Introduzione
Il patrimonio forestale nazionale rappresenta una risorsa molto importante del nostro Paese. Il bosco assolve numerose funzioni oltre a quella produttiva, si ricorda quella più propriamente ambientale che interessa l’aspetto geo pedologico di difesa idrogeologica e del territorio. Inoltre ad esse va aggiunta quella socio-culturale che comprende sia gli aspetti paesaggistici e sia quelli turistico ricreativi (Scrinzi, 1998). Dal punto di vista produttivo, base “teorica” per l’industria del legno, italiana, si denota una forte dipendenza dai mercati esteri, viene importato dalle imprese del settore legno infatti circa il 75% della materia prima lavorata (Romano, et al. 2014).
E’ obiettivo di questo studio evidenziare la rilevanza che il bosco assume nel territorio della regione Toscana, valutandone l’importanza nei confronti del mercato del legno regionale.
La superficie forestale regionale. Le caratteristiche dei boschi presenti
La superficie forestale1 toscana, secondo i dati dell’Inventario forestale regionale (Ift, 1998) è pari a 736.000 ettari, se ad essa aggiungiamo anche quelle superfici comprensive di arboreti, cespuglieti, macchia mediterranea, raggiungiamo 1.086.000 ettari. I maggiori coefficienti di boscosità si trovano nelle Province con più elevate estensioni di territorio montano (51% a Lucca e 56% a Massa-Carrara) mentre i minimi si trovano nelle Province di Pisa (20%) e di Grosseto (20%) dove è marcata la vocazione agricola. La maggior parte del patrimonio forestale è rappresentato dalla proprietà privata e per lo più suddivisa in unità medio piccole. Secondo quanto indicato dall’VIII Censimento dell’agricoltura (Istat, 2010) la superficie forestale e quella ricoperta da arboricoltura da legno, compresa all’interno di aziende agricole, rappresenta il 18% della superficie totale aziendale. In Toscana questa superficie è ancora più elevata e raggiunge il 34%. Se consideriamo i dati dell’Inventario nazionale delle forestale e dei serbatoi forestali di carbonio (Infc Mipaaf 2005) la superficie forestale risulta pari a 1.151.539 ettari (Tabella 1), dato che si discosta poco da quanto ora evidenziato.
Tabella 1 – Superficie forestale nazionale e regionale secondo l’Infc (2005)
Fonte: l’Infc (2005)
Secondo quanto riportato da Travaglini (Tabella 2), su elaborazioni di dati dell’Infc, risulta una suddivisione per categorie forestali, che considera le specie forestali esistenti sul territorio e di cui sono indicati anche taluni parametri produttivi (volume ed incremento legnoso ad ettaro). Si tratta di parametri importanti che ci permettono di quantificare in termini di volume legnoso le superfici presenti nel ns. territorio. Se riconduciamo queste categorie forestali secondo il governo del bosco esistente, risulta una prevalenza del bosco ceduo2 rispetto alla fustaia, nel territorio toscano ma anche nel resto dell’Italia Centrale.
Tabella 2 - Stime quantitative delle categorie forestali rilevate in Toscana dall’Inventario forestale nazionale
Fonte: Elaborazione Travaglini 2014 su dati Infc, 2005
Tabella 3 – Distribuzione delle superfici forestali in base alla forma di governo
Fonte: Istat, 2004
Il dato fornito dall’Istat (Annuari Istat, 2001-2009) indica una superficie forestale di 874.417 ettari, che corrisponde al 60% della superficie forestale dell’Italia centrale e del 9,5% di quella nazionale.
Quando si esaminano i dati sulle superfici forestali, emergono evidenti differenze tra una fonte e l’altra in gran parte dovute alla diversità dei dati trattati. Per l'uso dei dati dell’Inventario Forestale Nazionale e del Carbonio (Infc) i principali problemi sono legati all’impossibilità di avere informazioni ad una scala di dettaglio maggiore rispetto a quella regionale e alla mancanza di informazioni quantitative distinte per forma di governo (ceduo, ceduo composto, fustaia) (Travaglini e Nocentini 2014), inoltre i dati fanno riferimento a rilievi effettuati nel 2005. Da rilevare che è in fase di elaborazione preparazione il nuovo Censimento. Per i dati sulle superfici forestali dell’Istat il problema maggiore è dato dalla mancanza di aggiornamento, non risulta pubblicato, infatti, nessun dato negli ultimi tre anni.
Rispetto alla composizione specifica dei boschi cedui (Ciancio et al. 2002), sul totale della superficie il 40% è rappresentato da cedui misti, seguono quelli di castagno (15%) e di cerro (14%). Le province con la maggiore superficie sono Grosseto (19,5% del totale), Siena (17,5%), Firenze (17%) e Arezzo (16%). Il motivo principale della sua diffusione, sia in ambito collinare sia in ambito montano, è dovuto soprattutto al loro legame storico con l’attività agricola, in quanto in grado di produrre legna da ardere, carbone e paleria di dimensioni e caratteristiche diverse.
Parlando di gestione di questi soprassuoli forestali si può affermare che per il bosco ceduo, in gran parte diffuso nella proprietà privata (più dell’80%), la scelta selvicolturale prevalente è stata ed è in genere indirizzata al mantenimento di questa forma di governo, seppur in taluni casi con gli opportuni miglioramenti colturali, o verso la conversione3 a fustaia4 laddove le condizioni ambientali e socio-economiche lo consentono. Per quanto riguarda il trattamento delle fustaie, più presenti nella proprietà pubblica, un elemento frequente, ma non l’unico, è la realizzazione di diradamenti e di interventi su piccole superfici al fine di favorire la diversificazione compositiva e strutturale del bosco. Talvolta di là da queste linee di gestione predomina il non fare e pertanto l’abbandono del bosco, soprattutto nei casi di piccole superfici, non sottoposte ad alcun obbligo di gestione.
Gli assortimenti legnosi principali provenienti dai boschi della Toscana
La legna da ardere, ancora oggi il principale assortimento legnoso che si ottiene dalle utilizzazioni forestali della Toscana (80% circa), proviene soprattutto dai tagli di boschi cedui, in gran parte composti da specie quercine (65% da cerro, roverella, ecc.). Secondo i dati pubblicati dall’Istat (1961-1993), su di una produzione legnosa totale di oltre 1 milione di metri cubi, i prelievi regionali costituiti da legna da ardere ammontavano nel 1996 a circa 700.000 metri cubi, di cui il 60% proveniente da soprassuoli con prevalenza di cerro. I prelievi più elevati si registravano in provincia di Grosseto (25%), Firenze (17%), e Arezzo (15%).
Figura 1 - Utilizzazioni legnose in Toscana nel periodo 2001-2011
Fonte: elaborazione personale
Se osserviamo l’andamento delle utilizzazioni del bosco in tempi più recenti, nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2011 (Figura 1), le produzioni non scendono mai sotto il milione di metri cubi e i prodotti energetici sono per tutto il periodo considerato sempre al di sopra del 60%. Secondo quanto riportato da Andrighetto et al. (2015), il 68% delle biomasse legnose consumate in Italia è di provenienza forestale.
E’ probabile poi che nei volumi indicati dall’Istat non siano compresi i quantitativi di biomassa (cippato soprattutto) che sono fortemente cresciuti proprio a partire dagli anni duemila (Bernetti et al. 2003). La quantità di biomassa legnosa disponibile risulta addirittura insufficiente rispetto alla domanda regionale, dovuta non solo al consumo privato ma anche a centrali termiche e reti di teleriscaldamento5.
La legna da ardere rappresenta nell’ambito delle produzioni forestali tipiche un prodotto “povero” rispetto alle produzioni di legname da lavoro ritraibile ad esempio dall’utilizzazione delle fustaie di faggio, di abete bianco o dei soprassuoli di castagno. Infatti, il prezzo pagato ai proprietari dei cedui si discosta poco dai 2 euro per quintale di legna prodotta, mentre va ricordato, che in fasi successive di commercializzazione, il prodotto legnoso è scambiato a prezzi più remunerativi: raggiunge infatti i 7-8 euro/quintale, mentre al dettaglio (legna tagliata su misura) può spuntare cifre che variano dai 12 ai 15 euro al quintale. E’ interessante notare come l’incremento del prezzo del prodotto sia in gran parte da attribuirsi alla fase della commercializzazione al dettaglio, mentre la maggior parte dei costi ricade nelle fasi di taglio e utilizzazione.
Sempre restando nell’ambito delle produzioni di legname allo stato grezzo una certa rilevanza assume nel territorio toscano il legname proveniente dai soprassuoli di castagno. Si tratta non solo legna da ardere, ma soprattutto legna per paleria o anche legnami per lavori di segagione. Per quanto riguarda la paleria in genere sono lavorate tipologie impiegate quasi esclusivamente in agricoltura con diametri compresi tra 6-15 cm e con lunghezza variabile secondo gli usi e paleria grossa con diametri lunghezze maggiori. Il prezzo si presenta molto variabile oscillando tra un minimo di 6 euro per quintale ed un massimo di 15 euro per quintale (Casini, 2008).
Il tondame da sega ed in particolare per quello per travature di castagno, è un assortimento particolarmente richiesto nella ristrutturazione di abitazioni e trova buona accoglienza sul mercato spuntando prezzi elevati sufficientemente remunerativi (20-22 euro al quintale). Va però notato che dal quadro soltanto poche imprese lavorano questo assortimento, infatti dall'esame dei lotti boschivi messi in vendita risulta non molto cospicua la quantità di fusti di diametro e di lunghezza sufficienti per ricavare tale materiale. Infatti in Toscana gran parte del tondame di castagno per travature è importato dalla Calabria e dalla Francia, a prezzi intorno ai 25 euro al quintale (Becagli et al. 2009).
Le imprese di prima trasformazione
Il settore industria legno in Toscana, con esclusione dei mobilifici, conta in Toscana 2700 imprese con 9483 addetti (Istat, 2011), all’interno di tale classificazione adottata dall’Istat, sono comprese oltre alle segherie anche altre forme di prima lavorazione del legno e anche la fabbricazione di oggetti in legno e sughero. Considerando il dato delle utilizzazioni legnose, nel 2012 risultano produzioni di legname grezzo pari a circa 1 milione di metri cubi (Istat, 2012). E’ interessante poter valutare quanto di questo legname prodotto in Toscana è successivamente lavorato nelle industria di prima lavorazione.
In un precedente studio (Bernetti et al. 1992) si quantificava in 955.000 metri cubi la produzione di legname grezzo regionale e in circa 2,5 milioni di metri cubi di equivalente tondo il fabbisogno legnoso dell’intera filiera foresta legno della Toscana. Una recente indagine (Sisle, 20146) ha analizzato i flussi di acquisto e della vendita del legname dei comparti della prima trasformazione. I dati sono riferiti a un campione di 377 imprese. I risultati ottenuti, forniscono indicazioni sulle tendenze del settore e sui cambiamenti in corso nella filiera foresta–legno, in particolare sulle difficoltà esistenti nel settore delle segherie. Un aspetto emerso dall’indagine è stata la scarsa rispondenza tra le imprese classificate in base agli elenchi della Camera di Commercio e del Censimento dell’Industria e Artigianato (2014) e imprese realmente esistenti sul territorio, o che svolgono quel tipo di manifattura e lavorazione. Gran parte delle ditte boschive è rappresentato da microimprese individuali o a carattere familiare, formate dall’imprenditore coadiuvato da uno o due operai stabili, cui si unisce talvolta il supporto di addetti stagionali. Dalle interviste effettuate nelle imprese di prima trasformazione, risultano acquisti di 87.347 metri cubi di materiale grezzo (tondame da sega), per una media di circa 2.361 m3 ad azienda. I valori massimi trattati sono stati pari 22.000 metri cubi ma è da notare che l’81% circa delle unità analizzate commercia quantità inferiori o uguali ai 3.000 m3. In termini percentuali, il 41% delle aziende (15 unità) acquista quantitativi inferiori o uguali a 1.000 m3 di tondame da sega, mentre il 62% del totale tratta circa 2.000 m3 di legname grezzo. L’analisi delle specie arboree acquistate ci indica una situazione di equilibrio tra conifere e latifoglie, rispettivamente con il 47% e il 53% del totale degli acquisti. In termini assoluti, la specie più acquistata è il castagno (37% del totale degli acquisti). Il quadro anche se limitato8, ci offre un’idea della dimensione molto ridotta dell’impresa di prima trasformazione nell’ambito della filiera foresta legno. E’ importante ricordare parlando di prima trasformazione e di mercato del legno che l’Austria, tra i Paesi europei da sempre grande esportatore di legname segato verso l’Italia, presenta all’interno del suo territorio 1.200 imprese di prima trasformazione con un numero di addetti di poco superiore ai 10.000. Del totale enumerato 8 imprese forniscono circa il 65% della produzione totale. Si può osservare pertanto un fenomeno del tutto opposto alla realtà italiana e soprattutto della Toscana, dove le imprese sono di piccole dimensioni ed i quantitativi lavorati molto ridotti. Del campione intervistato soltanto tre imprese acquistano più di 5.000 m3 di legname, mentre una sola azienda tratta volumi superiori a 10.000 m3 di materiale legnoso grezzo.
Il settore della seconda trasformazione
Per seconda trasformazione si intendono quei comparti produttivi tipici del legno arredo, così come degli imballaggi e delle falegnamerie industriali. In Toscana il comparto di maggiore rilevanza è stato sempre quello del mobile: nel 1992 contava oltre 3800 imprese con un totale di 21484 addetti.
Secondo i dati del IX Censimento dell’Industria e Servizi (2011) sono presenti 1825 imprese con 10560 addetti. La filiera del mobile toscano presente nei distretti di Poggibonsi e Sinalunga interessa anche i comuni di Pisa, Cascina, Ponsacco e Quarrata, così come l’area Tosi –Vallombrosa, tutti territori caratterizzati da un’alta concentrazione di imprese specializzate nella lavorazione del legno per la produzione di mobili. La vocazione artigianale ed artistica nel campo dell’arredamento della zona del distretto ha origini antiche, ma è nel secondo dopoguerra che la tipica configurazione economica di alcune aree della Toscana, è divenuta centro di attività industriali mobiliere di medio-piccole dimensioni e di tradizionali imprese artigiane. Bisogna però costatare come la situazione economica del settore sia stata particolarmente difficile in questi ultimi anni, con diminuzione delle esportazioni da un lato e la stagnazione della domanda interna dall’altro, con evidenti perdite di mercato (Irpet, 2014). Per alcuni distretti di produzione, in particolare Quarrata, la crisi è stata ed è molto forte con pesanti ripercussioni sull’occupazione.
Restano comunque elementi di positività in alcuni comparti, soprattutto in quelli a valle della filiera: il distretto del camper ad esempio (Poggibonsi, Colle Val d’Elsa), nel quale s’impiega materiale legnoso anche di provenienza regionale, e anche in quello della cantieristica nautica (provincia di Pisa), al cui interno numerose lavorazioni, sono affidate alla falegnameria artigianale (Irpet, 2006). Si tratta di comparti che puntano molto sia alla promozione e all’internazionalizzazione del manufatto e del prodotto in legno.
Secondo un’indagine di mercato (Torregiani et al., 2014), eseguita nel territorio della montagna fiorentina (comuni di San Godenzo, Londa, Pontassieve, Rufina, Pelago, Rignano sull’Arno e Reggello) emerge da parte degli operatori locali un marcato interesse per il legname prodotto in zona ed in particolare per quello di alcune specie legnose (abeti, castagno, pino ecc.). Proprio nell’idea di valorizzazione delle filiere locali, come nel caso ora citato, e considerando che molti interventi selvicolturali, quali i diradamenti9 dei soprassuoli boschivi sono spesso a macchiatico negativo, diventano importanti quei progetti di valorizzazione del materiale legnoso10 anche di minore qualità, proveniente da piantagioni di conifere (abete, cedro, cipresso, douglasia, pini), presenti in Toscana con circa 40.000 ettari. Da questi popolamenti si può produrre legname con buone qualità meccaniche da utilizzare in edilizia, ad esempio nell’arredo di interni o nei serramenti.
Conclusioni
Da quanto evidenziato dalle statistiche forestali (Istat 2001-2012), così come dalle informazioni sull’andamento dal mercato del legno a livello nazionale (Inea, 2013), emerge che il punto di maggiore debolezza del sistema toscano di produzione è rappresentato dalla mancanza di continuità delle produzioni, ma anche dalla scarsità delle quantità di legname da lavoro (insufficienti rispetto alle esigenze delle imprese di 1° e 2° trasformazione). A questo va aggiunto che l’offerta estera appare spesso più competitiva sia in termini di prezzi sia per la garanzia e la costanza delle forniture del legname. E’ da annotare, infatti, il ricorso all’importazione di materiale semilavorato dai mercati esteri (Austria, Francia, Ungheria, ecc.). In genere si privilegia l’acquisto di materiale già lavorato o semifinito anche perché non è sempre facile sfruttare le possibilità offerte dal mercato locale, per la mancanza di produzioni standardizzate e soprattutto continue nel tempo (l’offerta appare discontinua), ma anche per un problema di prezzi più elevati. Anche se va riconosciuto che esiste un grado di apprezzamento elevato per il legname prodotto in Toscana.
Un punto di forza per il settore primario, oltre alla sperimentazione di nuovi prodotti ottenuti impiegando materiali anche non di prima scelta, può essere ricercata nelle misure del Psr 2014-2020), con il quale potrebbero concretizzarsi finanziamenti a favore dell’incremento del valore economico delle foreste così come per l’impianto di arboricoltura da legno per favorire la produzione di assortimenti legnosi per la locale industria del legno. Inoltre lo sforzo maggiore dovrebbe essere indirizzato al sostegno delle filiere locali con una visione partecipata del processo ed indirizzata soprattutto alla valorizzazione delle specie locali (douglasia, cipresso, castagno). Potrebbe rappresentare un miglioramento della trasparenza del mercato anche l’istituzione di un osservatorio del legno in modo da facilitare le negoziazioni commerciali tra produttori locali ed imprese di imprese di prime trasformazione.
Riferimenti bibliografici
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- Bernetti I., Casini L., Fratini R., Marinelli A., Romano S., (1992), Il sistema Foresta legno della Toscana, Etsaf – Regione Toscana, Inea, Istituto Sperimentale per la selvicoltura di Arezzo
- Bernetti I., Fagarazzi C., Fratini R., (2003), Analisi delle Potenzialità di Sviluppo di una filiera biomassa-energia nel contesto Toscano. L’Italia Forestale e Montana, pp. 353 – 388
- Casini L., (2008), Prezzi indicativi, Tecniko e Pratiko, n° 46
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- Irpet, (2006) Il settore del legno e mobilio in Provincia di Pisa: quale integrazione con la filiera della nautica da diporto? Regione Toscana
- Irpet, (2014), Rapporto sulla situazione economica della Toscana, Consuntivo anno 2013 [pdf]
- Istat, 2001-2012 –Statistiche forestali www.istat.it
- Istat, (2010)VI Censimento dell’Agricoltura [link]
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- Regione Toscana- Gesaaf (2014), Sistema legno in Toscana, Lavoro in corso di pubblicazione
- Romano R., Cesaro L., Marandola D., (2013) La risorsa forestale nazionale e la nuova politica di sviluppo rurale 2014-2020. Agriregionieuropa anno 9 n°34, Set 2013
- Scrinzi G. (2008), La funzione ricreativa del bosco [link]
- Torregiani L., Mori P., Torrini S., Brunetti M., (2014) Filiera legno della montagna fiorentina. Sherwood, n. 5
- Travaglini D., Nocentini S., (2014) Le risorse forestali nazionali ed il ruolo della certificazione, Progetto Sisle Regione Toscana, Lavoro in corso di pubblicazione
- Unioncamere, Union filiere, (2014), Osservatorio nazionale dei Distretti italiani [link]
- 1. La definizione di bosco o superficie forestale è deducibile dall’art. 3 della legge forestale 39/2000 Regione Toscana: qualsiasi area, di estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e di larghezza maggiore di 20 metri, misurata al piede delle piante di confine, coperta da vegetazione arborea forestale spontanea o d’origine artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, che abbia una densità non inferiore a cinquecento piante per ettaro oppure tale da determinare, con la proiezione delle chiome sul piano orizzontale, una copertura del suolo pari ad almeno il 20 per cento. Costituiscono altresì bosco i castagneti da frutto e le sugherete.
- 2. Governo a ceduo- Tecnica selvicolturale che si fonda sulla capacità di numerose specie, in genere latifoglie, di propagarsi per via vegetativa. Dopo l’utilizzazione della parte aerea del popolamento arboreo, le ceppaie che rimangono vive nel terreno, provvedono alla ricostituzione del soprassuolo, con l’emissione di polloni, processo che data la longevità delle ceppaie si ripete per numerose generazioni.
- 3. Per conversione del bosco ceduo si intende il cambiamento della forma di governo di un bosco. Si intende nella fattispecie il passaggio da un bosco generato da polloni ad uno costituito da piante da seme. La conversione più diffusa è quella che avviene con le stesse specie che costituivano il ceduo e che sono messe in grado di rinnovare il soprassuolo per rinnovazione naturale.
- 4. La fustaia o bosco di alto fusto, è quella forma di governo del bosco che consegue la rinnovazione (ricostituzione) del soprassuolo per propagazione sessuale (riproduzione) delle piante. La rinnovazione può avvenire anche per sostituzione integrale (cioè tanto nella parte epigea che in quella ipogea) degli alberi utilizzati, mediante piantine che derivano da disseminazione naturale oppure da semina o piantagione artificiale.
- 5. Le statistiche ufficiali sottostimano il contributo reale della bioenergia, perché ci sono molte tipologie di uso (dai consumi di legna da ardere nelle abitazioni agli impieghi di residui di lavorazione del legno nei processi industriali) di difficile registrazione statistica.
- 6. Lo studio Sisle (Sistema Legno in Toscana) è stato svolto dal Dipartimento di gestione dei sistemi agrari, alimentari e forestale (Gesaaf) dell’Università di Firenze su incarico della Regione Toscana nel periodo 2010-2012.
- 7. Rispetto al campione predisposto di 266 aziende solo 47 sono risultate essere effettivamente segherie, dieci di esse non hanno però acconsentito l’intervista.
- 8. La limitatezza è dovuta alla non disponibilità di alcune ma anche alla reale sparizione dal mercato di altre.
- 9. Diradamento del bosco: è il taglio eseguito nel soprassuolo già differenziato o a copertura chiusa dello stesso. E’ un taglio non definitivo che avviene durante il ciclo colturale del bosco. Ciclo o turno: corrisponde con l’età di maturità del bosco anno in genere in cui si esegue il taglio definitivo.
- 10. Si tratta di un progetto gestito da una associazione temporanea di impresa che vede coinvolti alcune imprese della provincia di Firenze ed il Cnr-Ivalsa con l’obiettivo, ritenuto strategico dalla Regione Toscana sia per il settore forestale che per quello dell’edilizia sostenibile, di valorizzare la materia prima “legno toscano” nella filiera edile (casette mobili, prefabbricati, case in legno, ecc.).