I Psr 2014-2020: prime impressioni sull’impianto strategico e le scelte delle Regioni

I Psr 2014-2020: prime impressioni sull’impianto strategico e le scelte delle Regioni
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Rispettando a pieno la deadline prevista dai regolamenti comunitari relativi ai Fondi strutturali e alla politica di sviluppo rurale, a tre mesi esatti dalla notifica dell’Accordo di partenariato, 17 Regioni su 21 hanno notificato il proprio Programma di sviluppo rurale (Psr) e avviato il cammino che porterà, probabilmente, all’approvazione dei primi Psr entro la fine dell’anno.
Abruzzo, Campania, Piemonte e Puglia hanno deciso di concedersi un lasso di tempio più ampio per la presentazione di un programma il cui impianto definitorio è tutt’altro che scontato. Ogni singolo Psr ha dovuto incastrarsi in un mosaico programmatorio che partiva da decisioni orizzontali prese a livello comunitario con il Quadro Comunitario di Sostegno (Qcs), seguire le scelte dello Stato membro definite nell’Accordo di Partenariato, rispondere ai fabbisogni rilevati a livello locale e articolare la strategia di intervento seguendo regole ancora in fieri e il rigidissimo schema di programmazione proposto dalla Commissione. La programmazione è avvenuta affidandosi a norme approvate proprio a ridosso della scadenza di notifica (il regolamento attuativo e il regolamento sugli aiuti di Stato sono stati pubblicati in gazzetta ufficiale il 31 luglio), nell’ambito di scelte nazionali che man mano andavano definendosi (i Programmi di sviluppo nazionali relativi a Rete rurale, biodiversità zootecnica, gestione del rischio e risorse idriche; le scelte relative al I pilastro: greening, definizione di agricoltore attivo, ecc.).
Partendo da questo quadro di contesto è evidente lo sforzo delle Regioni che hanno notificato, così come è giustificabile la scelta di quelle che hanno deciso di rimandare la consegna del programma.

Le novità dell’impianto programmatorio

Diverse sono le novità presentate dal nuovo quadro programmatorio. Gran parte del potenziale innovativo discende dal nuovo processo programmatorio che prevede un approccio di governance multilivello basato su principi di integrazione tra politiche, centralità del territorio, coinvolgimento e cooperazione di e tra livelli istituzionali, integrazione tra strumenti finalizzati a obiettivi specifici. I cambiamenti introdotti sono legati soprattutto alle modalità di programmazione, mentre il restyling dei contenuti è solo parziale - con priorità e misure già note ma presentate sotto una nuova veste, alcune interessanti nuove misure, la scomparsa di qualche strumento d’intervento – e di per sé non fortemente innovativo rispetto alle dinamiche settoriali che forse avrebbero richiesto nuovi strumenti d’intervento capaci di accompagnare l’agricoltura in un processo di reale trasformazione a favore di un settore sempre più innovativo, rispettoso delle esigenze della società e dei consumatori e, capace di assicurare redditi e livelli di vita adeguati per gli operatori.
Per quanto riguarda la struttura dei programmi di sviluppo rurale, abbandonati gli assi della vecchia programmazione, la strategia d’intervento proposta si rifà a 6 priorità tematiche e 18 focus area a cui finalizzare tutte le misure e le azioni previste dal regolamento.
Le priorità pongono l’accento sulle questioni della competitività dei sistemi agroalimentari con una strategia rivolta a promuovere l’innovazione e la conoscenza, a sostenere lo sviluppo del settore agricolo e delle filiere agroambientali (priorità 1-3); sulle tematiche legate all’ambiente riproponendo la strategia dell’asse 2 della precedente programmazione (priorità 4-5); sullo sviluppo delle aree rurali (priorità 6).
Ogni priorità è declinata in focus area, ossia in una serie di tracce tematiche che, per grandi linee, guidano il programmatore nella definizione delle politiche. Le focus area si rifanno alle azioni chiave previste nel Quadro di Sostegno Comunitario il documento strategico, definito a livello di Unione, che assicura la concentrazione e la coerenza tra i fondi a finalità strutturale al fine di raggiungere gli obiettivi di “Europa 2020”.
L’impianto programmatorio presenta un approccio più flessibile che, partendo dall’individuazione dei fabbisogni d’intervento, definisce gli obiettivi (target) cui indirizzare l’azione1. Rispetto al passato questa è una grande novità. La struttura per assi del precedente regolamento (Reg. 1698/05), era risultata, nelle fasi applicative, particolarmente rigida, imbrigliando i singoli strumenti di intervento (misure) in un campo di azione specifico (l’asse) entro cui si muoveva la gestione della stesso. L’asse di riferimento guidava l’impostazione degli strumenti, la definizione delle risorse finanziarie e degli obiettivi da raggiungere (Figura 1). La nuova struttura regolamentare cambia l’ottica di intervento. Punto nodale dell’azione è l’individuazione del fabbisogno che determina la strategia a cui vengono finalizzate le misure di intervento. Il raggiungimento di un obiettivo della politica di sviluppo rurale non è più legato ad un set di interventi dato, può avvalersi di tutti gli strumenti messi a disposizione dal regolamento.

Figura 1 - La costruzione del Psr, un confronto con la programmazione 2007-2013

Fonte: ns elaborazioni

La flessibilità programmatoria cui aveva fatto pensare la lettura del Reg. 1305/13 è venuta meno alla prova della programmazione. Le regole contenute nelle fiche di misura proposte dalla Commissione e nel regolamento attuativo tendono a riproporre i vizi di fondo dell’approccio comunitario riconducendo il processo programmatorio a regole date e a scelte in qualche modo guidate dall’ottica comunitaria, piuttosto che riferite alle esigenze o alle strategie dei singoli Stati membri. Questo a differenza di quanto succede per gli altri fondi comunitari2, soprattutto quelli strutturali, la cui flessibilità programmatica è ampia. Quindi i Psr, nonostante si inseriscano in un processo programmatorio multifondo, nell’impostazione, hanno dovuto fare i conti con regole stringenti che ne diminuiscono la portata innovativa.
Tutto ciò si è tradotto in Programmi di difficile lettura, oltre che appiattiti su scelte strategiche piuttosto conservative dell’assetto del periodo di programmazione appena concluso. Certo, le scelte strategiche, piuttosto timide, contenute nei Psr non sono solo frutto delle complicate regole di programmazione, in ogni caso l’architettura proposta dalla Commissione non ha di certo facilitato scelte particolarmente innovative.

La strategia della Politica di Sviluppo Rurale 2014-2020

I programmi di sviluppo rurale 2014-2020 sono articolati in sei priorità di intervento, la prima orizzontale dedicata ai temi dell’innovazione, due priorità rivolte alla competitività settoriale delle imprese e del sistema agricolo, due a carattere ambientale e la sesta tesa ad intervenire sui temi della qualità della vita nei territori rurali3. Salta subito all’occhio che, seppur abbandonato lo schema per assi della precedente fase di programmazione, le priorità sono riconducibili agli stessi e ciò, nonostante le dovute eccezioni del caso, permette un esercizio di comparazione tra le due programmazioni (Figura 2).

Figura 2 - Risorse finanziarie per priorità strategica di Psr, 2014-2020 vs 2007-2013

Fonte: elaborazioni su dati regionali

L’assetto della programmazione 2007-2013 viene confermato da quella 2014-2020 con l’unica differenza di una maggiore concentrazione delle risorse sulle priorità ambientali le quali però inglobano interventi precedentemente inseriti nell’asse competitività come alcune misure forestali e interventi sull’infrastrutturazione irrigua extra-aziendale.
Per singola priorità (Figura 3), la programmazione regionale si concentra sulla priorità 4 “difesa e il ripristino degli ecosistemi naturali connessi all’agricoltura e alle foreste” (34% delle risorse, pari a poco meno di 6 miliardi) e la priorità 2 “potenziare la redditività e la competitività dell’agricoltura” (di 4,3 miliardi pari al 24,5% delle risorse).

Figura 3 - La destinazione delle risorse dei Psr 2014-2020

Fonte: elaborazioni su dati regionali

Si tratta di priorità che insistono su una strategia di intervento finalizzata all’impresa e tarate, da un lato, sul sostegno al miglioramento della competitività globale della stessa, dall’altro a compensare comportamenti di gestione sostenibile.
Passando dalle priorità alla declinazione per focus area (Tabella 1), la strategia dei programmi diventa più chiara, evidenziando le prinpiali aree di intervento della politica. La focus area privilegiata in termini di attribuzione risorse (17%) è la 4.a – biodiversità. Essa è associata alle tradizionali misure agroambientali dei Psr su cui tende a concentrarsi la politica agroambientale regionale. In questo senso va segnalata l’introduzione di premi per pratiche agricole innovative (per es. agricoltura conservativa) e il sempre più scarso ricorso alle indennità compensative che, generalmente, vengono riservate alle imprese in zone montane, anche in considerazione delle ricadute positive in termini di conservazione sia della biodiversità sia dell’attività agricola. Completano la priorità 4 le focus area 4.b - risorse idriche e 4.c – lotta all’erosione, alle quali va rispettivamente il 8% e il 6% delle risorse complessive.
Seconda, in termini di dotazione finanziaria, è la focus area 2.a tesa a favorire la competitività delle aziende agricole attraverso il rinnovamento strutturale e la diversificazione produttiva, cui è destinato il 15% delle risorse. La startegia a favore della competitività settoriale si avvale anche degli interventi previsti dalla focus area 2.b – ricambio generazionale, cui è riservato l’8% del budget, e di quelli della 3.a relativa al rafforzamento delle filiere agoalimentari con un budget finanziario pari al 13% del totale programmato. La strategia di azione dei Psr privilegia, in questo caso, azioni rivolte ad intervenire sui nodi strutturali e organizzativi del sistema agricolo italiano. Questo in un momento di crisi che vede le imprese agroalimentari sempre meno capaci di investire in processi di rinnovamento. L’attenzione dedicata all’argomento filiere agroalimentari è fortemente caldeggiata dall’accordo di partenariato che ne fa uno degli interventi strategici per la competitività settoriale e trova ampia risposta nei Psr che prevedono interventi e strumenti specifici: progetti integrati di filiera, cluster e reti di impresa, associazioni di produttori, filiere corte, filiere no-food, cooperazione tra piccoli produttori per la messa in comune di processi produttivi. In alcune Regioni gli strumenti di integrazione tra gli attori della filiera diventano la modalità privilegiata di attuazione degli interventi a favore della competitività.
Le risorse destinate alla lotta ai cambiamenti climatici (priorità 5) vanno, invece a concentrarsi sulla focus area 5.e – conservazione e sequestro di carbonio, un intervento legato soprattutto alle risorse forestali che è a metà tra azione per la competitività e strumento per l’uso efficiente delle risorse naturali. Anche in termini di migliore utilizzo delle risorse si tende a privilegiare interventi aziendali che puntino all’efficienza di utilizzazione del capitale fisico e nello stesso tempo impattino sulla conservazione delle risorse naturali. Nonostante questa attenzione, le misure forestali stentano a trovare spazio nella strategia dei programmi, segno di una generale difficoltà di questi interventi ad essere valorizzati nei Psr, in parte a causa di un sistema di programmazione non semplice che vede le misure forestali disciplinate in regime di aiuto di Stato. A questo si aggiunge una scarsa pianificazione forestale4 e un debole indirizzo strategico nazionale.
La focus area 6.b cui è riconducibile l’approccio Leader raccoglie l’8,5% delle risorse totali e oltre il 70% di quelle destinate alla priorità 6. Gli interventi più tipicamente socioeconomici della politica di sviluppo rurale privilegiano l’approccio integrato previsto dal Leader, uno strumento ormai consolidato della politica di sviluppo rurale. E’ evidente che, nonostante l’Accordo di partenariato sottolinei la necessità strategica di interventi integrati territoriali, i Psr manifestano una certa prudenza per questa tipologia di azioni che non solo è testimoniata dalle risorse finanziarie direttamente destinate a Leader (praticamente le stesse della passata programmazione), ma vede pochissime Regioni scegliere l’approccio plurifondo previsto dal reg. 1303/13 sui Fondi strutturali (Clld). Nella gran parte dei casi la scelta è ricaduta verso un approccio di intervento tradizionale, non prendendo in considerazione una più complessa strategia di integrazione tra politiche che probabilmente avrebbe potuto condurre ad un nuovo approccio basato sulla sperimentazione e l’innovazione, peculiarità che sono venute a mancare in questa fase di programmazione.
I temi dell’innovazione (1.b) raccolgono il circa il 2% delle risorse. Su questa focus area e in generale sulla priorità 1 va osservato che è intesa come trasversale a tutto il Psr. Molte Regioni hanno preferito non riservare ad essa risorse specifiche ma spalmare gli interventi nelle altre priorità. Tutti i Psr prevedono le operazioni collegabili al Pei, nello stesso tempo si legge una certa prudenza in termini di risorse destinate, probabilmente riconducibile alla novità dello strumento e all’esigenza di avere indirizzi nazionali in merito. Sicuramente innovativo, invece, l’approccio con cui sono state programmate le misure per la formazione e l’informazione degli operatori dello sviluppo rurale. Queste misure, generalmente legate agli interventi per la competitività aziendale, si sono aperte alle altre priorità di azione dei Psr diventanto uno strumento orizzontale a supporto dell’innovazione e delle scelte strategiche dei programmi.

Tabella 1 - Le risorse dei Psr 2014-2020 per focus area

Fonte: elaborazioni su dati regionali

A prima impressione, i Psr 2014-2020 sembrano concentrare le risorse su obiettivi specifici, L’82% circa delle risorse è concentrato su 8 focus a cui corrisponde un altro 16% attribuito in quota parte su tutte le restanti priorità (le risorse rimanenti sono desinate all’assistenza tecnica). Una analisi più attenta però fa emergere una forte frammentazione degli interventi. I Psr non rinunciano a utilizzare tutti gli strumenti di intervento (misure, sottomisure e operazioni) proposti dal regolamento, con il risultato di programmi, nella loro parte attuativa, articolati mediamente in oltre 50 tipologie di intervento. In questo caso bisogna dare atto ai programmatori che questo è un processo imposto dalle regole comunitarie che, pur proponendo una strategia di programmazione meno rigida, non ha saputo rinunciare al dettaglio specifico dei singoli interventi. Questa articolazione oltre a rende di difficile la lettura i programmi tenderà a complicare i processi e i meccanismi di gestione, monitoraggio controllo dei Psr incidendo sull’efficienza e sui costi amministrativi legati al programma.
In termini di interventi specifici l’azione privilegia gli strumenti più tradizionali della politica di sviluppo rurale: oltre il 30% delle risorse va a beneficio della misura 4 – Investimenti in immobilizzi materiali; seguono le misure agroambientali (oltre il 26% delle risorse), e via dicendo.
Va dato comunque atto che sparita la rigida programmazione per Assi della precedente programmazione, le misure vengono utilizzate in maniera flessibile. Le misure immateriali (misure 1 e 2 formazione e consulenza) vengono messe a servizio non solo degli interventi per la competitività ma anche per quelli agroambientali e di diversificazione. La misura per gli interventi nelle imprese agroalimentari (misura 4) contribuisce anche agli obiettivi ambientali così come la misura 7 tesa agli interventi di diversificazione; e naturalmente vale il contrario, gli interventi agroambientali vengono utilizzati anche a favore della competitività dell’impresa agroalimentare. Bisognerà poi vedere quanto questo esercizio sarà capace di trasformarsi in azioni specifiche a sostegno degli indirizzi strategici del Psr.

Le prime impressione sul nuovo periodo di programmazione

Leggere i nuovi Psr è difficile. L’impostazione programmatica è tesa a ricondurre ogni singolo intervento ad uno specifico fabbisogno; nella realtà l’esercizio da logico si è trasformato in meccanicistico a causa degli strumenti di programmazione messi a disposizione. Le decine di pagine riservate a spiegare il quadro logico dell’intervento dei Psr finiscono per confondere il lettore e fanno perdere di vista quella che è effettivamente la strategia del programma.
Ad una logica di programmazione ispirata al raggiungimento di uno specifico obiettivo non corrisponde un assetto regolatorio capace di uscire fuori dai tradizionali schemi di accountability che guidano la messa in atto delle politiche di sviluppo rurale. Insomma la Commissione non è stata capace di lasciare allo sviluppo rurale la stessa flessibilità concessa ai programmi relativi ai fondi strutturali, con cui la politica di sviluppo rurale dovrà confrontarsi e lavorare. Alcune scelte programmatiche nazionali definite dall’accordo di partenariato trovano difficoltà a diventare materia dei Psr, così come la rigidità dei programmi Feasr spesso male si inserisce in definizioni di intervento che richiedono flessibilità e capacità di adattamento alle problematiche dei singoli territori di intervento.
I Psr, dal canto loro, non disattendono le impostazioni strategiche nazionali, ma nello stesso tempo, hanno optato per un menù vasto di focus area che tende a riprodurre l’assetto dell’attuale programmazione piuttosto che concentrarsi su esigenze specifiche del proprio territorio e delle proprie agricolture. I programmi, in linea di massima, ripropongono strategie di azioni simili a quelle del periodo di programmazione appena concluso. Negli interventi rimane centrale l’impresa agricola, cui vengono finalizzate la gran parte delle risorse, mentre gli interventi a carattere territoriale rimangono piuttosto marginali e ancorati ad un numero limitato di misure.
Nella scelta degli interventi, soprattutto di quelli più innovativi (gruppi operativi del Pei, progettazione integrata, misura cooperazione, Clld) si avverte una certa prudenza definitoria tanto che sono pochissimi i Psr che lasciano intendere come queste misure verranno attuate. Probabilmente le scelte effettive di intervento sono rimandate agli atti attuativi dei Psr, dove le amministrazioni regionali avranno l’opportunità, nella stesura di bandi e procedure, soprattutto per le misure integrate, di selezionare settori, territori, beneficiari. Rimane il fatto che difficilmente vengano operate scelte al momento della programmazione che si presenta sempre estremamente articolata e aperta a tutte le opzioni.

Riferimenti bibliografici

  • Dps (2014), Accordo di partenariato 2014-2020, Italia. Roma 22 Aprile 2014

  • Gigante R. (2014), “L’avvio dei programmi di sviluppo rurale in Italia nell’ambito dell’agenda Europa 2020” in Agriregionieuropa, n. 37 anno 10

  • Mantino F. (2013), “La riforma delle Politiche di Sviluppo Rurale 2014-2020” in Agriregionieuropa, n. 35 anno 9

  • Monteleone A. e Tarangioli S. (2013), “La Politica di sviluppo rurale 2014-2020, priorità e nuovi scenari” in Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura 2012. Inea; Roma

  • Tarangioli S. (2014), “Le novità dei Psr 2014-2020” in Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura 2013. Inea; Roma

  • 1. A rafforzare il principio di una politica orientata ai risultati è la possibilità di allocare le risorse finanziarie a seconda della propria strategia e non, come in passato, con un attribuzione minima per asse che di fatto orientava la scelta strategica a prescindere degli effettivi fabbisogni settoriali o territoriali.
  • 2. Come già evidenziato, la Politica di sviluppo rurale si inserisce in un quadro programmatorio multifondo, declinato a livello di Stato membro nell’Accordo di partenariato. Questo strumento declina quindi oltre l’intervento del Feasr, quelli della pesca definiti dal Feamp e gli interventi dei fondi strutturali: Fse, Fesr e Fondo di coesione.
  • 3. Prima di entrare nel merito dell’analisi è opportuno fare una precisazione di ordine metodologico. Le analisi di tipo finanziario fanno riferimento anche alle Regioni che non hanno notificato, in quanto le stesse hanno reso disponibili bozze di programmazione e piani finanziari di massima. Inoltre, ove è stato possibile, è stato estrapolato l’importo di programmazione dedicato alla priorità 1 dei Psr, che nella definizione delle tabelle del programma non era esplicitamente richiesto, in quanto inteso come afferente ad una priorità orizzontale.
  • 4. Alcuni interventi forestali per essere messi in atto devono essere inquadrati in Piani di gestione forestale formulati a livello di Stato membro. In Italia tale forma di pianificazione è presente solo per il 14% della siperfice forestale, frenando di fatto anche la politica di sviluppo rurale a favore delle aree e della filiera forestale.
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