Quanto vale lo spreco alimentare? Risultati di un progetto di recupero nella Gdo

Quanto vale lo spreco alimentare? Risultati di un progetto di recupero nella Gdo
a Università della Tuscia, Dipartimento di Economia e Impresa
b Università degli Studi della Tuscia, Dipartimento per la Innovazione nei sistemi Biologici, Agroali­mentari e Forestali
c Università degli Studi della Tuscia, Dipartimento di Economia e Impresa

Introduzione

Lo spreco alimentare ha implicazioni etiche, sociali, nutrizionali e ambientali, la cui gravità è riconosciuta anche a livello europeo. La Commissione Europea ha pubblicato diversi documenti sull’argomento, inserendo lo spreco alimentare fra i temi della road map per un’Europa efficiente (EC, 2011; p.17), e il Parlamento europeo, sotto la spinta del progetto "Un anno contro lo spreco" promosso da Last Minute Market1, ha istituito per il 2014 l’anno europeo contro lo spreco.
Per quanto riguarda il settore agroalimentare, nella sola UE si sprecano circa 90 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, vale a dire 180 kg a persona. Ciò è dovuto, da un lato, a fattori non controllabili dall’uomo (clima, fattori biologici) e, dall’altro, a scelte deliberate o inconsapevoli da parte dei soggetti coinvolti. Alcuni prodotti avviati a smaltimento non presentano le caratteristiche organolettiche e igieniche tali da poter essere riutilizzati per il consumo umano, per cui sono da considerarsi “perdite” a tutti gli effetti (a meno di possibilità di riciclo per altri utilizzi); vi è tuttavia una quota significativa di sprechi ancora idonea per il consumo umano, che varia secondo la tipologia di prodotto attestandosi mediamente intorno al 55% (Segré e Falasconi, 2011). Tale quota può essere recuperata attraverso il meccanismo della donazione, cioè destinando i prodotti recuperati a consumatori che, pur avendone bisogno, non hanno potuto acquistarli perché, per vari motivi, non hanno accesso al mercato. Il recupero è quindi un mezzo per restituire valore al cibo sprecato, in termini economici, sociali e ambientali.
Diversi sono i progetti in questo senso attivati in Italia, principalmente da parte di Last Minute Market. Tuttavia, il tema del recupero non ha ancora trovato spazio nella letteratura internazionale, che si è finora occupata per lo più di quantificare il valore del cibo sprecato (Buzby e Hyman, 2012; Parfitt et al., 2010; Griffin et al., 2009), mettendo in luce le implicazioni negative di tale fenomeno (Sonnino e McWilliam, 2011) senza però soffermarsi sulle possibili strategie per una riduzione del problema.
Differentemente, questo contributo non entra nel merito della questione della quantificazione dello spreco per concentrarsi sugli effetti di una possibile strategia per una sua riduzione, basata sul recupero a scopo sociale dei beni alimentari sprecati, ovvero avviati a smaltimento nonostante si presentino ancora idonei al consumo umano, in un punto vendita della grande distribuzione.

Il progetto di recupero

Questo contributo si concentra sul recupero dello spreco nella fase distributiva della catena alimentare, con lo scopo di valutare la quantità e la qualità dei pasti che è possibile preparare con i prodotti alimentari recuperati presso un punto vendita della Gdo. A questo scopo, si farà riferimento a un progetto attivo nella città di Viterbo dal 2011, frutto di una collaborazione fra Assessorato alle Politiche Sociali del Comune e Università della Tuscia.
Le fasi preliminari del progetto - individuazione dei soggetti potenzialmente interessati a livello locale, predisposizione del meccanismo di recupero, sensibilizzazione della cittadinanza al tema dello spreco alimentare - hanno portato, nell’aprile del 2011, all’avviamento della fase operativa che ha coinvolto un grande supermercato di 5.300 mq e la locale mensa per i poveri che ospita ogni giorno a pranzo circa 130 persone.
Il recupero avviene tutti i giorni, dal lunedì al sabato, ad opera di due volontari che, con il furgoncino dell’associazione, si recano presso il magazzino del punto vendita, dove trovano i prodotti da prelevare. Si tratta di merce ritirata dalla vendita ma ancora idonea per il consumo umano, selezionata a questo scopo dagli operatori del supermercato. La consegna dei prodotti è regolarmente corredata da un documento di trasporto che elenca le tipologie e quantità di prodotti recuperati. Le informazioni contenute nei documenti di trasporto costituiscono, una volta inserite su supporto informatico e opportunamente elaborate, la base di dati su cui si sviluppano le considerazioni che seguono.

I risultati del progetto di recupero

Nella valutazione dei risultati del progetto si è preso come riferimento l’anno 2012 (dati gennaio-dicembre), in cui il meccanismo di recupero può essere considerato a regime, dopo oltre 6 mesi di rodaggio nel 2011 che hanno permesso di aumentare e rendere più vari i prodotti recuperati, anche grazie al crescente impegno del personale e dei responsabili del supermercato.
Nel 2012 il recupero è avvenuto per 300 giornate, con una media di 25 ritiri al mese. In totale, si sono recuperate 23,5 tonnellate di prodotti in un solo anno, prodotti che sarebbero stati altrimenti trattati come rifiuto, nonostante fossero perfettamente idonei al consumo. In termini economici, questi prodotti corrispondono ad un valore complessivo di circa 46.000 €, espresso in valore di magazzino dei beni selezionati per il processo di recupero.
L’entità del recupero giornaliero, rispetto ai primi mesi in cui risultava molto variabile, si è stabilizzata su una media di circa 80 kg di prodotti alimentari al giorno, con punte di oltre 100 kg nei mesi di maggio e giugno. I recuperi mostrano un’evoluzione stagionale con recuperi più alti in primavera e più bassi in estate e in inverno (Figura 1). Questa tendenza è principalmente imputabile alle variazioni stagionali del recupero proveniente dal reparto ortofrutta: in primavera la maggiore varietà di prodotti e la loro breve shelf life fa aumentare le quantità recuperate; in estate, la stessa tendenza si scontra invece con le alte temperature che fanno deperire molto velocemente i prodotti ritirati dalla vendita non permettendone il recupero.

Figura 1 - Quantità e valore recuperato nel 2012

Fonte: elaborazione degli autori

L’andamento del valore dei prodotti recuperati (rappresentato, sempre in figura 1, dalla linea blu) segue solo in parte quello delle quantità. Il principale fattore che influenza la variazione di questo dato è il recupero degli sprechi nel reparto macelleria del supermercato, che ha permesso di donare alla mensa quantità non trascurabili di carni preconfezionate (cotolette, saltimbocca e simili) ritirate dalla vendita per l’avvicinarsi della data di scadenza. Trattandosi di prodotti ad elevato valore, il loro recupero fa lievitare l’importo delle fatture emesse dal supermercato a favore dell’associazione beneficiaria in misura più che proporzionale rispetto all’incremento delle quantità.
Per quanto riguarda le tipologie di prodotti, buona parte del recupero è costituita da pane di produzione interna al supermercato (Figura 2). In effetti, è proprio dal reparto panificazione che si è iniziata la raccolta, proprio per la constatazione quotidiana delle quantità di pane che andavano smaltite e per le minori complicazioni burocratiche legate alla donazione di beni prodotti internamente al supermercato. Nel 2012 il pane ha rappresentato oltre il 70% in peso dei recuperi totali, con circa 17 tonnellate totali, per una media di oltre 50 kg al giorno. Si tratta, senza dubbio, di una fornitura molto apprezzata dalla gestione della mensa che, già pochi mesi dopo l’attivazione del progetto, ha praticamente smesso di acquistare pane all’esterno.

Figura 2 - Recuperi per categoria merceologica, anno 2012

Fonte: elaborazione degli autori

Al pane si affiancano principalmente frutta e prodotti di macelleria, risultati anch’essi di estrema utilità per la mensa, poiché questi alimenti fanno parte del menu quotidianamente offerto agli assistiti. Altri alimenti recuperati provengono dai reparti ortofrutta, latticini e prodotti caseari, conserve, dolci e biscotti; inoltre, sporadicamente è possibile recuperare prodotti non alimentari, come piatti, bicchieri o tovaglioli monouso, prodotti per l’igiene personale e/o della casa, che tipicamente vengono usati nella gestione quotidiana della mensa.

Il valore del cibo recuperato in termini ambientali sociali ed economici

I benefici dell’attività di recupero degli sprechi alimentari ricadono su tutti i soggetti coinvolti nel progetto.

  • Il supermercato riduce la quantità di rifiuti prodotti, con un conseguente risparmio sui costi di smaltimento; ottiene alcuni vantaggi a livello fiscale, legati al recupero dell’Iva e alla possibilità di dedurre dalle imposte il valore dei prodotti donati; può beneficiare di un’aumentata visibilità con una adeguata comunicazione di responsabilità sociale.
  • L’associazione che gestisce la mensa riceve quotidianamente beni alimentari gratuiti, che spesso per le loro caratteristiche vanno a migliorare significativamente la qualità della dieta degli assistiti (ad esempio, verdure fresche al posto delle patate, maggiore frequenza di secondi a base di carne) e può quindi utilizzare il conseguente risparmio per migliorare la qualità dell’assistenza.
  • Il Comune di Viterbo garantisce, seppure per via indiretta, una migliore assistenza per le persone in difficoltà, investendo una cifra notevolmente inferiore a quella che sarebbe stata necessaria per integrare gli acquisti alimentari dell’associazione; a ciò si aggiunge la diminuzione del volume di rifiuti conferito in discarica che, se non appare rilevante su base giornaliera, assume proporzioni notevoli nel tempo.

Si parla, infatti, del recupero degli sprechi come di una rete win-win fra imprese, associazioni, istituzioni e comunità locale, in cui tutti possono trarre dei vantaggi (Segrè, 2010).
Tali benefici si realizzano tanto sulla sfera economica quanto su quella sociale e ambientale.
Volendo tentare una quantificazione dei diversi impatti conseguenti all’attività di recupero del progetto viterbese, si potrebbe partire dagli aspetti sociali che, in un meccanismo di recupero incentrato sul dono alle persone in difficoltà, sono certamente i più evidenti. Si passerà poi a una breve discussione sui benefici di tipo ambientale ed economico.

Gli impatti sociali

Quantificare gli impatti sociali significa, in questo caso, essenzialmente ricostruire il numero di porzioni che è possibile preparare con gli alimenti recuperati presso il supermercato per poi verificare in che misura essi sono in grado di coprire i fabbisogni della mensa. A questo scopo i prodotti recuperati sono stati riclassificati in base alle portate del menu offerto dalla mensa e le rispettive quantità recuperate sono state tradotte in porzioni applicando le tabelle nutrizionali dell’Inran (2003), che descrivono la porzione corretta di ciascun alimento da considerare per ogni singolo pasto. Per stimare l’incidenza delle porzioni sul fabbisogno della mensa si sono considerati i pasti serviti nel 2012 che, come risulta dai documenti forniti dall’associazione stessa, sono complessivamente pari a 46.674.

Tabella 1 - Stima dell’impatto dei recuperi sui fabbisogni alimentari della mensa

Fonte: elaborazione degli autori

Anche se ovviamente si tratta di una stima su porzioni standardizzate, che non tiene conto delle possibili specificità della mensa in questione nella preparazione dei pasti, questi dati possono costituire un buon metro di paragone per valutare l’impatto sociale dei recuperi. Si nota in particolare come circa il 10% dei pasti quotidiani (10-15) possa essere preparato facendo affidamento solo sui recuperi. C’è inoltre un contributo consistente alla preparazione dei secondi piatti e della frutta, senza trascurare che, grazie al recupero, a oltre la metà dei pasti può essere aggiunto un piccolo dessert, che prima dell’attivazione del progetto non veniva di norma servito. Il recupero di pane è superiore ai fabbisogni della mensa; la quantità eccedente, così come i prodotti che non vengono impiegati nella preparazione quotidiana (farina, caffè, prodotti per l’infanzia etc.), viene generalmente donata agli assistiti che possono usarla presso il proprio domicilio, oppure offerto ad altre associazioni più piccole che operano sul territorio.
L’impatto dei prodotti recuperati sulla gestione della mensa è certamente notevole, soprattutto considerando l’incremento costante di presenze che ha caratterizzato gli ultimi anni.

Gli impatti ambientali

Il recupero attuato nel progetto ha un duplice risvolto per le questioni ambientali.
Da un lato, a livello locale, nella discarica del comune di Viterbo sono entrate in un anno 23,5 tonnellate di prodotti in meno. Questa quantità è senza dubbio significativa, soprattutto considerando che il trend delle quantità recuperate si presenta in crescita e che riguarda un unico supermercato. Essa va quindi interpretata in termini potenziali: quante tonnellate di rifiuti potenzialmente recuperabili finiscono oggi in discarica? Supponendo che l’entità del recupero possibile sia funzione dell’estensione del supermercato, circa 4,5 kg/mq all’anno, e tenendo conto del fatto che nella provincia di Viterbo operano 71 fra ipermercati e supermercati, per una superficie complessiva di 75.753 mq (dati Regione Lazio, Osservatorio sul commercio, anno 2008), si può stimare in circa 335 tonnellate l’attuale quantità di sprechi perfettamente recuperabili che ogni anno va a riempire le discariche della provincia.
Dall’altro lato, a livello globale, è da considerare che la produzione del cibo comporta un utilizzo cospicuo di risorse ambientali. Quando i prodotti vanno allo smaltimento le risorse utilizzate sono sprecate; tentandone una quantificazione è possibile risalire all’impatto ambientale dello spreco, evitabile grazie all’attività di recupero.
Nella tabella 2 viene valutato tramite coefficienti standard l’impatto ambientale in termini di Carbon footprint, Water footprint ed Ecological footprint di due prodotti rappresentativi – pane e carne – dello spreco recuperato all’interno del progetto viterbese.

Tabella 2 - Impatto ambientale evitato con l’attività di recupero

Fonte dati unitari: Database Bcfn, 2012

Ovviamente, i derivati animali hanno un impatto molto più consistente sull’ambiente, nonostante le quantità soggette a spreco siano molto inferiori. Si capisce quindi come il recupero di prodotti appartenenti a questa particolare categoria rappresenti una grande opportunità non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello ambientale.

Gli impatti economici

Anche dal punto di vista economico, vanno considerati almeno due tipi di impatto.
Da un lato, va tenuto conto che tramite il progetto attivato a Viterbo sono stati recuperati prodotti alimentari per un valore di circa 46.000 € nel solo anno 2012. Si tratta certamente di un risultato notevole in termini assoluti, anche se va considerato che, in termini relativi, rispetto al fatturato del supermercato, questo valore ha un’incidenza minima.
Va comunque sottolineato che questi 46.000 € sono di fatto un valore “ri-prodotto” a partire da beni che per il mercato non valevano più nulla. Si tratta, quindi, a tutti gli effetti di una produzione di valore.
Peraltro, questa cifra dà una misura del risparmio che l’associazione può ottenere per approvvigionarsi dei prodotti necessari a soddisfare i fabbisogni della mensa. In questo caso, anche se ovviamente non tutti i prodotti donati sarebbero stati effettivamente acquistati dalla mensa, si è comunque rilevato un risparmio notevole, essenzialmente legato al mancato acquisto del pane e alla riduzione significativa degli acquisti di carne. Tale risparmio ha permesso di far fronte con maggiore tranquillità all’aumentato numero di ospiti, nonché di portare a termine dei piccoli lavori di ristrutturazione.
Dall’altro lato, c’è la questione dell’impiego delle risorse pubbliche, che risulta in questo caso particolarmente efficiente ed efficace, con un ritorno di ben 46.000 € a disposizione della collettività, a fronte di un investimento annuo di 10.000 € da parte del Comune per il finanziamento del progetto. I fondi messi a disposizione del Comune, utilizzati per la retribuzione di una persona incaricata del monitoraggio dei recuperi e per il supporto alle attività di ricerca dell’Università, hanno quindi generato un effetto pari a oltre 4,5 volte la loro entità. Il processo di recupero, dunque, ha permesso di moltiplicare l’effetto dell’investimento pubblico, ottimizzando così l’impiego delle risorse rispetto a un semplice finanziamento alle associazioni volto a supportarle nell’acquisto dei beni alimentari necessari alla loro attività.

Conclusioni

Fra le strategie di riduzione degli sprechi il recupero a scopo sociale è un interessante esperimento che permette, da un lato, di diminuire l’ammontare complessivo delle perdite di cibo, riducendo le esternalità negative dei food systems, e, dall’altro, fornisce esternalità positive a livello sociale ed economico, mettendo a disposizione degli enti beneficiari un numero notevole di porzioni di cibo attraverso un meccanismo economicamente efficiente.
Nel caso del progetto viterbese si è visto come da un singolo supermercato sia possibile recuperare abbastanza cibo da nutrire 10-15 persone al giorno presso la locale mensa per i poveri, oltre a un numero notevole di porzioni di singoli alimenti che possono proficuamente integrare il menu degli altri assistiti.
C’è tuttavia da notare che questo meccanismo di recupero agisce esclusivamente sulla fase di distribuzione/vendita che, come sappiamo, non è la principale responsabile del totale degli sprechi nei food system: strategie diverse vanno pensate per ridurre lo spreco nelle altre fasi della filiera, soprattutto la produzione e il consumo finale (domestico e nella ristorazione). Inoltre, anche considerando la sola fase di distribuzione, il meccanismo agisce solo su quella frazione di prodotti ritirati dalla vendita che risulta ancora idonea al consumo. Per tentare una riduzione o un riutilizzo degli scarti “fisiologici” vanno quindi pensate strategie diverse che operino soprattutto in ambito preventivo.
Il recupero dello spreco alimentare a scopo sociale potrebbe tuttavia rappresentare una strategia alternativa per rendere la filiera alimentare più efficiente e più equa nei confronti della comunità. In questo senso le istituzioni locali andrebbero stimolate verso un maggiore supporto nei confronti di tali iniziative, e le imprese aiutate a trasferire in un miglioramento della propria immagine le attività virtuose di recupero, tramite la comunicazione della responsabilità sociale.

Riferimenti bibliografici

  • Barilla Food Center and Nutrition (Bcfn) (2012), Documento tecnico di supporto alla Terza Edizione della Doppia Piramide, Parma

  • Buzby J.C. e Hyman J. (2012), Total and per capita value of food loss in the United States, Food Policy, n.37

  • Griffin M., Sobal J., Thomas A.E. e Lyson A. (2009), An analysis of a community food waste stream, Agriculture and Human Values, n.26

  • Inran – Istituto Nazionale per la Ricerca degli Alimenti e della Nutrizione (2003), Varia spesso le tue scelte a tavola, Linee guida Inran per una sana alimentazione italiana, n.8

  • Parfitt J., Barthel M. e Macnaughton S. (2010), Food waste within food supply chains: quantification and potential for change to 2050, Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences, n.365

  • Segrè A. (2010), Last minute market. La banalità del bene e altre storie contro lo spreco, Edizioni Pendragon, Bologna

  • Segrè A. e Falasconi L. (2011), Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo, Edizioni Ambiente, Milano

  • Sonnino R. e Mc William S. (2011), Food waste, catering practices and public procurement: a case study of hospital food systems in Wales, Food Policy n.36

  • www.lastminutemarket.it

  • 1. Last Minute Market (Lmm) è una società spin-off dell'Università di Bologna nata nel 1998, che si occupa di sviluppare in tutta Italia progetti territoriali volti al recupero dei beni invenduti a favore di enti caritativi. Dopo aver messo a punto, nel 2000, il primo sistema professionale di riutilizzo di beni invenduti nella Grande Distribuzione Organizzata, Lmm ha consolidato un metodo di lavoro che permette di attivare in maniera progressiva il sistema donazioni/ritiri tenendo sotto controllo gli aspetti nutrizionali, igienico-sanitari, logistici e fiscali. (www.lastminutemarket.it)
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