Ciclo energetico integrato e analisi economica dell’olivicoltura in un’area Dop

a Università di Teramo, Dipartimento di Scienze degli Alimenti

I residui di potatura dell’olivo e la sansa di lavorazione sono biomasse, utilizzabili a scopo energetico. Il presente contributo ha come obiettivo l’analisi delle potenzialità economiche ed ecologiche (ovvero di “chiusura” del ciclo del carbonio), dei residui della potatura dell’olivo e dei sottoprodotti della molitura delle olive in un’area di studio, costituita dalla provincia di Rieti, caratterizzata dalla presenza di un olio extravergine certificato Dop e da numerose aziende che hanno optato per produzioni olivicole di qualità e/o biologiche.

Evoluzione della coltivazione olivicola ed impiego di biomasse vegetali per usi energetici

Nella provincia di Rieti, la superficie coltivata ad olivo risulta essersi stabilizzata negli ultimi anni (Tabella 1); si evidenzia, inoltre, nell’area di studio, una superficie olivicola media aziendale superiore ad un ettaro, ben maggiore di quella riscontrata nelle altre province laziali nel medio periodo (Tabella 2).

Tabella 1 - Evoluzione dell’olivicoltura nell’area di studio

Fonte: elaborazioni su dati Istat

Tabella 2 - Superficie media aziendale coltivata ad olivo in ettari nelle diverse province della regione Lazio in diversi anni

Fonte: elaborazioni su dati Istat

La Regione Lazio ha predisposto un apposito Piano Energetico Regionale per l’impiego e la gestione delle biomasse vegetali con finalità energetiche, capaci di sviluppare un potenziale stimabile in 336 kTEP/anno (Tonnellate di petrolio equivalente), derivante da varie fonti, quali paglie di frumento e residui di potatura (Regione Lazio, 2001).
L’olivicoltura dell’area di studio ha risentito fortemente degli effetti climatici verificatisi in passato (gelata del 1985, siccità del 2003), con sensibili conseguenze sull’alternanza produttiva e sulle rese in olio e della sansa, ma con livelli di produzione olivicola nella media del contesto dell’Italia centrale sia per quanto riguarda la produzione olivicola per ettaro che la resa in olio.

Potenzialità energetiche dei residui colturali e dei sottoprodotti olivicoli

Per verificare le potenzialità energetiche (in termini di produzione di energia termica, ricavabile dai residui di potatura dell’olivo e da quelli della trasformazione delle olive-sanse e noccioli), sono state prese in considerazione tre diverse ipotesi, funzione delle caratteristiche della coltivazione di tale coltura nell’area di studio, delle differenti densità di piante, dell’orografia e della giacitura delle aziende olivicole, le quali, a seguito degli eventi calamitosi occorsi vent’anni fa, hanno modificato la loro gestione agrotecnica e fitotecnica, rendendola più rispondente alle moderne esigenze aziendali (Tabelle 3-4-5):

  • Ipotesi A: 0,40 t/ha di residui di potatura (impianti poco fitti e potature non molto energiche), tipico delle zone interne con un’olivicoltura di alta collina, con aziende di dimensioni limitate, caratterizzata da basse rese ma da un alto valore qualitativo;
  • Ipotesi B: 0,80 t/ha di residui di potatura, nella zona di media collina (situazione intermedia);
  • Ipotesi C: 1,00 t/ha di residui di potatura (impianti molto fitti e potature energiche), tipico delle zone pianeggianti con alte rese ma con problemi fitosanitari e di qualità del prodotto.

Tabella 3 - Produzione di biomassa derivante dai residui di potatura

Fonte: elaborazioni su dati Istat

Tabella 4 - Potenziale calorico derivante dai residui di potatura dell’olivo

Tabella 5 - Produzione e potenziale calorico medio delle sanse esauste nelle tre ipotesi.

La produzione della sansa è un dato ricavato dall’osservazione di una serie storica ultra decennale nell’area di studio. Tale dato risente delle tecniche estrattive in sede di frantoio e non delle ipotesi di gestione e tecniche agronomiche aziendali attuate

L’ipotesi A, anche alla luce della presenza di aziende di piccole dimensioni, collocate su territori di medio-alta collina dell’area di studio, con significativa acclività e con basse intensità di coltivazione, è sembrata quella che meglio rappresenta la situazione tipica ed omogenea del contesto olivicolo osservato (Tabella 6). Dai dati rilevati, è emersa la notevole stabilità nella superficie coltivata ad olivo con effetti positivi sulla programmazione energetica e sulla costanza negli approvvigionamenti energetici disponibili, con una discreta potenzialità energetica (potere calorico complessivo), abbastanza attendibile, consolidata e ben strutturata con positivi effetti sull’ambiente.

Tabella 6 - Energia potenzialmente derivante dall’olivicoltura dell’area di studio

Analisi dell’autosufficienza e valutazione del bilancio energetico

I comuni dell’area di studio con una spiccata vocazione alla coltivazione dell’olivo e con aziende olivicole altamente specializzate, la maggior parte appartenenti all’area dove si produce l’olio Sabina Dop, sono in grado di fornire le maggiori quantità di biomasse olivicole, confermando le conclusioni esposte nel Piano Energetico Regionale e nella relativa elaborazione cartografica (Figure 1-2).

Figura 1 - Biomasse vegetali derivanti dallo sfruttamento delle paglie disponibili nella Regione Lazio

Figura 2 - Biomasse vegetali derivanti dai residui di potatura di colture arboree coltivate nella Regione Lazio

Fonte: Regione Lazio 2001

Nei comuni collocati nell’area di produzione Sabina Dop è stato possibile osservare una significativa incidenza della coltivazione olivicola sulla superficie comunale complessiva, comuni nei quali si è rilevata una crescita, nell’intervallo intercensuario 1990-2000, della superficie coltivata ad olivo con uno scostamento positivo, rispetto al valore medio dell’intera provincia di Rieti, superiore al 50%.
Per valutare, in termini di efficienza ed efficacia, l’utilizzazione a fini energetici delle biomasse, è necessario ricorrere alla definizione ed elaborazione di un bilancio energetico caratterizzato dalle entrate (energia prodotta) e dalle uscite (energia richiesta). A tal fine, per il calcolo dei fabbisogni energetici dell’area di studio si è fatto riferimento ad uno studio eseguito dall’Amministrazione Provinciale di Rieti, attraverso il Piano energetico provinciale, dal quale sono emersi i diversi fabbisogni energetici nei comuni dell’area di studio, ripartiti in funzione dei settori economici di attività (agricoltura, industria, terziario) e dei consumi domestici da parte delle famiglie. Nella presente ricerca sono state considerate esclusivamente le esigenze del settore primario e quelle per uso domestico, al fine di valutare se le biomasse vegetali potessero essere in grado di rispondere, in modo completo o in modo parziale, ai fabbisogni energetici della provincia di Rieti (Figure 3-4).

Figura 3 - Soddisfacimento del fabbisogno energetico nel settore agricolo attraverso l’impiego di biomasse vegetali nella provincia di Rieti

Figura 4 - Soddisfacimento dei fabbisogni energetici del settore civile attraverso l’impiego di biomasse vegetali nella provincia di Rieti

L’analisi del bilancio energetico, intesa come domanda energetica esercitata dalle imprese agricole, derivante dall’impiego di biomasse vegetali, ha fatto emergere, nei comuni olivicoli dell’area Dop Sabina, dei valori positivi con solo pochissimi comuni con valori negativi, tutti collocati in aree nelle quali la superficie agricola è ampia, pianeggiante e con ordinamenti colturali specializzati (Figura 5).

Figura 5 - Soddisfacimento dei fabbisogni energetici del settore agricolo attraverso l’impiego di biomasse vegetali nei comuni aderenti al consorzio di produzione olio Sabina Dop. In rosso sono indicati i comuni nei quali lo sfruttamento delle biomasse vegetali non è capace di garantire l’autosufficienza energetica, in verde i comuni nei quali l’utilizzo di biomasse vegetali è capace di garantire l’autosufficienza energetica

L’utilizzazione potenziale delle biomasse per soddisfare i fabbisogni civili della popolazione residente in tutti i comuni della provincia di Rieti è apparsa insufficiente, se non in pochissimi comuni, alcuni dei quali caratterizzati da una scarsa densità abitativa ed a rischio marginalizzazione. In tutti i comuni facenti parte del consorzio di produzione dell’olio Sabina Dop è stata rilevata la autosufficienza energetica derivante dallo sfruttamento delle biomasse (Figura 6).

Figura 6 - Soddisfacimento dei fabbisogni energetici per uso civile attraverso l’impiego di biomasse vegetali nei comuni aderenti al consorzio di produzione olio Sabina Dop. In verde sono indicati i comuni nei quali lo sfruttamento delle biomasse vegetali è capace di garantire l’autosufficienza energetica

Per capire in maniera concreta come le biomasse, derivanti dall’olivicoltura, possano soddisfare le esigenze energetiche di una famiglia nel breve periodo, può essere utile ricorrere ad un’equivalenza con la quale si è assegnata per ciascuna TEP il corrispettivo in consumi pari a 11.600 Kwh, corrispondenti alle esigenze energetiche di oltre diecimila famiglie in un periodo di 4 anni; dall’analisi è emersa la possibilità di soddisfare con le biomasse olivicole ricavabili i fabbisogni energetici di un quinto delle famiglie presenti nell’intero territorio provinciale.

Conclusioni

L’analisi ha fatto emergere la notevole importanza delle biomasse olivicole per uso energetico e come un loro razionale sfruttamento possa avvantaggiare l’intera collettività, consentendo di realizzare centrali termiche di dimensioni ridotte ed a basso impatto ambientale, con la produzione autoctona dell’energia necessaria, i cui problemi maggiori potrebbero sorgere per l’organizzazione dei canteri e delle centrali di raccolta dei residui di potatura e delle sanse.
Nell’area di studio è emerso che lo sfruttamento delle biomasse vegetali consente di soddisfare pienamente i consumi energetici provenienti dal settore primario, anche se in alcuni comuni olivicoli inseriti nell’area Dop Sabina si è manifestato un certo deficit energetico dovuto alla presenza di aziende specializzate; infatti, nella provincia di Rieti solo in 8 comuni su 73, di cui 7 collocati nell’area afferente al consorzio Sabina Dop (Figura 5), il deficit appare negativo, mentre negli altri comuni le esigenze energetiche dell’agricoltura possono essere soddisfatte efficacemente, con positive ricadute non solo per l’economia delle comunità olivicole della Sabina ma anche per altri comuni contermini, quali una riduzione dei costi di approvvigionamento energetico e delle emissioni di anidride carbonica (Tabella 7), ed un incremento positivo sull’occupazione (45 unità lavorative dirette).

Tabella 7 - Aspetti socio-economici ed ambientali nell’area di studio ricavabili dall’utilizzo di biomasse olivicole. valore espresso in MTEP (mega tonnellate di petrolio equivalente); valore espresso in milioni di tonnellate di anidride carbonica

Fonte: Comitato interministeriale programmazione economica,1999

L’analisi economica, inoltre, ha consentito di valutare, in modo completo, quanto è possibile ricavare dalla produzione di un quintale di olive includendo i sottoprodotti con finalità energetiche sia per le aziende che producono un olio di qualità certificata Dop sia per le aziende che non producono un olio di qualità certificata; i dati hanno dimostrato come la produzione di olio extravergine non di qualità abbia, rispetto ad un olio certificato Dop, prezzi di vendita e ricavi inferiori (-35%). Tuttavia, l’utilizzo dei sottoprodotti dell’estrazione dell’olio per fini energetici per le aziende olivicole collocate sia dell’area Sabina Dop sia non aderenti al consorzio Sabina Dop consente di far risparmiare all’imprenditore sull’acquisto di energia, permettendo di disporre di un Kwh a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati da altri gestori extra-aziendali, derivante da fonti energetiche tradizionali, con vantaggi significativi per l’economia aziendale e per la sua efficienza (Tabella 8).

Tabella 8 - Confronto tra i risultati economici ricavabili dalla produzione di 100 chilogrammi di olive nell’area di studio tra aziende certificate Dop (azienda A1 e azienda A2) e aziende non certificate Dop (azienda B1 e azienda B2) che riutilizzino o non riutilizzano i sottoprodotti per fini energetici

Riferimenti bibliografici

 

  • Aa.VV, (2000), “Piano energetico della Provincia di Rieti”, (a cura dell’Amministrazione Provinciale di Rieti, policopiato;
  • Aa.VV, (2004), “Biomasse per l’energia: guida per progettisti, impiantisti e utilizzatori”, ISES Italia e Fondazione IDIS-Città della scienza;
  • Istat (2003), “Caratteristiche strutturali delle aziende agricole. Fascicolo provinciale Rieti”, Roma;
  • Regione Lazio (2001), “Piano energetico regionale”, disponibile sul sito [link];
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  • Spinelli R., (2005), ”Teleriscaldamento nel nord-est. La domanda di biomassa”, Alberi e Territorio, 9, Edagricole Il sole 24 ore, pp.35-39;
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  • Trevisan D. (2004),”La filiera del legno energia crea posti di lavoro”, Terra e Vita, 48, Edagricole Il sole 24 ore, Bologna, pp.62-65.
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Commenti

L'articolo che ho appena letto e' molto interessante e la ricerca che e stata fatta nella provincia di Rieti e' molto positiva e andrebbe ulteriormente approfondita ed allargata anche su altre colture che possono produrre residui da cui poter ricavare energie alternative. Purtroppo però non tutte le province le regioni o le istituzioni in genere stanno puntando all'approfondimento dell'argomento e sopratutto alla divulgazione delle tematiche verso i diretti interessati quali coltivatori diretti o imprenditori in genere in un settore abbastanza in crisi come l'agricoltura.
Sarei ben lieto di approfondire e avere magari altre informazioni su altri studi in merito.
 
grazie cordiali saluti.

Commento originariamente inviato da 'ENZOZ' in data 10/03/2008.