Stato qualitativo e tempi dell’attuazione della direttiva quadro delle acque in Italia

Stato qualitativo e tempi dell’attuazione della direttiva quadro delle acque in Italia

Introduzione

La direttiva europea n. 60/2000 del 23 ottobre 2000 istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. Gli obiettivi principali di tale direttiva si inseriscono in quelli più complessivi della politica ambientale dell’Unione Europea, che deve contribuire a perseguire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità ambientale e allo stesso tempo l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. L’uso delle risorse deve essere fondato sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della riduzione alla fonte dei danni causati all’ambiente e sul principio “chi inquina paga” (Gallerani et al, 2004).
Data la complessità del problema affrontato e considerando che l’acqua viene utilizzata in vari settori, per diversi scopi e con modalità estremamente variabili, la direttiva quadro si propone di regolare l’uso dell’acqua in maniera assolutamente graduale con un programma di attuazione che si svolge nell’arco di 25 anni (Tabella 1).

Tabella 1 - Tempi di applicazione della direttiva quadro delle acque n. 60/2000

I tempi previsti non sono stati però sempre rispettati nei diversi paesi europei né, tanto meno, l’applicazione della direttiva ha seguito coerentemente quanto previsto nel suo testo (Rocchi, 2007). In Italia la situazione è stata aggravata da decisioni politiche piuttosto discutibili.
Nel prossimo paragrafo si affronta il tema relativo allo stato di attuazione della direttiva quadro delle acque in Italia dal punto di vista qualitativo in base a quanto stabilito dalla Comunicazione della Commissione UE - COM 2007 128 finale. Successivamente si metteranno in evidenza i ritardi in Italia sui tempi previsti dal programma di attuazione facendo anche una panoramica sulla legislatura nazionale. Seguono alcune brevi considerazioni conclusive.

Qualità dell’attuazione della direttiva n. 60/2000

Lo scorso anno la Commissione UE ha inviato una Comunicazione al Parlamento e al Consiglio (COM 2007 128 finale – SEC 2007, 363) che traccia un primo bilancio sulla qualità dell’attuazione della direttiva in Europa.
Da questa analisi emerge una situazione generale piuttosto negativa. Le principali critiche mosse agli Stati membri riguardano l’incompleta applicazione della legislazione comunitaria in materia di acque preesistente alla direttiva (specialmente le direttive nitrati ed acque reflue urbane), la mancata o incompleta realizzazione di alcuni aspetti chiave della direttiva (come l’identificazione dei corpi idrici fortemente modificati, l’inquinamento diffuso, la tutela delle acque sotterranee, l’analisi economica,…), il difficile confronto delle informazioni tra Stati membri ed addirittura anche tra singoli distretti idrografici e, in generale, la difficoltà di recuperare i dati e le informazioni rilevanti.
Rispetto agli altri Stati dell’UE, l’Italia si trova in una posizione di pesante ritardo. Infatti, non è stata in grado ancora di valutare quali e quanti corpi idrici oggi sono a rischio di non raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla direttiva: tale informazione è fondamentale non solo al fine di impostare il programma delle misure di ripristino, ma anche per definire il regime di deroghe previsto dalla direttiva stessa che consente di spostare i termini temporali per il raggiungimento del “buono stato” o di perseguire obiettivi diversi o meno rigorosi. Inoltre, l’Italia si trova all’ultimo posto per quanto riguarda la valutazione della performance sull’attuazione delle previsioni amministrative relative alla definizione e al governo dei distretti idrografici (art. 3). Tale valutazione, se pur riferita alla situazione vigente quasi due anni fa, deve essere considerata tuttora attuale, vista la grande confusione che ancora esiste sul tema distretti/autorità di bacino ([link] 2008a).
Per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 5 (che prevede che, entro quattro anni, gli Stati membri provvedano affinché per ciascun distretto idrografico siano effettuati l’analisi delle caratteristiche del distretto, l’esame dell’impatto delle attività umane sulle acque e l’analisi economica dell’utilizzo idrico), la Commissione ne ha valutato alcuni aspetti attraverso degli indicatori di performance inerenti l’implementazione dell’analisi ambientale ed economica, l’analisi delle caratteristiche e le analisi di impatto, le pressioni e i rischi sull’acqua di superficie e di falda. L’Italia ha degli scarsi indicatori di performance, ed in generale è penultima, seguita solo dalla Grecia. Addirittura, relativamente all’analisi economica, l’Italia ha fatto registrare un indicatore di performance pari a zero. Tale indicatore è stato valutato tenendo conto di tre aspetti dell’analisi economica:

  • informazioni sul livello di recupero dei costi;
  • valutazione dell’importanza socio-economica dell’uso dell’acqua in relazione alle pressioni;
  • scenario di base stabilito.

In particolare, esiste una notevole disomogeneità, il principio del recupero del costo pieno è stato spesso ignorato, ed è il settore agricolo ad avere meno informazioni a riguardo. Inoltre, non viene fornito il supporto conoscitivo per stabilire quali potrebbero essere le misure più redditizie relativamente agli utilizzi idrici.
Quindi, a causa del ritardo e dell’inefficienza delle analisi da effettuare a norma dell’art. 5 per ciascun distretto, l’Italia ha inviato le informazioni richieste sulla base delle precedenti disposizioni legislative, e in particolare del D.Lgs 152/99 e della legge 183/89, facendo riferimento alle Autorità di bacino nazionale e alle informazioni reperibili nei Piani di Tutela esistenti.
Senza entrare nel merito della qualità delle informazioni ricevute, la Commissione ha immediatamente contestato il fatto che dette informazioni non coprivano l’intero territorio nazionale. Per questo motivo la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha condannato l’Italia per non aver presentato le analisi richieste a norma dell’articolo 5 della direttiva n. 60/2000 dei distretti idrografici del Serchio, delle Alpi orientali, dell’Appenino settentrionale, centrale e meridionale (18 Dicembre 2007).

Ritardi in Italia sui tempi di applicazione

Il recepimento della direttiva con la relativa delimitazione dei distretti sarebbe dovuto avvenire entro il 2003. La legge 31 ottobre 2003 n° 306 recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea”, ha previsto, tra l’altro, la delega al governo per il recepimento della direttiva entro 18 mesi dall’entrata in vigore della stessa, ossia entro maggio 2005.
Inoltre, entro il 2004 si sarebbero dovute individuare le Autorità competenti e presentare per ogni singolo distretto l’analisi delle caratteristiche, l’esame dell’impatto ambientale delle attività umane ed un’analisi economica dell’utilizzo idrico.
Tali scadenze non sono state rispettate e per questo, nel gennaio 2006, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia della Comunità europea per non aver adottato entro il termine prescritto le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 60/2000.
Con l’emanazione del decreto legislativo 152/2006, che recepisce la direttiva 60/2000, la situazione si è ulteriormente complicata, in particolare perchè si sono definiti in modo assai discutibile i distretti idrografici e non sono state individuate le autorità di gestione competenti. Inoltre, tale decreto è stato aspramente criticato dalle Regioni, dalle associazioni ambientaliste e da numerosi esponenti del mondo accademico per una serie di questioni assai rilevanti ([link], 2006):

  • illegittimità per eccesso di delega, avendo introdotto numerose innovazioni non previste dalla legge di delega. La legge 308/2004, infatti, pur essendo complessivamente generica, parla di “uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle Regioni e degli enti locali e del principio di sussidarietà” (art. 1, n. 1 e 8);
  • mancato rispetto degli artt. 117 e 118 della Costituzione e illegittimità dell’accentramento di compiti e funzioni già trasferite o delegate alle Regioni, che hanno in merito presentato ricorso alla Corte Costituzionale;
  • mancato rispetto della procedura prevista dalla stessa legge delega, mancata consultazione degli organismi interessati, mancata conclusione della Conferenza Stato Regioni.

Per tutti questi motivi si è cercato di modificare il D.Lgs 152/2006 con un decreto correttivo. A tal proposito, il 16 luglio 2007, il Comitato di esperti per la revisione del D.Lgs 152/2006 (norme in materia ambientale), istituito dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e presieduto dal senatore Sauro Turroni (Comitato Turroni), ha trasmesso alle Regioni la “Bozza preliminare non corretta” dell’articolato. Dopo il D.Lgs 284 dell’8 novembre 2007, che “proroga” le autorità di bacino di rilievo nazionale e ripristina il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, il testo del Comitato Turroni ha affrontato la revisione complessiva dell’impianto del D.Lgs 152/2006. L’azione di revisione, però, è proceduta a rilento in particolare nel confronto tra Ministero dell’ambiente e Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome. Questa lunga trattativa tra Ministero e Regioni ha portato a revisionare la parte del D.Lgs 152/2006 relativa alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS), alla valutazione di Impatto Ambientale, ai rifiuti e alle bonifiche dei siti inquinati. Tuttavia è rimasta invariata la parte centrale (la terza: artt. 53-156), relativa alla difesa del suolo, alla lotta della desertificazione, alla tutela delle acque, alla gestione delle risorse idriche, all’impianto dei Distretti (compresa la loro delimitazione) e al complesso sistema della pianificazione e dei processi partecipativi ([link], 2008b).

Considerazioni conclusive

Dopo quasi otto anni dall’entrata in vigore della direttiva n. 60/2000, in Italia si è fatto poco per mettere in atto il sistema previsto dalla legislazione comunitaria.
Nonostante il quadro normativo nazionale, se pur complesso e frammentato, sembrasse essere in linea con quanto richiesto dalla direttiva in particolare per quanto riguarda l’approccio basato sul bacino idrografico, si sono incontrate molte difficoltà che non hanno fatto rispettare le prime scadenze. Anzi, con l’emanazione del decreto legislativo 152/2006, la situazione si è ulteriormente complicata in particolare perchè si sono definiti in modo assai discutibile i distretti idrografici e non sono state individuate le autorità di gestione competenti.
Il D.Lgs 152/2006 è stato modificato solo parzialmente, quindi attualmente si hanno alcune parti revisionate dentro una struttura invariata, che centralizza la pianificazione e la gestione delle fondamentali risorse comuni, come acqua e suolo. Inoltre, per quanto riguarda più direttamente la direttiva n. 60/2000, è rimasta invariata la ripartizione (discutibile) dei distretti idrografici. Sarà compito del nuovo governo affrontare e risolvere le questioni rimaste in sospeso cercando di recuperare il tempo perduto o quantomeno di non provocare ulteriori ritardi.

Riferimenti bibliografici

  • ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche Italiane). Assemblea annuale. 2005. Relazione. Roma.
  • Bartolini F., Bazzani G. M., Gallerani V., Pisano C., Raggi M., Viaggi, D. (2004) “Cambieranno modalità d’uso e costi dell’acqua irrigua”, L’Informatore Agrario n. 8/2004, 61-64.
  • Commissione delle Comunità Europee, (2007): Communications from the Commission to the Council and the European Parliament, COM (2007).128 final.
  • Dono G., Severini S. (2006), “Il recupero del costo pieno nella direttiva quadro delle acque: problemi per l’agricoltura italiana”, Agriregionieuropa, n. 7 [link]
  • Massarutto A. (2006), “La direttiva quadro 2000/60 e il possibile impatto sull’attività irrigua, Seminario INEA, 22 Febbraio 2006, Roma.
  • Rocchi L. (2007), “La direttiva Acque: quanto fatto e quanto ancora da fare”, Agriregionieuropa n.10 [link]
  • 2000 – 2008 “che cosa (non) è successo in Italia dall’entrata in vigore della Water Framework Directive, 6 Marzo 2008a” [link]
  • “Una revisione del D.Lgs 152/2006 rimasta a metà, 2008b” [link]
  • “La sfida dei distretti idrografici per il governo cooperativo delle acque e del suolo: la revisione del D.Lgs 152/2006 in materia ambientale, 2006”: [link]

 

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