Finestra sul WTO n.7

Finestra sul WTO n.7
a Confederazione Svizzera, Ufficio Federale dell’Agricoltura (UFAG)

La Finestra sul WTO è una rubrica di aggiornamento e documentazione, rivolta a fare il punto sulle novità e a segnalare gli approfondimenti disponibili in materia di attività dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio. Si tratta di un servizio fruibile direttamente dal sito www.agriregionieuropa.it.

È passato esattamente un anno dalla sospensione delle trattative del Doha Round.
Si ricorderà che, proprio a fine luglio 2006, di fronte all’impossibilità di compiere alcun progresso significativo, il Direttore Generale del Wto Pascal Lamy sospese il negoziato. Le trattative sono poi riprese a partire da febbraio 2007, ma nonostante le rinnovate ottimistiche dichiarazioni di intenti che si ripetono da parte dei rappresentanti dei Paesi membri, si è ancora ben lontani dal raggiungimento di un accordo. L’evento che ha maggiormente attirato l’attenzione dei media, e non solo, sul negoziato in corso è stato sicuramente il fallimento delle trattative del G4, i cui rappresentanti si erano riuniti a partire dal 19 giugno a Potsdam, in Germania (non a caso, Paese presidente di turno sia dell’Unione Europea che del G8). Stati Uniti, Unione Europea, Brasile ed India rappresentano quattro posizioni negoziali chiave, e un loro compromesso avrebbe dovuto aiutare a raggiungere un accordo sulle modalities entro fine anno. Si ricorderà che, lo scorso aprile, proprio il G4 con una dichiarazione congiunta aveva proposto la fine del 2007 come nuova scadenza per il Doha Round. L’incontro sarebbe dovuto durare 5 giorni, ma già il 21 giugno era evidente che le posizioni erano inconciliabili. Secondo quanto riportato dal Financial Times, sarebbe stato il ministro del commercio indiano Kamal Nath a dichiarare unilateralmente concluse le trattative. Si è ripetuto il solito schema: Stati Uniti ed Unione Europea hanno criticato la mancata apertura nel settore dei servizi da parte dei due paesi in via di sviluppo, e questi ultimi hanno rimproverato alla UE la non sufficiente apertura per l’accesso al mercato agricolo e agli USA l’eccessivo sostegno interno.
Tutto questo accadeva mentre invece altri attori, come il “G90 plus” (gruppo costituito dai Paesi ACP, dal Gruppo Africano, dai Paesi LDC, Bolivia e Venezuela), manifestavano la propria disapprovazione per la scarsa rappresentatività e trasparenza del processo negoziale che ruota attorno al G4. Il G90 esprime chiaramente la maggioranza “numerica” dei Paesi membri del Wto, ma non ha peso politico paragonabile alla sua consistenza.
In Europa, mentre Mariann Fischer Boel ricordava la necessità di migliorare la penetrazione nei mercati emergenti, e confermava l’abolizione dei sussidi alle esportazioni a prescindere dall’esito del Round, il neo-presidente francese Sarkozy manifestava la chiara intenzione di proseguire sulla linea del suo predecessore (e d’altra parte Christine Lagarde, precedentemente ministro al commercio, è ora ministro per l’agricoltura), e affermava di non essere disposto a cedere sul settore agricolo neppure in cambio di concessioni su quello dei servizi.
All’indomani di Potsdam, Pascal Lamy ha immediatamente gettato acqua sul fuoco, e notato come “un accordo del G4 sarebbe stato utile, ma non sia indispensabile”; tuttavia è assolutamente poco probabile che, se un’intesa non è raggiunta neanche ad un livello ristretto, i 150 membri del Wto possano riuscire a trovare una soluzione all’attuale crisi.
A metà luglio, Crawford Falconer (Nuova Zelanda) e Don Stephenson (Canada), che presiedono rispettivamente il gruppo negoziale per l’agricoltura e quello per l’accesso al mercato nei prodotti non agricoli, hanno fatto circolare nuove proposte per le modalities. Già dal 5 luglio, tuttavia, avevano preannunciato che ci sarebbe stato spazio per consultazioni iniziali durante l’ultima settimana di luglio, prima della pausa estiva dei lavori, per poi riprendere a pieno ritmo il 3 settembre: si è trattato del primo “riconoscimento ufficiale” del fatto che la scadenza delle modalities per fine luglio non sarebbe stata rispettata. Se, come è ormai pressoché certo, le modalities non verranno firmate entro il 2008 ed il Doha Round non si concluderà entro l’anno, l’avvicinarsi delle elezioni statunitensi ed indiane renderà assai improbabile qualunque sviluppo nei prossimi due anni. E l’“ibernazione” del negoziato Wto obbligherebbe ad un serio ripensamento del ruolo e delle capacità di quest’istituzione, l’unica caratterizzata da un meccanismo decisionale multilaterale e da un meccanismo di voto “assolutamente democratico” (un Paese, un voto).
Per l’agricoltura, il testo delle modalities si sforza, in modo più preciso rispetto allo scorso anno (vedi Finestra sul WTO, agosto 2006), di trovare un compromesso tra le posizioni dei vari Paesi. Nell’introduzione, Falconer spiega come si tratti di un testo che fa sostanziali passi avanti rispetto al precedente, e come il numero di “parentesi” (che racchiudono valori su cui non vi è ancora accordo) sia sostanzialmente diminuito. Falconer incoraggia ad un serio impegno nel processo multilaterale per sfruttare “il poco tempo che rimane”.
Per quanto riguarda il sostegno interno, sono previsti due possibili livelli di riduzione della Misura Aggregata del Sostegno Complessivo (MAS) per ciascuna delle tre bande di riduzione in cui verranno classificati i Paesi in base ai livelli di sostegno esistenti; e non a caso, le percentuali di riduzione indicate per la seconda banda sono le stesse di quelle che si ritrovano, poi, per la riduzione delle tariffe più elevate, a suggerire che maggiori tagli saranno implementati nel pilastro dell’accesso al mercato se altrettanto avverrà per il sostegno interno. Gli Stati Uniti, principale imputato per gli elevati livelli di sostegno interno, dovrebbero avere un limite di 13 o circa 16 miliardi di dollari. Si tratta di un valore inferiore ai 22,5 miliardi di dollari previsti nell’offerta iniziale statunitense (poi ridotti in via informale fino a 17), ma ancora superiore rispetto alle richieste del G-20 (12 miliardi di dollari) ed anche delle spese statunitensi del 2006 (11 miliardi di dollari). L’Unione Europea dovrebbe ridurre la propria MAS del 75% o dell’80%, un valore minore del 70% che, secondo voci informali, sarebbe stato dalla stessa proposto a Potsdam.
Il tetto massimo per i pagamenti contenuti nella clausola de minimis dovrebbero essere ridotto fino a circa il 2% della produzione agricola complessiva del Paese, e un tetto analogo dovrebbe essere posto alla scatola blu; in aggiunta, dovrebbero essere determinate regole per evitare che il sostegno si concentri su un ristretto numero di prodotti.
Il periodo di riferimento per il calcolo delle riduzioni è costituito dagli anni 1995-2000, ma per gli USA è prevista una deroga speciale che consentirebbe loro di estenderlo fino al 2004, perché è proprio in questi ultimi anni che si sono registrati pagamenti più elevati.
Nella proposta di Falconer viene confermato il 2013 quale anno per l’eliminazione dei sussidi alle esportazioni.
Per quanto riguarda il pilastro dell’accesso al mercato, le tariffe contenute nella banda massima (ovvero superiori al 75%) dovrebbero essere tagliate tra il 66% ed il 73%; una riduzione superiore al 60% chiesto dalla UE, ma ancora inferiore a quanto richiesto dagli USA. Il numero dei prodotti sensibili dovrebbe essere compreso tra il 4% ed il 6% delle linee tariffarie; si tratta di un valore assai inferiore rispetto a quello richiesto dal G-10 (ben il 15%) e superiore all’1% proposto dagli USA. L’UE aveva chiesto di poter assegnare lo status di prodotto sensibile all’8% delle linee tariffarie.
Ai paesi in via di sviluppo dovrebbe essere consentito di applicare riduzioni pari ai 2/3 del valore che sarà infine deciso per i Paesi sviluppati. Viene riconosciuta la specificità del settore del cotone, per il quale l’incremento dell’accesso al mercato e la riduzione del sostegno interno avverranno a ritmi maggiori di quanto accade per gli altri prodotti.
Nella bozza delle modalities non vengono menzionati alcuni di temi, tra cui i prodotti speciali (in quanto il progresso raggiunto nelle trattative viene ritenuto ancora insufficiente), il meccanismo di salvaguardia, le indicazioni geografiche, le richieste di quei paesi che chiedono tagli tariffari maggiori per i prodotti tropicali, e di quegli altri che, proprio per gli stessi prodotti, temono l’erosione delle preferenze loro accordate.
Il 23 luglio, in un incontro organizzato proprio per verificare le reazioni iniziali dei Paesi membri, il documento di Falconer ha avuto un’accoglienza piuttosto tiepida. Non rimane ora che vedere quale direzione prenderanno le trattative quando i lavori riprenderanno, il prossimo 3 settembre; anche se il tempo a disposizione per il raggiungimento di un accordo è veramente limitato, e la prospettiva di un Round sospeso a tempo indeterminato è sempre più vicina.
Per consultare il testo delle modalities vedi la sezione Documentazione

Notizie: 

Notizie Flash

La guerra delle banane: oltre l'Ecuador, anche gli USA contro la UE

Il 15 giugno Pascal Lamy, Direttore Generale del Wto, ha nominato i tre membri del panel che dovranno decidere se, come sostenuto dall’Ecuador, le tariffe dell’Unione Europea continuano ad essere troppo alte e non conformi a quanto previsto da precedenti sentenze (vedi Finestra sul WTO, maggio 2007).
Durante gli anni novanta, i Paesi produttori di banane dell’america latina hanno infatti vinto una serie di dispute contro il regime preferenziale garantito dalla UE ai Paesi ACP. Nel 2001 fu infine raggiunto un compromesso grazie al quale Bruxelles avrebbe potuto mantenere il proprio regime di preferenze, a patto però di sostituire il sistema composto da dazi, quote e licenze con uno esclusivamente tariffario, e di mantenere invariato l’accesso al mercato per gli esportatori MFN. Ad inizio 2006, nell’impossibilità di giungere ad un accordo con i Paesi esportatori di banane dell’america latina, la UE ha stabilito unilateralmente una tariffa unica pari a 176 euro/t, ed una quota a tariffa zero di 775.000 t per i Paesi ACP.
L’Ecuador, il maggior esportatore mondiale di banane, sostiene però che l’attuale regime danneggia la propria posizione sul mercato europeo.
In luglio anche gli Stati Uniti, che non producono banane ma sono sede di alcune delle più importanti multinazionali del settore, hanno chiesto l’istituzione di un panel del Wto contro la UE. La Commissione Europea ha ovviamente accolto molto male questa notizia, e ha ribadito di continuare a cercare di giungere ad una soluzione negoziata con l’Ecuador.
Per saperne di più: [link]

Disputa Usa-Canada sul sostegno agricolo

Lo scorso 8 giugno, dopo il fallimento di consultazioni bilaterali, il Canada ha chiesto la creazione di un panel del Wto contro gli USA. Il Canada sostiene che gli Stati Uniti non avrebbero rispettato i limiti imposti dal Wto sul sostegno di una serie di prodotti (tra cui mais, frumento, soia, leguminose, zucchero). Il 20 giugno, durante il meeting dell’Organismo Wto per la Risoluzione delle Dispute (Dispute Settlement Body), gli USA hanno bloccato la costituzione del panel, ma la normativa del Wto proibisce loro di farlo una seconda volta. Anche il Brasile potrebbe dare inizio in tempi molto brevi ad una disputa analoga (vedi notizie flash).
Per saperne di più: Finestra sul WTO, febbraio 2007.

Il Brasile attacca i sussidi USA

L’11 luglio scorso il Brasile ha richiesto l’inizio delle consultazioni con gli Stati Uniti riguardo alcune misure di sostegno del settore agricolo. Si tratta del primo passo verso l’inizio di una procedura di disputa; se entro 60 giorni le parti non raggiungeranno un accordo, il Brasile potrà chiedere al Wto la costituzione di un panel.
Le ragioni del Brasile sono molto simili, se non identiche, a quelle del Canada (vedi notizia flash), che ha da poco iniziato un percorso analogo. Il Brasile sostiene che, negli anni che vanno dal 1999 al 2005, il sostegno interno agricolo statunitense per una serie di commodities (tra cui frumento, mais, sorgo, cotone, riso) avrebbe ecceduto i limiti stabiliti in sede Wto. In sostanza, solo una “errata” classificazione di alcune misure come non-distorsive avrebbe consentito agli USA di rispettare tali limiti.
Il Brasile fa notare come la presenza di dati accessibili al pubblico consenta di sostenere quanto detto, sebbene gli USA non notifichino la propria spesa agricola al Wto dal 2001, ovvero da prima dell’entrata in vigore del generoso Farm Bill del 2002.
Il Brasile, che nel 2005 vinse una disputa contro i pagamenti USA nel settore del cotone (vedi notizia flash), non si è aggiunto al Canada, ma ha scelto di iniziare una disputa per proprio conto in quanto solo in questo modo gli sarà consentito, in caso di vittoria, di imporre misure ritorsive contro gli USA.

Gli Economic Partnership Agreements con i Paesi ACP

Riunitisi a Bruxelles tra il 22 ed il 2 maggio, i rappresentanti dei Paesi ACP hanno ancora una volta rinnovato la propria volontà di concludere gli accordi di libero scambio con la UE prima della scadenza stabilita per la fine del 2007, nonostante molti temi del negoziato restino irrisolti. Da parte di alcuni membri del Parlamento Europeo è inoltre pervenuta la richiesta di considerare più attentamente gli effetti delle trattative sui Paesi ACP; questi ultimi continuano a chiedere periodi di transizione più estesi, assistenza nei costi di aggiustamento e di implementazione degli accordi, e regole di origine più flessibili.
La UE, che si è offerta di eliminare quote e tariffe sostanzialmente su tutti i prodotti provenienti dai Paesi ACP (già dalla firma dell’accordo; per zucchero e riso sono previsti periodi di implementazione più lunghi, vedi Finestra sul WTO, maggio 2007), dal canto suo afferma che i Paesi ACP avranno a disposizione un periodo di tempo pari a fino 25 anni per implementare i tagli tariffari sui prodotti più sensibili.
Non è ben chiaro cosa accadrà nel caso in cui le trattative sugli EPA dovessero fallire, e non si riuscisse ad arrivare ad un accordo prima della fine del 2007, quando scadrà la deroga (il cosiddetto waiver) del Wto che consente l'esistenza del regime commerciale UE-ACP. Quest'ultimo potrebbe ricadere all’interno del Sistema Generale delle Preferenze, a meno che la UE non continui comunque a garantire agli ACP le attuali preferenze, esponendosi però a eventuali dispute da parte degli altri membri del Wto (anche se molti analisti ritengono che questa opzione sarebbe alquanto improbabile qualora fosse chiaro che un accordo possa essere raggiunto in tempi brevi).
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Dispute contro l’India sulle bevande alcooliche

Il 25 maggio gli USA hanno chiesto l’istituzione di un panel del Wto contro le tasse imposte dall’India su vini e bevande alcoliche straniere; il 20 giugno il Wto ne ha autorizzato la costituzione.
In India, una serie di tasse additive farebbe lievitare il prezzo del vino d’importazione fino al 550%, ben oltre la tariffa consolidata del 150%. Lo scorso aprile, la UE ha dato inizio ad una disputa analoga (vedi Finestra sul WTO, maggio 2007), nella quale recentemente si sono costituiti come parti interessate Australia, Cile, Giappone e Vietnam.
L’India però, nel tentativo di dissuadere UE ed USA dal portare avanti le rispettive dispute, ha recentemente annunciato di voler rimuovere le tasse addizionali su vino e bevande alcoliche; ma, al tempo stesso, di aumentare le tariffe di base sul vino dall’attuale 100% fino al 150%, quanto attualmente in vigore per i superalcolici. La UE ha accolto positivamente la notizia e sospeso la propria richiesta al Wto; il panel del Wto può rimanere sospeso fino ad 1 anno, periodo di tempo nel quale la Commissione monitorerà attentamente la situazione e deciderà come procedere.
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Trattative UE-ASEAN

Nelle scorse settimane hanno avuto inizio le trattative bilaterali tra la UE e i 10 Paesi membri dell’Association of South East Nations (ASEAN, Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico), una delle più grandi commerciali aree al mondo, interessata a rafforzare la propria posizione nel panorama internazionale all’evolversi dell’influenza di India e Cina.
Nel 2005, il commercio tra la UE e l’ASEAN è stato pari a 140 miliardi di dollari. Un accordo di libero commercio tra le parti coinvolgerebbe un totale di circa un miliardo di consumatori, e coprirebbe anche materie attualmente al di fuori della competenza del WTO, come gli investimenti.

Brasile partner strategico della UE

Il Brasile, uno dei più grandi esportatori mondiali di commodities agricole, potrebbe essere elevato allo status di partner strategico della UE (attualmente posseduto da Stati Uniti, India, Cina). Lo scorso 4 luglio il Presidente brasiliano Luiz Ignazio Lula de Silva ha firmato l’accordo con la Commissione Europea, che deve ottenere ora l’approvazione dei Paesi membri. Questo accordo tratta, oltre che di tematiche inerenti il commercio bilaterale, anche di questioni di ordine molto più generale, come la riforma dell’ONU, i diritti umani, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica. Il Brasile è il più grande produttore mondiale di biocarburanti, e, come affermato dallo stesso Commissario Europeo al Commercio Mandeson, sicuramente avrà un ruolo primario nel raggiungimento da parte della UE degli obiettivi in materia di utilizzo di bioenergie.
La partnership con in Brasile preannuncerebbe legami più stretti della UE anche con il Mercosur, di cui il Brasile è parte. Recentemente, è stata vagliata la possibilità di una ripresa dei negoziati bilaterali tra la UE ed il Mercosur, di fatto “congelati” dallo scorso anno.
Attualmente il valore delle esportazioni agricole del Brasile nella UE è pari a circa 11 miliardi e mezzo di dollari, mentre le importazioni ammontano a soli 774 milioni di dollari.
Per saperne di più sulle relazioni UE-Brasile: [link]

Trattative bilaterali Corea-UE

A Seul, l’11 maggio scorso, Corea ed UE hanno concluso la prima fase delle trattative per un accordo bilaterale che ha l’obiettivo di eliminare almeno il 95% delle tariffe entro 10 anni dalla sua firma, prevista per fine anno. Secondo alcune stime, il commercio tra i due Paesi, che nel 2006 ammontava a 80 miliardi di dollari, grazie ad un eventuale accordo potrebbe aumentare del 25%.
Seul mira all’incremento delle proprie esportazioni nei settori automobilistico, tessile ed elettronico, e ad ottenere dalla UE una riduzione delle misure di ritorsione conto il dumping, mentre quest’ultima ha l’obiettivo di aumentare l’accesso nel mercato automobilistico ed in quello dei servizi, e il rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale.
Il settore agricolo e quello automobilistico sono stati i nodi più controversi dell’accordo bilaterale recentemente siglato tra USA e Corea; tuttavia, nel negoziato con la UE, entrambe le parti sono d’accordo nell’esclusione del settore agricolo dalle trattative.
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Compromesso EU-ANDEAN

Bolivia, Colombia, Ecuador, e Perù hanno raggiunto un compromesso che potrebbe far ripartire le trattative commerciali con la UE. Lo scorso maggio il gruppo si era spaccato: da una parte Colombia e Perù, a favore di una maggior liberalizzazione, e dall’altra l’Ecuador, opposto a misure che limitano l’intervento dello stato in economia, e la Bolivia di Evo Morales, non disposta a concessioni su appalti e servizi pubblici, e sui diritti di proprietà intellettuale. Con il compromesso dello scorso giugno, le nazioni andine riconoscono la presenza di diversi livelli di sviluppo ed approcci economici nel gruppo, e la possibilità di negoziare un accordo commerciale con la UE con diversi livelli di copertura e di profondità.

La riforma dell’OCM frutta rende i pagamenti disaccoppiati più sicuri

Con l’accordo sull’OCM frutta (vedi Finestra sulla PAC n. 7) è stato rimosso il divieto di coltivare frutta e orticole ai fini del percepimento del Pagamento Unico Aziendale (PUA). Gli Stati membri possono ritardare l’applicazione di questa misura fino alla fine del 2010.
Nell’ambito della trattativa del Wto, questo rende il PUA “più disaccoppiato” e più “sicuro”: durante la disputa USA-Brasile del 2005 sui sussidi statunitensi sul settore del cotone il panel del Wto li aveva infatti giudicati inelegibili ai fini della collocazione nella scatola verde per un motivo analogo, e aveva esposto i pagamenti della PAC ad un analogo destino. Vi sono in realtà altre ragioni per cui il PUA non può essere considerato un pagamento completamente disaccoppiato dalla produzione (vedi Finestra sul WTO, agosto 2006), e senza dubbio la sua collocazione nella scatola verde segue ragioni politiche, più che strettamente economiche; ma quanto meno questo primo cambiamento rimuove una palese contraddizione con quanto recentemente legiferato dal panel Wto.

Indonesia e Giappone vicini ad un accordo bilaterale

Un accordo bilaterale tra Indonesia e Giappone, che eliminerà le tariffe su oltre il 90% sui beni nel commercio bilaterale, sarà concluso entro agosto. La liberalizzazione coinvolgerà molti settori, tra cui quello elettronico e quello automobilistico, e numerosi beni industriali; l’accordo comprende anche una clausola obbliga l’Indonesia a rispettare tutti i contratti energetici esistenti attualmente con il Giappone. Per quanto riguarda l’agricoltura, l’Indonesia rimuoverà le tariffe sulla frutta proveniente dal Giappone (come uva e mele), mentre il Giappone accetterà dall’Indonesia fino a 1000t di banane a tariffa zero ogni anno per cinque anni. Tuttavia, alcuni prodotti “sensibili”, come riso, frumento e carne, non saranno coperti dall’accordo.

UE Cina: accordo sulle Indicazioni Geografiche (IG)

Secondo un accordo raggiunto nel mese di luglio, UE e Cina si sono impegnate a riconoscere lo status di Indicazione Geografica l’una a dieci prodotti dell’altra (tra cui due prodotti italiani, il Prosciutto di Parma ed il Grana Padano). Considerato il percorso fino ad ora fallimentare del tema della protezione delle IG nel Doha Round (vedi Finestra sul WTO, maggio 2007), si tratta di un risultato importante in quanto rappresenta un primo passo verso il riconoscimento internazionale delle IG.

Schede e approfondimenti

Scheda 1- La politica commerciale statunitense

Passato qualche mese dalle elezioni che hanno visto cambiare la maggioranza del Congresso da democratica a repubblicana, non è ancora certo quale appoggio possa essere garantito all’Amministrazione Bush nel perseguimento delle proprie linee di politica commerciale.
Il 1 luglio 2007 è ufficialmente scaduta la Trade Promotion Negotiating Authority, il cosiddetto Fast Track, che consente al Presidente di negoziare accordi commerciali per conto del Congresso, che può poi votarli “in toto”, ma non apportarvi modifiche. La scadenza del Fast Track rappresentava in un certo la “vera” scadenza nell’ambito dei negoziati del Doha Round, in quanto un accordo siglato in sua assenza dovrebbe essere poi votato e accettato dal Congresso nelle sue singole parti, e chiaramente nessun partner commerciale vorrebbe esporsi a questo rischio.
Se, tuttavia, in sede Wto era chiaro ormai da qualche mese che non si sarebbe riusciti ad ottenere risultati consistenti prima del 1 luglio, è sul piano degli accordi bilaterali che si è consumata la prima battaglia della nuova maggioranza, che già durante la campagna elettorale aveva ampiamente fatto ricorso a tematiche legate al commercio internazionale.
Nel mese di maggio è stato concluso un accordo tra l’Amministrazione Bush e il Congresso, poi formalizzato a fine giugno, che introduce modifiche negli accordi bilaterali in corso di negoziazione, volte a rendere più severo il rispetto di norme inerenti la protezione ambientale (contenute in alcuni Multilateral Environmental Agreements, o MEA), i diritti dei lavoratori (mediante il rafforzamento degli standards dell’International Labour Organization), i diritti di proprietà intellettuale (in particolare per quanto riguarda l’accesso ai farmaci salvavita nei paesi in via di sviluppo). I nuovi obblighi saranno soggetti allo stesso meccanismo di dispute di quelli tariffari.
Queste modifiche, nei prossimi mesi, dovrebbero rendere meno problematica l’approvazione degli accordi bilaterali da parte del Congresso democratico.
La firma degli Accordi bilaterali con Colombia, Perù, Panama e Corea è avvenuta a fine giugno, a pochi giorni dalla scadenza del Fast Track; resta ora da vedere se effettivamente il Congresso ratificherà questi accordi, ovvero se il compromesso raggiunto tra democratici e repubblicani avrà raggiunto il suo scopo. L’Amministrazione Bush ha inoltre indicato di voler ottenere l’estensione del Fast Track, e ciò rende necessario il supporto di tutto Congresso; ma non è ancora chiaro se e fino a che punto questo ultimo garantirà il proprio sostegno.
L’accordo con la Corea del Sud, una volta ratificato, costituirebbe il maggior accordo commerciale concluso dagli USA dopo il NAFTA; tuttavia i democratici manifestano una solida opposizione, affermando che non vi sarebbero condizioni eque di accesso al mercato coreano (soprattutto per quanto riguarda la carne bovina ed il settore automobilistico), e che il futuro accordo potrebbe danneggiare i lavoratori e l’industria automobilistica statunitense, e contribuire all’aumento del deficit commerciale.
Nel caso della Colombia, l’opposizione democratica muove invece dalla lunga storia di violenze a danno dei sindacati nel Paese, e dal mancato rispetto dei diritti umani e dei lavoratori.
Non ha invece creato problemi il 28 giugno, e solo 2 giorni prima della loro scadenza, l’estensione di alcune preferenze commerciali a quattro nazioni andine (Bolivia, la stessa Colombia, Perù ed Ecuador); anche in questo caso sono state incorporate regole in materia ambientale e dei diritti dei lavoratori.
Nel frattempo, prosegue il dibattito per l’emanazione del nuovo Farm Bill. Nonostante le aperture dell’Amministrazione a possibili riforme (vedi Finestra sul WTO, febbraio 2007), e la cresciuta opposizione dei gruppi della società civile (da quelli che si battono per la conservazione ambientale a quelli interessati al problema dell’obesità: i passati 15 anni di politica agricola avrebbero provocato la riduzione dei prezzi al consumo di zuccheri e grassi, e l’aumento di quello di frutta e orticole), il Comitato Agricolo della Camera ha già chiesto, di fatto, nient’altro che l’estensione dei generosi sussidi agricoli del Farm Bill del 2002.

Scheda 2- Il dibattito interno al MERCOSUR

Il Mercosur, istituito nel 1991, è la quarta maggiore area commerciale mondiale di libero scambio, e rappresenta circa il 75% di tutte le attività economiche dell’America Latina. Del Mercosur fanno parte quattro membri effettivi (Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay), che non possono singolarmente firmare accordi bilaterali con altre nazioni (in quanto il fine ultimo del Mercosur è la creazione di un’area commerciale con una tariffa esterna comune), e sei membri associati (Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela).
Tra i membri effettivi, Paraguay ed Uruguay sono economie decisamente più piccole di Argentina e Brasile, ed a queste rimproverano di non consentire un acceso adeguato ai propri mercati. Paraguay ed Uruguay si erano spinti fino a segnalare che, in assenza di ulteriori concessioni, sarebbero stati pronti a valutare la convenienza della loro appartenenza al gruppo (ed l’Uruguay aveva addirittura considerato la possibilità di un accordo bilaterale con gli USA).
Tuttavia, in un recente incontro, i rappresentanti dei quattro Paesi si sono impegnati ad accogliere alcune delle istanze provenienti da Paraguay ed Uruguay, ad esempio nell’area delle regole d’origine, e ad aumentare le spese del FOCEM, il Fondo strutturale di Convergenza del Mercosur, per finanziare progetti di sviluppo in Paraguay ed Uruguay (inerenti i trasporti, ma anche la sanità e gli incentivi alle piccole imprese).
Un altro nodo da sciogliere è rappresentato dall’ingresso del Venezuela nel Mercosur: l’accordo per l’entrata è stato negoziato la scorsa estate, ma è stato fino ad ora ratificato solo dai Parlamenti di Argentina ed Uruguay. Brasile e Paraguay esprimono ancora riserve in merito, anche perché il Presidente Venezuelano Hugo Chavez, che nell’opinione di molti assegna un’importanza politica più che economica al gruppo, ha indicato che potrebbe non voler rispettare completamente le sue regole di liberalizzazione, e ha minacciato di ritirare la sua richiesta di ingresso se non verrà approvata nei prossimi tre mesi.

Scheda 3- Alcune nuove proposte negoziali

Poche settimane prima che Crawfor Falconer, l’ambasciatore neozelandese che nel Wto presiede il gruppo negoziale per l’agricoltura, rendesse nota la bozza per le modalities (vedi sezione Aggiornamenti), sono state fatte circolare alcune nuove proposte negoziali.
La UE ha redatto due contributi, datati 29 giugno. Il primo contiene una formula, giudicata assai complessa dai negoziatori, per calcolare la dimensione delle nuove quote all’importazione sui prodotti sensibili che paesi sviluppati ed in via di sviluppo dovrebbero mettere in atto in cambio delle minori riduzioni tariffarie. L’ammontare della quota dipenderebbe da un numero di fattori, come la percentuale delle importazioni sul consumo domestico, la protezione commerciale esistente per il prodotto, l’elasticità della domanda di importazioni. Il secondo riguarda invece la tariff escalation, i prodotti tropicali e quelli alternativi alle colture illecite, ed il meccanismo speciale di salvaguardia. La UE propone l’implementazione di tagli tariffari aggiuntivi per quei prodotti per cui vi sia sostanziale tariff escalation, e di mantenere in piedi l’attuale meccanismo di salvaguardia, che fino ad ora è stato utilizzato prevalentemente dai paesi sviluppati. Quest’ultimo punto ha scatenato l’opposizione dei paesi in via di sviluppo e del Gruppo di Cairns, che propendono invece per la creazione di un nuovo Meccanismo Speciale di Salvaguardia utilizzabile dai soli paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda i prodotti tropicali, per i quali il Gruppo di Cairns chiede la quasi completa eliminazione delle tariffe, la UE ha completamente rifiutato quanto contenuto nella sua recente proposta (vedi Finestra sul WTO, maggio 2007): in particolare, i negoziati dovrebbero riprendere a partire dalla lista di prodotti negoziata e mai finalizzata durante l’Uruguay Round, e non da quella da presentata dal Gruppo di Cairns, nella quale sono contenuti ad esempio zucchero, riso, tabacco, sigarette, patate, cipolle, alcool etilico, e alcuni olii alimentari.
Il 2 luglio, il Gruppo Africano ha presentato la propria proposta sul tema dell’erosione delle preferenze e della tariff escalation, che hanno ricevuto solo scarsa attenzione nel secondo dei due documenti redatti da Crawford Falconer che, lo scorso giugno, facevano il punto sullo stato dei negoziati. Il Gruppo Africano ha ribadito la necessità di prendere questi temi in considerazione se si vuole che il Doha Round conservi il proprio significato di “Round dello Sviluppo”.

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