Indicatori di sicurezza alimentare: il ruolo delle indagini statistiche sulle famiglie

Indicatori di sicurezza alimentare: il ruolo delle indagini statistiche sulle famiglie

Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori e non devono essere in alcun modo attribuite alle Istituzioni di appartenenza.

Introduzione

L’incremento dei prezzi alimentari degli ultimi anni ha coinciso con un crescente interesse della comunità internazionale per il futuro della sicurezza alimentare mondiale soprattutto alla luce delle nuove sfide poste, tra l’altro, dai cambiamenti climatici, dall’aumento della popolazione e del reddito e dall’evoluzione delle abitudini alimentari. Nonostante tali argomenti siano di fondamentale importanza, ancora oggi non è stato raggiunto un consenso su quali indicatori permettano di misurare e controllare in maniera adeguata il livello di sicurezza alimentare nel mondo. Questa situazione è attribuibile, in parte, allo scarso accordo sulle metodologie da impiegare tra le istituzioni interessate, e alla mancanza di coordinamento tra le diverse indagini statistiche.
La stima annuale sulla sotto-alimentazione mondiale prodotta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) è, ad oggi, l’unico indicatore ufficialmente riconosciuto, seppure non esente da critiche, per monitorare i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Nella pratica sono comunque numerosi gli indicatori utilizzati dalle varie agenzie per l’analisi dei livelli di sicurezza alimentare. Tali indicatori differiscono per una molteplicità di aspetti tra cui il focus uni o multidimensionale, l’approccio quantitativo o qualitativo, il livello di aggregazione dell’analisi, la loro comparabilità nel tempo e, non ultimo, il loro obiettivo. In termini di qualità e rigore scientifico, infine, alcuni indicatori si dimostrano non affidabili per il raggiungimento degli obiettivi preposti, altri sono stati ampiamente validati nella pratica nel corso degli anni, mentre, per quelli di più recente sviluppo, sembrerebbe auspicabile un simile iter di convalida.
Il presente articolo si propone di suggerire alcuni passi concreti per la definizione di una strategia, condivisa su scala globale, di riforma dell’approccio alla misurazione e controllo della sicurezza alimentare e delle sue molteplici dimensioni a livello microeconomico. In particolare, verranno esaminate le potenzialità esistenti per un percorso di promozione e armonizzazione dell’uso degli indicatori di sicurezza alimentare basati sui dati delle indagini statistiche sulle famiglie.

Definizioni e indicatori

La definizione di sicurezza alimentare accettata dalla comunità internazionale è stata elaborata nel corso del World Food Summit del 1996 e fa riferimento a una situazione in cui “tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana” (Fao, 1996). Sono quattro, dunque, le dimensioni chiave legate al concetto di sicurezza alimentare:

  • la disponibilità di alimenti, intesa come l’approvvigionamento di un quantitativo di cibo sufficiente e di adeguata qualità attraverso la produzione interna o le importazioni (compresi gli aiuti alimentari);
  • l’accesso all’offerta di alimenti, ossia a un insieme di risorse adatte all’ottenimento di cibi che soddisfino una dieta adeguata;
  • l’utilizzo degli alimenti, nel senso di tutte quelle condizioni igienico-sanitarie fondamentali per il raggiungimento di un livello di benessere nutrizionale tale per cui tutti i bisogni fisiologici siano soddisfatti;
  • la stabilità nella disponibilità delle risorse alimentari, ossia la loro reperibilità costante nel tempo indipendentemente dalla presenza di shock economici, climatici o di fluttuazioni cicliche della produzione.

Esiste una chiara gerarchia tra gli elementi sopra elencati (Barrett, 2010) il che conferma la natura multi-dimensionale del concetto di sicurezza alimentare e la necessità di combinare misure e indicatori che siano in grado di cogliere e riflettere la reale complessità del fenomeno1. Come illustra la figura 1, l’ampia gamma di indicatori attualmente utilizzati nella pratica da analisti ed esperti può essere ricondotta ad uno schema concettuale basato su due livelli principali. Il primo riguarda le quattro dimensioni della sicurezza alimentare elencate in precedenza, mentre il secondo fa riferimento al livello di analisi cui esse si riferiscono (globale, nazionale, di nucleo familiare o di individuo).

Figura 1 - Sicurezza alimentare e nutrizionale: schema concettuale

Fonte: Smith et al., 2000

A livello globale, l’elemento chiave risulta essere la disponibilità globale di alimenti la quale, a sua volta, dipende ogni anno dai livelli delle riserve, della produzione e delle importazioni dei singoli paesi che, insieme agli aiuti alimentari, definiscono il grado di sicurezza alimentare nazionale. In particolare, la capacità di ogni paese di produrre cibo è legata alla sua dotazione di capitali e risorse (e alla produttività del loro impiego), alle politiche vigenti e a fattori climatici. Di contro, l’abilità di importare alimenti è influenzata dal livello di reddito del paese, dalla possibilità di scambiare moneta estera e dai prezzi e dalle condizioni dei mercati internazionali. La disponibilità nazionale, congiuntamente al reddito delle famiglie, determina l’accesso all’offerta di alimenti dei nuclei familiari e dei singoli individui che può avvenire attraverso l’acquisto sul mercato o il trasferimento di prodotti in natura2. Infine, l’allocazione intra-familiare delle risorse alimentari determina la quantità e la qualità del cibo a cui il singolo individuo ha accesso.
È interessante notare come allo schema logico sopra descritto corrisponda una distinzione importante in tema di disponibilità e tipologia di dati statistici esistenti. In particolare, la misurazione della sicurezza alimentare a livello globale o nazionale è agevolata da una buona disponibilità di dati sulla produzione agricola ed agro-alimentare, e sul commercio, che consentono di derivare misure della carenza relativa di alimenti a questi livelli di aggregazione. Dall’altro lato, lo sviluppo di indicatori a livello familiare, e ancor più a livello individuale, richiede indagini statistiche a tali livelli, che sono raramente disponibili con frequenza annuale, e spesso solo ad intervalli di anche cinque o dieci anni. Il presente lavoro ha come oggetto proprio queste ultime fonti di dati, in particolare quelle familiari, che sono essenziali per misurare la sicurezza alimentare a livello micro, ma hanno anche un ruolo nelle stime globali come quelle pubblicate annualmente dalla Fao (cfr. infra).
In tale contesto appare importante la distinzione tra sicurezza alimentare, il cui controverso tema della misurazione è oggetto del presente studio, e sicurezza nutrizionale. La prima rappresenta un bisogno primario che la famiglia mira a soddisfare insieme con altri bisogni al momento di decidere come allocare le proprie risorse economiche. La sicurezza nutrizionale, invece, deriva dal raggiungimento di quella alimentare e di altri bisogni primari tra cui la cura, la salute e l’igiene3.
Spostandosi dai concetti teorici alla pratica, l’elenco che segue offre una sintesi dei metodi e degli indicatori più comunemente utilizzati dalle diverse agenzie per l’analisi dei livelli di sicurezza alimentare nel mondo4:

  • sotto-alimentazione. Si tratta di una misura comunemente utilizzata dalla Fao per stimare il livello di sicurezza alimentare di un paese guardando alla sua disponibilità di risorse alimentari rispetto al fabbisogno della popolazione (Conforti, 2015). La metodologia proposta dalla Fao prevede la stima della disponibilità calorica pro capite utilizzando i dati sull’offerta aggregata di alimenti, la cui distribuzione tra le famiglie si basa su ipotesi derivanti dall’osservazione dei parametri distributivi di reddito o consumo. La percentuale d’individui sottonutriti sul totale della popolazione è quindi definita come quella parte della distribuzione che si trova al di sotto del livello minimo di fabbisogno energetico (Naiken, 2003). Il vantaggio di questa metodologia è che permette confronti sempre aggiornati tra paesi e nel tempo, mentre tra i principali svantaggi ci sono l’utilizzo di dati di scarsa qualità per il calcolo della disponibilità alimentare e calorica (i Food Balance Sheets), le ipotesi parametriche e l’impiego d’indagini statistiche spesso datate per lo sviluppo del modello sottostante, la difficoltà di condurre l’analisi a un livello più disaggregato rispetto a quello nazionale;
  • dati di consumo delle indagini statistiche sulle famiglie. La disponibilità d’informazioni dettagliate sulla quantità di alimenti consumata (o acquistata) dalle famiglie, congiuntamente all’utilizzo di opportuni fattori di conversione dei nutrienti in calorie, permette di ottenere un affidabile indicatore di carenza energetica. Tale indicatore è in genere derivato mettendo in relazione il consumo calorico misurato a livello individuale o di nucleo familiare con un certo livello di deficit rispetto a una situazione di norma o al fabbisogno energetico dell’individuo o della famiglia stessa. Sebbene appaia difficile che la raccolta di dati da questo tipo di indagini venga effettuata su base regolare ed in maniera comparabile dai vari paesi, la loro disponibilità è in constante aumento ed il loro utilizzo può sicuramente contribuire ad una migliore precisione nella stima della sottonutrizione della Fao;
  • diversificazione alimentare. In alcuni paesi in via di sviluppo molti problemi di alimentazione non derivano dalla scarsa assunzione di calorie quanto da una carente qualità dei regimi alimentari (Ruel, 2003). Per questo motivo e grazie ad alcuni studi empirici recenti che ne dimostrano l’affidabilità, tale metodo ha ricevuto un consenso crescente. L’indicatore di riferimento è in genere calcolato sommando il numero totale di alimenti (o gruppi di alimenti) consumati in un periodo di riferimento che va di norma da uno a tre giorni5. Poiché gli alimenti possono essere raggruppati in modi diversi, così come può variare il periodo di riferimento considerato per il loro consumo, il principale limite di questo metodo consiste nella difficoltà di interpretare i confronti tra studi che utilizzano approcci differenti;
  • Food Consumption Score (Fcs). È un indicatore elaborato dal Programma Alimentare Mondiale (Wfp), e consiste in un punteggio di diversificazione alimentare ponderato utilizzando la frequenza con cui una famiglia consuma otto gruppi principali di alimenti (cibi di base, legumi, ortaggi, frutta, carne/pesce/uova, latte, zucchero e olio) nei sette giorni precedenti alla data di somministrazione del questionario. Studi recenti confermano la discreta correlazione di questo indicatore con altre misure di insicurezza alimentare ma, allo stesso tempo, suggeriscono opportunità per nuove analisi che permettano di superarne i principali limiti tecnici e metodologici;
  • scale di esperienza d’insicurezza alimentare. Questi strumenti si basano sull’idea che esistano delle reazioni prevedibili degli individui rispetto all’esperienza dell’insicurezza alimentare che possono essere misurate attraverso domande specifiche all’interno di questionari statistici. La Household Food Insecurity Access Scale (Hfias) è una delle scale più utilizzate nella pratica6. Essa misura l’accesso al cibo delle famiglie e il grado di ansietà che implica l’acquisto dello stesso attraverso un sistema di classificazione che impiega nove domande già collaudate nelle varie indagini statistiche nazionali come adatte a distinguere i nuclei familiari in sicuri e insicuri dal punto vista dell’accesso e del consumo degli alimenti (Coates et al., 2007). Più recentemente, il progetto “Voices of the Hungry” della divisione statistica della Fao rappresenta un tentativo innovativo di conciliare l’uso della Food Insecurity Experience Scale (Fies) con i dati del Gallup World Poll per il calcolo annuale in più di 140 paesi di un insieme di indicatori comparabili in base al grado di severità dell’insicurezza alimentare7;
  • Coping Strategy Index (Csi). Si basa anch’esso sull’idea che esistano risposte comuni e facilmente osservabili delle famiglie nel fronteggiare le crisi alimentari. Il Csi prevede l’aggregazione ponderata d’informazioni sulla frequenza e severità di un ventaglio di possibili strategie di coping sviluppate e valutate con metodi specifici rispetto al contesto locale. È di norma utilizzato (1) in contesti di emergenza per valutare la situazione della sicurezza alimentare, (2) come strumento di targeting, (3) come sistema di allerta precoce, (4) per monitorare l’impatto di interventi e cambiamenti di lungo periodo nei livelli di sicurezza alimentare. Seppure tale indice abbia la tendenza a generare falsi positivi, numerosi studi ne hanno dimostrato la validità sia come indicatore d’insufficienza nutrizionale che come predittore della vulnerabilità alimentare8;
  • Food Adequacy Question (Faq). Si tratta di un ulteriore metodo a carattere soggettivo, ma meno rigoroso rispetto ai precedenti, che trova ampio utilizzo nelle indagini statistiche sulle famiglie. La Faq è di norma formulata come segue: “Quale tra le seguenti affermazioni sul vostro consumo alimentare è vera?”, mentre le risposte si articolano in: (1) “Più che adeguato”; (2) “Adeguato”; (3) “Meno che adeguato”. Il vantaggio principale di tale metodo è nella sua semplicità e rapidità di applicazione, tuttavia, la sua tendenza a catturare una serie di caratteristiche latenti dell’intervistato rende difficile il confronto tra le famiglie o gli individui (Migotto et al., 2005);
  • fattori non-alimentari. In questo gruppo rientrano vari metodi per l’elaborazione delle informazioni riguardanti tutti quegli elementi, non strettamente collegati alla disponibilità di cibo, che contribuiscono alla determinazione del livello di sicurezza alimentare tra cui le condizioni igieniche e la cura della persona, le pratiche di allattamento, l’accesso ai servizi di base come la sanità e l’acqua potabile. Nonostante alcune tipologie d’indagini statistiche prevedano già la raccolta di questi dati in maniera piuttosto standardizzata, il passo successivo consiste nel raggiungimento di un accordo su un numero minimo di domande e indicatori da includere nei relativi questionari.

Tipologie di indagini statistiche

Esistono diversi tipi di indagini statistiche per la raccolta dati sulla sicurezza alimentare che differiscono tra loro in termini di contenuto, qualità e quantità delle informazioni disponibili. Il processo di standardizzazione – unito a una maggiore periodicità – nella raccolta dei dati di consumo che alcuni tra questi strumenti hanno sperimentato negli anni costituisce un passo importante verso il miglioramento dei metodi di misurazione e controllo dei livelli di sicurezza alimentare nel mondo9.
Poiché ciascuno dei vari strumenti esistenti differisce sia per i tempi sia per gli obiettivi per i quali è stato concepito, ogni tentativo di modifica teso ad una loro armonizzazione da parte della comunità internazionale dovrebbe garantirne la coerenza ed efficacia rispetto agli scopi iniziali. Appare utile, dunque, valutare quali siano le possibilità d’incorporare gli indicatori descritti nella sezione precedente all’interno dei principali strumenti d’indagine statistica esistenti, fornendo una breve descrizione delle caratteristiche e del ruolo di questi ultimi nell’analisi della sicurezza alimentare.
Le Household Budget Surveys (Hbs) e le Income and Expenditure Surveys (Ies) sono eseguite con periodicità diversa dagli uffici statistici nazionali dei vari paesi con l’obiettivo principale di raccogliere informazioni sulle quote di spesa per l’aggiornamento dei pesi del paniere di beni utilizzato per il calcolo dell’indice dei prezzi al consumo. Sebbene in alcuni casi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, siano stati elaborati e incorporati nei questionari di tali indagini moduli per la raccolta dati sulla situazione socio-economica delle famiglie, raramente risultano disponibili altre informazioni chiave come quelle relative alla frequenza di consumo o acquisto degli alimenti, alle caratteristiche antropometriche degli individui o agli aspetti qualitativi della sicurezza alimentare.
Le Living Standards Measurement Study (Lsms) surveys sono state introdotte negli anni ottanta con l’obiettivo di misurare la povertà analizzando i collegamenti tra i comportamenti delle famiglie, il loro benessere economico e tenore di vita e le politiche di governo10. Data la natura multi-scopo di questi strumenti, le informazioni raccolte permettono spesso di esaminare vari altri aspetti della sicurezza alimentare e nutrizionale. Negli anni sono state implementate numerose indagini Lsms in varie parti del mondo, tuttavia, la mancanza di sistematicità nella somministrazione periodica dei questionari costituisce il limite principale di questo strumento.
Le Demographic and Health Surveys (Dhs) sono finanziate dall’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (Usaid) e raccolgono informazioni sulla salute e altre variabili socio-demografiche per bambini e donne in età riproduttiva11. Dai primi anni ottanta a oggi sono state completate più di 210 Dhs in più di 80 paesi, con una periodicità di circa 5-10 anni. Nonostante l’elevata qualità e il buon livello di dettaglio dei dati su salute e nutrizione, questo strumento non prevede in genere la raccolta d’informazioni sulle abitudini e la frequenza di consumo o sulla spesa per alimenti, limitandone quindi l’applicabilità ai fini dell’analisi della sicurezza alimentare12.
Le Multiple Indicators Cluster Surveys (Mics), finanziate dall’Unicef, sono state concepite per monitorare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel corso del World Summit for Children del 1990 rispetto ai progressi nella lotta all’Aids e alla riduzione della malaria13. A oggi le Mics sono state implementate in 62 paesi con una periodicità di circa 3-5 anni, ma, come per le Dhs, la mancanza di dati specifici di consumo fa sì che l’utilizzo di questo strumento per l’analisi della sicurezza alimentare sia limitato all’individuazione dei fattori determinanti l’accesso al cibo (es. salute dei bambini, pratiche di allattamento, condizioni igienico-sanitarie, etc.)14.
Le Comprehensive Food Security and Vulnerability Analysi (Cfsva) surveys, finanziate dal Programma Alimentare Mondiale (Wfp), sono state implementate in diversi paesi a partire dal 2003 con l’obiettivo di esaminare la situazione della sicurezza alimentare ed il grado di vulnerabilità delle famiglie15. Questi strumenti, nonostante non prevedano moduli dedicati alle abitudini di consumo o alla spesa per alimenti, permettono di estrapolare informazioni dettagliate sul livello di sicurezza alimentare in un paese utilizzando i dati sulla frequenza di consumo16, sulla diversificazione alimentare e, in alcuni casi, sulle caratteristiche antropometriche degli individui.
Le Core Welfare Indicators Surveys (Cwiq), create dalla Banca Mondiale insieme al Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp) e all’Unicef, raccolgono informazioni sui livelli di povertà, in alternativa ai dati sulla spesa per il consumo, per un largo numero di famiglie e su base regolare permettendo di monitorare alcuni indicatori socioeconomici chiave. Nonostante risultino facilmente applicabili ai contesti dei paesi in via di sviluppo, ad oggi, queste indagini sono state condotte solo in un numero ristretto di paesi dell’Africa Sub-Sahariana.
Uno strumento simile al precedente sono le Welfare Monitoring Surveys (Wms), finanziate dall’ufficio statistico norvegese con l’obiettivo di raccogliere le informazioni minime necessarie all’individuazione e classificazione di gruppi di famiglie vulnerabili in un dato paese allo scopo di informare i governi per la formulazione di azioni politiche mirate. Generalmente, prediligendo l’ampiezza alla profondità d’informazione, le Wms non prevedono la raccolta di dati sul consumo né sulle altre dimensioni della sicurezza alimentare e nutrizionale.
Le 24-Hour Nutrition Surveys (24Hns), infine, sono state per molto tempo considerate come il punto di riferimento per la misurazione del consumo alimentare d’individui e famiglie e, ancora oggi, rappresentano lo strumento più rigoroso tra quelli descritti in precedenza. Tuttavia, dati i cospicui costi, l’elevato grado di tecnicità e i piccoli campioni non-rappresentativi delle realtà di riferimento, solo pochi paesi hanno implementato le 24Hns in maniera regolare.
In sintesi, esistono numerose iniziative che possono facilitare e migliorare il monitoraggio della sicurezza alimentare, con una certa regolarità, su scala globale. Come visto, la predisposizione dei diversi strumenti d’indagine a contenere informazioni sulle abitudini di consumo o altri possibili indicatori può variare considerevolmente, tuttavia, un migliore coordinamento nella raccolta di un set predefinito d’indicatori chiave creerebbe considerevoli vantaggi.

Indicatori e indagini statistiche: proposte di raccordo

Preso atto, dunque, (i) che il concetto di sicurezza alimentare non può essere sintetizzato in un unico indicatore, (ii) che non esiste un unico strumento d’indagine capace di raccogliere tutti gli indicatori necessari con la periodicità richiesta e (iii) che sono numerose le agenzie coinvolte in questo processo, risulta fondamentale concepire una strategia multi-orientata che si basi su alcuni elementi chiave come il coordinamento istituzionale, la coerenza e il rigore tecnico e i miglioramenti nei metodi di misurazione adottati. Gli obiettivi di tale strategia dovrebbero combinare una risposta di breve termine (1-3 anni), sulla base delle conoscenze esistenti, con un programma più ambizioso di lungo periodo (4-10 anni) finalizzato a migliorare il sistema di informazioni disponibili e all’armonizzazione delle metodologie a livello globale.
In particolare, nel breve termine, appare desiderabile un approccio coordinato tra le diverse agenzie coinvolte che preveda (1) il raggiungimento di un accordo su un insieme di modifiche da apportare agli strumenti d’indagine esistenti (mantenendone comunque la coerenza ed efficacia rispetto agli scopi d’indagine iniziali), (2) la definizione di metodologie appropriate in termini di campionamento17, ideazione dei questionari statistici, indicatori e applicazioni analitiche18.
Rispetto all’inclusione di un set d’indicatori comuni all’interno delle indagini statistiche esistenti, una soluzione di facile e rapida applicazione consisterebbe nella raccolta sistematica di dati antropometrici sui bambini e in seguito, una volta standardizzata questa procedura e con un minimo costo aggiuntivo, anche sugli adulti19.
Un altro possibile sviluppo di breve termine riguarderebbe la scelta di una misura di diversificazione alimentare univoca da includere, in maniera coerente e secondo un protocollo standard, nei questionari delle indagini statistiche esistenti con l’obiettivo di cogliere alcuni degli aspetti legati sia all’adeguatezza sia alla qualità del cibo.
Infine, sempre nel breve periodo, la misurazione del consumo potrebbe essere perfezionata attraverso piccole modifiche da attuare su alcune tipologie d’indagini esistenti (Hbs, Ies, Lsms) tra cui:

  • un migliore utilizzo, unito a più rigorosi metodi di conversione, delle unità di misura non convenzionali dei prodotti agricoli;
  • la raccolta sistematica d’informazioni relative alle quantità consumate (oltre ai dati sulla spesa per il consumo);
  • l’impiego di nuove tecnologie per la raccolta dati sul consumo alimentare (es. Capi - Computer Assisted Personal Interviewing);
  • una maggiore attenzione al ruolo della stagionalità nel consumo alimentare con la conseguente possibilità d’identificare con precisione periodi di alta e bassa vulnerabilità.

Parallelamente agli obiettivi di breve termine sopra enunciati, la comunità internazionale dovrebbe perseguire un programma più ambizioso di lungo periodo volto a migliorare ed espandere le conoscenze in tema di misurazione della sicurezza alimentare proponendo un set d’indicatori, validi dal punto di vista empirico, che siano in grado di coglierne le diverse dimensioni utilizzando i dati delle indagini statistiche sulle famiglie. In questo contesto, e dato il carattere multidimensionale del concetto di sicurezza alimentare, importanti insegnamenti possono essere tratti dall’esperienza maturata nel dibattito sulla misurazione della povertà come, ad esempio, la possibilità di garantire un’efficace sistema di monitoraggio su scala globale anche attraverso l’utilizzo di stime con periodicità superiore all’anno e con una copertura geografica più disaggregata20.
Infine, l’obiettivo d’individuare un set d’indicatori empiricamente validi, dovrà necessariamente basarsi su un’attività di ricerca innovativa volta a colmare le lacune conoscitive esistenti e a testare sistematicamente l’idoneità degli indicatori scelti attraverso confronti tra paesi e contesti differenti e in maniera coordinata tra le varie agenzie preposte. Riguardo a quest’ultimo aspetto, va rilevato che recentemente sono state avviate una serie d’iniziative di coordinamento tra le varie istituzioni tra cui le più importanti, promosse dalla Commissione Statistica delle Nazioni Unite, riguardano:

  • la creazione di un nuovo Gruppo di Esperti Inter-Agenzia (Iaeg, nell’ acronimo inglese) sulla Sicurezza Alimentare, l’Agricoltura Sostenibile e lo Sviluppo Rurale che ha tra i suoi compiti quello di migliorare i metodi di misurazione della sicurezza alimentare;
  • il lancio della Strategia Globale per il Miglioramento delle Statistiche Agricole e Rurali il cui piano d’implementazione invoca lo sviluppo e la convalida d’indicatori di sicurezza alimentare migliorati, allineandosi così con un possibile programma di lungo periodo che preveda la definizione di un set d’indicatori affidabili per la misurazione dei livelli di sicurezza alimentare.

Dato il forte interesse della comunità internazionale per il tema in questione, quello attuale, dunque, sembra essere il momento ideale per trarre vantaggio dalle iniziative sopra citate e convogliare gli sforzi intellettuali e le risorse finanziarie disponibili su uno sviluppo dell’offerta e della qualità delle tecniche e dei dati per l’analisi della sicurezza alimentare degli individui e delle famiglie nel mondo.

Considerazioni conclusive

La discussione proposta nel presente articolo rappresenta un tentativo d’identificare gli elementi chiave di una possibile strategia combinata nel breve e lungo periodo volta a superare gli attuali limiti nell’ambito della misurazione e del controllo della sicurezza alimentare. Tale strategia non prevede un’unica soluzione valida per tutti i contesti, ma offre piuttosto un protocollo d’azione al quale tutti gli attori coinvolti nel processo possono uniformarsi mantenendo comunque inalterati i requisiti operativi necessari a soddisfare i bisogni specifici delle istituzioni a cui appartengono.
In particolare, la possibilità di concentrarsi su un set d’indicatori predefiniti, misurati con una certa regolarità dalle agenzie coinvolte attraverso le alternative di raccolta dati disponibili, appare senza dubbio realizzabile previo raggiungimento di un consenso tra le stesse. Le indagini statistiche sulle famiglie esistenti possono essere adeguatamente modificate per meglio rispondere alle esigenze di misurazione dell’insicurezza alimentare, mentre il processo di armonizzazione tra alcuni degli elementi delle indagini garantirebbe l’uniformità necessaria alla creazione di un denominatore comune tra paesi e nel tempo. Infine, gli investimenti in nuove tecnologie e nella strumentazione in tempo reale (es. sistemi di sorveglianza in situ) consentirebbero di seguire l’evoluzione degli indicatori di sicurezza alimentare nel mondo.
È importante sottolineare che sebbene nessuna di queste iniziative appaia di per sé risolutiva, risulta d’altro canto essenziale che le istituzioni internazionali coinvolte colgano l’occasione della discussione sugli obiettivi di sviluppo post-2015 per promuovere un maggiore coordinamento ed una comune agenda metodologica. La tentazione di intraprendere, al contrario, sviluppi dettati dalla volontà di promuovere la propria visibilità a scapito di quella di organizzazioni concorrenti è comprensibile, ma non potrà non andare a discapito dell’efficienza e, soprattutto, del servizio dovuto alle popolazioni ancora afflitte da sotto-alimentazione.

Riferimenti bibliografici

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  • Smith L., Obeid A. e Jensen H. (2000), The geography and causes of food insecurity in developing countries, Agricultural Economics, Vol. 22, pp. 199-215 [link]

  • 1. La pratica ha dimostrato che non esiste un unico indicatore in grado di includere nella sua formulazione tutte le dimensioni della sicurezza alimentare (Fivims, 2002; Hoddinott, 1999).
  • 2. Va comunque evidenziato che, oltre al vincolo economico, l’accesso agli alimenti risulta condizionato da una serie di elementi fisici e sociali tra cui quelli legati alla presenza di infrastrutture e servizi nonché all’esistenza di una vasta diversità geografica in tema di norme, convenzioni, pratiche e tradizioni in ambito alimentare.
  • 3. Per una rassegna degli indicatori e delle indagini statistiche comunemente utilizzate per misurare la sicurezza nutrizionale si veda Fiedler et al. (2012).
  • 4. Per una rassegna più dettagliata della letteratura recente si veda Carletto et al. (2013), su cui è basato buona parte del contenuto del presente articolo.
  • 5. Uno tra gli indicatori più noti è l’Household Dietary Diversity Score (Hdds) sviluppato nell’ambito del progetto Food and Nutrition Technical Assistance (Fanta).
  • 6. Altri strumenti simili includono la Food Insecurity Experience Scale (Fies), l’Household Food Insecurity Access Scale (Hfias), l’Hunger Scale (HS), l’Household Food Security Scale Module (Hfssm), la Escala Latinoamericana y Caribeña de Seguridad Alimentaria (Elcsa), l’Escala Brasileira de Insegurança Alimentar (Ebia).
  • 7. Per maggiori informazioni si veda [link].
  • 8. Si vedano, ad esempio, Christiaensen et al. (2000) e Maxwell et al. (1999).
  • 9. Anche nei casi in cui la raccolta dei dati di consumo non sia effettuabile, le indagini statistiche possono comunque supportare la stima di misure alternative al consumo generalmente utilizzate per la costruzione di un set comune d’indicatori.
  • 10. Per maggiori informazioni si veda [link].
  • 11. Per maggiori informazioni si veda [link].
  • 12. Va rilevato che in alcuni paesi si è recentemente tentato di abbinare le Dhs ad altre indagini di consumo con risultati promettenti.
  • 13. Per maggiori informazioni si veda [link].
  • 14. Per la quinta fase delle indagini (2012-2015) potrebbe essere previsto l’inserimento di un breve modulo sul consumo all’interno dei questionari.
  • 15. Per maggiori informazioni si veda [link].
  • 16. In genere utilizzati dal Pam per il calcolo del Fcs.
  • 17. Idealmente il processo di raccolta dati dovrebbe basarsi su campioni probabilistici rappresentativi a livello nazionale e utilizzare la massima risoluzione spaziale possibile.
  • 18. Un consenso in merito a tale questione è emerso anche nel corso del Simposio Scientifico Internazionale sull’Informazione per la Sicurezza Alimentare e Nutrizionale tenutosi nel gennaio 2012 a Roma.
  • 19. Sebbene l’impegno economico e di tempo per una corretta formazione dei molti rilevatori coinvolti non debba essere sottovalutato, questa soluzione appare comunque realizzabile nella maggior parte dei casi.
  • 20. Il mandato della Fao di produrre statistiche annuali su scala globale per i livelli di sicurezza alimentare dei paesi membri ha di molto limitato lo spazio di manovra delle agenzie nel selezionare il tipo di dati su cui basare le stime (al contrario delle indagini statistiche sulle famiglie, infatti, i Food Balance Sheets sono disponibili ogni anno).
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