Le determinanti della diversificazione dei redditi aziendali: il caso della Toscana

Le determinanti della diversificazione dei redditi aziendali: il caso della Toscana
a Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DISAAA-a)

Introduzione

La riforma della Pac e le Strategie di Horizon 2020 attribuiscono un ruolo fondamentale alla diversificazione dei redditi aziendali, in quanto permette di rafforzare la coesione sociale e territoriale nelle aree rurali (Commissione Europea, 2010). Infatti, nelle economie sviluppate, molte delle strategie aziendali basate sulla diversificazione permettono alle imprese agricole di realizzare redditi addizionali e, al contempo, svolgono una funzione sociale nelle aree rurali (Brunori, 1999). Le possibili strategie di diversificazione dei redditi aziendali derivano dall’allocazione del lavoro famigliare tra attività on-farm diverse dalla coltivazione e dall’allevamento ed attività off-farm o esterne al settore (Salvioni et al., 2013).
A partire dal lavoro di Johnson (1967), la letteratura economico agraria ha identificato nei maggiori rendimenti dei fattori produttivi e nella riduzione della rischiosità le principali motivazioni della diversificazione dei redditi aziendali (Andersson et al., 2003; McNamara e Weiss, 2005). Altri lavori hanno studiato gli effetti della distribuzione spaziale delle aziende e della loro localizzazione sulla decisione di adottare strategie di diversificazione. In particolare Zasada (2011) e Mishra et al. (2010) hanno analizzato l’effetto della prossimità ai centri urbani sulla probabilità di osservare aziende sia maggiormente diversificate (on-farm) che part-time (off-farm). Altri lavori hanno evidenziato influenze rilevanti di entrambi i pilastri della Pac sulla propensione alla diversificazione dei redditi aziendali. Ilbery et al. (2006) e Bartolini e Viaggi (2010) hanno messo in evidenza come la Pac, modificando le strutture o aumentando i redditi dell’intero sistema agricolo, produca una maggiore propensione all’innovazione/investimento nel settore con un aumento degli investimenti per attività di diversificazione dei redditi. Diversamente, Bowman e Zilberman (2013) hanno osservato che l’aiuto al reddito basato sul pagamento per coltura eleggibile determina un aumento della specializzazione colturale anziché della diversificazione. Altri autori hanno evidenziato effetti positivi dei pagamenti sul secondo pilastro sia dovuti ai meccanismi di cofinanziamento delle innovazioni (Bartolini e Viaggi 2012) che legati agli effetti di secondo ordine dei pagamenti per i servizi agro-ambientali (Zanten et al., 2013). In questo lavoro le determinanti dell’intensità di diversificazione vengono analizzate attraverso lo sviluppo di un modello econometrico.

Metodologia

L’obiettivo del lavoro è analizzare le determinanti dell’intensità di diversificazione (on-farm) dei redditi aziendali in attività diverse dalla coltivazione e dall’allevamento. Nel presente lavoro vengono considerate attività di diversificazione dei redditi aziendali le attività classificate come “Attività secondarie agricole” dall’Eurostat e dal 6° Censimento italiano dell’agricoltura.
Il modello utilizzato (zero-inflazionato per dati di conteggio) ha permesso di identificare le determinanti dell’intensità di diversificazione combinando dati categorici (presenza/assenza di diversificazione) con dati di conteggio (numero delle attività di diversificazione adottate). Infatti, il modello adottato permette di trattare in modo diverso il valore zero che corrisponde all'assenza di diversificazione, dal valore zero in quanto valore minimo della scala di intensità di diversificazione1.
Il conteggio delle attività di diversificazione è stato ottenuto sommando le attività di diversificazione tra i seguenti gruppi: a) agriturismo, b) attività ricreative e sociali; c) fattorie didattiche, d) trasformazione dei prodotti aziendali, e) acquacoltura, f) contoterzismo, g) produzione di mangimi e servizi per l’allevamento, h) silvicoltura; i) produzione di energie rinnovabili; j) artigianato k) altro. La variabile dipendente e le covariate sono state ottenute utilizzando i micro-dati del VI Censimento italiano dell’agricoltura (Istat) 2010 e i dati relativi ai pagamenti nella Regione Toscana (fonte: Artea). Per maggiori informazioni circa il modello teorico e la metodologia applicata si veda Bartolini et al. (2014).

Risultati e discussione

Le tabelle 1 e 2 riportano rispettivamente l'attività di diversificazione adottate e l’intensità di diversificazione nelle aziende delle Regione Toscana.

Tabella 1 - Adozione delle attività di diversificazione



Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat (2010)

Tabella 2 - Intensità di diversificazione

Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat (2010)

La tabella 1 mostra come l’agriturismo rappresenti la principale attività di diversificazione, seguita dal contoterzismo e dalla trasformazione dei prodotti in azienda. L’intensità della diversificazione dei redditi aziendali (Tabella 2), rappresenta la variabile dipendente per l’analisi econometrica. I dati mostrano che la prevalenza delle aziende (circa il 90%) dichiarano di non aver adottato nessuna strategia di diversificazione2. Viceversa, più di 5.000, pari al 7% delle aziende della Regione, hanno adottato almeno un’attività di diversificazione. Il numero delle aziende si riduce progressivamente all’aumentare delle attività: solamente 17 aziende hanno adottato più di 5 attività di diversificazione. L’elevata presenza di aziende con valore pari a zero fornisce un ulteriore argomento per l’applicazione dei modelli zero-inflazionati al fine di considerare l’effetto dell’eccesso di zeri nei dati.
Nella tabella 3 sono sintetizzati i principali risultati del modello. Nella parte superiore della tabella sono riportate le determinanti del modello zero-inflazionato negativo binomiale che tratta l’adozione come una variabile categorica (diversificazione: sì/no), mentre nella parte inferiore della tabella sono riportate le determinanti dell’intensità di diversificazione, stimata mediante il modello che utilizza i dati di conteggio.

Tabella 3 - Determinanti dell’adozione dell’intensità di diversificazione

++ effetto positivo forte  + effetto positivo debole; - effetto negativo debole; -- effetto negativo forte

 *** significativo al 0.01; ** significativo allo 0.05; * significativo al 0.1, variabile non significative omesse

I simboli presentati nella parte superiore della tabella (modello logit) forniscono una misura indicativa degli effetti delle caratteristiche aziendali, rappresentati dalle covariate, sulla probabilità di osservare un valore zero, ovvero la decisione di non diversificare. Al contrario, i coefficienti presentati nella parte inferiore della tabella (modello negativo binomiale), descrivono gli effetti delle stesse covariate sul valore atteso dell’intensità di diversificazione (conteggio attività di diversificazione).
I risultati del modello mostrano che le caratteristiche produttive dell’azienda agricola e dell’agricoltore, le disponibilità di lavoro famigliare, la localizzazione e gli strumenti di politica sono determinanti della diversificazione nelle aziende3. I risultati confermano che le caratteristiche degli agricoltori incidono sulla propensione alla diversificazione. I giovani agricoltori, maggiormente istruiti e che usano regolarmente internet hanno una probabilità maggiore di diversificare i redditi aziendali; mentre tra i conduttori con età compresa tra i 40 e i 65 anni c’è una probabilità maggiore di osservare una maggiore intensità nella diversificazione. Le motivazioni sono sia legate al ciclo di vita ed al carico delle attività lavorative che alle minori probabilità di trovare redditi aggiuntivi extra-aziendali. I risultati mettono in luce effetti significativi dell’indirizzo produttivo e delle strutture aziendali sulla diversificazione, confermando i risultati della letteratura (Robinson e Barry, 1987) che evidenziano nelle aziende più grandi una maggiore propensione alla diversificazione. La specializzazione in colture orticole e frutticole determina una minore probabilità di diversificazione, confermando il lavoro di Mishra et al. (2010), che attribuisce la minore diversificazione ad una più contenuta volatilità dei redditi attesi.
I risultati confermano che sia la localizzazione prossima ai centri urbani, che la localizzazione nelle aree marginali influenzano positivamente la probabilità di osservare una maggiore diversificazione. Le motivazioni di un comportamento simile in zone fortemente eterogenee possono, nel primo caso (aree urbane), risiedere nella maggiore domanda di beni e servizi forniti dall’attività di diversificazione mentre, al contrario, nel secondo caso (aree marginali e con problemi di sviluppo), una maggiore intensità di diversificazione delle aziende agricole può essere collegata alla necessità di compensare le minori opportunità di allocazione del lavoro famigliare in attività extra-aziendali.
I risultati evidenziano gli effetti della Pac sull’intensità di diversificazione, confermando le tendenze evidenziate dalla letteratura. Mentre il pagamento unico aziendale, assicurando liquidità e aumentando i profitti delle colture Cop (cereali, oleaginose, proteaginose), riduce la propensione ad allocare lavoro famigliare su attività di diversificazione, i pagamenti sul secondo pilastro (sia il primo sia il secondo asse) influenzano positivamente tale intensità.

Considerazioni Conclusive

L’obiettivo del lavoro è la valutazione delle determinanti dell’adozione di diversificazione nella aziende della Regione Toscana. I risultati mettono in luce la rilevanza delle attività di diversificazione e mostrano che tale attività rappresenta una importante strategia di riduzione della rischiosità dell’attività agricola (Mishra et al., 2010).
I risultati evidenziano che le caratteristiche dell’agricoltore (età, istruzione ecc.) e la scarsa dotazione di fattori produttivi (principalmente lavoro e terra) possono rappresentare barriere all’adozione della diversificazione. Il modello enfatizza il ruolo centrale delle politiche agricole (entrambi i pilastri) nella diffusione della diversificazione dei redditi aziendali, sia incrementando i redditi del settore agricolo che riducendo il costo legato all’ammodernamento del sistema produttivo. Infatti, i pagamenti sul primo pilastro, sostenendo i redditi agricoli, possono determinare la propensione ad allocare il lavoro famigliare in attività off-farm, mentre i pagamenti ricevuti sul secondo pilastro rendono maggiormente tempestiva l’adozione della strategia di diversificazione riducendone i costi di investimento, anche nel caso di condizioni di incertezza legata ai prezzi e alle altre variabili decisionali. Nel complesso i risultati evidenziano che, se da una parte le politiche agricole (primo e secondo pilastro) incidono positivamente sulla propensione ad investire nel settore agricolo, esiste tuttavia un trade-off tra i due pilastri nel promuovere pattern di specializzazione delle aziende agricole. Infatti, mentre all’aumentare dei pagamenti sul secondo pilastro si può osservare una maggiore specializzazione nelle attività di diversificazione, pagamenti più elevati sul primo pilastro determinano (o sono la conseguenza) di una maggiore intensificazione produttiva. Questo risultato conferma la forte dipendenza del settore dall’intervento pubblico ed evidenza l’effetto positivo delle politiche sulla propensione a mantenere l’attività agricola; in quest’ottica il mantenimento di entrambi i pilastri consente il supporto di strategie aziendali diversificate. Infatti, la realtà agricola italiana è fortemente diversificata al suo interno, pur essendo spesso accomunata da una debolezza dovuta alla soggezione a rischi superiori rispetto a quelli che caratterizzano altre attività e da una debolezza contrattuale nei confronti dei settori a monte e a valle.
L’esistenza di meccanismi di incentivazione diversi consente alle aziende di crearsi una strategia che tenga conto delle specifiche caratteristiche intrinseche aziendali, oltre che delle opportunità e minacce che derivano dal tessuto socio-economico e dalle altre caratteristiche del territorio in cui operano.
I risultati del modello mostrano che la localizzazione delle aziende e le aspettative circa l’occupazione in attività off-farm sono elementi chiave nel comprendere la diffusione della diversificazione. Infatti, se da un lato le aziende localizzate nelle aree peri-urbane rispondono alla maggiore domanda di attività di diversificazione, nelle aree marginali o con problemi di sviluppo la diversificazione diventa necessaria alla sopravvivenza delle aziende ed al mantenimento dell’attività agricola nel territorio.
In queste ultime aree, oltre a rappresentate una strategia di riduzione della rischiosità dell’attività agricola e al contempo una opportunità di incremento dei redditi aziendali, la diversificazione riveste un ruolo centrale nel mantenere vitale il sistema agricolo e nel contribuire alla riduzione dell’abbandono del territorio. Nella nuova programmazione il decisore dovrebbe identificare criteri di selezione che tengano conto anche della rilevanza sociale degli interventi al fine di ottenere benefici che vadano oltre le mere performance economiche della aziende. In questo senso, anche l’introduzione di meccanismi di selezione che valutino le ricadute del singolo progetto sembra indispensabile per garantire una maggiore efficacia dei pagamenti.

Riferimenti bibliografici

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  • 1. Per maggiori informazioni sul modello si veda Lambert (1992); mentre esempi di analisi con il modello proposto si veda Karantininis et al. (2010) o Bartolini et al. (2011).
  • 2. La tabella mostra che il numero delle aziende che non diversificano è piuttosto elevato. Va evidenziato che una rilevante porzione di queste aziende (23.715) sono esclusivamente rivolte all’autoconsumo (Sotte e Arzeni, 2013).
  • 3. Per maggiore dettagli sulla metodologia e sui risultati si veda Bartolini et al. (2014).
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