Le indicazioni geografiche e il Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip): prospettive UE e Usa a confronto

Le indicazioni geografiche e il Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip): prospettive UE e Usa a confronto

Introduzione

I prodotti ad indicazione geografica (IG) (come verrà chiarito nella sezione successiva) sono riconducibili a quei prodotti le cui caratteristiche sono attribuibili al territorio da cui provengono e il cui nome è tutelato da accordi internazionali sull’uso della proprietà intellettuale. Nonostante vi siano accordi internazionali sanciti dal Wto e dal Wipo sulla identificazione, uso e protezione di questa categoria di prodotti, essi stanno assumendo un ruolo significativo nel dibattito tra l'UE e gli Usa nell’ambito del Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip - Transatlantic Trade and Investment Partnership). L’oggetto di negoziazione è la tutela giuridica delle IG dei prodotti agroalimentari con il fine di superare i contenziosi e gli ostacoli tecnici oggi presenti e di prevenire eventuali conflitti che potrebbero scaturire. E’ indubbio che il commercio internazionale dei prodotti ad IG, anche in una prospettiva futura, rappresenterà una quota limitata rispetto al commercio totale dei prodotti agroalimentari tra i due continenti; ciononostante, il dibattito relativo ad essi assume significato se si considera la valenza complessiva dei sistemi di produzione ad IG. A tal fine, è necessario considerare la natura multiforme del concetto di qualità territoriale e le funzioni socio-economiche ed ambientali svolte dai sistemi di produzione ad IG.
Le caratteristiche dei prodotti ad IG, oltre che da accordi internazionali, sono state evidenziate da numerosi progetti internazionali di ricerca in Europa e nel mondo (Arepo, 2015). La loro qualità, sintetizzata dal nome del territorio, non risiede solamente nelle caratteristiche intrinseche (gusto, sapore, etc.) ma anche in alcuni aspetti specifici dell’ambiente di produzione. Ne emerge che il concetto di qualità territoriale include una pluralità di aspetti: le caratteristiche naturali ed ambientali di un’area geografica; il patrimonio storico-culturale del luogo; la tradizionalità delle tecniche produttive. L’insieme di questi aspetti trova una sintesi nella reputazione del nome geografico.
Le funzioni assolte da un sistema di produzione ad IG includono aspetti economici, nella misura in cui i prodotti ad IG rappresentano una fonte di reddito per i produttori; aspetti sociali, cioè modelli di governance alternativi, che prevedono la gestione collettiva dei beni comuni; e una dimensione ambientale, che incoraggia la conservazione della biodiversità.
La rilevanza delle conseguenze derivanti dalle decisioni che verranno assunte nell’ambito dei Ttip ha condotto all’organizzazione di un convegno internazionale, nell'ambito delle attività dell'Associazione Europea degli Economisti Agrari (Eaae), dal titolo “Intellectual property rights for Geographical Indications: what is at stake in the Ttip?”. Svoltosi nell’aprile del 2015 presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Parma, ha accolto una cinquantina di presentazioni di ricercatori dell’accademia europea e statunitense, oltre agli interventi di quattro key-note speakers: Raimondo Serra (European Commission, DG Agriculture and Rural Development), Riccardo Deserti (Organisation for an International Geographical Indications Network - oriGin), Emilie Vandecandelaere (Fao) and Bruce Babcock (Iowa State University).
Questo articolo si propone di mettere in luce, sulla base delle evidenze emerse nel convegno, quegli aspetti concernenti le IG su cui le decisioni adottate nei negoziati Ttip avranno un impatto significativo, vale a dire: i) la tutela giuridica ii) il commercio internazionale iii) la sostenibilità dello sviluppo rurale/locale iv) la qualità e sicurezza alimentare.

Le origini del dibattito giuridico internazionale

Le origini del dibattito giuridico internazionale sui prodotti ad IG risalgono alle diverse definizioni e diversi livelli di protezione accordati ai prodotti ad IG dalle due organizzazioni internazionali che regolano il commercio internazionale: l'Organizzazione mondiale del commercio (WtoWorld Trade Organization) e l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Wipo – World Intellectual Property Organization).
Il Wto, nell'ambito dell'accordo del 1994 sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trips Agreement), garantisce un livello di protezione di base per tutte le IG mentre accorda un livello di protezione superiore per le IG dei vini e liquori. Il maggior livello di tutela riconosciuto a questi prodotti ha generato, a partire dalla fine degli anni 1990, una controversia diplomatica tra i paesi del Wto (Josling, 2006).
Il Wipo, che amministra l'accordo di Lisbona del 1958 per la protezione delle denominazioni d'origine e la loro registrazione internazionale, offre un elevato livello di protezione ma solo pochi paesi hanno ratificato l’accordo e gli Stati Uniti non sono tra di loro (Tabella 1). La tutela giuridica delle IG adottata dagli Usa si ispira, infatti, al modello del Wto e ricorre alla esistente legislazione in materia di trademark mentre l’UE si ispira ai principi del Wipo ed adotta un sistema legislativo sui generis (specifico per le IG).

Tabella 1 - La Denominazione di Origine e le Indicazioni Geografiche

La differenza tra le due definizioni, da cui nasce la “disputa” tra i Paesi che aderiscono alle due organizzazioni internazionali, è dovuta al riconoscimento del ruolo del “fattore” ambientale e umano nella creazione della qualità. Il Wipo lo riconosce esplicitamente mentre il Wto fa riferimento alla sola reputazione o più genericamente ad “altre caratteristiche del prodotto…”. La differenza è, quindi, riconoscere il ruolo del territorio, rappresentato dal nome, come elemento attivo nella creazione della qualità e non come elemento “commerciale” in quanto legato ad una reputazione ormai acquisita. In buona sostanza, in un caso viene tutelato oltre a nome del territorio, il territorio stesso, nell’altro, il solo nome del territorio.
Dopo l'adozione dell'accordo Trips, e nonostante molte trattative, la disputa circa la tutela giuridica delle IG non ha trovato una composizione a livello multilaterale. Mentre i negoziati del Doha Round del Wto sono in situazione di blocco da ormai molti anni – per disaccordi su temi diversi, oltre alle IG – la maggior parte dei paesi ha negoziato accordi commerciali bilaterali. L'UE, per esempio, ha raggiunto un accordo (Ceta - Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che semplifica aspetti amministrativi e rimuove ostacoli che incidono sulle esportazioni europee di beni e servizi verso il Canada, garantendo un progresso significativo nel percorso di tutela e valorizzazione delle IG in quel paese. I negoziati Ttip in corso, invece, vedono contrapposti l'UE - ferma nel voler includere la questione IG - e gli Usa, restii a concordare disposizioni che concedano ulteriore tutela giuridica ai prodotti ad IG europei.

La tutela giuridica delle IG nei negoziati Ttip

La tutela giuridica è la questione principale affrontata nei negoziati Ttip in materia di IG. Come ovvio, le posizioni istituzionali degli Usa e dell'UE hanno lo scopo di tutelare e promuovere il commercio dei propri prodotti nei mercati internazionali.
Il presupposto degli Usa è il mantenimento del proprio assetto giuridico in materia di prodotti ad IG, che si basa sulla legislazione esistente in materia di concorrenza sleale e di trademark (“US Trademark Act”). L'origine territoriale dei prodotti viene garantita attraverso la proprietà privata di un nome la cui registrazione avviene ricorrendo allo strumento dei marchi di certificazione oppure dei marchi collettivi. Essi, però, non necessariamente specificano il collegamento tra le risorse locali e la qualità del prodotto, né impongono un sistema di garanzia (Vandecandelaere et al., 2009).
L’UE, al contrario, adotta una legislazione sui generis, istituzionalizzata nel Reg. (CE) 1151/2012. Secondo il modello UE, la IG è un diritto collettivo in quanto il suo utilizzo non è limitato a un solo produttore ma è accessibile a qualsiasi produttore che rispetti il disciplinare di produzione elaborato dalla comunità di produttori. La dimensione collettiva coinvolge non solo le competenze di molti produttori e/o trasformatori, ma anche la storia e la cultura di una comunità locale (Belletti, Marescotti, 2002). La reputazione del bene collettivo, vale a dire il nome geografico, è il risultato di azioni individuali intraprese dai produttori che sottoscrivono il disciplinare; la geografia è dunque il principio portante delle indicazioni geografiche (Marsden, 1998).
Le differenti visioni di cui sono portatori gli Usa e l’UE sfociano in posizioni antitetiche nei negoziati Ttip. Gli Usa si oppongono ad un sistema di protezione specifico delle IG che potrebbe limitare i diritti di quei marchi che, pre-esistenti, si sovrappongono e scontrano con il riconoscimento di IG (Babcock, 2015). Inoltre, gli Stati Uniti attribuiscono ad alcuni nomi geografici, che sono protetti come IG nell’UE, la caratteristica di nomi generici nel proprio territorio e in paesi terzi e si oppongono alla revoca di tale status di genericità.
Al contrario, l'UE cerca di formalizzare condizioni di maggiore tutela delle IG rispetto a quanto definito nell’accordo Trips, chiedendo: l’istituzione di una procedura che permetta ai produttori ad IG di presentare una richiesta alle autorità Usa di agire amministrativamente nel caso di abuso di un nome geografico registrato; la tutela diretta per una selezione di prodotti europei ad IG; soluzioni ad hoc per alcuni specifici conflitti in materia di proprietà intellettuale (PI). L’UE si oppone, infine, al concetto di genericità del nome geografico in presenza di omologhi marchi precedentemente registrati (Serra, 2015) (Tabella 2).

Tabella 2 – Le posizioni Usa e UE

Fonte: Elaborazione degli autori su Matthews (2015)

O'Connor (2015) propone una strategia a due livelli per inserire con successo le IG nel Ttip: (i) il raggiungimento di un accordo nell’ambito della legge in materia di PI piuttosto che nel quadro della politica agricola; (ii) il riconoscimento della coesistenza di due forme distinte di PI. Questa strategia prevede la coesistenza di denominazioni di origine protette, marchi e nomi generici, purché i consumatori non siano indotti in errore, vale a dire non vi sia rischio alcuno di sfruttamento della reputazione del prodotto ad IG (Wrobel, Lubasz, 2015) ed i prodotti coinvolti siano sostanzialmente differenti.
Questo compromesso non risolve tutti le questioni presenti sul tavolo delle trattive in materia di IG: gli Usa insistono sulla natura privata delle IG, alla stregua di qualsiasi altra PI, e si oppongono al coinvolgimento degli Stati nazionali nella tutela delle IG nazionali all'estero.
Il significato del conflitto UE – Usa trova una esemplificazione molto significativa nel sistema sui generis istituito dagli Usa nel 19791, denominato “American Viticultural Areas (Avas)”, gestito dall’Alcohol and Tobacco Trade and Tax Bureau. In accordo ad esso, perché un vino ottenga la IG è sufficiente che almeno l’85% delle uve sia riconducibile ad una specifica area geografica. Questo concezione contrasta con la visione europea delle IG viticole che includono aspetti quali il tipo di vitigno, i metodi di produzione e le rese. Il centro del dibattito, quindi, ruota attorno alla questione se le IG sono mere indicazioni di provenienza oppure se esse incorporino caratteristiche specifiche in relazione alla tradizione, i metodi di produzione, le risorse genetiche e le caratteristiche organolettiche (Thévenod-Mottet, 2015). Questo aspetto rappresenta probabilmente la preoccupazione principale dell’EU perché la prevalenza della visione Usa indebolirebbe il concetto europeo di IG, comprensivo delle caratteristiche naturali, la storia e il savoire faire delle persone di uno specifico territorio.

I requisiti necessari per la promozione del commercio internazionale dei prodotti ad IG

Il consenso nei confronti di un modello di produzione ad IG è consolidato nei paesi dell’Europa occidentale e sta aumentando nell’Europa orientale, così come in alcuni paesi in via di sviluppo (Sidali et al., 2015; Inama, 2015) e nei paesi dell'Estremo Oriente, come il Giappone (Kimura, 2015).
Dal confronto tra i ricercatori e i rappresentanti istituzionali riunitisi a Parma, sono emersi tre principali requisiti indispensabili allo sviluppo degli scambi di prodotti ad IG:

  • il raggiungimento di un accordo Usa-UE per armonizzare il sistema di controllo. Questo aspetto è riconducibile a quanto trattato nella sezione precedente relativa agli aspetti giuridici dei sistemi produttivi ad IG;
  • la promozione della capacità imprenditoriale dei sistemi produttivi ad IG. Ad oggi, il tessuto imprenditoriale di questo tipo di prodotti è composto principalmente da piccole imprese, carenti sia di conoscenze circa il funzionamento dei mercati sia di strumenti di marketing per essere competitivi nei mercati. Con riferimento a questo secondo aspetto, Tregear et al. (2016) hanno evidenziato un problema frequente, vale a dire una carente percezione da parte del consumatore del carattere distintivo di un prodotto ad IG. Questo significa che i produttori non utilizzano e non comunicano efficacemente l’elemento geografico, differenziante dai prodotti concorrenti, che è alla base per ottenere un riconoscimento economico da parte del consumatore;
  • la necessità di innovazione di prodotto e di processo per rafforzare la capacità competitiva dei prodotti ad IG, senza che venga messa a rischio la specificità del prodotto. Mancini e Consiglieri (2016), per esempio, evidenziano il pericolo di de-tipicizzazione dei prodotti ad IG quando sono utilizzati come ingredienti nei prodotti alimentari trasformati, se tale innovazione non viene associata ad una corretta informazione al consumatore.

Questi aspetti evidenziano il ruolo che i ricercatori possono assumere nello sviluppo di metodologie atte a identificare indicatori in grado di misurare la competitività delle filiere e dei sistemi ad IG nei mercati mondiali (Barjolle et al., 2015).

Lo sviluppo rurale/locale e la sostenibilità dei sistemi di produzione ad IG

Una vasta letteratura sostiene che i sistemi di produzione ad IG svolgono un ruolo importante nello sviluppo sostenibile delle aree rurali (Belletti, Marescotti, 2011). Secondo il gruppo di esperti del Comitato mondiale sulla sicurezza alimentare delle Nazioni Unite: '[un] sistema alimentare sostenibile [è] un sistema alimentare che fornisce la sicurezza alimentare e la nutrizione a tutti in modo tale da non compromettere le basi economiche, sociali e ambientali necessarie a generare la sicurezza alimentare e la nutrizione per le generazioni future' (Hlpe - High Level Panel of Experts on Food Security and Nutrition, 2014). I sistemi produttivi ad IG possono contribuire allo sviluppo di sistemi alimentari locali sostenibili, in quanto offrono un valore aggiunto ai produttori, e possono rappresentare un modello di governance per lo sviluppo rurale e locale, promuovendo la gestione collettiva dei beni comuni (Lang, Barling, 2012). I sistemi a IG incoraggiano la conservazione della biodiversità e il savoir-faire locale, rappresentano un freno alla standardizzazione dei prodotti alimentari, contribuiscono alla coesione sociale e disincentivano lo spopolamento rurale (Deserti, 2015). Se si raggiungesse un accordo tra l’UE e gli Usa in materia di tutela delle IG, verrebbero risolti i contenziosi preesistenti e si attiverebbe una nuova gestione di futuri contenziosi, con il risultato di incentivare il commercio internazionale e quindi la produzionedi tali prodotti in un’ottica di maggiore sostenibilità delle aree rurali.
Tuttavia, Vandecandelaere (2015) sostiene che alcuni ostacoli possono compromettere il successo dei prodotti ad IG: la mancanza di un adeguato background tecnico tra i produttori e capacità di coordinamento tra gli attori del sistema produttivo e le istituzioni pubbliche. Inoltre, un limite alle ricadute positive di un sistema di produzione ad IG sullo sviluppo rurale si può verificare nel caso in cui attori estranei al sistema traggano indebitamente profitto dalla reputazione del nome geografico. In ogni caso, evidenzia l’autrice, le IG non devono essere considerate una panacea ai problemi di sviluppo perché non possono essere utilizzate per tutti i prodotti (ad esempio, la certificazione della IG non è efficace quando il prodotto è privo di una qualità riconoscibile per i consumatori) e produttori (ad esempio, i costi di certificazione possono costituire una barriera all’ingresso per produttori la cui attività produttiva ha dimensioni molto modeste o i cui quantitativi di produzione sono molto limitati e vengono completamente assorbiti dal mercato locale).
L’esperienza - europea ed extra europea - nella implementazione di sistemi produttivi ad IG consente, comunque, di evidenziare alcune condizioni importanti per favorire lo sviluppo sostenibile delle zone rurali e delle economie locali. I casi di studio dimostrano che le success stories sono il risultato di una combinazione di fattori (Inama, 2015) da cui si evince che lo sviluppo delle IG richiede l’adozione dell’approccio 'caso per caso' (Santini et al., 2015) in cui è incoraggiata la creazione di regole su misura per il territorio specifico (Vandecandelaere, 2015). Per esempio, le condizioni adatte per la crescita di sistemi di IG consolidate non sono necessariamente trasferibili a sistemi produttivi poco conosciuti o appartenenti ad aree marginali (Tregear et al., 2016). Allo stesso tempo, è innegabile che esistano alcune condizioni indispensabili in qualsiasi sistema produttivo ad IG. Per esempio, un aspetto fondamentale è il contesto istituzionale che deve promuovere l’azione collettiva e l'interazione tra le associazioni di produttori (Quinones Ruiz et al., 2015). Ancora, il trasferimento di know-how in materia di IG può migliorare la capacità dei destinatari di beneficiare pienamente di programmi di assistenza tecnica (Inama, 2015; Seitz, Roosen, 2015). Infine, è auspicabile la individuazione di nuovi percorsi di attuazione dei sistemi ad IG rivolti ai paesi in via di sviluppo per favorirne l’ingresso nel commercio internazionale (Sidali et al., 2015).

La qualità e la sicurezza dei prodotti ad IG nel commercio internazionale

La questione della qualità del prodotto ad IG presenta almeno due aspetti principali: da un lato, la necessità di individuare una definizione condivisa di qualità territoriale (vedi sezione 1); dall'altro, l’importanza della comunicazione del significato di qualità territoriale ai consumatori.
Il primo aspetto - la qualità territoriale – può confliggere con una concezione di qualità familiare al consumatore statunitense che si focalizza principalmente sugli aspetti igienico sanitari di un prodotto. L’UE è consapevole che le caratteristiche organolettiche di molti prodotti ad IG dipendono dalla proliferazione di micro-organismi naturali (è il caso di alcuni formaggi) la cui eliminazione attraverso tecnologie che garantiscono elevati standard igienico-sanitari, da un lato, permetterebbe di rispettare più facilmente gli standard internazionali ma, dall’altro, comprometterebbe la tipicità del prodotto e la tradizionalità dei metodi produttivi. La risoluzione di tali contrasti è indubbiamente di primaria importanza non solo nelle negoziazioni Ttip ma anche nell’ambito degli Accordi Sanitari e Fitosanitari (Sps Agreement) del Wto. Ad oggi, l’assenza di un concetto condiviso di qualità territoriale e l’accettazione di deroghe agli standard igienico sanitari alimenta il disaccordo tra UE e Usa ed ostacola in modo significativo il commercio di prodotti alimentari ad IG (Wirth, 2015).
L’altro aspetto che emerge in relazione alla qualità territoriale dei prodotti è che un numero crescente di consumatori collega la qualità alimentare alle produzioni ad IG senza che a tale associazione si accompagni una reale conoscenza del significato di qualità territoriale. Ma il futuro successo dei prodotti ad IG poggia sulla comprensione da parte del consumatore non solo degli attributi intrinseci ma anche, e soprattutto, degli attributi estrinseci dei prodotti, che costituiscono una parte significativa del concetto di qualità territoriale. In alcuni paesi, la limitata informazione contribuisce, insieme ad altri fattori, tra cui i prezzi poco accessibili o la limitata disponibilità nel mercato, a limitare lo sviluppo dei prodotti ad IG (Barjolle et al., 2015).
La barriera principale al consumo di questi prodotti tipici è probabilmente costituita dalla asimmetria informativa, cioè la incompletezza di informazioni che affligge il consumatore, che coinvolge i consumatori sia di mercati in cui tali produzioni sono poco diffuse sia di paesi in cui esiste una cultura di produzioni a qualità territoriale. Anche in questi ultimi, la conoscenza del significato della qualità territoriale diminuisce all'aumentare della distanza tra il luogo di produzione ed il mercato al consumo. Alcuni studi dimostrano che una migliore comunicazione con i consumatori può contribuire ad un maggior apprezzamento del valore della certificazione delle produzioni ad IG, favorendo la riduzione dell'incertezza e dell’asimmetria informativa (Mattas et al., 2015). In particolare, il riconoscimento Dop (Denominazione di Origine Protetta) costituisce uno strumento di garanzia a cui si affidano i consumatori che vivono lontano dal luogo di produzione (Garavaglia e Mariani, 2015).

La tutela delle IG: una missione impossibile?

Fino ad oggi, i dettagli di pubblico dominio sui negoziati Ttip sono scarsi ed è difficile fare previsioni. Il dibattito sviluppatosi nel corso del convegno Eaae ha suggerito che un accordo andrebbe a vantaggio sia dei produttori dei prodotti IG, che avrebbero accesso ad un mercato internazionale più grande, sia dei consumatori delle due sponde dell’oceano, che potrebbero accedere a queste produzioni a prezzi più bassi, favoriti dalla riduzione degli ostacoli al commercio e, quindi, dei costi di transazione. Nonostante la protezione delle IG nel Ttip sia una missione possibile (Serra, 2015), le trattative negoziali tra UE e Usa sembrano al momento in fase di rallentamento  per motivi politici interni ai due Paesi (le prossime elezioni in Usa, Francia e Germania). Nei prossimi mesi si vedrà se la trattativa Ttip sarà conclusa e in quali termini, sia nei suoi aspetti generali che specifici dei prodotti IG. Non è un mistero che gli Usa vorrebbero raggiungere un accordo sui prodotti IG molto simile a quello siglato nel Trans-Pacific Partnership (Ttp) del 2015 mentre l’UE vorrebbe un accordo simile a quello raggiunto con il Canada (accordi Ceta).
Indubbiamente, nella misura in cui i consumatori di tutto il mondo richiedono più qualità territoriale dei prodotti e maggiore sostenibilità socio-economica ed ambientale del sistema alimentare, i sistemi produttivi ad IG costituiscono una ottima opportunità di sviluppo economico sostenibile. L’eventuale superamento della “war of terroir” (Josling, 2006), seppure limitatamente ai negoziati Ttip, potrà costituire un modello a cui ispirarsi per una più ampia revisione degli accordi sui prodotti ad IG anche in ambito Wto.

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  • 1. Nel 2006, l’UE e gli Usa hanno firmato un accordo bilaterale sul commercio del vino.
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