Finestra sul WTO n.10

Finestra sul WTO n.10
a Confederazione Svizzera, Ufficio Federale dell’Agricoltura (UFAG)

La nuova bozza delle modalities

Dopo settimane di attesa, il 19 maggio Crawford Falconer, l’ambasciatore neozelandese che presiede il gruppo negoziale per l’agricoltura, e Don Stephenson, l’ambasciatore canadese che presiede il gruppo negoziale per l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli, hanno finalmente fatto circolare le nuove bozze delle modalities, contenenti le formule per la riduzione di tariffe e sussidi in agricoltura e per l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli.
La data del 19 maggio è stata una sorta di “compromesso” tra quei paesi membri che avrebbero preferito aspettare ancora e gli altri; i documenti aggiornano quelli presentati lo scorso 8 febbraio (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). Le modalities presentate allora avevano ricevuto un’accoglienza problematica: Unione Europea e Svizzera avevano richiesto maggiori impegni per la liberalizzazione dei settori industriali nei paesi in via di sviluppo, mentre Argentina e Brasile avevano viceversa richiesto ai paesi industrializzati maggiori concessioni nel settore agricolo. Tuttavia, al documento di Falconer era stato riconosciuto il merito di far luce su una serie di aspetti tecnici fino ad allora rimasti irrisolti e di contribuire a delineare nuove proposte per gli altri.
Nell’attuale bozza delle modalities di Falconer il numero di parentesi quadre, che indicano i punti su cui vi è disaccordo, è stato drasticamente ridotto da 235 a 32, anche se, come indicato nella stessa introduzione, spesso a causa di una semplice riformulazione del testo, che evidenzia la presenza di maggiore convergenza ma in moltissimi casi continua a prevedere diverse opzioni.
Esaminiamo quindi in breve cosa prevede il nuovo documento, per ciascuno dei “tre pilastri” dell’accordo agricolo: sostegno interno, accesso al mercato, sussidi alle esportazioni. Non vi sono molti elementi di novità rispetto ai documenti passati; i maggiori progressi riguardano il tema dei prodotti sensibili, anche se il pilastro dell’accesso al mercato resta comunque il più controverso.

Sostegno interno

Misura aggregata del sostegno complessivo: già nella bozza delle modalities di luglio 2007 (vedi Finestra sul WTO agosto 2007), si era stabilito che i paesi dovessero essere collocati in tre bande a seconda dell’ammontare del proprio Overall Trade Distorting Support (OTDS, dato dalla somma di scatola gialla, scatola blu e clausola de minimis), da essere sottoposte a percentuali di riduzioni progressivamente più alte. Questo in pratica implica riduzioni del [75] [85]% per l’UE, del [66] [73]% per gli USA, e del [50] [60]% per gli altri Paesi. Il Giappone, poiché il sostegno eccede il 40% del valore della produzione agricola, dovrebbe implementare tagli compresi tra quelli dell’UE e quelli degli USA. Il 25% della riduzione totale dovrà avvenire subito (33% per USA, UE e Giappone), per poi ripartire nei 5 anni seguenti le successive riduzioni (“six steps in 5 years”).
Scatola gialla: anche qui, come previsto nelle precedenti bozze delle modalities, non vi sono grandi cambiamenti. UE, USA e Giappone, e altri paesi sviluppati dovranno implementare tagli sulla scatola gialla rispettivamente del 70%, 60% e 45% (anche se il Giappone potrebbe dover implementare tagli del 70%, a causa dell’ammontare dei suoi sussidi). USA, UE e Giappone dovranno realizzare subito il 25% del taglio complessivo, e poi ripartire nei 5 anni seguenti le successive riduzioni; gli altri Paesi dovranno pure effettuare 1+ 5 riduzioni, ma di uguale ammontare. Il periodo base per il calcolo degli importi è costituito dagli anni 1995-2000 in generale e [1995-2004] per gli USA.
Scatola blu: è previsto un limite pari al 2,5% del valore della produzione agricola (con alcune flessibilità per quei i paesi che hanno fatto in passato grande ricorso a questo meccanismo). La scatola blu potrà contenere anche i pagamenti anticiclici statunitensi, regolamentati nell’Allegato A del documento.
Scatola verde: le modifiche da apportare sono descritte nell’Allegato B; in generale, le espressioni utilizzate cercano di rafforzare la trasparenza tra i criteri per l’eleggibilità per la ricezione dei sussidi, e rafforzano le regole sulla selezione di periodi base fissi e immutabili.

Accesso al mercato

Formula generale: in tabella 1 sono indicati i cambiamenti rispetto a quanto indicato nella bozza per le modalities di febbraio (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). Restano immutate le quattro bande in cui verranno suddivise le tariffe secondo la loro entità. Per quanto riguarda le percentuali di riduzione, solo per le fasce più basse viene indicato ora un valore preciso di riduzione.

Tabella 1 - Le percentuali di riduzione tariffaria

 

ad valorem equivalent tariffs

0-20% 20-50% 50-75% >75%
riduzioni [48] [52]% 50%  [55] [60]% 57%  [62] [65]% 64%  [66] [73]

Sono state rimosse le parentesi quadre anche sul 54% indicato come riduzione tariffaria media minima per i paesi sviluppati, anche se viene ora indicata la possibilità di valutare a questo fine anche i maggiori tagli effettuati sui prodotti tropicali e per la tariff escalation, il che consente un po’ più di flessibilità. I paesi in via di sviluppo dovranno implementare riduzioni che restano pari ai 2/3 di quanto deciso per i paesi sviluppati. Alcune eccezioni sono previste anche per i Recently Acceded Members (RAM), proprio in virtù degli obblighi di riduzione tariffaria da loro già intrapresi per entrare a far parte del Wto.
Prodotti sensibili: come già previsto nella bozza di febbraio (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008), ogni paese sviluppato potrà designare fino al [4] [6]% dei prodotti come sensibili (per i paesi in via di sviluppo la quantità è aumentata di un terzo). L’allegato C contiene le metodologie per il calcolo dell’espansione delle quote all’importazione a tariffa ridotta che dovrà accompagnarsi alle minori riduzioni tariffarie rispetto alla regola generale (un terzo, un mezzo o due terzi in meno). L’allegato D spiega come calcolare l’ammontare equivalente di prodotto primario contenuto nei prodotti sensibili a maggior livello di dettaglio nella classificazione HS, cioè ad “8 digit”, a partire dai dati “6 digit”.
Le complesse misure per la determinazione dell’espansione delle quote a partire dai dati sul consumo interno del prodotto riprendono quanto proposto da Australia, Brasile, Canada, Giappone, USA e UE. Quei paesi che hanno più del 30% delle linee tariffarie nella banda massima potranno designare come sensibili il 2% in più di prodotti rispetto agli altri paesi ([6] [8] %), e solo su questo 2% dovranno aumentare le quote all’importazione a tariffa ridotta dello 0,5%.
I paesi sviluppati che, una volta implementati i tagli tariffari previsti, avranno ancora più del 4% delle loro linee tariffarie superiori al 100%, dovranno garantire per tutti i prodotti sensibili un’espansione dello 0,5% delle quote a tariffa ridotta. Questa misura rappresenta di fatto una sorta di compromesso per l’assenza dell’imposizione di un vero e proprio tetto alle tariffe, come richiesto dal Gruppo di Cairns, ma avversato dal G-10 e dall’UE.
Se le quote a tariffa ridotta esistenti già rappresentano rispettivamente più del 10 e 30% del consumo interno del prodotto, la loro espansione potrà essere ridotta dello 0,5 e 1% rispettivamente. Sono infine previste opzioni aggiuntive per i paesi in via di sviluppo.
Tariff escalation: a questo proposito, il testo prevede che le riduzioni delle tariffe su prodotti trasformati siano quelle della banda immediatamente superiore a quella che spetterebbe loro, e che le tariffe della banda tariffaria più alta siano aumentate del 6%.
Prodotti speciali: i paesi in via di sviluppo possono selezionare l’[8]-[20]% delle linee tariffarie come speciali, come previsto nel documento di febbraio. Di queste, dallo [0] al [40]% (cioè lo [0]-[8]% del totale) saranno completamente esenti da riduzioni; le altre dovranno essere ridotte in media del 15%, con un minimo di 12% ed un massimo di 20% ciascuna. Insieme al meccanismo speciale di salvaguardia, questa resta una delle aree più controverse ancora oggetto di discussione.
Meccanismo speciale di salvaguardia: nell’introduzione, viene indicato come uno dei temi su cui vi sono le maggiori divergenze. Il testo di Falconer cerca di semplificare i numerosi punti di disaccordo: vengono presentate due opzioni, che considerano la possibilità di utilizzare criteri meno (più) severi per far scattare il meccanismo, di imporre aumenti tariffari temporanei più (meno) alti e la possibilità (il divieto) di eccedere le tariffe consolidate. Le misure di salvaguardia possono rimanere in vigore per 12 mesi (6 se il prodotto è stagionale). La vecchia Special Agricultural Safeguard, nella pratica utilizzata dai solo paesi sviluppati, dovrebbe essere [eliminata o ridotta all’1,5%] delle linee tariffarie ([3]% per i paesi in via di sviluppo).
Prodotti tropicali, erosione delle preferenze: il testo resta sostanzialmente analogo a quello di febbraio e non include i recentissimi progressi compiuti nelle trattative, che si sono recentemente intensificate tra quei paesi dell’America latina (che promuovono una più decisa liberalizzazione dei mercati per questi prodotti), i paesi ACP (portavoce di interessi opposti), e l’UE. L’obiettivo dei negoziati sembra sia quello di stabilire una lista comune di prodotti che saranno sottoposti a maggiori tagli tariffari o una lista specifica di obblighi per i singoli paesi. Nella bozza delle modalities, la lista dei prodotti che potrebbero essere considerati tropicali è inclusa nell’allegato G.

Sostegno alle esportazioni

È il pilastro meno controverso. Resta indicato il 2013 come l’anno per eliminazione totale da parte dei paesi sviluppati di tutte le forme di sussidio alle esportazione (la metà dovrà essere eliminata entro il 2010; i sussidi del cotone dovranno essere eliminati completamente già dal 2010). Restano da definire alcuni dettagli delle regole che disciplinano crediti alle esportazioni e aiuti alimentari.

Indicazioni geografiche

Non vi è neppure un cenno alla questione, che viene semplicemente inclusa (e tra parentesi quadre, il che significa che potrebbe non essere presente nell’accordo finale) tra gli “altri temi di discussione”.

Prime reazioni

Nel nuovo documento si iniziano quindi a delineare le caratteristiche di un futuro accordo, anche se una serie di questioni sono per loro natura politiche e non semplicemente tecniche, come indicato dallo stesso Falconer, e richiederanno decisioni politiche per essere risolte. La bozza delle modalities per l’agricoltura ha suscitato, come al solito, reazioni controverse. Alcuni paesi dell’UE (Francia, Irlanda, Italia) hanno espresso parere piuttosto negativo, a causa di concessioni commerciali ritenute eccessive e per l’assenza di qualunque cenno alla questione delle indicazioni geografiche (in Italia, questa ha provocato accese reazioni da parte di tutto il mondo agricolo). Critiche ha destato anche l’inclusione tra i prodotti tropicali di alcuni prodotti come arance, limoni, riso.
Anche i paesi ACP e il gruppo del G-33 si sono espressi a favore di una profonda revisione del testo prima che abbia luogo un eventuale incontro di livello ministeriale. La posizione del G-20 è stata tutto sommato meno sfavorevole, anche se non sono mancate le critiche da parte dei singoli membri del gruppo.

Gli altri tavoli negoziali

Anche per l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli le posizioni restano divergenti, a tal punto che il 2 giugno i negoziati sono stati sospesi [link]. Al momento, proseguono tuttavia consultazioni informali. Su quest’area, i paesi in via di sviluppo denunciano richieste troppo pesanti in materia di aperture commerciali, e non controbilanciate da quanto offerto da loro sul tavolo agricolo. Per quanto riguarda invece il settore dei servizi, il 26 maggio Fernando de Mateo, l’ambasciatore messicano che presiede i negoziati, ha reso noto un rapporto sul loro stato di avanzamento che contiene le linee guida da seguire nelle trattative [link]. Infine, il 9 giugno, Manzoor Ahmad, l’ambasciatore pakistano che presiede i negoziati TRIPS, ha fatto circolare un rapporto avente come oggetto la creazione di un registro multilaterale per la protezione di vini e bevande alcooliche. Un secondo rapporto, questa volta del direttore generale Pascal Lamy, tratta invece della possibile estensione della protezione a vini e bevande alcooliche anche ad altri prodotti (appunto, cosiddetta la questione delle indicazioni geografiche), e di brevetti e biodiversità [link]. Le opinioni dei Paesi membri su questi temi sono contrastanti proprio su un punto cruciale, ovvero la loro inclusione o meno nel mandato di Doha e quindi nelle trattative.
La speranza è ora che si giunga, nel giro di qualche settimana, ad una riunione di livello ministeriale in cui finalizzare l’accordo sulle modalities. L’inizio di un “processo orizzontale” di negoziazione, che riguardi cioè i vari temi oggetto di trattativa, dovrebbe infatti concludersi con un incontro dei ministri del commercio dei Paesi membri per ottenere quantomeno un accordo sui temi principali, necessario per concludere il Doha Round entro l’anno. Nei mesi scorsi, a mano a mano che veniva rimandata la circolazione della bozza delle modalities, anche una futura riunione ministeriale è stata rinviata ad aprile, a fine maggio, e infine al mese di giungo. L’attuale situazione sui mercati mondiali, in cui gli alti prezzi delle commodities agricole colpiscono soprattutto i paesi più poveri importatori netti di alimenti, è stata indicata da Pascal Lamy come motivo di urgenza per concludere il negoziato al più presto, contribuendo alla creazione di soluzioni di lungo termine per la crisi in atto [link]. Analogamente, i ministri del commercio dell’Asian-Pacific Economic Cooperation (APEC) hanno invocato una rapida conclusione del Round proprio per migliorare l’accesso al mercato e ridurre le misure distorsive nel commercio agricolo mondiale.
Al tempo stesso, Svizzera e Giappone, grandi importatori agricoli, hanno richiesto che l’accordo di Doha preveda la possibilità di imporre regole più stringenti per disciplinare l’imposizione di tasse all’esportazione, strumento recentemente utilizzato da alcuni paesi come Argentina ed Ucraina proprio per evitare l’eccessivo rialzo dei prezzi interni, ma che chiaramente ha l’effetto indiretto di contribuire all’innalzamento sui mercati mondiali.
La crisi dei prezzi agricoli potrebbe dunque fornire quello slancio politico necessario a concludere il Round, quale tentativo concreto di contribuire alla creazione di un ambiente internazionale più stabile e con regole condivise.

Il nuovo Farm Bill

Nelle scorse settimane è stata inoltre emanata la nuova legge di politica agricola statunitense, il cosiddetto Farm Bill (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). Si ricorderà che Senato e Camera avevano approvato il proprio testo da parecchi mesi, non realizzando alcuna inversione di rotta rispetto ai generosi provvedimenti del Farm Bill del 2002. Il Presidente statunitense da tempo aveva minacciato l’apposizione del veto: nelle parole di Bush, si tratta infatti di proposte che mancano “di riforme nei programmi e di disciplina finanziaria”, in un momento in cui gli alti prezzi mondiali avrebbero viceversa permesso di ridurre il sostegno al settore limitandone il peso sul budget.
Nel frattempo, mentre l’elaborazione di un testo congiunto Camera-Senato (come previsto dalla legislazione statunitense), procedeva a rilento, il vecchio Farm Bill veniva prorogato ancora fino al il 25 aprile, e poi di nuovo per altri sette giorni. Infine, il 16 maggio il nuovo Farm Bill è stato approvato al Senato con la votazione di 81 a 15, dopo che era già passato alla Camera il giorno prima 316 a 108: in entrambi i casi, una maggioranza ben superiore ai 2/3 che servono per rendere inefficace il veto presidenziale. Il veto di Bush è ciò nonostante arrivato il 21 maggio [link]. Poche ore dopo, la Camera ha votato 306-110 e il Senato 82-13 per annullarlo; tuttavia, in modo quasi grottesco considerando il viaggio estenuante che sta caratterizzando questo percorso legislativo, a causa di un banale errore di trascrizione, una sezione di ben 34 pagine mancava dal testo. Mentre alla Camera si è riusciti a correggere l’errore in tempo, ed il veto di Bush può dirsi quindi respinto, così non è stato al Senato, nel quale si aspetta una votazione nel giro di qualche giorno. La legge approvata può però dirsi in un certo senso già definitiva.
Sebbene ben 209 miliardi di dollari dei 307 previsti siano allocati su programmi per l’alimentazione delle fasce più povere, e altre misure siano destinate alla conservazione delle risorse naturali, allo sviluppo rurale e così via, è invece l’11% dei finanziamenti (35 miliardi di dollari), destinato al sostegno degli agricoltori, che desta le maggiori preoccupazioni a livello internazionale, e ha già scatenato le reazioni avverse di numerosi paesi in sede Wto. L’insieme delle misure in atto per la protezione ed il sostegno dei mercati agricoli si mantiene infatti sostanzialmente inalterato, e gli strumenti esistenti per cotone e zucchero in particolare, nonché la nuova Average Crop Revenue Election (ACRE; si stratta di un’assicurazione sui redditi agricoli) sicuramente renderanno più difficile il rispetto degli obblighi stabiliti in sede Wto. A livello politico, inoltre, il supporto bipartisan garantito al nuovo Farm Bill evidenzia il peso delle commissioni parlamentari e quindi delle lobbies agricole interne statunitensi. È quantomeno poco plausibile che un eventuale futuro accordo del Doha Round possa eventualmente essere approvato da un Congresso che ha espresso posizioni così conservative.

Cosa ci aspetta

È chiaro che, ancora una volta, sono molti gli interrogativi sul futuro del negoziato Wto. Non resta che stare ad osservare attentamente quello che accadrà nelle prossime settimane, e come proseguirà il dibattito sulle modalities. Per il terzo anno consecutivo, si sperava nella possibilità di raggiungere un accordo sulle modalities entro la primavera, ma invece, in quello che è stato definito da molti commentatori un dejà-vu, la scadenza potrebbe essere destinata a slittare fino alla pausa estiva, come di fatto è già avvenuto gli anni scorsi, e poi a settembre. E allora, le elezioni presidenziali statunitensi del prossimo autunno, secondo molti la vera scadenza del negoziato in corso, contribuirebbero a rendere il clima politico estremamente incerto. Nelle parole di Pascal Lamy, la crisi economica mondiale, il rialzo dei prezzi agricoli e la “maturità tecnica” raggiunta dai negoziati rendono questo in un certo senso il “momento della verità” del Doha Round.

Notizie: 

Notizie Flash

Disputa sulle banane: il verdetto definitivo del panel condanna l’UE

Il 7 aprile 2008, il panel del Wto ha confermato la sentenza provvisoria (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008) che dichiarava il regime dell’Unione Europea all’importazione delle banane non conforme alla regole commerciali internazionali. L’UE è quindi colpevole di mantenere le proprie tariffe troppo alte e non in accordo con le precedenti sentenze (l’inizio della cosiddetta “guerra delle banane risale infatti al 1996). L’Ecuador, il maggior esportatore mondiale di banane, potrebbe ora procedere all’imposizione di sanzioni commerciali come misura ritorsiva.
Secondo il panel del Wto, il regime comunitario attuale non rispetta le obbligazioni dell’UE secondo la Clausola della Nazione più Favorita (la cosiddetta MFN clause), in quanto non garantisce lo stesso trattamento a tutti i paesi esportatori. L’attuale regime all’importazione dell’UE, istituito in modo unilaterale ad inizio 2006 nell’impossibilità di giungere ad un accordo con i Paesi esportatori di banane dell’america latina, prevede infatti la presenza di una tariffa unica pari a 176 euro/t, e di una quota a tariffa zero di 775.000 t per i Paesi ACP.
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Disputa sul settore del cotone: il verdetto del panel conferma la vittoria del Brasile

Il panel del Wto il 2 giugno ha pubblicato il verdetto che mette fine alla disputa in corso tra Brasile e Stati Uniti circa i sussidi statunitensi sul settore del cotone (vedi Finestra sul WTO agosto 2007), che contribuiscono ad abbassare i prezzi mondiali e consentono ai produttori statunitensi di mantenere una notevole quota del mercato internazionale. Il panel ha rifiutato l’appello degli USA e ha definitivamente dato ragione al Brasile, che è ora autorizzato ad imporre misure ritorsive sulle importazioni USA del valore di un miliardo di dollari l’anno.
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L’Ucraina entra a far parte del Wto

Dopo 14 anni di trattative, il 16 aprile l’Ucraina ha comunicato al Wto l’accettazione dell’accordo che definisce i termini per il suo ingresso, il che, dopo 30 giorni (ovvero il 16 maggio), le ha consentito di diventarne il 152 esimo membro. Le sue esportazioni agricole, chimiche e dei metalli dovrebbero ricevere i maggiori benefici dalle riduzioni tariffarie. La Russia resta quindi oggi l'unica grande potenza mondiale a non far parte del Wto.
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Verso un accordo di libero commercio tra UE e Corea del Sud

Il 12-15 maggio si è concluso il settimo ciclo dei negoziati tra l’Unione Europea e la Corea, iniziati nel maggio 2007 e finalizzati alla creazione di un accordo di libero commercio. L’UE è la maggior destinazione per le esportazioni coreane dopo la Cina e resta il maggior investitore straniero in Corea davanti a Stati Uniti, Giappone e Cina.
Gli incontri hanno avuto per oggetto un ampio numero di temi, tra cui regole d’origine, tariffe sui beni industriali, barriere non tariffarie, standard e certificazioni. Su alcuni temi controversi (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008), come regole d’origine e tariffe per i prodotti industriali, entrambe le parti hanno segnalato un avvicinamento nelle rispettive posizioni. La Corea si è detta disposta a considerare l’ipotesi di garantire maggiore protezione alle indicazioni geografiche dell’UE.
Sono previsti ora una serie di incontri a vari livelli, che includeranno anche la partecipazione del Commissario Europeo al commercio estero Peter Mandelson e del Ministro Coreano per il commercio estero Kim Jong-hoon; il prossimo ciclo di negoziati dovrebbe essere quello conclusivo. Entrambe le parti sperano di riuscire a concludere un accordo entro l’anno, accordo che per la Corea farebbe parte di una strategia commerciale che si va ormai consolidando (ha già firmato accordi bilaterali con Stati Uniti, Cina, Singapore, European Free Trade Association, e un accordo parziale con l’ASEAN), e per l’UE sarebbe il primo FTA firmato con un paese asiatico.
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Disputa USA - UE sulla carne bovina trattata con ormoni

Nel 2004, l’Unione Europea aveva richiesto l’intervento del panel del Wto per verificare la legittimità del mantenimento di sanzioni commerciali a suo carico da parte di USA e Canada, nonostante avesse provveduto a modificare la legislazione sul bando all’importazione di carne bovina trattata con ormoni (si tratta di sei ormoni della crescita, tra i quali per uno in particolare vi è, secondo l’UE, chiara evidenza sul fatto che abbia effetti cancerogeni; per gli altri, cinque, l’UE chiede l’applicazione del principio di precauzione). Nel 1999, infatti (vedi Finestra sul WTO novembre 2007), l’UE non fu in grado di fornire evidenza scientifica sufficiente per giustificare il divieto, ma, appunto, nel 2004 evidentemente riteneva di aver modificato la normativa a sufficienza per essere in regola con il Wto.
Il 31 marzo, il panel del Wto ha stabilito che il divieto europeo all’importazione resta ancora ingiustificato, nonostante le modifiche introdotte nel 2004. Tuttavia, il panel ha ritenuto ingiustificato anche il mantenimento delle sanzioni commerciali da parte di USA e Canada, nonostante l’UE avesse nel frattempo modificato la legislazione alla base del divieto; i due Paesi avrebbero infatti dovuto prima ottenere il via libera del panel.
Paradossalmente, entrambe le parti coinvolte hanno espresso soddisfazione per l’esito della disputa, l’UE chiedendo la rimozione delle misure ritorsive imposte oltreoceano, gli USA e il Canada, viceversa, del bando europeo all’importazione. Tutti e tre i Paesi possono ora ricorrere in appello.
Per saperne di più: [link].

Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie: nuove linee guida sulla “regionalizzazione”

Ad aprile, dopo 5 anni di trattative guidate dalla Nuova Zelanda, le nuove linee guida per la “regionalizzazione” (termine che in questo contesto si riferisce alla possibilità di identificare regioni distinte all’interno dello stesso paese che siano esenti dalle contaminazioni di infestazioni ed epidemie), sono state approvate nel Comitato sugli Standard Sanitari e Fitosanitari del Wto. Le linee guida, entrate in vigore il 15 maggio e non obbligatorie, consentono appunto di poter discriminare tra le varie regioni di un paese che sia colpito da scoppi di infestazioni o epidemie, indicando dei criteri per l’identificazione delle regioni esenti dal contagio; in passato, infatti, le esportazioni del paese colpito venivano completamente bloccate.
Per saperne di più: [link] [pdf].

Riunione ministeriale del gruppo dei Paesi Meno Avanzati

I ministri del commercio dei 49 Paesi Meno Avanzati (PMA), 32 dei quali appartengono al Wto, si sono riuniti a Maseru (Lesotho) dal 27 al 29 febbraio.
Nella Dichiarazione di Maseru vengono sottolineate le priorità dei PMA nell’ambito dei negoziati commerciali multilaterali; per questi paesi non viene sostanzialmente previsto alcun impegno nell’ambito del Doha Round, proprio in considerazione delle loro difficili condizioni economiche.
La Dichiarazione di Hong Kong, si ricorderà, prevedeva la rimozione da parte dei paesi sviluppati (e di quei paesi in via di sviluppo che fossero in grado di farlo) di dazi e restrizioni quantitative a tutte le importazioni provenienti dai Paesi Meno Avanzati, con la possibilità di escludere dal provvedimento il 3% delle linee tariffarie. Secondo i PMA, questa eccezione sarebbe però sufficiente a rendere del tutto inefficace il provvedimento, considerando la limitatissima diversificazione delle loro esportazioni. Essi chiedono quindi l’introduzione dell’obbligo di assicurare che l’accesso libero per il 97% delle linee tariffarie sia “commercially meaningful”, mentre sul rimanente 3% la liberalizzazione sia comunque raggiunta entro la fine del periodo di implementazione del Doha Round.
I PMA chiedono anche la semplificazione delle regole d’origine, accesso libero al meccanismo speciale di salvaguardia, la rapida e sostanziale soluzione della “questione del cotone” (vedi Finestra sul WTO maggio 2007). Su altre questioni, gli interessi dei PMA si trovano ad essere in contrasto con quelle degli altri paesi in via di sviluppo: i primi, infatti, che godono già di accesso libero o comunque di regimi tariffari preferenziali nei mercati dei paesi sviluppati, temono l’erosione delle loro preferenze commerciali, e non vedono di buon occhio una sostanziale riduzione delle tariffe esistenti nei paesi sviluppati, che esporrebbe i loro prodotti alla concorrenza delle esportazioni provenienti proprio dai paesi in via di sviluppo più forti (questo accade, per esempio, per quanto riguarda i cosiddetti “prodotti tropicali”, che in alcuni casi rappresentano commodities chiave per le economie dei Paesi ACP e godono appunto di schemi commerciali preferenziali, per i quali i paesi in via di sviluppo grandi esportatori viceversa chiedono una maggior liberalizzazione (vedi Scheda 2).
Peter Mandelson, Commissario europeo al commercio estero, a Maseru si è espresso a favore dell’integrazione commerciale dei PMA e della riforma sostanziale del settore del cotone, e ha ribadito come un eventuale fallimento del Doha Round, e la perdita di quanto è stato raggiunto in termini di accordo sull’eliminazione dei sussidi agricoli nei paesi sviluppati, andrebbe proprio a discapito dei paesi più poveri.
Per saperne di più: [link].

L’India consentirà accesso libero e senza limitazioni alle esportazioni dei PMA

Ad inizio aprile, l’India ha annunciato che provvederà a garantire accesso libero e senza limitazioni alla maggior parte delle importazioni provenienti dai Paesi Meno avanzati. L’India aprirebbe quindi il proprio mercato al 92.5% delle esportazioni totali dei PMA, tra cui cotone, cacao, canna da zucchero. La Dichiarazione di Hong Kong prevede che i paesi sviluppati (e i paesi in via di sviluppo che ritengono di essere in grado di farlo) eliminino di dazi e restrizioni quantitative a tutte le importazioni provenienti dai Paesi Meno Avanzati, con la possibilità di escludere dal provvedimento fino al 3% delle linee tariffarie (vedi Finestra sul WTO marzo 2006). Il Brasile (vedi Finestra sul WTO febbraio 2007), si è unito volontariamente ai paesi sviluppati nel concedere accesso senza alcuna limitazione alle esportazioni provenienti dai PMA.

Rallentano le trattative per l’accordo di libero commercio tra UE ed India

La conclusione di un accordo di libero commercio tra l’UE e l’India potrebbe slittare al 2009, a causa di alcune divergenze su temi inerenti i servizi, i diritti di proprietà intellettuale, gli appalti pubblici. Si tratta di un accordo che potrebbe arrivare a coprire il 90% del commercio dei beni tra i due paesi, il cui il flusso commerciale è cresciuto fino a raggiungere i 46 miliardi di euro nel 2006. Il commercio con l’UE rappresenta il 20% del totale per l’India, mentre al contrario l’India conta per circa il 2% del totale dell’UE.
L’India dovrebbe riuscire a concludere un accordo di libero commercio anche con il Giappone, entro il 2009.
Per saperne di più: [link].

Sospensione delle trattative commerciali USA - Colombia

Il 10 Aprile, la Camera del Congresso statunitense, a maggioranza democratica, ha votato l’eliminazione delle regole che richiedevano di portare a termine entro 90 giorni l’approvazione del Congresso dell’accordo di libero commercio con la Colombia, di fatto rimandandola a data da definirsi. I negoziati con la Colombia erano iniziati sotto la Trade Promotion Authority del Presidente Bush (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008), scaduta del 2007. L’Amministrazione Bush evidentemente riteneva di poter contare sul voto d’appoggio dei democratici, in virtù del fatto che la Colombia resta uno dei pochi solidi alleati degli USA nella regione; viceversa, i democratici potrebbero non aver gradito questo tentativo, anche considerando l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali. A differenza dell’accordo di libero commercio con il Perù, in cui il consenso dei democratici è arrivato dopo l’inclusione di misure riguardanti la protezione dell’ambiente ed i diritti dei lavoratori, le trattative con la Colombia si sono infatti subito rivelate ben più problematiche, soprattutto a causa delle violenze nel Paese contro i rappresentanti dei sindacati dei lavoratori.

FTA Cina - Nuova Zelanda

In aprile, la Nuova Zelanda è stata il primo Paese sviluppato a firmare un accordo di libero commercio con la Cina. L’accordo copre beni, servizi, nonché flussi di investimenti, e contiene misure anche su lavoro ed educazione. La Nuova Zelanda spera dunque di contribuire ad incrementare le proprie esportazioni verso il paese asiatico, le cui esportazioni rappresentano al momento l’80% del flusso commerciale esistente tra i due paesi.

Nigeria, la mancata firma degli EPA minaccia il settore del cacao

La Nigeria è tra quei (pochi) paesi ACP a non aver firmato gli Economic Partnership Agreements (EPA) con l’Unione Europea (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). A differenza degli altri non-firmatari, la Nigeria ha notevoli rapporti commerciali con l’UE: per la gran parte si tratta di petrolio, per il quale non vi sono tariffe all’importazione ma, al contrario, le esportazioni nigeriane di cacao, per lo più destinato all’UE, si trovano ora a fronteggiare l’aumento delle tariffe per l’accesso sul mercato europeo. In aggiunta agli elevati costi di produzione del settore, ed alla concorrenza dei paesi vicini (Ghana e Costa d’Avorio, appartenenti insieme alla Nigeria alla Economic Community of West African States, che hanno invece firmato gli EPA), ciò sta causando enormi danni al settore.

Schede e Approfondimenti

Scheda 1 - I negoziati sui “prodotti sensibili”

I prodotti sensibili, per i quali saranno possibili minori tagli tariffari rispetto a quanto previsto dalla regola generale, sono sicuramente un punto cruciale del negoziato: alcuni paesi grandi esportatori membri del gruppo di Cairns lo hanno reso ben chiaro, spingendosi ad affermare che ciò che hanno da ottenere col Doha Round dipende proprio dai prodotti sensibili.
I prodotti sensibili sono l’area in cui la nuova bozza delle modalities di Falconer fa i maggiori, seppur comunque limitati, passi avanti (vedi gli Aggiornamenti); il progresso su questo tema, sicuramente uno dei più controversi, è stato senza dubbio facilitato dalle riunioni di cinque paesi esportatori (Argentina, Australia, Brasile, Nuova Zelanda, Uruguay) e sei grandi importatori (Canada, the EU, Giappone, Norvegia, Svizzera, Stati Uniti), detti in modo informale “friends of the chair”, che insieme a partire da settembre hanno cercato di giungere ad un compromesso sulla questione.
Tuttavia, il rilascio dei dati sul consumo interno da parte di Unione Europea, Giappone e Stati Uniti (dati cruciali per la determinazione dell’aumento delle quote all’importazione a tariffa ridotta che dovrà accompagnarsi alle minori riduzioni tariffarie di cui appunto godono i prodotti sensibili), è stato accolto con numerose critiche da parte dei paesi esportatori.
I paesi importatori sono ovviamente favorevoli a che vi sia un maggior livello di dettaglio (“8-digit”, 8 cifre nel codice HS) nella designazione dei prodotti sensibili, che consentirebbe loro di proteggere in modo più efficace prodotti specifici; ma per questo livello di dettaglio non sono in genere disponibili dati sul consumo, per cui si procede all’utilizzo di stime, con metodologie che appunto sono state oggetto di critica da parte dei paesi esportatori. Per il Gruppo di Cairns sarebbe invece preferibile utilizzare dati ad un minor livello di dettaglio (“6 digit”).
È ancora controversa anche la procedura da utilizzarsi per i prodotti trasformati. Ad esempio, allocare tutto lo zucchero consumato come contenuto nelle bibite zuccherate porterebbe ad un dato molto elevato per il consumo interno di bibite, riducendo quello della commodity grezza, e quindi le future quote all’importazione che dovrebbero essere garantite per lo zucchero grezzo; il che è proprio quello che gli esportatori, che in genere appunto esportano la materia prima, vogliono assolutamente evitare.
Ad aprile Australia, Brasile, Canada, Giappone, USA e UE, hanno raggiunto un accordo su un approccio di massima sulla metodologia da adottare, poi in parte ripreso nella nuova bozza delle modalities di Falconer (vedi gli Aggiornamenti); il fatto che lo abbiano presentato questi 6 paesi aveva già informalmente ha fatto circolare la voce che non fosse ben visto dagli altri “friends of the chair”. Secondo questo compromesso, almeno il 90% dei prodotti inclusi nei dati sul consumo deve provenire da prodotti non trasformati. I 6 paesi (2 esportatori e 4 importatori) si sono accordati per dividere 481 linee tariffarie in varie categorie (orzo, frumento, burro…); ogni categoria è stata suddivisa in core (generalmente materie prime) e non core products (trasformati). Nel documento è prevista una metodologia separata per i prodotti lattiero caseari e frutta e verdura, criticata dai paesi in via di sviluppo perché l’aumento delle quote sarebbe minimo.

Scheda 2 - I negoziati su “prodotti tropicali”, erosione delle preferenze, prodotti speciali e meccanismo speciale di salvaguardia

Il mandato negoziale del Doha Round prevede la liberalizzazione del commercio dei prodotti tropicali. I negoziati vedono la contrapposizione tra i paesi dell’america latina, grandi produttori ed esportatori dei prodotti tropicali, ed i paesi ACP, che hanno a lungo beneficiato del regime delle preferenze proprio per questi prodotti, e sono perciò contrari ad una riduzione tout court delle tariffe, che appunto comporterebbe l’erosione delle loro preferenze commerciali. La questione riguarda ovviamente anche la designazione dei prodotti tropicali come sensibili; il problema è particolarmente spinoso per zucchero e banane, ma anche te e caffè.
Nelle scorse settimane si sono però intensificate le trattative tra i paesi dell’america latina ed i Paesi ACP: nell’impossibilità di giungere a criteri condivisi per l’identificazione dei prodotti tropicali, l’obiettivo dei negoziati sembra sia quello di stabilire una lista comune di prodotti che saranno sottoposti a maggiori tagli tariffari o una lista specifica di obblighi per i singoli paesi. Analogamente, i paesi ACP ed i paesi del gruppo dei prodotti tropicali potrebbero anche accordarsi su una lista potenziale di prodotti tropicali che non saranno inclusi tra i prodotti sensibili.
Ad inizio marzo, una nuova proposta sui prodotti speciali era stata presentata da Australia, Canada, Costa Rica, Malesia, Nuova Zelanda, Paraguay, Tailandia, USA e Uruguay. Nel documento si proponeva che il numero dei prodotti speciali fosse limitato a non oltre l’8% delle linee tariffarie (al contrario del 20% inizialmente proposto dal G-33), soggetto a tagli per metà del 25 e per metà del 15%. La categoria addizionale dei prodotti super-speciali, pari a non più dell’1% del totale delle linee tariffarie (al contrario dell’8% del G-33), sarebbe stata esentata da qualunque taglio. Questi ultimi avrebbero dovuto però rispettare altri criteri, come non contare per più dello 0,5% del valore delle importazioni del prodotto (il che, secondo il G-33, rende di fatto inutile la presenza di questa flessibilità). Il G-33 chiede un meccanismo di scambio tra prodotti speciali e prodotti sensibili, dal momento che molti paesi in via di sviluppo non hanno quote a tariffa ridotta, e non potrebbero quindi beneficiare del meccanismo dei prodotti sensibili. La possibilità di designare il 3% di prodotti sensibili dovrebbe poter essere convertita nel designarne il 2% come speciali fino al massimo del 25% di tutte le linee tariffarie. Nel testo di Falconer (vedi gli Aggiornamenti) la questione dei prodotti speciali viene indicata, insieme al meccanismo speciale di salvaguardia, come ancora difficile da risolvere.
Sul meccanismo speciale di salvaguardia, che pure resta un tema controverso nei negoziati su cui resta molto da fare (vedi gli Aggiornamenti), il G-33 ha ammorbidito la propria posizione, richiedendo non più che tutti i prodotti siano eligibili per il meccanismo, ma soltanto la stessa % presente attualmente nel meccanismo utilizzabile anche dai paesi sviluppati. Ha però ribadito che per garantire l’efficacia del meccanismo è necessario che sia possibile spostare le tariffe al di là dei livelli consolidati.

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