Introduzione
Lo stato e le tendenze del clima a livello globale sono oggetto di un numero sempre maggiore di studi. Una sintesi dei risultati che emergono da tali lavori è svolta dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) (1), l’organismo creato dal WMO (World Meteorological Organization) e dall’UNEP (United Nations Environment Programme) con lo scopo di produrre rapporti periodici sullo stato delle conoscenze sul cambiamento climatico.
Composto da un segretariato e da 3 gruppi di lavoro, l’IPCC ha fin qui redatto 3 reports negli anni 1990, 1995 e 2001. La pubblicazione completa del quarto report (o AR4) è prevista per il 2007, e finora ne è stata diffusa la sintesi per i policymakers. Al report 2007 hanno lavorato 154 autori principali e oltre 450 autori aggiunti (2), per un totale di circa 900 pagine redatte. Il report, la cui versione definitiva è oggi disponibile sul sito www.wmo.ch, è suddiviso in 4 volumi che affrontano i seguenti temi: basi fisiche, impatti, adattamento e vulnerabilità, mitigazione.
Le indicazioni fornite dall’IPCC si fondano, da un lato, sui risultati più recenti della ricerca sul passato climatico del pianeta e, dall’altro, sull’uso di modelli di simulazione globale (i General Climatic Models - GCM) per la previsione dei climi del futuro nei prossimi 50-100 anni. Sebbene al lavoro dell’IPCC vada riconosciuto l’indubbio merito di avere creato un raccordo tra i tanti studi realizzati finora e di avere reso accessibili le informazioni sui cambiamenti climatici ad un ampio pubblico che va oltre l’ambiente della ricerca, tuttavia non sono mancate le critiche circa la capacità dei modelli GCM sia di generare scenari credibili per i prossimi anni (3) (Raisanen, 2006), sia la ricostruzione del passato; a quest’ultimo proposito è assai recente la messa in luce, ad opera di una commissione della Società Americana di Statistica presieduta dal Prof. Wegman (Wegman, 2006), del falso perpetrato da Mann e colleghi (1999) con il cosiddetto Hockey stick, che tanto spazio ebbe nel report IPCC 2001. E’ noto infatti che, dopo la fine dell’ultima glaciazione (circa 11.000 anni fa), le temperature globali sono state soggette a continue oscillazioni, con eventi caldi assai rilevanti, come quello avvenuto fra 8000 e 5000 anni orsono (optimum climatico postglaciale) che a livello europeo presentò temperature di 2-3°C superiori a quelle attuali, o quello che coincise con la decadenza dell’impero romano, con temperature simili alle attuali, o ancora quello caduto intorno all’anno 1000 (optimum climatico medioevale) con temperature simili a quelle attuali a livello globale e probabilmente superiori a queste ultime a livello di area euro-mediterranea. L’analisi di Mann, riferita agli ultimi 2000 anni e fondata su metodi statistici parametrizzati in modo non corretto, ottenne il risultato di appiattire tutta la variabilità climatica degli ultimi 2000 anni ponendo in evidenza solo l’aumento avvenuto dal 1980 in avanti. Il risultato fu un curva che ricordava una mazza da hockey. Il lavoro, pubblicato su Nature nel 1998, fu uno dei cavalli di battaglia del report IPCC del 2001.
Occorre inoltre precisare che la vastissima bibliografia che rapidamente si accumula sul tema del clima e delle sua variabilità si presta inevitabilmente a più interpretazioni fra loro contrapposte, e ciò spiega il dibattito scientifico che accompagna le tesi espresse dall’IPCC nei suoi report. Alla luce di ciò ci sembra corretto e fisiologico in termini di dibattito scientifico evidenziare alcuni elementi di critica che emergono dalla letteratura scientifica internazionale rispetto ai risultati conseguiti da un così vasto gruppo di scienziati. Ad esempio è noto che le piante superiori (quelle per intenderci, fra cui rientrano le specie da cui dipende la nostra alimentazione) si sono evolute in epoche (Cambriano, Ordoviciano, Siluriano, Devoniano, ecc.) caratterizzate da atmosfere con livelli di CO2 fino a 20-30 volte superiori rispetto a quelli attuali. Ciò da un lato spiega perché le nostre piante sono in grado di sfruttare livelli di CO2 assai più elevati di quelli oggi presenti nella nostra atmosfera, e dall’altro può rappresentare una critica severa circa gli effetti catastrofici ipotizzati dagli scienziati che afferiscono all’IPCC a seguito di aumenti di 100-200 ppm in più di CO2. La risposta di questi ultimi è che in passato l’attività solare era più bassa (pare che il sole, man mano che invecchia, aumenti progressivamente la quantità di energia emessa), per cui l’equilibrio climatico era raggiunto con livelli molto più alti di CO2. Tuttavia sottolineiamo che restiamo nell’ambito di ipotesi, in una materia molto complessa e su cui le certezze sono veramente poche.
Un altro tema oggetto di discussione è quello relativo al ruolo del sole nella variabilità climatica di breve periodo. In proposito vari autori hanno evidenziato la strettissima correlazione fra attività solare, espressa come distanza fra i picchi di attività del ciclo undecennale, e temperature globali.
Inoltre, l’approccio dell’IPCC a scala globale e non riesce a cogliere alcuni aspetti a meso e microscala del clima che spesso si rivelano cruciali per la vita degli esseri umani e per le caratteristiche quali-quantitative della produzione delle colture agrarie. Ad esempio, l’andamento futuro non solo delle temperature ma anche delle precipitazioni è cruciale per il futuro climatico dell’area italiana ed europea in generale. Risulta quindi fondamentale che accanto alle analisi a macroscala realizzate dall’IPCC venga realizzata una continua opera di monitoraggio ed analisi su scala locale. A tale proposito è altresì essenziale considerare che il nostro clima dipende in modo profondo dal comportamento dei grandi centri d’azione (anticiclone delle Azzorre e Ciclone d’Islanda) e delle grandi correnti occidentali (4). Tale comportamento è soggetto a periodiche e brusche fluttuazioni del tutto imprevedibili, l’ultima delle quali è avvenuta alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, e ha dato luogo ad un brusco aumento delle temperature europee di circa 1.5°C, con un’altrettanto brusca diminuzione delle precipitazioni sull’area mediterranea cui è corrisposto l’aumento delle precipitazioni sul Nord Europa. Su tali fluttuazioni la ricerca dovrebbe in futuro concentrarsi in modo da produrre una teoria in grado di descrivere l’evoluzione nello spazio e nel tempo del vortice polare e di stabilire l’eventuale relazione esistente fra tale evoluzione e le concentrazioni di gas serra. In assenza di una tale teoria diviene proibitivo realizzare previsioni fondate circa l’evoluzione dei campi di precipitazione e di temperatura a scala euro-mediterranea nei decenni futuri.
Sul piano della mitigazione degli effetti, invece, assume un ruolo chiave la gestione delle risorse idriche. Infatti, in vaste aree del Paese tali risorse sono gestite con criteri ottocenteschi e che spesso si rivelano inadeguati a fronteggiare i problemi imposti dalle siccità fattisi più frequenti a seguito del cambiamento climatico avvenuto alla fine degli anni Ottanta.
Il Centro Meteo di Teolo e l’analisi dell’agro-clima del Veneto
Il Centro Meteo di Teolo, afferente all’ARPAV, l’Agenzia per la Protezione e Prevenzione Ambientale del Veneto, contribuisce a rispondere alla sempre maggiore richiesta di informazioni attraverso la produzione di analisi sugli andamenti agro-climatici della regione Veneto negli ultimi cinquant’anni.
A questo scopo sono state digitalizzate ed organizzate in modo omogeneo le serie storiche di temperatura (massima e minima) e precipitazioni per il periodo 1956-2004 (Figura 1). Oltre all’analisi dei loro trend, lineari e curvilinei, con sistemi quali le medie mobili, si è applicato il metodo statistico di analisi dei punti di discontinuità (change points) della libreria di analisi statistica Strucchange del software R (Bai e Perron, 2003). Tale analisi statistica opera su serie storiche di dati meteorologici con lo scopo di individuare nel lungo periodo variazioni brusche (ovvero discontinuità) che in climatologia sono da tempo utilizzate come indicatori di cambiamento climatico.
Si sono inoltre avviate le seguenti analisi:
- analisi delle correlazioni esistenti con proxy data di tipo fenologico, che descrivono le date di comparsa delle diverse fasi del ciclo di una coltura agraria (ad esempio per la vite: germogliamento, fioritura, maturazione ecc.).
- analisi con metodi tipici della climatologia dinamica delle correlazioni fra le grandezze meteorologiche al suolo ed i principali tipi di tempo caratteristici dell’area euro-mediterranea (Werner et al., 2000; Mariani, 2005).
Di seguito vengono sinteticamente riportati alcuni fra i più interessanti risultati finora ottenuti.
Figura 1 - Distribuzione della rete di stazioni “storiche”
Le precipitazioni medie annue
Gli scarti delle precipitazioni medie annue, espressi in mm, rispetto alla media del periodo 1956-2004, rappresentata dall’ascissa, mostrano una tendenza lineare alla diminuzione, e la media mobile curvilinea mette in evidenza come dagli anni Ottanta gli scarti dalla media diventino negativi.
Figura 2 - scarto (mm) delle precipitazioni annue rispetto alla media
L’evapotraspirazione media annua
Gli scarti dell’evapotraspirazione media annua di riferimento (mm), calcolata con il metodo di Hargreaves rispetto alla media del periodo 1956-2004, sono naturalmente correlati all’andamento delle temperature e mostrano di conseguenza una tendenza lineare all’aumento; la media mobile curvilinea mette in evidenza come dagli anni Novanta gli scarti dalla media diventino positivi.
Figura 3 - scarto (mm) dell’ET0 annuo rispetto alla media
Il bilancio idroclimatico
La differenza espressa in mm tra i valori medi annui di precipitazione e di evapotraspirazione ci permette di calcolare il bilancio idro-climatico che rappresenta l’iniziale quantità di acqua disponibile alla coltura di riferimento. Visti gli andamenti lineari dei due fattori, anche il bilancio idroclimatico presenta un trend negativo. L’analisi di discontinuità consente di individuare il 1980 come anno intorno al quale vi è la diminuzione più repentina del bilancio idroclimatico, che si porta da valori medi positivi pari a 95mm prima del 1980, a valori negativi pari a 48mm dopo il 1980.
Figura 4 - scarto (mm) del B.I. annuo rispetto alla media
Spazializzando tali andamenti sul territorio regionale per i due sottoperiodi individuati, 1956-1980 e 1981-2004, è possibile visualizzare lo spostamento verso nord delle isolinee di bilancio idroclimatico, che peggiora su tutta la pianura; si noti come sul Polesine compaia una nuova isolinea con valore -350 mm.
Figura 5 - B.I. medio annuo (mm), nei periodi individuati dal breakpoint del 1980
Proxy Data: fioritura del vitigno merlot
L’analisi delle rilevazioni sulla fioritura di un vigneto di Merlot, effettuate dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano nel periodo 1964-2004, ha evidenziato che l’aumento delle temperature si è tradotto in una tendenza all’anticipo della data di fioritura.
Figura 6 - rilevazione sulla fioritura del Merlot
L’analisi di discontinuità ha permesso di individuare il break-point nel 1991, con un anticipo della fioritura dal 12 giugno al 4 giugno.
Figura 7 - discontinuità del data di Fioritura del Merlot
Fonte: Ist. Sper. per la Viticoltura di Conegliano
L’analisi temporale evidenzia un’interessante coincidenza nell’anno 1991 tra il break-point relativo alla data di fioritura e quello relativo alle medie regionali delle temperature massime che si portano mediamente da valori pari a 16.6°C prima del 1991 a 18.1 °C dopo tale data.
Figura 8 - discontinuità della temperatura massima (°C)
Precipitazioni annue e circolazione atmosferica media annua
Analizzando l’andamento discontinuo delle precipitazioni medie annue è possibile individuare due break-points e tre sottoperiodi con tre valori medi di precipitazione rispettivamente di 1235, 1124 e 1052 mm (Figura 9).
Figura 9 - discontinuità della precipitazione media annua (mm)
Allo stesso modo possiamo descrivere la circolazione atmosferica prevalente dei tre sottoperiodi individuati mediante misurazione dell’altezza dal suolo alla quale si realizza la pressione di 1000 hPa.
Figure 10 -Topografia assoluta del geopotenziale di 1000 hPa. Le aree in rosso sono interpretabili come aree di alta pressione al suolo e quelle in blu come quelle di bassa pressione
a) periodo 1956-1966
b) periodo 1967-1981
c) periodo 1982-2004
Come possiamo vedere dalle Figure 10, nei sottoperiodi delimitati dai punti di discontinuità della precipitazione media annua, in costante decremento, si coglie l’espansione di un promontorio anticiclonico subtropicale da sudovest verso la nostra area, che permette di spiegare la graduale contrazione delle precipitazioni.
A conclusione di tale analisi si può quindi evidenziare come nel periodo 1956-2004 la diminuzione delle precipitazioni e del bilancio idroclimatico sulla Regione Veneto sia avvenuta intorno agli anni Ottanta, che rappresentano di conseguenza il gradino intorno al quale si concentrano le oscillazioni più repentine del periodo. Le temperature in aumento trovano il loro gradiente più sensibile intorno agli anni Novanta, il che è efficacemente confermato dalla serie storica delle date di fioritura della vite. La combinazione delle due tendenze individuate ha significative conseguenze in termini di esigenze idriche delle colture e di rischio climatico di stress idrico. Risulta infine estremamente interessante la correlazione fra il geopotenziale a 1000 hPa e il graduale spostamento verso il Mediterraneo del promontorio anticiclonico subtropicale da sudovest che ha accompagnato la diminuzione delle precipitazioni nel periodo considerato.
Conclusioni
In questo lavoro si è cercato di sviluppare alcuni aspetti circa l’attualità e le tendenze in atto nel clima dell’area italiana, evidenziando alcuni fatti di cui non siamo oggi in grado di spiegare le ragioni, e in particolare la grande discontinuità nel clima europeo registrata alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, di cui si trova traccia anche nelle serie del Veneto (regione a valle del grande massiccio alpino che pertanto risente meno di fenomeni meglio avvertiti nelle aree a clima pienamente oceanico (5) o viceversa in aree a clima mediterraneo (6)).
Esplorare, senza pregiudizio, nuovi campi di studio e analisi può costituire un ambito di lavoro interessante e senza dubbio molto utile a chi si impegnerà nella ricerca nei prossimi anni, anche al fine di giungere a modelli che siano in grado di prevedere il futuro insorgere di altre discontinuità di questo tipo.
Note
(1) [link]
(2) [link]
(3) Le critiche sono portate da scienziati come Hendrik Tennekes, Khabibullo Ismailovich Abdusamatov, Sallie Baliunas, Robert M. Carter, George V. Chilingar, Ian Clark, William M. Gray, Zbigniew Jaworowski, David Legates, Marcel Leroux, Tim Patterson, Ian Plimer, Frederick Seitz, Nir Shaviv, Fred Singer, Willie Soon, Philip Stott, Henrik Svensmark, Jan Veizer, Syun-Ichi Akasofu, Claude Allègre, August H. Auer Jr., Robert C. Balling, Jr., John Christy, Chris de Freitas, David Deming, Richard Lindzen, Roy Spencer e Sherwood Idso [link].
(4) Gran parte delle precipitazioni delle medie latitudini sono associate a perturbazioni (sistemi frontali) che si muovono lungo traiettorie imposte dalle correnti a getto. I mutevolissimi meandri delle correnti a getto si sviluppano al limite esterno della grande calotta d’aria fredda che è centrata sui poli. Gli specialisti chiamano questa calotta con il nome di Vortice Polare e chiamano Oscillazione Artica (o, che è lo stesso, Oscillazione Nord Atlantica - NAO) il comportamento sinuoso delle correnti a getto nell’emisfero Nord.
(5) Area centro-europea – clima Cfb secondo la classificazione di Koeppen.
(6) Centrosud Italia, Spagna, Grecia – clima Csa secondo la classificazione di Koeppen.
Riferimenti bibliografici
- Mann, Michael E., Bradley, Raymond E., and Hughes, Malcolm K. (1998), “Global-scale temperature patterns and climate forcing over the past six centuries”, Nature, 392, 779- 787.
- Raisanen J. (2007),. “How reliable are climate models”, Tellus, 59A, 2-29.
- Wegman E.J., Scott D.W., Said Y.H. (2006),. “Ad hoc Committee report on the ‘hockey stick’ global climate reconstruction”, 92 pp. [link]
- Bai J., Perron P. (2003), “Computation and Analysis of Multiple Structural Change Models”, Journal of Applied Econometrics, 18, 1-22.
- Mariani L., (2005). “Vent’anni di cambiamento climatico: lettura critica in chiave. Agrometeorologica”, in Atti del Convegno Climagri, Ancona, 27-28 giugno 2005 [link]
- Werner, P. C., Gerstengarbe F.W., Fraedrich K, Oesterle K. (2000), "Recent climate change in the North Atlantic/European sector”, International Journal of Climatology, Vol. 20, Issue 5, 463-471.
Commenti
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Gio, 01/01/1970 - 01:00
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critiche al catstrofismo
Qua c'è la critica ad un articolo di catastrofismo climatico zoogenico de ''L'espresso''
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mentre in questa teca si discute sulla normativa nitrati, vi segnalo la proposta di condizianare la normativa alla pac
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Commento originariamente inviato da 'Claudio Costa' in data 23/07/2008.