Finestra sul WTO n.13

Finestra sul WTO n.13
a Confederazione Svizzera, Ufficio Federale dell’Agricoltura (UFAG)

Quanto scritto è esclusivamente di responsabilità dell’autrice e non riflette in alcun modo la posizione dell’UFAG

Gli elementi di incertezza economici…

È la crescente portata della crisi economica e finanziaria attualmente in atto sui mercati internazionali a fare da cornice alla ripresa delle trattative in sede Wto.
Dopo la mancata convocazione di una riunione a livello ministeriale lo scorso dicembre, è ora il momento di raccogliere le prime valutazioni sulla bozza delle modalities aggiornata proprio allora da Crawford Falconer, il presidente per il gruppo negoziale dell’agricoltura (vedi Finestra sul WTO dicembre 2008).
Secondo quella che ormai si potrebbe definire una consuetudine, in occasione del Forum Economico Mondiale di Davos, a fine gennaio, sono state rinnovate da più parti le intenzioni per cercare di concludere quanto prima il Doha Round. Al termine di un incontro informale avvenuto a margine del Forum, i rappresentanti dei ministri del commercio dei paesi partecipanti hanno infatti rinnovato il loro impegno a non ricorrere ad un aumento delle misure protezionistiche per far fronte alla crisi, e a cercare di giungere ad un accordo entro la fine del 2009.
Nelle parole di Pascal Lamy, direttore generale del Wtoour biggest challenge today, therefore, is to ensure trade is part of the solution as opposed to aggravating an already serious crisis which risks making the recession longer and deeper” (“la nostra più grande sfida, oggi, è assicurare che il commercio sia parte della soluzione, piuttosto che andare ad aggravare una crisi già seria, il che rischia di rendere la recessione più lunga e più profonda”; [link]. Lamy ha recentemente ripetuto che una rapida conclusione del Doha Round rappresenta la migliore assicurazione contro una rovinosa corsa al protezionismo, che è la tentazione più pericolosa a cui i governi potrebbero cedere per contrastare gli effetti della crisi. A tal proposito, il Wto intensificherà l’attività di monitoraggio delle politiche commerciali introdotte dai governi per far fronte alla crisi internazionale [link].
La grave situazione economica mondiale, se da un lato rafforza l’urgenza di giungere presto ad un accordo Wto, che contribuirebbe a rendere più certo e più stabile l’ambiente per gli scambi internazionali, dall’altro rende più difficile ottenere una soluzione condivisa. Ma solo la cooperazione tra i singoli paesi può contribuire a ricostruire la fiducia nel sistema economico e finanziario.
In un recente studio, l' OECD [link] rivela come nel 2008 per i paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti), rispetto all’anno precedente, i volumi delle importazioni sono diminuiti dell’1,4%, e le esportazioni sono cresciute dell’1,9%; si tratta, rispettivamente, del calo più importante e della crescita minore dal terzo trimestre del 2006. Anche le analisi del Fondo Monetario Internazionale evidenziano gli effetti della crisi sul volume degli scambi internazionali [link].

…e quelli politici

Tuttavia, non soltanto la crisi economica, ma anche l’avvicinarsi delle elezioni indiane, che avranno luogo il prossimo maggio, ed il recente insediamento dell’amministrazione Obama negli Stati Uniti costituiscono elementi di incertezza per il futuro delle trattative.
In particolare, la nomina del nuovo US Trade Representative, l’ex sindaco di Dallas Ron Kirk, è ancora in attesa di essere confermata dal Congresso; e, al momento, la carica di Segretario al Commercio nell’amministrazione Obama è ancora vacante. Dopo la rinuncia di Bill Richardson, sotto inchiesta per un presunto coinvolgimento in appalti truccati, e del senatore repubblicano Judy Gregg, il Presidente Obama ha ora offerto la nomina a Gary Locke, ex governatore dello Stato di Washington.
La grave situazione dell’economia americana, secondo molti, potrebbero rendere meno urgente un reale impegno nella politica commerciale internazionale; e le polemiche con cui è stato accolto il pacchetto Buy American rappresentano bene quanto sia difficile conciliare i due fronti (vedi Notizie Flash).

Le prossime tappe

Nelle prossime settimane, Crawford Falconer proseguirà le cosiddette carousel consultations, ovvero le consultazioni bilaterali con alcuni tra i membri più importanti dei vari gruppi negoziali (come il G20, il G33, il G10, il Gruppo di Cairns, il gruppo dei prodotti tropicali, i Paesi ACP, Il Gruppo del Cotone), per sondare le reazioni sul testo delle modalities di dicembre [link].
La speranza è che, nel giro di qualche settimana, emerga un’agenda negoziale che consenta di passare alle cosiddette riunioni nella Room E, che coinvolgono una trentina di delegati. Nel frattempo, il G-20, dopo l’incontro di novembre, in cui il gruppo di paesi sviluppati ed in via di sviluppo si era impegnato ad opporsi ad una ripresa del protezionismo come risposta alla crisi ed a promuovere una rapida conclusione del Doha Round (vedi Finestra sul WTO dicembre 2008), si riunirà nuovamente a Londra il prossimo 2 aprile [link].
In questa occasione, il G-20 è stato ulteriormente allargato, con l’invito a partecipare esteso dal governo britannico anche ai presidenti della Association of Southeast Asian Nations (ASEAN) della African Union e della New Partnership for Africa’s Development (NEPAD).
Se davvero, come da sempre ribadito, uno degli obiettivi del summit è quello di combattere la ripresa del protezionismo per assicurare il proseguire dei flussi finanziari e commerciali a livello mondiale, non resta che vedere in che modo questo si tradurrà in un reale impegno in sede Wto.

Notizie: 
Notizie Flash

Nuovi incentivi per l’economia statunitense: le polemiche sul “Buy American”

Negli scorsi giorni è stato definitivamente approvato, con la firma del Presidente Obama, un ampio insieme di misure economiche di stimolo per l’economia statunitense per un totale di 787 miliardi di dollari: sgravi fiscali, provvedimenti di spesa per le infrastrutture e per i trasporti, creazione di nuovi posti di lavoro. Tale pacchetto, inoltre, riprende ed amplia il programma di assistenza all’aggiustamento strutturale (Trade Adjustment Assistance), che offre formazione e sostegno ai redditi per i lavoratori che perdono l’impiego a causa della concorrenza estera.
Ma è stato il provvedimento Buy American, che alla lettera si potrebbe tradurre con “compra americano”, che ha catalizzato l’attenzione della comunità internazionale; si tratta di un insieme di misure che incoraggiano l’acquisto di alcuni beni sul mercato domestico statunitense.
Come originariamente previsto nel testo passato alla Camera, il Buy American dispone l’acquisto, per le opere pubbliche che appunto sono finanziate nel pacchetto di stimolo, di ferro e acciaio proveniente dagli Stati Uniti. Sono però previste tre eccezioni: la produzione di una quantità insufficiente di ferro ed acciaio da parte dei produttori statunitensi; il fatto che l’utilizzo di materiali statunitensi provochi un aumento superiore al 25% del costo del progetto; ed, infine, ragioni di “interesse pubblico”.
La versione approvata dal Senato, così come quella definitiva, estende il provvedimento a tutti i prodotti manifatturieri; a patto, però, come esplicitamente specificato, che non vengano violate le norme che regolano il commercio internazionale.
Le “ragioni di interesse pubblico”, e più ovviamente la clausola inclusa nella versione finale, permetterebbero di non danneggiare le importazioni provenienti da paesi firmatari di accordi bilaterali con gli Usa (ad esempio, Canada e Messico per il NAFTA), o ancora dell’Agreement on Government Procurement (GPA) del Wto (che non è un accordo multilaterale ma plurilaterale; sono firmatari, tra gli altri, Unione Europea, Giappone, Corea, Svizzera). Tali accordi proibiscono appunto l’utilizzo di misure di restrizione alle importazioni.
Tuttavia, alcuni paesi come Brasile e Cina, ma anche India e Russia, in quanto non firmatari del GPA, temono di essere seriamente danneggiati dal Buy American.
Da qui, è facile capire la pioggia di critiche che ne è seguita: il Brasile ha già minacciato di ricorrere al meccanismo di soluzione delle dispute del Wto; in generale, l’intera comunità internazionale ha sottolineato come il significato intrinseco del Buy American sia un messaggio assolutamente inadeguato all’attuale contesto economico internazionale, a maggior ragione alla luce dei reiterati appelli ad evitare una pericolosa spirale protezionistica.
I proponenti del Buy American da parte loro ribadiscono la volontà di assicurare la compatibilità della misura con le regole internazionali, e sottolineano come essa contribuirà alla creazione di migliaia di posti di lavoro nonostante la crisi economica.

Il Commissario EU al commercio estero in visita in alcuni Paesi africani

Dal 9 al 12 febbraio scorsi, Catherine Ashton, Commissaria UE al Commercio estero, si è recata in Sud Africa e Botswana, allo scopo di promuovere lo sviluppo delle relazioni commerciali bilaterali e regionali.
Tra i 15 membri della SADC (South African Development Community; [link]), sette (Angola, Botswana, Lesotho, Mozambico, Namibia, Swaziland, Sud Africa) partecipano alle trattative con l’UE per gli Economic Partnership Agreements (vedi Finestra sul WTO dicembre 2008).
Botswana, Lesotho, Mozambico, Namibia e Swaziland fanno parte di quei paesi che hanno firmato EPA ad interim; l’Angola, che vi è ammessa, grazie al suo stato di Paese Meno Avanzato beneficia già dell’iniziativa EBA, e quindi dell’accesso completo al mercato europeo.
Il Sud Africa e l’UE hanno invece firmato, già nel 1999, un accordo per il commercio, lo sviluppo e la cooperazione, avente l’obiettivo di arrivare, entro 12 anni, alla costituzione di un’area di libero commercio.
Tra i membri della SADC, Botswana, Lesotho, Namibia, Sud Africa e Swaziland sono inoltre parte della SACU, la Southern African Customs Union, che ha un livello di integrazione maggiore.
La negoziazione da parte dell’UE di un EPA a livello dell’intera SADC ha proprio lo scopo di armonizzare l’insieme di queste complesse relazioni commerciali.
Per saperne di più: [link].

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