Il Mezzogiorno: una vitivinicoltura importante e molto differenziata
Nelle regioni meridionali è localizzata la metà della viticoltura da vino italiana, sia in termini di superficie che per numero di imprese, mentre in termini produttivi l’incidenza scende al 45%. La Puglia e la Sicilia sono le principali regioni, con peso pari a circa due terzi sul meridione, per superficie e imprese, e a oltre due terzi per la quantità prodotta (Enotria, 2007).
Il sistema di produzione è molto diversificato: prevale una viticoltura in larga parte orientata alle alte rese unitarie, finalizzata alla produzione di vini sfusi ma, d’altra parte, nel corso degli ultimi quindici anni, imprese dotate di un intenso dinamismo sono emerse sui mercati nazionali e internazionali con produzioni di pregio, determinando l’aumento delle produzioni a denominazione e a indicazione geografica. Tale evoluzione, che ha condotto la vitivinicoltura meridionale ad un’incidenza sulla PLV nazionale superiore al 40%, ha interessato le aree meridionali in misura diversa, evidenziando differenze notevoli sia fra le regioni - alcune di esse (Abruzzo e Sardegna) hanno incrementato considerevolmente la produzione di vini a denominazione - ma anche all’interno della stessa regione (Puglia).
E’ evidente, quindi, la rilevanza che assume per gli operatori e le istituzioni delle regioni meridionali l’attesa riforma dell’OCM vino che rappresenta una importante occasione per riformare radicalmente la vitivinicoltura meridionale e orientarla verso uno scenario più competitivo. Allo scopo di valutare le conseguenze che l’accordo politico raggiunto lo scorso dicembre potrebbe avere sulla vitivinicoltura meridionale, si analizzeranno i principali punti della riforma.
Misure di controllo del mercato
Fra le misure volte alla gestione del mercato, l’unica per la quale la riforma prevede la completa abolizione sin dall’entrata in vigore è quella relativa agli aiuti al magazzinaggio privato. Questo strumento, giudicato positivamente per l’azione regolatrice del mercato e per i vantaggi legati alla bassa onerosità finanziaria e alla destinazione ai produttori, in realtà è diventato nel tempo un aiuto diretto per i produttori di determinate aree, soprattutto meridionali, che ne hanno usufruito ogni anno per vini con le maggiori difficoltà di commercializzazione.
Una misura che, al contrario, sarà riconfermata è la distillazione obbligatoria dei sottoprodotti della vinificazione che consentirà sia di salvaguardare la qualità delle produzioni, vietandone gli usi fraudolenti, che di evitare le esternalità negative a carico dell’ambiente, problematiche che generalmente assumono carattere di maggiore gravità nelle regioni meridionali.
Le misure a carattere volontario di ritiro della produzione vinicola sono la distillazione per la produzione di alcol per usi commestibili e la distillazione di crisi. Per quanto riguarda la prima, dal 2000 ad oggi l’incidenza delle regioni meridionali è risultata in media pari al 67%, con due sole regioni, Puglia e Sicilia, che assommano circa l’80% del vino avviato alla distillazione al sud (Enotria, 2007). E’ da evidenziare che i contratti di distillazione si concentrano soprattutto in determinate province (Trapani, Foggia, Bari e Palermo) caratterizzate dalla produzione di elevate quantità di vino sfuso che, avendo difficoltà di collocamento sui mercati, viene avviato alla distillazione. Anche per la distillazione di crisi la maggiore incidenza è da attribuire alle regioni meridionali, con un peso del 70% nell’annata 2001/02 e del 82% in quella 2004/05, quasi esclusivamente a beneficio di Puglia e Sicilia (Enotria, 2007). E’ evidente, quindi, che entrambe hanno rappresentato per il meridione, particolarmente per alcune aree delle due citate regioni, i più incisivi ed efficaci strumenti di gestione del mercato vinicolo; ma, allo stesso tempo, si sono rivelati, oltre che finanziariamente onerosi, inefficaci nell’indurre alcun miglioramento strutturale e organizzativo di aree di produzione, con imprese che si sono strutturalmente orientate verso tale sbocco. A tali misure di sostegno bisogna aggiungere il sussidio riconosciuto per l’impiego dei mosti concentrati e dei mosti concentrati rettificati, per la cui produzione le regioni meridionali svolgono un ruolo fondamentale, dato che incidono per oltre il 75% sul totale delle produzioni italiane di mosti, con un peso prevalente della Sicilia, con circa l’80% e della Puglia, con circa il 15% del sud (Istat, 2005); tali produzioni sono in gran parte commercializzate per l’innalzamento del tenore alcolico di vini di altre regioni italiane ed europee. Se la nuova OCM avesse previsto fin dalla sua entrata in vigore l’abolizione delle due tipologie di distillazioni e del contributo per l’utilizzo dei mosti, i riflessi economico-sociali sarebbero stati rilevanti, soprattutto nelle aree già ricordate, mentre lo smantellamento graduale impone agli operatori e alle istituzioni di quei comprensori, che si sono nel tempo “specializzati” in tali produzioni, di realizzare un percorso di adattamento strutturale per la riorganizzazione del sistema produttivo e di dotare il comparto di sistemi di sicurezza alternativi per le crisi.
La riduzione progressiva dei fondi per le misure di mercato fino al loro esaurimento, condurrà, quindi, ad un adattamento strutturale graduale ma che comunque avrà l’effetto di un minore quantitativo di vino ad alimentare la produzione di alcool creando un’eccedenza sul mercato del vino con l’effetto di deprimere i prezzi di mercato, soprattutto di vini da tavola, e quindi i redditi delle imprese agricole, soprattutto quelle ad elevato impiego di mezzi tecnici e di lavoro extrafamiliare. Nel lungo periodo si avrebbe il raggiungimento dell’equilibrio con un significativo adeguamento strutturale del settore della trasformazione del vino, che potrebbe spingere le cantine cooperative ad ingrandirsi o a fondersi tra loro per raggiungere le dimensioni ottimali, e inoltre bisogna considerare anche la possibilità dell’impiego di alcool da vino per il mercato dei biocarburanti nell’ambito di programmi agroambientali.
Infine, è da evidenziare che risulta essere una grave sperequazione la permanenza della possibilità di utilizzare il saccarosio per le pratiche di arricchimento in altri paesi europei anche successivamente all’abolizione del sovvenzionamento dei mosti, determinando quindi una grave penalizzazione per i produttori meridionali.
Misure di gestione del potenziale viticolo
Il sistema di gestione dei diritti di impianto rimarrà inalterato fino al 2015 con la possibilità per i singoli stati membri di prorogare il divieto di impianto fino al 2018. Se si tiene conto di quanto detto a proposito delle misure di mercato e del fatto che la riforma prevede l’attuazione sia del programma triennale di estirpazioni volontarie sia dei piani di ristrutturazione e riconversione dei vigneti, tale arco temporale dà l’opportunità ai sistemi vitivinicoli meridionali di realizzare una profonda trasformazione strutturale e organizzativa, migliorando l’orientamento al mercato delle produzioni.
Qualsiasi attività di programmazione e gestione del potenziale viticolo, però, non può prescindere da un catasto completo e aggiornato nonché quindi dalla soluzione definitiva del problema degli impianti illegali. Il problema delle eccedenze di produzione è stato aggravato anche dalle violazioni del divieto di nuovi vigneti che hanno determinato un numero elevato di superfici vitate abusive costituendo motivo di concorrenza sleale. La regolarizzazione dei vigneti abusivi era già prevista nell’ambito della riforma del 1999 ma fino ad oggi l’Italia non ha ancora chiuso le procedure che riguardano esclusivamente le regioni meridionali. Infatti si stima che la superficie nazionale per la quale sono state inoltrate domande di regolarizzazione sia pari a oltre 59.000 ettari, di cui il 90% ricade nel Mezzogiorno, dove la Puglia ha un peso superiore al 70% e la Sicilia il 20% (Agrisole, 2007). I viticoltori potranno regolarizzare, entro il 31 luglio 2008, i vigneti abusivi realizzati prima del 1° settembre 1998, con l'obbligo di versamento di una tassa. Con la prospettiva di incorrere in un pesante regime sanzionatorio, la Regione Puglia ha approvato lo scorso dicembre un Decreto di Legge per la gestione e il controllo del potenziale viticolo regionale che norma sia la regolarizzazione dei vigneti impiantati prima del 1° settembre 1998 sia il regime di sanzioni e di estirpazione obbligatoria per quelli successivi a tale data.
L’aggiornamento dell’inventario del potenziale viticolo regionale rappresenta per le regioni meridionali il presupposto inderogabile per realizzare la programmazione e la successiva attuazione degli interventi sul potenziale produttivo viticolo, quali i programmi di estirpazione e quelli di ristrutturazione e riconversione. Nel Mezzogiorno l’estirpazione come soluzione del problema delle eccedenze è molto parziale e non garantisce il conseguimento dell’obiettivo, anzi rischia di indebolire proprio la viticoltura di zone vocate per produzioni di qualità ma meno attrezzate per la valorizzazione e commercializzazione. Inoltre, essa sarebbe un’operazione rischiosa per l’equilibrio socioeconomico e socio-ambientale di alcune aree, determinando l’abbandono di zone marginali, la delocalizzazione degli impianti verso le zone più produttive e l’abbandono di forme di allevamento tradizionali come l’alberello mentre non intaccherebbe le aree caratterizzate da alta produttività e che alimentano la produzione di vino indifferenziato, di mosti e il ciclo della distillazione. In realtà, affinché questa misura possa rispondere a finalità sociali, sarà cruciale il ruolo delle Regioni nel programmare la gestione dei territori per individuare le aree in cui sia possibile estirpare in modo da preservare sia le produzioni a denominazione sia le aree in cui la viticoltura ha caratteri di rilevanza ambientale e culturale ma al contempo favorendo l’uscita volontaria dal mercato di imprenditori anziani, di aziende piccole e di quelle gestite come attività secondarie, con il vantaggio di percepire, oltre al premio, anche il pagamento dell’aiuto diretto disaccoppiato.
I programmi di riconversione e ristrutturazione dei vigneti hanno già evidenziato la loro efficacia con le precedenti riforme, migliorando il potenziale produttivo meridionale, anche se con differenze fra le regioni, realizzando la completa utilizzazione delle risorse disponibili (Cioffi e Pomarici, 2005). E’, quindi, una misura prioritaria per la razionalizzazione degli impianti e la riduzione dei costi di produzione favorendo la meccanizzazione delle pratiche colturali. Le Regioni avranno il compito di redigere piani di riconversione e ristrutturazione che indirizzino verso l’uso delle varietà autoctone locali e dei vitigni contemplati per le produzioni di qualità, verso l’impiego di forme di allevamento poco espanse e sistemi di coltivazione per il contenimento delle rese produttive, differenziando per specifiche aree l’importo dell’aiuto in considerazione dei reali costi di impianto variabili con la natura del terreno.
Dotazione nazionale
Il programma quinquennale di sostegno, attraverso il quale sarà gestita la dotazione finanziaria nazionale (envelope), nell’indicare le misure prioritarie per migliorare la competitività della vitivinicoltura, contemplerà importanti strumenti per le regioni meridionali. Le misure di controllo del mercato, già menzionate, avranno probabilmente un peso considerevole, nell’ambito degli importi massimi consentiti, data la loro natura transitoria e la rilevanza attuale per alcune aree. Le misure che potrebbero realmente migliorare la competitività del settore consentendo alle imprese di realizzare efficienza produttiva ed efficacia nelle strategie di mercato sono quelle relative alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti, all’ammodernamento della filiera e alla promozione. L’efficacia di queste misure nelle precedenti OCM, come già detto, e i risultati conseguiti da alcune imprese meridionali, sia in termini di efficienza nei costi che di performance di mercato, evidenziano la necessità di puntare su tali strumenti per una razionalizzazione strutturale e l’espressione del potenziale produttivo vinicolo meridionale.
Nell’ambito dell’envelope sono previsti strumenti sostitutivi delle misure di controllo del mercato per la gestione delle crisi, sia di carattere preventivo (vendemmia in verde) che assicurativo (fondi di mutualizzazione e assicurazione del raccolto), la cui effettiva applicazione risulta difficile, almeno finché saranno presenti le misure di controllo del mercato.
Etichettatura e classificazione dei vini
Una delle principali novità della nuova OCM è rappresentata dalla possibilità per i vini da tavola di indicare in etichetta il nome del vitigno e l’annata ma con la facoltà per gli stati membri di escludere i vitigni che fanno parte di denominazioni di origine protetta e di indicazioni geografiche protette nonchè vitigni a limitata diffusione nazionale.
L’eterogeneo panorama della vitivinicoltura meridionale presenta un’offerta potenzialmente aderente a ogni segmento di mercato, capace di presidiare tutti i canali e le tipologie di consumo per cui gli operatori dovrebbero essere in condizione di intercettare tutte le opportunità di mercato.
Anche se il numero dei vini a denominazione (Doc/Docg) è pari a 110 e quello delle IGT a 62, in termini quantitativi nel Mezzogiorno prevale il segmento dei vini comuni da tavola che vengono commercializzati sia allo stato sfuso che confezionati. Le nuove norme di etichettatura introdotte dalla OCM potrebbero fornire l’opportunità di ampliare l’offerta proponendo vini da tavola varietali ma ciò sarebbe possibile esclusivamente per i vitigni che non saranno oggetto di protezione ad opera degli stati membri perché parte di denominazioni di origine protetta e di indicazioni geografiche protette oppure perché vitigni a limitata diffusione nazionale. Molto probabilmente, quindi, tale opportunità si limiterebbe a pochi vitigni internazionali per la produzione di vini varietali che richiederebbero sia strategie produttive basate sulla riduzione dei costi che efficaci strategie di trade marketing e consumer marketing poiché andrebbero a competere sui mercati internazionali con i vini varietali stranieri.
La assimilazione delle denominazioni di origine alle Dop e delle indicazioni geografiche alle Igp, come previsto dalla OCM, non chiarisce le modalità del passaggio a Igp da parte delle IGT che finora hanno seguito regole piuttosto snelle senza l'iter di certificazione come invece richiesto per i prodotti Igp. Le produzioni di vino a IGT rappresentano una realtà molto importante della vitivinicoltura meridionale all’interno della quale ci sono produzioni di pregio e fortemente legate al territorio, mentre per le Doc, a fronte di un numero elevato, si registrano produzioni ridotte e discontinue. Il sistema delle Doc meridionali presenta in modo amplificato le distorsioni nazionali: produzione concentrata su un numero ridotto, denominazioni piccolissime, duplicazioni, problemi nei controlli. Nell’ambito di una ristrutturazione del sistema delle Doc italiane, per quanto riguarda il meridione sarebbe necessario ridurne il numero attraverso accorpamenti di denominazioni con disciplinari simili, il passaggio a IGT, estendere i controlli attraverso consorzi di tutela efficienti.
Conclusioni
In vista dell’entrata in vigore dell’OCM vino a partire dal 1 agosto 2008, l’Italia dovrà presentare, entro il 30 giugno 2008, un programma quinquennale di sostegno per la gestione dell’envelope e il programma di estirpazione. Poiché le scelte riguardanti le misure del programma e i criteri di ripartizione finanziaria fra di esse saranno inevitabilmente il risultato di decisioni di livello politico e frutto di compromessi fra interventi mirati al sostegno, destinati a ridursi, e altri volti ad accrescere la competitività, sarà fondamentale per le regioni meridionali il contributo alla definizione del programma nazionale. Dati i tempi stretti, hanno il delicato compito di individuare al più presto le linee strategiche per la riorganizzazione strutturale della produzione vitivinicola dei propri territori e per lo sviluppo della sua capacità competitiva. L’impatto che la riforma della OCM avrà sulla vitivinicoltura meridionale dipenderà, quindi, da come sarà gestita l’envelope nazionale e, in particolare, dalla volontà politica alla base delle scelte di allocazione delle risorse finanziarie. Comunque, la trasformazione verso una vitivinicoltura meridionale maggiormente orientata alla competizione e alle produzioni di qualità dipenderà soprattutto da scelte strategiche interne al comparto mentre non è prevedibile che le misure contemplate dalla riforma possano incidere in maniera determinante sulla sua evoluzione; l’unico prevedibile effetto di rilievo si manifesterà nei comprensori in cui si concentra il ricorso alle misure di mercato dove si avranno rilevanti conseguenze economiche e sociali.
Riferimenti bibliografici
- Canali G. (2007), “Una nuova OCM per lo sviluppo del comparto vitivinicolo” in Agriregionieuropa, anno3, n. 9, Ancona
- Cioffi A., Pomarici E. (2005), “La viticoltura e l’ortofrutticoltura meridionale nel nuovo contesto competitivo”, in Rassegna Economica n. 2, pp. 83-122
- Corsi A. (2006), “La futura riforma dell’OCM vino” in Agriregionieuropa, n° 6, Ancona Statistiche Ismea (2007), Enotria 2007, Supplemento del Corriere Vinicolo n.12,
- Sito ISTAT [link]