era il centro dell’Universo, si è passato ad un sistema copernicano in cui l’azienda è una delle tante componenti di un ben più ampio sistema di relazioni articolate sul territorio rurale. Se l’attenzione dell’economista agrario “tolemaico” era concentrata sull’azienda e sui suoi processi produttivi interni, l’economista agrario copernicano pone una maggiore enfasi sul “confine”, spesso labile e indistinto, che esiste fra l’azienda e l’ambiente esterno. I temi di maggior interesse diventano pertanto, le strategie di interazione con tale ambiente, le reti di relazioni, i meccanismi di coordinamento orizzontali e verticali, l’impatto ambientale e, in generale, le modalità con le quali l’azienda interagisce rispetto al territorio.
Le teorie ed i metodi proposti nel DBC descrivono l’azienda astraendola dall’ambiente di riferimento, il quale viene spesso riassunto nel solo vettore (esogeno) dei prezzi, in linea con i postulati neoclassici. La distinzione fra economia dell’azienda ed economia dei mercati (alla Saccomandi) è evidente, e le due “materie” sono nettamente distinte e separate. Da questo punto di vista, il DBC rappresenta il classico manuale “tolemaico”.
La questione, aperta con spirito critico da De Benedictis, riguarda quindi i contenuti di un manuale volto a descrivere prevalentemente il sistema di relazioni dell’azienda e dove l’efficienza dei processi produttivi costituisce solo uno dei tanti temi di studio. Le nuove finalità dell’analisi richiedono una nuova strumentazione metodologica dove l’aspetto relativo alla “programmazione” non può evidentemente costituire l’elemento fondante dell’analisi. Indubbiamente, come suggerito da De Benedictis, l’economia neo-istituzionale e contrattuale offre un insieme organico di teorie e metodi in grado di affrontare queste tematiche e rappresentano forse l’approdo teorico più diretto ed immediato. Tuttavia, tale impostazione non è certamente l’unica in grado di descrivere ed analizzare i fenomeni di interesse: ad esempio, le discipline aziendalistiche offrono numerosi spunti utili: il marketing, il supply chain management, il management strategico sono approcci metodologici, di certo non sconosciuti agli economisti agrari, che potrebbero essere utilmente adottati a fini didattici. Questi metodi, che non si limitano al semplice calcolo di indici o all’elaborazione di documenti di pianificazione, possono costituire un quadro di riferimento teorico all’interno del quale collocare e studiare l’azienda agraria. La feconda contaminazione fra teoria economica e scienze aziendali che Bartola auspicava, rappresenta una frontiera scientifica (e didattica) di sicuro interesse per gli economisti agrari.
Il secondo “fatto nuovo” riguarda i cambiamenti di fondo nell’impostazione della pedagogia universitaria. Il DBC è un manuale scritto secondo i canoni didattici tipici dell’era antecedente alla riforma universitaria “dei cicli” e si pone come riferimento bibliografico per un corso annuale esaustivo e di carattere specialistico. La laurea “quadriennale” infatti si poneva come il livello più alto di formazione, dopo il quale erano possibili solo scuole di specializzazione, come quella di Portici, o l’attività di ricerca all’estero nell’ambito di master o Ph.D. Il laureato che avesse seguito un corso di economia dell’azienda agraria, quindi, doveva acquisire un profilo professionale elevato ed in grado di supportarlo in una futura attività lavorativa a livello direttivo o di ricerca.
La nuova impostazione della formazione universitaria si fonda su una prospettiva completamente diversa: il laureato triennale deve acquisire una formazione “di base” orientata all’inserimento lavorativo e che permetta di orientarsi nei fondamenti della materia. La stessa “adeguata preparazione sui fondamenti di microeconomia” dei laureati triennali è ben diversa dal bagaglio formativo dei laureati quadriennali. Un corso che intenda esplorare l’economia dell’azienda agraria a livello di laurea triennale troverebbe difficoltà ad avvalersi di un manuale per sua natura specialistico come il DBC.
Il nuovo approccio alla pedagogia universitaria sconsiglia, per un corso di laurea triennale, l’adozione di un testo incentrato sull’analisi dei modelli teorici. La nuova filosofia universitaria richiede un approccio più pragmatico, volto a fornire agli studenti gli strumenti necessari per gestire, in un ambito lavorativo, l’insieme delle relazioni che fanno capo all’azienda agraria. Questi due “fatti nuovi” dovrebbero suggerire non “un” nuovo manuale, bensì una pluralità di manuali concepiti per gli specifici destinatari. In particolare appare opportuno distinguere, da un lato, fra lauree triennali e magistrali e, dall’altro, fra corsi offerti da facoltà di agraria e moduli didattici incardinati in facoltà di economia. Rimanendo nell’ambito delle lauree triennali, si può ritenere che gli studenti delle facoltà di economia abbiano una maggiore conoscenza di elementi di gestione aziendale, di diritto ed economia mentre gli studenti di agraria siano più competenti sotto il profilo della gestione tecnica. Inoltre, si può ragionevolmente ritenere che il futuro profilo lavorativo degli studenti di economia sia rivolto a considerare l’azienda agraria come l’oggetto di un’attività professionale-amministrativa o imprenditoriale. Per la maggior parte degli studenti triennali di agraria, invece, l’acquisizione di elementi di economia dell’azienda agraria rappresenta una indispensabile integrazione di una preparazione tecnica.
Tenendo a mente questa distinzione, si può ipotizzare che un testo di riferimento per una laurea triennale in economia sia volto a cogliere le specificità dell’amministrazione, della gestione e del sistema di relazioni dell’azienda agraria rispetto alle imprese di altri settori. In particolare potrebbero trovare collocazione, in un ideale sillabo, le tematiche relative agli aspetti istituzionali (normativa) ed amministrativi dell’azienda agraria, alla gestione delle relazioni commerciali ed alla valorizzazione del ruolo multifunzionale dell’agricoltura.
Un libro di testo per un corso incardinato in una laurea triennale di una facoltà di agraria dovrebbe lasciare un maggior spazio all’acquisizione di elementi di base dell’amministrazione e della gestione aziendale. Gli studenti, infatti, non hanno l’opportunità di acquisire queste nozioni nell’ambito di altre attività formative. L’enfasi del corso dovrebbe essere posta sulla comprensione degli effetti economici e gestionali delle decisioni e sull’elaborazione di criteri economici per guidare le scelte produttive, rimandando la definizione di percorsi formativi incentrati sull’economia agraria ad eventuali approfondimenti specialistici.
La riforma dei cicli porta a privilegiare testi operativi che siano coerenti con gli obiettivi formativi e gli sbocchi professionali dei moduli didattici e dei corsi di studio. L’idea stessa di un manuale di economia dell’azienda agraria che rappresenti una summa del sapere in materia risulta, di conseguenza, poco compatibile con la natura stessa della laurea triennale.
Probabilmente, una tale impostazione risulta più adatta a successivi momenti di studio ed in particolare al futuro terzo livello di formazione: il dottorato di ricerca. A mio avviso, infatti, è il dottorato il momento in cui gli studenti (sia delle facoltà di agraria che delle facoltà di economia) si formano come economisti agrari.
In questo contesto, assume una particolare rilevanza la questione – introdotta quasi incidentalmente da De Benedictis – relativa alla denominazione del manuale; in particolare la prospettiva di intitolare una futura nuova edizione come “Economia dell’Impresa Agraria”, sostituendo il termine “azienda” con un diretto riferimento all’impresa. Questa sostituzione non appare di secondaria importanza, soprattutto qualora venga messa in relazione con il recente dibattito relativo alla distinzione fra aziende agricole che rivestono il carattere di “impresa” e quelle che, per la modesta dotazione fattoriale o per altri motivi, non la rivestono (1). Focalizzare l’insegnamento della disciplina unicamente sulla prima categoria di strutture agricole appare forse eccessivo, soprattutto nell’ambito di una laurea triennale dove, come si è più volte ribadito, lo studente dovrebbe apprendere i fondamenti della materia. Sebbene le “imprese” siano sicuramente l’insieme di maggiore interesse per il micro-economista agrario, le “aziende non-impresa” rappresentano tuttora, ed in ampie aree del nostro Paese, un elemento fondamentale per la comprensione delle dinamiche delle politiche agricole e dello spazio rurale, oltre a costituire una vasta platea di potenziali clienti per le future attività professionali dello studente. Ancora una volta sembrerebbe opportuno mantenere un’impostazione estensiva della materia nelle lauree di base, lasciando ai successivi livelli formativi un approccio più specialistico e legato alla ricerca di frontiera. Di fronte alla sempre maggiore complessità del fenomeno ed alla comparsa di nuove tipologie di azienda agraria, sembra preferibile (almeno nell’ambito della formazione di base) rispondere con un ampliamento del bagaglio metodologico a disposizione, senza cadere nella tentazione di restringere l’ambito di studio per preservarne l’omogeneità.
In conclusione, si può affermare che la lettura del DBC, a trent’anni dalla sua edizione, confermi il carattere di tappa fondamentale nella formazione di un economista agrario, nella convinzione che una seconda edizione avrebbe certamente colto i nuovi orientamenti dell’economia aziendale verso l’evoluzione copernicana o magari, dall’esplorazione del firmamento delle aziende agricole, verso una nuova teoria planetaria.
Note
(1) Il tema meriterebbe un approfondimento soprattutto se si vuole contribuire ex ante agli aspetti definitori in vista del Censimento del 2010. In merito si vedano l’articolo di Sotte e quello di Palombo, Russo, Sabbatini, riportati in bibliografia.
Riferimenti bibliografici
- M. De Benedictis (2008), L’ “Economia dell’azienda agraria”, trent’anni dopo, Agriregionieuropa, n.12. [link]
- Sotte (2006), “Quante sono le imprese agricole in Italia”, Agriregionieuropa, n.5 [link]
- Palombo, Russo, Sabbatini (2007), “La definizione di azienda agricola in vista del Censimento del 2010”, Agriregionieuropa, n.8 [link]