Gli effetti distributivi della Politica Agricola Comunitaria in Italia

Gli effetti distributivi della Politica Agricola Comunitaria in Italia
a Università di Firenze, Dipartimento di Scienze per l'economia e l'Impresa

Il problema distributivo delle politiche di sostegno dei redditi agricoli

A partire dalla riforma McSharry del 1992, le misure comprese nel primo pilastro della Politica agricola comune (Pac) hanno assunto caratteristiche sempre più “disaccoppiate”. Si tratta di una trasformazione coerente con un’agenda politica che, a partire dall’accordo di Marrakech al termine dell’Uruguay round del Gatt, ha sistematicamente favorito nei paesi sviluppati l’adozione di forme di sostegno interno all’agricoltura meno distorsive del commercio internazionale. Anche se sono possibili diverse definizioni (Oecd, 2005), in senso ampio si può considerare disaccoppiata una misura di sostegno che non ha alcuna influenza sulle scelte di produzione effettuate nell’attività agricola (mix e quantità prodotte).
In base a tale definizione è possibile immaginare un intero spettro di misure che va da forme totalmente accoppiate di sostegno, come la garanzia illimitata del prezzo dei prodotti agricoli che ha caratterizzato per lungo tempo la Pac, a strumenti totalmente disaccoppiati, come potrebbe essere il sistema dei bond negoziabili svincolati dalla prosecuzione dell’attività agricola proposto da Swinbank e Tranter (2004). Il Pagamento unico aziendale (Pua), erogato nell’ambito del corrente assetto della Pac, si pone tra questi due estremi: pur essendo una forma di sostegno sicuramente più disaccoppiata di quelle che lo hanno preceduto, presenta ancora caratteristiche che suggeriscono un suo possibile impatto sulle scelte di produzione (Oecd, 2003; Rocchi, 2009).
La motivazione economica principale a favore dell’adozione di politiche disaccoppiate si basa su considerazioni di efficienza (Harvey, 1997; Oecd, 2005; de Gorter et al., 2004). L’assenza di politiche distorsive, infatti, spinge le scelte dei produttori agricoli verso un maggiore orientamento al mercato e, in conseguenza di ciò, induce il settore agricolo ad una maggiore efficienza nell’uso dei fattori produttivi. Il risultato è un complessivo incremento della ricchezza prodotta e, in assenza di barriere agli scambi, un maggior livello di benessere complessivo. Il passaggio a forme di sostegno disaccoppiato, tuttavia, è stato giustificato anche con l’eliminazione di una serie di distorsioni di tipo distributivo.
La presenza di una politica comune basata sul sostegno dei prezzi agricoli genera innanzitutto un riequilibrio nei flussi di scambio tra i paesi partecipanti che vede “vincitori” e “perdenti” netti: in base a questo tipo di contestazione, il Regno Unito ottenne, all’inizio degli anni ottanta, una compensazione nella distribuzione delle risorse del bilancio comunitario (Harvey, 1997). E’ inoltre stata sottolineata più volte l’inevitabile tendenza del sostegno dei prezzi e di altre forme di sostegno collegate con la produzione a favorire maggiormente le aziende di più grandi dimensioni e con una migliore dotazione di fattori (Harvey, 1997; Tracy, 1997). Le forme di sostegno accoppiate con la produzione, infine, presentano effetti negativi nella distribuzione del reddito ai fattori che si traducono in una minore efficienza nei trasferimenti di reddito verso quelli che dovrebbero essere i beneficiari della politica (Oecd, 2003).
Molte di queste caratteristiche indesiderabili delle politiche del primo pilastro sono state in tutto o in parte superate con la riforma Fischler (mid term review) del 2003. Il passaggio ad un pagamento unico che non comporta più obblighi di produzione, infatti, ha sicuramente incrementato in modo significativo il grado di disaccoppiamento degli aiuti rispetto al regime precedente. Rimangono tuttavia alcuni aspetti del problema distributivo implicito nel sostegno dei redditi agricoli che devono ancora essere considerati. Nella prima metà degli anni novanta l’Eurostat ha avviato una serie indagini nei paesi membri per analizzare la composizione del reddito totale delle famiglie che esercitano attività produttive agricole. I primi risultati pubblicati a livello europeo (Eurostat, 1996) mostravano come, per un’alta percentuale di esse, l’attività aziendale costituisse solo una tra molteplici fonti di reddito, e non sempre la principale. L’evoluzione dell’agricoltura famigliare verso forme di part-time e pluriattività che ha accompagnato lo sviluppo economico, mostrava i suoi effetti. E’ evidente, di conseguenza, che per analizzare l’impatto della Pac, anche nella sua forma attuale, non è sufficiente considerare la distribuzione dei soli redditi aziendali, come ad esempio quelli rilevati dalla Rica. Analisi più recenti basate su informazioni microeconomiche, hanno inoltre mostrato che i pagamenti Pac hanno un effetto regressivo sulla distribuzione del reddito tra le famiglie, sia che considerino i soli redditi aziendali (Allanson, 2007) che includendo nell’analisi le altre fonti di reddito famigliare (Allanson e Rocchi, 2008). La distribuzione osservata in presenza della politica agraria mostra indici di disegueglianza peggiori di quelli che si osserverebbero in sua assenza. Non solo: con riferimento all’Italia è stato rilevato come la quota principale dei contributi alla produzione erogati nell’ambito delle politiche agricole sia percepita da famiglie con un elevato livello di reddito (Rocchi e Pizzoli, 2007). Una recente analisi della serie storica dei redditi famigliari in Italia dimostra come nel corso degli anni 2000 il reddito pro-capite delle famiglie per le quali l’attività agricola è la prevalente fonte di reddito abbia superato la media nazionale calcolata includendo tutte le famiglie italiane (Ciaccia, 2008).
Questi esiti distributivi controversi sono legati a caratteristiche strutturali dell’agricoltura in termini di relazioni esistenti tra diverse tipologie aziendali, con la relativa dotazione di fattori (in particolare la terra) da un lato, e tipologie di soggetti istituzionali che gestiscono le unità di produzione stesse, seguendo finalità socio-economiche differenziate, dall’altro. Si tratta di caratteristiche in grado di condizionare in modo significativo l’impatto distributivo dalla Pac.
Nel quadro economico attuale, il problema distributivo implicito in azioni di sostegno dei redditi, realizzate all’interno di una politica settoriale come è quella agricola, dovrebbe costituire un importante parametro nella loro valutazione almeno per due ordini di motivi. Il primo è di natura “interna” alla politica agraria. La prevalenza del cosiddetto “problema del reddito agrario” (Harvey, 1997) che ha giustificato la Pac fin dai suoi esordi, comincia ad essere messa in discussione: accanto al sostegno dei redditi degli agricoltori, infatti, i cittadini europei attribuiscono ormai alle politiche agricole altri obiettivi di importanza equivalente, come la produzione di alimenti salubri e la protezione dell’ambiente rurale (Eurobarometer, 2007). Un secondo ordine di motivi riguarda la complessiva destinazione delle risorse del bilancio comunitario, nel quale la storica prevalenza della spesa agricola è stata ormai più volte messa in discussione, a fronte dei crescenti problemi di competitività e di sostenibilità sociale che l’Unione Europea allargata si è trovata ad affrontare.
La grave crisi economica manifestatasi nel 2008, da questo punto di vista, rende ancora più probabile uno scenario di progressivo ridimensionamento delle risorse assegnate al primo pilastro della Pac. Una valutazione degli effetti distributivi, sia in termini di efficienza nel targeting del sostegno dei redditi che in termini di equità nella distribuzione del sostegno stesso, diventa perciò di estrema attualità. Nel resto dell’articolo verranno presentati i principali risultati di alcune analisi degli effetti distributivi dei pagamenti Pac in Italia, effettuate utilizzando modelli basati su matrici di contabilità sociale dell’economia opportunamente adattate allo scopo.

La costruzione di un modello per l’analisi degli impatti distributivi

Un modello per l’analisi dell’impatto dei pagamenti Pac deve tenere presenti alcuni punti essenziali dai quali il problema distributivo emerge e trae le sue caratteristiche. In primo luogo è necessario considerare il legame ancora esistente tra erogazione dei contributi e possesso della terra. Anche se la riscossione del Pua non comporta alcun obbligo di produzione, essa è tuttora legata, in modo più o meno diretto, al possesso di una determinata superficie “eleggibile”, la cui gestione deve seguire criteri obbligatori e garantire il mantenimento delle buone condizioni agronomiche e ambientali. Analisi sia sul piano concettuale che empirico dimostrano che questo tipo di condizionalità genera ancora un certo grado di accoppiamento rispetto ad una ideale misura di sostegno totalmente disaccoppiata (Oecd, 2005). Le modalità con cui, allo stato attuale, vengono quantificati i diritti ad ettaro (premio storico) li rendono fortemente legati all’esistenza di un’unità di produzione attiva di cui tendono a favorire la continuazione, sia pure con minori vincoli alle scelte produttive. La struttura del settore agricolo in termini di ripartizione delle superfici tra diverse tipologie aziendali, di conseguenza, è connessa al problema distributivo e un modello per lo studio di quest’ultimo dovrebbe prenderla in considerazione.
Un secondo aspetto riguarda la natura delle istituzioni che gestiscono le attività di produzione agricole, in particolare delle famiglie. I redditi dall’attività aziendale in molti casi vanno ad aggiungersi ad una molteplicità di fonti di reddito alternative (lavoro extra-aziendale autonomo e dipendente, trasferimenti sociali, redditi da capitale) all’interno di quella che potrebbe essere una vera e propria “strategia di reddito” famigliare (Unece et al., 2007). Poiché gli aspetti di equità possono essere valutati solo con riferimento alla distribuzione del reddito nel complesso dell’economia, il modello dovrà essere in grado di rappresentare la posizione relativa delle famiglie agricole rispetto al totale del settore istituzionale delle famiglie.
In terzo luogo, anche se quella agraria è una politica settoriale, l’analisi dei suoi effetti distributivi richiede che essa venga valutata con un modello in grado di rappresentare in modo completo il quadro macroeconomico. In primo luogo, perchè il reddito distribuito ai fattori della produzione agricola attraverso il consumo genera un effetto moltiplicatore in grado di modificare a sua volta l’impatto distributivo. In secondo luogo, perché a livello nazionale operano anche politiche fiscali di ordine generale (sia sul lato della tassazione che della spesa) che, a loro volta, influenzano in modo rilevante l’esito finale della politica agricola da un punto di vista distributivo.
Caratteristiche particolarmente interessanti per tenere conto di tutti questi aspetti presentano i modelli basati sulla costruzione di matrici di contabilità sociale (social accounting matrix, Sam). Una Sam è una rappresentazione completa e disaggregata dei flussi all’interno di un’economia in un determinato periodo di tempo, organizzata come una tabella quadrata a doppia entrata (Round, 2003). Ogni coppia riga-colonna, infatti, rappresenta il “conto” di una determinata componente dell’economia, con le entrate che possono essere lette sulla riga e le uscite sulla colonna. L’identità contabile tra totali di riga e di colonna esprime, a livello disaggregato, le condizioni di equilibrio macroeconomico. Anche se la disaggregazione può essere anche molto differenziata nelle sue modalità (in questa flessibilità consiste uno dei vantaggi di questa famiglia di modelli), ciò che rende interessante l’uso di modelli basati su Sam è la possibilità di disaggregare opportunamente i conti delle attività produttive (settori di produzione), dei fattori della produzione (terra, capitali, lavoro) e delle istituzioni (famiglie, imprese, pubblica amministrazione).
Nei modelli utilizzati per l’analisi dell’impatto distributivo della Pac in Italia, cui si fa riferimento in questo articolo (Rocchi et al., 2005; Rocchi, 2008; Rocchi, 2009), la disponibilità di fonti di informazioni specifiche, sia aggregate che di natura microeconomica, ha consentito da un lato di disaggregare il settore produttivo agricolo in base a tipologie aziendali differenziate, dall’altro di classificare le famiglie italiane in base al livello di reddito e alla loro relazione con le attività di produzione agricola. La natura di questi modelli dal punto di vista analitico (modelli lineari, fixed price) qualifica i risultati che se ne possono trarre come statici e di breve periodo.
Imponendo al modello uno shock esogeno che rappresenta la politica che si intende valutare (in questo caso un pagamento, più o meno disaccoppiato, verso le aziende agrarie) è possibile descrivere in modo accurato la composizione e l’importanza relativa degli impatti che ne conseguono sul reddito delle diverse tipologie di famiglia rappresentate nel modello. Un’analisi comparata degli effetti di diversi scenari permette così una valutazione delle opzioni disponibili dal punto di vista distributivo.

Impatti distributivi dei pagamenti disaccoppiati

Un primo gruppo di risultati permette di caratterizzare dal punto di vista degli effetti distributivi il progressivo disaccoppiamento dei pagamenti aziendali. Ciò che emerge dalle simulazioni (Rocchi et al., 2005; Rocchi, 2009) è che, se si tengono in considerazione anche gli effetti indiretti ed indotti dei pagamenti Pac che si generano nel flusso circolare dell’economia, i loro impatti distributivi appaiono influenzati in modo significativo dal grado di disaccoppiamento. Mentre l’impatto diretto dei pagamenti Pac è, come ovvio, rivolto alle famiglie agricole, l’impatto indiretto è prevalentemente percepito da famiglie non agricole (Rocchi, 2009). Non solo: la distribuzione degli impatti tra le stesse famiglie agricole, che nel primo round distributivo (pagamenti diretti) rispecchia la loro dotazione di terra “eleggibile”, viene profondamente modificata dagli incrementi di reddito generati indirettamente dall’effetto moltiplicatore. Un altro risultato interessante, che emerge dall’analisi comparata di simulazioni che assumono un diverso grado di disaccoppiamento del sostegno dato all’agricoltura, indica come un maggior grado di disaccoppiamento sia in genere associato ad un migliore targeting della politica, ad una sua maggiore capacità di concentrare gli effetti positivi (in questo caso, l’incremento del reddito famigliare) su quelli che sono i beneficiari previsti. La configurazione del primo pilastro della Pac scaturita dalla riforma Fischler del 2003, di conseguenza, lascia ai policy maker maggiori margini di manovra in vista di una ri-focalizzazione del sostegno verso particolari categorie di beneficiari. Quest’ultima si renderebbe con ogni probabilità necessaria nell’ipotesi di una significativa riduzione delle risorse a partire dalla prossima programmazione del bilancio comunitario (dal 2014 in avanti). Sarebbe infatti difficile, almeno nel caso italiano, non considerare lo squilibrio del’attuale distribuzione dei diritti al pagamento unico a favore delle famiglie con redditi più elevati.
L’analisi di una fonte di informazioni microeconomica specifica, l’indagine Istat sui risultati economici delle aziende agricole (Rea), per il 2002 (anno compreso nel “periodo di riferimento” in base al quale sono stati determinati su base storica gli attuali diritti ad ettaro del Pua) è rivelatrice (Rocchi e Pizzoli, 2007). I contributi erano diretti in prevalenza verso aziende di grandi dimensioni, gestite spesso da famiglie comprese nei quintili di reddito più elevati. Tale distribuzione rispecchiava l’effetto consolidato di anni di sostegno attuato mediante politiche distorsive, che avevano reso possibile l’attuazione di vere e proprie strategie di rent seeking nella gestione aziendale. La tabella 1, che riporta il rapporto medio tra contributi alla produzione percepiti e totale del monte redditi famigliare, evidenzia l’esistenza di un effetto distributivo avverso della Pac. Mentre nel caso delle famiglie agricole (reddito aziendale >50% reddito famigliare) il peso dei contributi diminuisce passando dai quintili più bassi a quelli più alti, una tendenza opposta sembra manifestarsi nelle famiglie per le quali l’azienda agraria non è la fonte primaria di reddito. L’esistenza di strategie di ricerca della rendita è particolarmente evidente nel caso delle famiglie non agricole che gestiscono aziende di maggiori dimensioni economiche (con potenzialità di sviluppo).

Tabella 1 - Contributi percepiti per tipologia di famiglia e di azienda. Italia 2002 - Percentuale sul reddito totale

Fonte: (Rocchi e Pizzoli, 2007)

L’applicazione della riforma Fischler in Italia, adottando il modello “storico” di quantificazione del Pua, ha di fatto cristallizzato questo tipo di distribuzione degli aiuti. La simulazione dell’impatto distributivo totale dei pagamenti disaccoppiati con un modello Sam (Rocchi, 2009) mostra come gli effetti indiretti che si generano nel flusso circolare dell’economia, vengano percepiti per la gran parte da famiglie non agricole e, tra quelle agricole, dalle famiglie con reddito totale più elevato. Nonostante il disaccoppiamento degli aiuti, esiste dunque sia un problema di equità distributiva che un problema di efficienza nel targeting nel sostegno al settore agricolo. L’eventuale revisione dei criteri di assegnazione dei diritti dovrebbe necessariamente tenerne conto.

I possibili effetti distributivi dell’Health check

Con la verifica dello “stato di salute” (Health check) della Pac, la redistribuzione dei pagamenti tra i beneficiari è per la prima volta entrata esplicitamente nell’agenda politica (European Commission, 2008). Le proposte della Commissione, che hanno costituito la base del compromesso finale, prevedevano di mettere a disposizione dei governi una serie di strumenti e di opzioni per raggiungere due principali obiettivi: una semplificazione delle procedure amministrative ed una redistribuzione degli aiuti per correggere i principali squilibri. Con finalità redistributive venivano riproposti i meccanismi di regionalizzazione del Pua accanto alla nuova opzione dell’ “approssimazione” dei diritti esistenti all’interno di una determinata regione; venivano inoltre proposti un meccanismo di modulazione progressiva dei pagamenti individuali e l’introduzione di una soglia minima ai pagamenti individuali.
La simulazione degli impatti distributivi dell’applicazione delle diverse misure proposte in Italia ha messo innanzitutto in evidenza l’esistenza di un trade off strutturale tra equità e targeting nel sostegno dei redditi agricoli. La scelta di strumenti di applicazione che favoriscono una redistribuzione dei pagamenti tra i beneficiari, infatti, migliora nel complesso l’impatto distributivo dal punto di vista dell’equità a prezzo però di un peggioramento del targeting della politica (crescita della quota di effetti positivi sul reddito delle famiglie non agricole). Al contrario un’applicazione maggiormente orientata alla semplificazione amministrativa appare più efficace nel dirigere gli incrementi di reddito verso le famiglie per le quali l’attività aziendale è la fonte prevalente ma provocando un effetto più regressivo sulla distribuzione globale del reddito.
Questi risultati hanno una spiegazione fondamentalmente strutturale: la parte maggiore dell’attività produttiva agricola in Italia è gestita in aziende di grandi dimensioni da famiglie agricole incluse nei quintili di reddito della popolazione più elevati. Il grado di disaccoppiamento attuale dei pagamenti Pac, che in qualche misura dirige ancora i pagamenti verso le aziende più che verso i soggetti, riduce i margini di manovra dei policy maker nel perseguire obiettivi di equità. Se questi ultimi dovessero diventare più urgenti in futuro, con il previsto ridimensionamento del primo pilastro, l’opzione di un ulteriore disaccoppiamento delle integrazioni di reddito potrebbe tornare al centro della discussione.
La valutazione degli impatti dei pagamenti Pac dal punto di vista del targeting richiama anche un altro aspetto che in futuro potrebbe tornare nell’agenda politica: quello della definizione dei beneficiari. Durante la trattativa in vista dell’Health check, la Commissione ha espresso l’auspicio che i pagamenti possano essere maggiormente diretti verso i “veri agricoltori” (real farmers). Il problema, tuttavia, è quello di giungere ad una definizione di questo gruppo che raggiunga un sufficiente consenso. In tutte le simulazioni presentate fino a questo punto è stata fatta l’ipotesi che i beneficiari intenzionali del sostegno, i real farmers, fossero le famiglie agricole: quelle per le quali, seguendo gli standard dei conti economici del settore agricolo fissati a livello europeo, il lavoro autonomo agricolo costituisce la fonte principale di reddito (Eurostat, 1996). I risultati dipendono strettamente da tale ipotesi. Definizioni alternative del settore istituzionale degli agricoltori potrebbero essere utilizzate, con ovvi effetti sulla valutazione della politica.
Un ulteriore sviluppo del modello, attraverso l’integrazione di un modulo di micro-simulazione basato sul campione Rea dell’Istat, permette di valutare in che misura l’adozione di differenti definizioni del gruppo di soggetti che si vuole come beneficiari della Pac, possa modificare il giudizio della sua efficienza in termini di targeting. Nella tabella 2 viene posta a confronto la distribuzione degli impatti sul reddito di pagamenti diretti verso tre gruppi di beneficiari identificati in base a criteri alternativi. I valori riportati misurano l’impatto di aiuti erogati come nella Pac corrente mediante pagamenti aziendali. A seconda che i beneficiari vengano individuati nelle “famiglie agricole” (reddito agricolo > 50%), nei “coltivatori diretti” (lavoro famigliare >50%) o negli “agricoltori professionali” (reddito lordo standard aziendale > 7 Ude) il giudizio in termini di targeting si modifica.

Tabella 2 - Impatto diretto e indiretto del sostegno di diversi gruppi di beneficiari attraverso pagamenti aziendali. Valori percentuali

Fonte: (Rocchi e Pizzoli, 2007)

La concentrazione degli aiuti verso le sole aziende gestite da coltivatori diretti mostra il più elevato indice di targeting totale, con il 55.4% degli incrementi di reddito che “rimane”, dopo che i pagamenti hanno prodotto tutti i loro effetti moltiplicativi, nel gruppo beneficiario.
Viceversa l’adozione di un criterio di “professionalità” nella definizione del gruppo beneficiario comporterebbe il peggiore risultato in termini di targeting (43%). E’ interessante notare come siano gli effetti indiretti più favorevoli a far preferire dal punto di vista del targeting la definizione “coltivatori diretti” a quella di “famiglie agricole”.
Il modello di micro-simulazione consente una valutazione comparata in termini di targeting di diversi scenari d’applicazione delle proposte della Commissione. Nella tabella 3 lo scenario relativo al mantenimento dei premi definiti in base alla riforma Fischler viene posto a confronto con uno scenario di applicazione dell’Health check che si pone un obiettivo di redistribuzione (regionalizzazione del premio e introduzione di un meccanismo di modulazione progressiva)(1) ed uno scenario che privilegia invece la semplificazione amministrativa (approssimazione dei premi esistenti e introduzione di una soglia minima dei pagamenti individuali)(2).

Tabella 3 - Targeting di scenari alternativi di implementazione del Pua secondo diverse definizioni dei beneficiari Valori percentuali

Fonte: (Rocchi, 2008)

L’attuale Pac, che vengano o meno applicate le misure previste dall’Health check, appare nel complesso meglio orientata verso il gruppo dei coltivatori diretti (valori dell’indice superiori nella seconda colonna). In termini di targeting complessivo, inoltre, entrambi gli scenari di applicazione dell’Health check mostrano un miglioramento dell’indice, qualunque sia la definizione dei beneficiari adottata. Il confronto dei valori dell’indice di targeting indiretto (valore percentuale degli impatti indiretti percepiti dal gruppo beneficiario) individua nella minore dispersione degli effetti indiretti verso le altre famiglie italiane la causa di questa maggiore efficienza nei trasferimenti di reddito. Soprattutto nel caso dello scenario di redistribuzione, l’indice di targeting indiretto mostra un valore superiore qualsiasi sia la definizione del gruppo beneficiario adottata.
Questi risultati permettono di dare un giudizio tutto sommato positivo delle proposte della Commissione per la revisione del pagamento unico nell’ambito dell’Health check. Come è noto il compromesso finale ha ridimensionato alcuni degli strumenti proposti (in particolare quello della modulazione progressiva) ma ha sostanzialmente mantenuto l’impianto generale della proposta. I governi nazionali di conseguenza hanno adesso a disposizione maggiori gradi di libertà nel perseguimento di obiettivi distributivi (equità, transfer efficiency) attraverso i pagamenti Pac.
Un loro uso accorto potrebbe costituire un’ulteriore tappa verso una Pac che in futuro, per cause sia interne che esterne, potrebbe fortemente ridimensionare le sue finalità di sostegno al reddito. Nel frattempo, appare sempre più urgente una discussione tra le diverse componenti del mondo della produzione e le istituzioni nazionali e regionali intorno ad una definizione dei beneficiari che sia maggiormente adeguata allo scenario economico che si va profilando. Tale confronto consentirebbe infatti all’agricoltura italiana di partecipare alla Revisione del bilancio attualmente in svolgimento ed alla definizione delle prospettive finanziarie del dopo-2013 con una posizione condivisa ed una maggiore forza contrattuale.

Note

(1) Le simulazioni sono state basate sulle proposte della Commissione. L’accordo conclusivo ha in qualche aspetto ridimensionato tali proposte, con ovvi effetti sulle conseguenze distributive. Tuttavia le simulazioni servono a cogliere la “direzione” degli impatti e i possibili effetti controversi. Nello scenario di redistribuzione i pagamenti sono stati ridistribuiti in proporzione agli ettari all’interno delle regioni amministrative tra tutte le aziende che gestivano seminativi, anche se non ricevevano alcun pagamento PAC in precedenza; è stata introdotto un tasso di modulazione base a regime del 13%; il tasso di modulazione è stato incrementato al 16, 19 e 22% per le aziende con diritti individuali superiori rispettivamente a 100, 200 e 300.000 €
(2) Nello scenario di semplificazione i pagamenti sono stati ridistribuiti in base alle superfici solo tra le aziende che percepivano già pagamenti PAC; è stato introdotto un tasso di modulazione base a regime del 13%; sono stati azzerati i pagamenti individuali inferiori ai 500 €

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