La nuova bozza delle modalities
Dopo settimane di attesa, il 19 maggio Crawford Falconer, l’ambasciatore neozelandese che presiede il gruppo negoziale per l’agricoltura, e Don Stephenson, l’ambasciatore canadese che presiede il gruppo negoziale per l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli, hanno finalmente fatto circolare le nuove bozze delle modalities, contenenti le formule per la riduzione di tariffe e sussidi in agricoltura e per l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli.
La data del 19 maggio è stata una sorta di “compromesso” tra quei paesi membri che avrebbero preferito aspettare ancora e gli altri; i documenti aggiornano quelli presentati lo scorso 8 febbraio (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). Le modalities presentate allora avevano ricevuto un’accoglienza problematica: Unione Europea e Svizzera avevano richiesto maggiori impegni per la liberalizzazione dei settori industriali nei paesi in via di sviluppo, mentre Argentina e Brasile avevano viceversa richiesto ai paesi industrializzati maggiori concessioni nel settore agricolo. Tuttavia, al documento di Falconer era stato riconosciuto il merito di far luce su una serie di aspetti tecnici fino ad allora rimasti irrisolti e di contribuire a delineare nuove proposte per gli altri.
Nell’attuale bozza delle modalities di Falconer il numero di parentesi quadre, che indicano i punti su cui vi è disaccordo, è stato drasticamente ridotto da 235 a 32, anche se, come indicato nella stessa introduzione, spesso a causa di una semplice riformulazione del testo, che evidenzia la presenza di maggiore convergenza ma in moltissimi casi continua a prevedere diverse opzioni.
Esaminiamo quindi in breve cosa prevede il nuovo documento, per ciascuno dei “tre pilastri” dell’accordo agricolo: sostegno interno, accesso al mercato, sussidi alle esportazioni. Non vi sono molti elementi di novità rispetto ai documenti passati; i maggiori progressi riguardano il tema dei prodotti sensibili, anche se il pilastro dell’accesso al mercato resta comunque il più controverso.
Misura aggregata del sostegno complessivo: già nella bozza delle modalities di luglio 2007 (vedi Finestra sul WTO agosto 2007), si era stabilito che i paesi dovessero essere collocati in tre bande a seconda dell’ammontare del proprio Overall Trade Distorting Support (OTDS, dato dalla somma di scatola gialla, scatola blu e clausola de minimis), da essere sottoposte a percentuali di riduzioni progressivamente più alte. Questo in pratica implica riduzioni del [75] [85]% per l’UE, del [66] [73]% per gli USA, e del [50] [60]% per gli altri Paesi. Il Giappone, poiché il sostegno eccede il 40% del valore della produzione agricola, dovrebbe implementare tagli compresi tra quelli dell’UE e quelli degli USA. Il 25% della riduzione totale dovrà avvenire subito (33% per USA, UE e Giappone), per poi ripartire nei 5 anni seguenti le successive riduzioni (“six steps in 5 years”).
Scatola gialla: anche qui, come previsto nelle precedenti bozze delle modalities, non vi sono grandi cambiamenti. UE, USA e Giappone, e altri paesi sviluppati dovranno implementare tagli sulla scatola gialla rispettivamente del 70%, 60% e 45% (anche se il Giappone potrebbe dover implementare tagli del 70%, a causa dell’ammontare dei suoi sussidi). USA, UE e Giappone dovranno realizzare subito il 25% del taglio complessivo, e poi ripartire nei 5 anni seguenti le successive riduzioni; gli altri Paesi dovranno pure effettuare 1+ 5 riduzioni, ma di uguale ammontare. Il periodo base per il calcolo degli importi è costituito dagli anni 1995-2000 in generale e [1995-2004] per gli USA.
Scatola blu: è previsto un limite pari al 2,5% del valore della produzione agricola (con alcune flessibilità per quei i paesi che hanno fatto in passato grande ricorso a questo meccanismo). La scatola blu potrà contenere anche i pagamenti anticiclici statunitensi, regolamentati nell’Allegato A del documento.
Scatola verde: le modifiche da apportare sono descritte nell’Allegato B; in generale, le espressioni utilizzate cercano di rafforzare la trasparenza tra i criteri per l’eleggibilità per la ricezione dei sussidi, e rafforzano le regole sulla selezione di periodi base fissi e immutabili.
Formula generale: in tabella 1 sono indicati i cambiamenti rispetto a quanto indicato nella bozza per le modalities di febbraio (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). Restano immutate le quattro bande in cui verranno suddivise le tariffe secondo la loro entità. Per quanto riguarda le percentuali di riduzione, solo per le fasce più basse viene indicato ora un valore preciso di riduzione.
Tabella 1 - Le percentuali di riduzione tariffaria
ad valorem equivalent tariffs |
0-20% | 20-50% | 50-75% | >75% |
riduzioni | [66] [73] |
Sono state rimosse le parentesi quadre anche sul 54% indicato come riduzione tariffaria media minima per i paesi sviluppati, anche se viene ora indicata la possibilità di valutare a questo fine anche i maggiori tagli effettuati sui prodotti tropicali e per la tariff escalation, il che consente un po’ più di flessibilità. I paesi in via di sviluppo dovranno implementare riduzioni che restano pari ai 2/3 di quanto deciso per i paesi sviluppati. Alcune eccezioni sono previste anche per i Recently Acceded Members (RAM), proprio in virtù degli obblighi di riduzione tariffaria da loro già intrapresi per entrare a far parte del Wto.
Prodotti sensibili: come già previsto nella bozza di febbraio (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008), ogni paese sviluppato potrà designare fino al [4] [6]% dei prodotti come sensibili (per i paesi in via di sviluppo la quantità è aumentata di un terzo). L’allegato C contiene le metodologie per il calcolo dell’espansione delle quote all’importazione a tariffa ridotta che dovrà accompagnarsi alle minori riduzioni tariffarie rispetto alla regola generale (un terzo, un mezzo o due terzi in meno). L’allegato D spiega come calcolare l’ammontare equivalente di prodotto primario contenuto nei prodotti sensibili a maggior livello di dettaglio nella classificazione HS, cioè ad “8 digit”, a partire dai dati “6 digit”.
Le complesse misure per la determinazione dell’espansione delle quote a partire dai dati sul consumo interno del prodotto riprendono quanto proposto da Australia, Brasile, Canada, Giappone, USA e UE. Quei paesi che hanno più del 30% delle linee tariffarie nella banda massima potranno designare come sensibili il 2% in più di prodotti rispetto agli altri paesi ([6] [8] %), e solo su questo 2% dovranno aumentare le quote all’importazione a tariffa ridotta dello 0,5%.
I paesi sviluppati che, una volta implementati i tagli tariffari previsti, avranno ancora più del 4% delle loro linee tariffarie superiori al 100%, dovranno garantire per tutti i prodotti sensibili un’espansione dello 0,5% delle quote a tariffa ridotta. Questa misura rappresenta di fatto una sorta di compromesso per l’assenza dell’imposizione di un vero e proprio tetto alle tariffe, come richiesto dal Gruppo di Cairns, ma avversato dal G-10 e dall’UE.
Se le quote a tariffa ridotta esistenti già rappresentano rispettivamente più del 10 e 30% del consumo interno del prodotto, la loro espansione potrà essere ridotta dello 0,5 e 1% rispettivamente. Sono infine previste opzioni aggiuntive per i paesi in via di sviluppo.
Tariff escalation: a questo proposito, il testo prevede che le riduzioni delle tariffe su prodotti trasformati siano quelle della banda immediatamente superiore a quella che spetterebbe loro, e che le tariffe della banda tariffaria più alta siano aumentate del 6%.
Prodotti speciali: i paesi in via di sviluppo possono selezionare l’[8]-[20]% delle linee tariffarie come speciali, come previsto nel documento di febbraio. Di queste, dallo [0] al [40]% (cioè lo [0]-[8]% del totale) saranno completamente esenti da riduzioni; le altre dovranno essere ridotte in media del 15%, con un minimo di 12% ed un massimo di 20% ciascuna. Insieme al meccanismo speciale di salvaguardia, questa resta una delle aree più controverse ancora oggetto di discussione.
Meccanismo speciale di salvaguardia: nell’introduzione, viene indicato come uno dei temi su cui vi sono le maggiori divergenze. Il testo di Falconer cerca di semplificare i numerosi punti di disaccordo: vengono presentate due opzioni, che considerano la possibilità di utilizzare criteri meno (più) severi per far scattare il meccanismo, di imporre aumenti tariffari temporanei più (meno) alti e la possibilità (il divieto) di eccedere le tariffe consolidate. Le misure di salvaguardia possono rimanere in vigore per 12 mesi (6 se il prodotto è stagionale). La vecchia Special Agricultural Safeguard, nella pratica utilizzata dai solo paesi sviluppati, dovrebbe essere [eliminata o ridotta all’1,5%] delle linee tariffarie ([3]% per i paesi in via di sviluppo).
Prodotti tropicali, erosione delle preferenze: il testo resta sostanzialmente analogo a quello di febbraio e non include i recentissimi progressi compiuti nelle trattative, che si sono recentemente intensificate tra quei paesi dell’America latina (che promuovono una più decisa liberalizzazione dei mercati per questi prodotti), i paesi ACP (portavoce di interessi opposti), e l’UE. L’obiettivo dei negoziati sembra sia quello di stabilire una lista comune di prodotti che saranno sottoposti a maggiori tagli tariffari o una lista specifica di obblighi per i singoli paesi. Nella bozza delle modalities, la lista dei prodotti che potrebbero essere considerati tropicali è inclusa nell’allegato G.
Sostegno alle esportazioni
È il pilastro meno controverso. Resta indicato il 2013 come l’anno per eliminazione totale da parte dei paesi sviluppati di tutte le forme di sussidio alle esportazione (la metà dovrà essere eliminata entro il 2010; i sussidi del cotone dovranno essere eliminati completamente già dal 2010). Restano da definire alcuni dettagli delle regole che disciplinano crediti alle esportazioni e aiuti alimentari.
Indicazioni geografiche
Non vi è neppure un cenno alla questione, che viene semplicemente inclusa (e tra parentesi quadre, il che significa che potrebbe non essere presente nell’accordo finale) tra gli “altri temi di discussione”.
Prime reazioni
Nel nuovo documento si iniziano quindi a delineare le caratteristiche di un futuro accordo, anche se una serie di questioni sono per loro natura politiche e non semplicemente tecniche, come indicato dallo stesso Falconer, e richiederanno decisioni politiche per essere risolte. La bozza delle modalities per l’agricoltura ha suscitato, come al solito, reazioni controverse. Alcuni paesi dell’UE (Francia, Irlanda, Italia) hanno espresso parere piuttosto negativo, a causa di concessioni commerciali ritenute eccessive e per l’assenza di qualunque cenno alla questione delle indicazioni geografiche (in Italia, questa ha provocato accese reazioni da parte di tutto il mondo agricolo). Critiche ha destato anche l’inclusione tra i prodotti tropicali di alcuni prodotti come arance, limoni, riso.
Anche i paesi ACP e il gruppo del G-33 si sono espressi a favore di una profonda revisione del testo prima che abbia luogo un eventuale incontro di livello ministeriale. La posizione del G-20 è stata tutto sommato meno sfavorevole, anche se non sono mancate le critiche da parte dei singoli membri del gruppo.
Gli altri tavoli negoziali
Anche per l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli le posizioni restano divergenti, a tal punto che il 2 giugno i negoziati sono stati sospesi [link]. Al momento, proseguono tuttavia consultazioni informali. Su quest’area, i paesi in via di sviluppo denunciano richieste troppo pesanti in materia di aperture commerciali, e non controbilanciate da quanto offerto da loro sul tavolo agricolo. Per quanto riguarda invece il settore dei servizi, il 26 maggio Fernando de Mateo, l’ambasciatore messicano che presiede i negoziati, ha reso noto un rapporto sul loro stato di avanzamento che contiene le linee guida da seguire nelle trattative [link]. Infine, il 9 giugno, Manzoor Ahmad, l’ambasciatore pakistano che presiede i negoziati TRIPS, ha fatto circolare un rapporto avente come oggetto la creazione di un registro multilaterale per la protezione di vini e bevande alcooliche. Un secondo rapporto, questa volta del direttore generale Pascal Lamy, tratta invece della possibile estensione della protezione a vini e bevande alcooliche anche ad altri prodotti (appunto, cosiddetta la questione delle indicazioni geografiche), e di brevetti e biodiversità [link]. Le opinioni dei Paesi membri su questi temi sono contrastanti proprio su un punto cruciale, ovvero la loro inclusione o meno nel mandato di Doha e quindi nelle trattative.
La speranza è ora che si giunga, nel giro di qualche settimana, ad una riunione di livello ministeriale in cui finalizzare l’accordo sulle modalities. L’inizio di un “processo orizzontale” di negoziazione, che riguardi cioè i vari temi oggetto di trattativa, dovrebbe infatti concludersi con un incontro dei ministri del commercio dei Paesi membri per ottenere quantomeno un accordo sui temi principali, necessario per concludere il Doha Round entro l’anno. Nei mesi scorsi, a mano a mano che veniva rimandata la circolazione della bozza delle modalities, anche una futura riunione ministeriale è stata rinviata ad aprile, a fine maggio, e infine al mese di giungo. L’attuale situazione sui mercati mondiali, in cui gli alti prezzi delle commodities agricole colpiscono soprattutto i paesi più poveri importatori netti di alimenti, è stata indicata da Pascal Lamy come motivo di urgenza per concludere il negoziato al più presto, contribuendo alla creazione di soluzioni di lungo termine per la crisi in atto [link]. Analogamente, i ministri del commercio dell’Asian-Pacific Economic Cooperation (APEC) hanno invocato una rapida conclusione del Round proprio per migliorare l’accesso al mercato e ridurre le misure distorsive nel commercio agricolo mondiale.
Al tempo stesso, Svizzera e Giappone, grandi importatori agricoli, hanno richiesto che l’accordo di Doha preveda la possibilità di imporre regole più stringenti per disciplinare l’imposizione di tasse all’esportazione, strumento recentemente utilizzato da alcuni paesi come Argentina ed Ucraina proprio per evitare l’eccessivo rialzo dei prezzi interni, ma che chiaramente ha l’effetto indiretto di contribuire all’innalzamento sui mercati mondiali.
La crisi dei prezzi agricoli potrebbe dunque fornire quello slancio politico necessario a concludere il Round, quale tentativo concreto di contribuire alla creazione di un ambiente internazionale più stabile e con regole condivise.
Il nuovo Farm Bill
Nelle scorse settimane è stata inoltre emanata la nuova legge di politica agricola statunitense, il cosiddetto Farm Bill (vedi Finestra sul WTO febbraio 2008). Si ricorderà che Senato e Camera avevano approvato il proprio testo da parecchi mesi, non realizzando alcuna inversione di rotta rispetto ai generosi provvedimenti del Farm Bill del 2002. Il Presidente statunitense da tempo aveva minacciato l’apposizione del veto: nelle parole di Bush, si tratta infatti di proposte che mancano “di riforme nei programmi e di disciplina finanziaria”, in un momento in cui gli alti prezzi mondiali avrebbero viceversa permesso di ridurre il sostegno al settore limitandone il peso sul budget.
Nel frattempo, mentre l’elaborazione di un testo congiunto Camera-Senato (come previsto dalla legislazione statunitense), procedeva a rilento, il vecchio Farm Bill veniva prorogato ancora fino al il 25 aprile, e poi di nuovo per altri sette giorni. Infine, il 16 maggio il nuovo Farm Bill è stato approvato al Senato con la votazione di 81 a 15, dopo che era già passato alla Camera il giorno prima 316 a 108: in entrambi i casi, una maggioranza ben superiore ai 2/3 che servono per rendere inefficace il veto presidenziale. Il veto di Bush è ciò nonostante arrivato il 21 maggio [link]. Poche ore dopo, la Camera ha votato 306-110 e il Senato 82-13 per annullarlo; tuttavia, in modo quasi grottesco considerando il viaggio estenuante che sta caratterizzando questo percorso legislativo, a causa di un banale errore di trascrizione, una sezione di ben 34 pagine mancava dal testo. Mentre alla Camera si è riusciti a correggere l’errore in tempo, ed il veto di Bush può dirsi quindi respinto, così non è stato al Senato, nel quale si aspetta una votazione nel giro di qualche giorno. La legge approvata può però dirsi in un certo senso già definitiva.
Sebbene ben 209 miliardi di dollari dei 307 previsti siano allocati su programmi per l’alimentazione delle fasce più povere, e altre misure siano destinate alla conservazione delle risorse naturali, allo sviluppo rurale e così via, è invece l’11% dei finanziamenti (35 miliardi di dollari), destinato al sostegno degli agricoltori, che desta le maggiori preoccupazioni a livello internazionale, e ha già scatenato le reazioni avverse di numerosi paesi in sede Wto. L’insieme delle misure in atto per la protezione ed il sostegno dei mercati agricoli si mantiene infatti sostanzialmente inalterato, e gli strumenti esistenti per cotone e zucchero in particolare, nonché la nuova Average Crop Revenue Election (ACRE; si stratta di un’assicurazione sui redditi agricoli) sicuramente renderanno più difficile il rispetto degli obblighi stabiliti in sede Wto. A livello politico, inoltre, il supporto bipartisan garantito al nuovo Farm Bill evidenzia il peso delle commissioni parlamentari e quindi delle lobbies agricole interne statunitensi. È quantomeno poco plausibile che un eventuale futuro accordo del Doha Round possa eventualmente essere approvato da un Congresso che ha espresso posizioni così conservative.
Cosa ci aspetta
È chiaro che, ancora una volta, sono molti gli interrogativi sul futuro del negoziato Wto. Non resta che stare ad osservare attentamente quello che accadrà nelle prossime settimane, e come proseguirà il dibattito sulle modalities. Per il terzo anno consecutivo, si sperava nella possibilità di raggiungere un accordo sulle modalities entro la primavera, ma invece, in quello che è stato definito da molti commentatori un dejà-vu, la scadenza potrebbe essere destinata a slittare fino alla pausa estiva, come di fatto è già avvenuto gli anni scorsi, e poi a settembre. E allora, le elezioni presidenziali statunitensi del prossimo autunno, secondo molti la vera scadenza del negoziato in corso, contribuirebbero a rendere il clima politico estremamente incerto. Nelle parole di Pascal Lamy, la crisi economica mondiale, il rialzo dei prezzi agricoli e la “maturità tecnica” raggiunta dai negoziati rendono questo in un certo senso il “momento della verità” del Doha Round.