Finestra sul WTO n.8

Finestra sul WTO n.8
a Confederazione Svizzera, Ufficio Federale dell’Agricoltura (UFAG)

Nulla di nuovo sul fronte dei negoziati del WTO. La pausa estiva non ha portato novità di rilievo. Il clima generale è stato definito “disteso”, ma verrebbe da dire piuttosto “rassegnato”, visto che, in particolar modo dopo il fallimento di Potsdam del giugno scorso (vedi Finestra WTO agosto 2007) nulla lascia supporre una conclusione del Round in tempi brevi.
Si ricorderà che, lo scorso luglio, le modalities presentate dall’ambasciatore neozelandese Crawford Falconer, che presiede il gruppo negoziale per l’agricoltura, avevano ricevuto un’accoglienza piuttosto tiepida. La situazione per quanto riguarda l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli è probabilmente ancora peggiore. Un gruppo di paesi in via di sviluppo (che include Brasile, Argentina e Sud Africa), numericamente più della metà sul totale dei membri del WTO, si è dichiarato non disposto a ridurre le tariffe sui prodotti manifatturieri più di quanto dovrebbero fare i paesi industrializzati, per i quali proprio queste maggiori riduzioni rappresenterebbero la contropartita per l’eliminazione dei sussidi agricoli. Questo gruppo ha in pratica rifiutato l’adozione del testo come base per le future trattative. Stati Uniti ed Unione Europea, invece, hanno criticato lo stesso testo proprio perché non abbastanza ambizioso.
Tornando al negoziato agricolo, Joe Glauber, negoziatore statunitense per l’agricoltura, si è spinto ad accettare i limiti sul sostegno interno presenti nel documento di Falconer (tra i 13 ed i 16,4 miliardi di dollari; l’offerta ufficiale statunitense per la riduzione del sostegno distorsivo del commercio resta di 22,5 miliardi di dollari). Pochi giorni dopo, commentando le “tardive, ma tempestive” notifiche statunitensi al WTO, ha notato come, per l’appunto, negli scorsi anni le soglie presenti nella bozza di Falconer avrebbero rappresentato un vero limite sulla spesa statunitense (vedi notizie flash). Gli USA sono alle prese con il rinnovo del Farm Bill (vedi scheda), al momento in discussione al Senato: per ora, tutto lascia ritenere che non verranno apportati sostanziali cambiamenti alla legge esistente. È inoltre estremamente improbabile che l’amministrazione Bush riesca ad ottenere da parte del Congresso Democratico il rinnovo della Trade Promotion Negotiating Authority (la delega, scaduta lo scorso giugno, che gli permette di negoziare per conto del Congresso). L’Unione Europea ha fatto trapelare la sua disponibilità ad accettare i limiti del documento di Falconer sulle sue tariffe all’importazione, ma i paesi in via di sviluppo più ricchi (Brasile, Argentina, Egitto, India) non sono disponibili ad accettare la riduzione delle tariffe non agricole proposta a luglio nella bozza di Stephenson.
Il solito gioco di accuse reciproche (l’UE afferma che solo gli USA possono sbloccare la situazione, e questi ultimi puntano il dito contro Brasile, Argentina, India) prosegue, alternandosi come al solito a rinnovati impegni di fiducia nella riuscita delle trattative. Nelle scorse settimane, i negoziati a Ginevra sono ripresi a partire dal pilastro dell’accesso al mercato. Contemporaneamente alle consultazioni con Falconer, un nuovo gruppo negoziale, composto da Argentina, Australia, Brasile, Canada, Unione Europea, India, Giappone e Stati Uniti, cui si sono aggiunti Giamaica, Cina, Indonesia e Sud Africa (ribattezzato G12) cerca di trovare possibili punti di convergenza. Per quanto riguarda i prodotti sensibili, sembra che ci sia accordo tra i Paesi membri per l’assegnazione di questo status dal 4 al 6% del totale delle linee tariffarie. Le discussioni hanno portato alla luce le note problematiche: ad esempio, l’utilizzo della quantità consumata invece che importata per garantire l’espansione delle quote ad importazione a tariffa ridotta (che appunto dovrebbe bilanciare la presenza di minori tagli tariffari) pone il problema della mancanza di dati disponibili per il livello di dettaglio richiesto. Si è discusso anche sulla possibilità che la designazione venga effettuata su prodotti ad 8 digit invece che a 4-6 digit (ovvero, ad un maggior livello di dettaglio nell’Harmonized System della classificazione tariffaria), come originariamente proposto dal gruppo di Cairns. Un maggior livello di dettaglio consentirebbe una maggior efficacia del meccanismo, contro gli interessi dei paesi esportatori. Hanno preso il via anche le discussioni sulla lista di indicatori che potrebbero essere utilizzati da parte di paesi in via di sviluppo per designare i cosiddetti prodotti speciali (ad esempio, la percentuale della produzione interna nel consumo totale nazionale di un certo prodotto o la percentuale di un prodotto nel reddito della famiglia agricola o in quello nazionale). Anche qui problemi fondamentali sono la disponibilità e la provenienza (nazionale o internazionale) dei dati; sarebbe forse più ragionevole, come suggerito da Falconer, cercare invece accordo su un numero minimo di prodotti sensibili che potrebbero andar bene per tutti. Si è scesi più nel dettaglio anche per quanto riguarda il Meccanismo Speciale di Salvaguardia: a quali prodotti possa essere destinato; quali debbano essere l’aumento nelle quantità o nei prezzi all’importazione in grado di far scattare il meccanismo; di quale natura ed entità possano essere gli aumenti tariffari temporanei e se possano o meno eccedere le tariffe consolidate nell’Uruguay Round. Il G33, forte sostenitore del meccanismo, ha indicato che potrebbe accettare di limitare il meccanismo ai prodotti agricoli interni ed ai loro sostituti. Le discussioni sono poi proseguite sul pilastro dei sussidi all’esportazione, meno controverso (si ricorderà che nella Conferenza Ministeriale di Hong Kong è stata decisa l’eliminazione di tutte le forme di sussidio alle esportazioni entro il 2013), ma tuttavia anch’esso con tutta una serie di dettagli tecnici che restano da definire (ad esempio, l’eventuale regolamentazione del monopolio delle imprese commerciali di Stato e le regole per gli aiuti alimentari e per i crediti alle esportazioni).
Si attende ora, per metà novembre (con un mese di ritardo rispetto a quanto originariamente annunciato), una nuova bozza delle modalities di Falconer che aggiorni la precedente sulla base delle trattative in corso. Il rischio, sempre più concreto, è che i negoziati restino praticamente bloccati almeno fino alle elezioni presidenziali statunitensi, che avranno luogo nel novembre del 2008.

Notizie: 

Notizie Flash

Sostegno alle esportazioni: nuovi working documents disponibili

Il 6 novembre Crawford Falconer ha fatto circolare tre nuovi “working documents”. Si tratta di tre documenti inerenti, rispettivamente, la disciplina degli aiuti alimentari, dei crediti alle esportazioni e delle imprese commerciali esportatrici di stato. I tre documenti aggiornano quanto contenuto nella bozza di modalities dello scorso luglio (si veda la Finestra sul WTO, agosto 2007). Il pilastro dei sussidi alle esportazioni è meno controverso rispetto a quelli relativi ad accesso al mercato e sostegno interno, proprio perché nella Conferenza Ministeriale di Hong Kong è stata decisa l’eliminazione di tutte le forme di aiuto alle esportazioni (e, in particolare, dei sussidi dell’UE all’export) entro il 2013; le discussioni su questo pilastro servono appunto a far sì che le altre misure non abbiano un effetto equivalente a sussidi [link].

I negoziati per gli Economic Partnership Agreements (EPA)

In vista della scadenza di fine anno, proseguono i negoziati sugli Accordi di Partenariato Economico tra l’Unione Europea ed i Paesi di Africa, Carabi e Pacifico (ACP) (per approfondire [link]). In questo quadro, l’UE ha deciso, entro ottobre 2009, l’eliminazione del cosiddetto Protocollo Zucchero. Grazie al Protocollo, rimasto in vigore per 32 anni, 19 Paesi ACP e l’India hanno beneficiato dell’accesso preferenziale al mercato Comunitario per una quota complessiva pari a circa 1,3 milioni di tonnellate, a cui si applica una tariffa all’importazione ridotta, e sulle quali viene pagato un prezzo garantito (per approfondire [link]). L’Unione Europea ha offerto di controbilanciare la rimozione del Protocollo con l’offerta di accesso a tariffa zero sul mercato europeo, estesa non solo ai Paesi del Protocollo Zucchero ma a tutti gli ACP; questo però significa che i Paesi del Protocollo Zucchero non beneficerebbero più dei prezzi garantiti. I Paesi ACP avrebbero preferito piuttosto una trasposizione delle misure del Protocollo negli EPA, e lamentano il notevole impatto sulle loro economie della riduzione del 36% dei prezzi d’intervento previsto dalla riforma dell’OCM zucchero del 2005. Qualora la UE e i Paesi ACP non raggiungessero un accordo sugli EPA entro la fine dell’anno, non vi sarebbe nessuna base legale per l’estensione delle attuali preferenze commerciali (vedi Finestra WTO agosto 2007), ma si dovrebbe far riferimento al sistema generale delle preferenze della UE, il che implicherebbe la presenza di tariffe addizionali all’importazione per i Paesi ACP non PMA. Recentemente, tuttavia, per preservare ininterrotto l’accesso al mercato dei paesi ACP, Bruxelles ha ventilato la possibilità di concludere entro la fine dell’anno accordi che coprono solo il commercio di beni, per poi considerare in un secondo momento le altre questioni. La UE ha già annunciato che gli accordi provvisori con il gruppo di Stati del Pacifico saranno pronti ad inizio 2008, con l’impegno di concludere i negoziati per gli EPA entro la fine del 2008. Un accordo generale potrebbe essere siglato in tempi brevi con il gruppo dei Caraibi. Negli ultimi giorni, i gruppi dei Paesi dell’Africa Centrale ed Occidentale hanno invece chiesto un’estensione del regime esistente.
Per saperne di più: [link], [link], [link], [link]

I sussidi agricoli statunitensi finalmente notificati dal WTO

Con ritardo, lo scorso 4 ottobre gli Stati Uniti hanno notificato al WTO l’ammontare dei propri sussidi agricoli per gli anni 2002-2005. L’insieme di tutti i pagamenti statunitensi distorsivi del commercio (l’Overall trade-distorting support, o OTDS, la somma di scatola gialla, scatola blu e clausola de minimis) ammontava a 16,3 miliardi di dollari nel 2002, 10,2 nel 2003, 18,1 nel 2004 e 18,9 nel 2005: si tratta di cifre ben al di sotto dei 48 miliardi di dollari stabiliti come limite massimo dal WTO e dei 22,5 miliardi di dollari presenti nell’ultima offerta ufficiale statunitense. È questo il principale motivo che rende i Paesi membri del WTO insoddisfatti della loro attuale offerta commerciale. Gli Stati Uniti avrebbero informalmente abbassato tale limite a 17 miliardi di dollari, che restano comunque di molto superiori a quanto da loro speso attualmente (secondo alcune stime, 11 miliardi di dollari nel 2006). D’altra parte, però, i valori notificati eccedono invece quelli indicati da Crawford Falconer nella bozza delle modalities di fine luglio (vedi Finestra WTO agosto 2007), in cui si suggerisce un valore dell’OTDS per gli USA compreso tra i 13 e i 16,4 miliardi di dollari. Questo consente agli USA di evidenziare come accettare il testo di Falconer rappresenti per loro una concessione negoziale “vera”.Anche le spese notificate per la sola scatola gialla sono sempre rimaste sotto ai 19,1 miliardi di dollari previsti dal WTO (Brasile e Canada sostengono che ciò è stato consentito solo grazie ad una classificazione errata, (vedi Finestra WTO agosto 2007). I pagamenti contenuti nella scatola verde sono invece molto saliti negli anni (da 58,3 miliardi nel 2002 a 71,8 del 2005).
Testo della notifica: (G/AG/N/USA/60) [link]

Il divieto alle importazioni di carne trattata con ormoni porta problemi all'UE

Il divieto introdotto nel 1989 da parte dell’Unione Europea di importare carni bovine trattate con ormoni è all’origine della nota disputa con Stati Uniti e Canada. Il panel del WTO, istituito su richiesta di questi ultimi per verificare se l’imposizione di tale bando non costituisse che un mero tentativo di aumentare la protezione commerciale europea, diede torto all’UE. Il WTO ritiene sia legittimo per un singolo Paese imporre standard per la protezione della salute più elevati, purché ne venga dimostrata la fondatezza scientifica; tuttavia, la UE non fu in grado di fornire, entro il maggio del 1999, evidenza scientifica sufficiente, e USA e Canada furono autorizzate ad imporre misure ritorsive del valore complessivo di circa 130 milioni di dollari, misure di cui, nel febbraio 2005, la UE ha chiesto di verificare la legittimità. Un nuovo studio pubblicato dall’European Food Safety Authority (EFSA) conclude ora che la carne trattata con ormoni non è sicura. Il Commissario Europeo per la salute, Markos Kyprianou, ha indicato che per il momento non c’è motivo di rivedere il bando. Un verdetto non ufficiale del WTO di fine luglio indica che la UE potrebbe trovarsi ad affrontare nuove misure di ritorsione da parte di USA e Canada.

Ancora problemi per i sussidi statunitensi sul cotone

Lo scorso luglio, un panel del WTO ha stabilito (in un preliminary ruling, poi confermato dal rapporto definitivo ad ottobre) che gli Stati Uniti non hanno sufficientemente modificato i pagamenti sul settore del cotone in modo da renderli conformi a quanto deciso in seguito alla disputa lanciata dal Brasile. Nel 2005 fu infatti stabilito che una serie di schemi di sostegno interno e sulle esportazioni violavano gli obblighi in sede WTO. Gli Stati Uniti ne hanno aboliti alcuni (ad esempio, certi programmi di credito alle esportazioni), ma tuttavia il Brasile ha chiesto e ottenuto l’istituzione di un compliance panel per verificare la conformità con la sentenza del 2005. Ora il nuovo panel ha dato torto agli Stati Uniti, che verosimilmente faranno ricorso.

Si avvicina l'ingresso della Russia nel WTO?

La Russia, l’unica grande potenza mondiale rimasta fuori dall’organizzazione mondiale del commercio, dopo 14 anni potrebbe finalmente riuscire a finalizzare il suo ingresso. Le regole prevedono che i Paesi entranti negozino le modalità per l’ingresso con tutti i Paesi che lo richiedono; nel caso della Russia sono 50, tra cui Stati Uniti ed Unione Europea. L’ultimo nodo da sciogliere riguarda la Georgia, che ha chiesto la rimozione del divieto alle importazioni su vini e acqua minerale, e la fine del commercio non autorizzato con Abkhazia e Sud Ossezia. I sussidi agricoli in Russia ammontavano nel 2006 a 4 miliardi di dollari. Durante i mesi scorsi, una serie di problemi sulla proprietà intellettuale, l’energia e la normativa russa per la sanità alimentare ha portato, tra l’altro, all’imposizione, da parte della Russia, di divieti all’importazione per Polonia e Stati Uniti. L’appartenenza della Russia al WTO aiuterebbe senz’altro a ricondurre questi casi sotto il controllo delle regole multilaterali.

WTO a quota 151 membri

Tonga, un minuscolo arcipelago del Pacifico situato a metà strada tra la Nuova Zelanda e le Hawaii, il 27 luglio è diventato il 151 membro del Wto. Si tratta di uno dei Paesi in assoluto più poveri tra quelli appartenenti al Fondo Monetario Internazionale, con un PIL di soli 195 milioni di dollari e la cui economia, basata sul settore agricolo, dipende in modo cruciale dalle rimesse degli emigranti e dagli aiuti internazionali. Zucche, noci di cocco, banane e vaniglia contano per circa i 2/3 delle esportazioni e il 70% dei circa 120 mila abitanti è impiegato in agricoltura.

Cresce il commercio internazionale, scrive il Washington Post

Cresce il commercio internazionale, scrive il In un aggiornamento pubblicato qualche settimana fa sul Washington Post [link], Moisés Naím nota come, nonostante l’ultimo decennio sia stato segnato da una serie di clamorosi fallimenti nei negoziati commerciali multilaterali, il commercio internazionale è incredibilmente aumentato. Nel 2006, ad esempio, il volume delle esportazioni mondiali è cresciuto del 15%. Tra il 1950 ed il 2005, il rapporto export/PIL mondiale è passato dall’8,8 al 30,1%, con un incremento di 7 punti percentuali realizzatosi nell’ultimo anno. Naím spiega questo fenomeno con l’abbassamento dei costi commerciali garantito dalle innovazioni tecnologiche, con l’integrazione di Paesi come la Cina, l’India e l’ex Unione Sovietica nell’economia mondiale e con l’abbassamento volontario delle proprie barriere commerciali. A tal proposito, nota come il 66% delle riduzioni tariffarie realizzatesi in tutto il mondo tra il 1983 ed il 2003 sia stato effettuato su base unilaterale, il 25% regionale e solo il restante 9% multilaterale. Tuttavia, si sottolinea come gli accordi multilaterali siano assolutamente necessari e gli unici in grado di ridurre significativamente le barriere agricole e sul settore dei servizi.

Proseguono i negoziati bilaterali tra l’UE e la Corea

La liberalizzazione del mercato automobilistico è l’oggetto principale di questo accordo bilaterale di libero commercio, che entrambi i Paesi sperano di concludere entro fine anno (vedi Finestra WTO agosto 2007). Più in generale, l’UE ha proposto l’eliminazione, nei prossimi 7 anni, di tutte le tariffe all’importazione sui prodotti coreani, con effetti sull’80% del volume totale degli scambi nei primi 3 anni. Seul ha invece proposto di eliminarne solo il 68% in 3 anni, con alcune eccezioni per la carne suina e i prodotti lattiero caseari. L’UE si è dichiarata insoddisfatta, in quanto si tratta di una percentuale minore a quella negoziata in un accordo analogo con gli USA (pari al 94% del volume totale delle esportazioni; l’accordo deve essere ancora ratificato da entrambi i Paesi).
Per saperne di più: [link].

Iniziano le trattative per un accordo bilaterale tra Cina e Perù

Dopo un accordo di cooperazione bilaterale siglato nel 2005, durante il Summit dell’Asian-Pacific Economic Cooperation tenutosi lo scorso settembre a Sydney Cina e Perù hanno annunciato l’inizio di trattative bilaterali per la creazione di un accordo di libero commercio. Il gigante cinese, in cerca di nuovi mercati e risorse, ha già firmato accordi di libero commercio con il Cile e accordi per la protezione degli investimenti con Bolivia, Cile, Cuba, Argentina, Uruguay, Perù ed Ecuador. Resta da vedere come le economie dell’America Latina reagiranno ai flussi di importazioni cinesi di prodotti manifatturieri.

Con il Costa Rica, si completa il Dominican Republic-Central American Free Trade Agreement

Con l’approvazione del referendum in Costa Rica (passato con una ristretta maggioranza, sotto lo spettro di un eventuale non rinnovo delle attuali preferenze commerciali unilaterali statunitensi), Repubblica Dominicana, El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua sono ora parte di un accordo di libero commercio con gli stati Uniti. Uno studio del 2005 di World Bank ipotizza che l’accordo possa aiutare ad uscire dalla povertà 500.000 persone entro il 2010.

Schede e approfondimenti

Scheda 1- La politica agricola statunitense: il punto sul nuovo Farm Bill

l Durante gli scorsi mesi, negli Stati Uniti è proseguito l’acceso dibattito sul nuovo Farm Bill, la legge che regola la politica agricola della nazione. Dibattito che potremmo definire infuocato in quanto avviene contemporaneamente alla campagna per le elezioni che, nel 2008, porteranno ad avere un nuovo Presidente, il rinnovo della Camera dei Rappresentanti e di un terzo del Senato. La legge attuale risale al 2002 ed è scaduta, dopo un quinquennio di validità, nel settembre 2007. Si tratta di un corposo documento di circa 700 pagine, relative a 10 titoli: prodotti agricoli, protezione dell’ambiente, commercio, nutrizione, credito, sviluppo rurale, ricerca, foreste, energia ed altre misure. È interessante notare come a tale eterogeneità di contenuti non corrisponda altrettanta diversificazione nei finanziamenti, che per la maggior parte sono destinati ai prodotti agricoli. Ad esempio, sebbene circa un quinto delle indicazioni ivi contenute riguardino lo sviluppo rurale, solo lo 0,5% della spesa vi è effettivamente destinato (i restanti finanziamenti dipendono da stanziamenti annuali); per non parlare delle politiche inerenti i biocarburanti (che al momento si potrebbero valutare come più importanti di quelle agricole), che sono per lo più decise in altra sede. Il nuovo Farm Bill avrebbe dovuto essere pronto già per le semine di settembre, ma così non è stato. In realtà, il fatto che questa scadenza sia stata mancata ha probabilmente suscitato timori eccessivi, in quanto il vuoto legislativo che si è creato riguarda solo alcune misure; ma, per l’appunto, gli agricoltori che seminano colture autunno-vernine hanno effettuato le loro scelte in un clima di incertezza. La speranza è ora che si arrivi alla definizione di un nuovo testo almeno in tempo per le semine primaverili; o, altrimenti, non resterà altro da fare che prorogare l’attuale legge per altri dodici mesi. Dopo che, ad inizio anno (vedi Finestra WTO maggio 2007), l’Amministrazione Bush ha presentato la propria proposta, e a fine Luglio la Camera ha adottato il proprio testo, le discussioni proseguono ora in Senato, con tempi imprevedibili e verosimilmente tutt’altro che brevi, anche se sembra ora che si sia vicini alla stesura di un testo definitivo. Il cosiddetto Conference Committee avrà poi il compito di unire le due proposte del Congresso (e anche qui potrebbero essere apportati ulteriori cambiamenti) per sottoporle infine al Presidente, che ha potere di veto. L’apposizione del veto è stata già minacciata su alcuni punti. In particolare, la rimozione del divieto di coltivare frutta e verdura ai fini del percepimento dei pagamenti disaccoppiati (vedi Finestra WTO maggio 2007), era presente nella proposta dell’Amministrazione ma è stata eliminata in quella della Camera e, per il momento, nel testo su cui si discute in Senato. Il dibattito è acceso (sebbene il problema riguardi in realtà un numero molto limitato di agricoltori: molti di loro, infatti, oltre alla superficie eligibile per il percepimento del PUA, hanno anche altra superficie, su cui appunto potrebbero piantare ortofrutticoli), ed una possibile soluzione potrebbe essere quella di accompagnare la rimozione del divieto con l’erogazione di sussidi diretti ai produttori di ortofrutta. Un’altra questione su cui è stato minacciato il veto presidenziale riguarda i limiti ai sussidi agricoli. La proposta dell’Amministrazione rafforza le regole, prima facilmente aggirabili, sull’ammontare massimo di sostegno destinato ad una singola impresa. L’Amministrazione aveva inoltre proposto di non destinare alcun sussidio a quelle aziende che generano un reddito superiore ai 200.000$ (la misura avrebbe riguardato il 10% circa delle cosiddette commercial farm, quelle cioè in cui il reddito agricolo è la fonte principale delle entrate). La Camera ha invece innalzato questo limite fino a 1 milione di dollari, rendendolo vincolante per poche migliaia di agricoltori. La stampa ha probabilmente esagerato nell’evidenziare i presunti pregi della proposta dell’Amministrazione e nel criticare i difetti di quella della Camera, mentre i due testi sono probabilmente più vicini tra loro di quanto si potrebbe pensare. La Proposta dell’Amministrazione Bush sicuramente garantiva la riduzione della spesa attuale, ma per lo più grazie agli alti prezzi che le commodities spuntano al momento sui mercati internazionali che ad un’effettiva modifica degli strumenti adottati. Comunque, essa prevedeva tagli sui pagamenti anticiclici (calcolati non più a partire di un prezzo obiettivo ma di un reddito di riferimento, con rese calcolate a livello nazionale), la riduzione dei loan rates al di sotto dei livelli attuali per la maggior parte delle colture, e avrebbe consentito di spostare una parte degli aiuti nella scatola verde del WTO. Il testo della Camera, passato a fine luglio, è invece più vicino alla controversa legge del 2002, della quale estende e rafforza alcune misure distorsive (mantiene pagamenti diretti, loan deficiency payments, pagamenti anticiclici, con l’aumento in qualche caso dei prezzi obiettivo), rendendone molto difficile la compatibilità con gli impegni del WTO. Non è per nulla scontato cercare di prevedere quale direzione prenderà l’attuale dibattito legislativo. Il consenso ottenuto dai democratici nelle aree rurali nelle elezioni dello scorso anno, che ha loro consentito di ottenere la maggioranza nel Congresso, potrebbe spingerli ad adottare posizioni tutt’altro che innovatrici. Questo fatto, sommandosi alla loro tradizionale attenzione ai temi della salvaguardia dei diritti dei lavoratori e della protezione dell’ambiente, e alla conseguente diffidenza nei confronti degli accordi (e degli obblighi) commerciali internazionali, potrebbe spingere verso il consolidamento del generoso status quo. Si moltiplicano le proteste della società civile; è noto come circa il 90% dei sussidi agricoli statunitensi vada a finire nelle tasche dei grandi produttori di soia, mais, cotone, grano, riso, il che avrebbe effetti significativi nell’abbassare il costo dei cereali a scapito di quello di frutta e verdura, con, ad esempio, le note, paradossali conseguenze sull’obesità delle fasce più povere della popolazione. Per quanto riguarda il contemporaneo negoziato agricolo nel WTO, è ormai pressoché certo che il Fast Track non verrà rinnovato prima delle elezioni del 2008: ed anche allora, tutto dipenderà dal “colore” di Congresso e Presidente. Se non uguali, raggiungere un compromesso potrebbe rivelarsi estremamente difficile. Ma i risultati non sono scontati neanche nel caso di un en-plein democratico, in quanto tutta la strategia commerciale internazionale potrebbe essere messa in discussione.

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