Le scelte dell’Italia per la Pac 2014-20: risultati del sondaggio Agriregionieuropa

Le scelte dell’Italia per la Pac 2014-20: risultati del sondaggio Agriregionieuropa
a Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Economia "Marco Biagi"
b Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
c Associazione Alessandro Bartola (AAB)

Introduzione

Tra le principali novità contenute nella riforma della Pac 2014-2020 vi è la scelta da parte dell’Unione Europea di demandare buona parte delle decisioni attuative ai singoli Stati membri. Anche l’Italia, dunque, è chiamata ad assumere decisioni molto importanti, che avranno grandi ricadute sull’intero sistema agricolo italiano. Sul merito di queste scelte, è in atto da mesi un acceso confronto tra Stato e Regioni; al tempo stesso, anche le Organizzazioni interessate hanno espresso (o stanno esprimendo) le proprie preferenze.
Sulla scia del questionario che il Mipaaf ha sottoposto a Regioni e forze sociali, Agriregionieuropa ha lanciato recentemente un sondaggio online. Ai lettori è stato così chiesto di indicare quali scelte l’Italia dovrebbe compiere rispetto ai principali temi in discussione: dalla definizione di agricoltore attivo alla riduzione progressiva dei pagamenti, dalla regionalizzazione alla flessibilità.

Caratteristiche del campione

I lettori di Agriregionieuropa sono apparsi molto sensibili a questo tema, consapevoli di quanto tale riforma sia importante per l’Italia. In pochi giorni, infatti, ben 264 risposte (205 complete in tutte le parti) sono arrivate da tutte le regioni italiane. Particolarmente rappresentante sono comunque le Marche (16,3% delle risposte totali), il Lazio (13,8%), la Lombardia (10,7%) e il Veneto (9,2%). Al contrario, un minore numero di risposte è arrivato dalle regioni meridionali e da alcune regioni del Centro-Nord (come ad esempio la Toscana).
Colpisce l’elevato grado d’istruzione del campione. La quasi totalità dei rispondenti, infatti, possiede un titolo di studio superiore: diploma di istruzione secondaria superiore (19,4%); laurea triennale / vecchio ordinamento / magistrale (58,6%); dottorato di ricerca o master post-laurea (21,4%). Analizzando i dati sulle professioni esercitate da chi ha risposto al questionario, si evince come il campione composto da: i) docenti universitari e ricercatori (22,7%); ii) funzionari, quadri ed impiegati, appartenenti sia al settore pubblico che al settore privato (39,0%); iii) imprenditori e liberi professionisti (22,7%). Analogamente, tra le organizzazioni di appartenenza dei rispondenti si osservano: imprese agricole, agro-industriali o agro-alimentari (14,5% del totale); organizzazioni cooperative e/o sindacali (19,1%); università e scuola (22,2%); altri enti di ricerca (10,3%); pubbliche amministrazioni (21,1%). Questi dati, dunque, confermano la struttura ben bilanciata del campione di chi ha risposto al questionario online e la conoscenza relativamente approfondita della materia.

Definizione di agricoltore attivo

Nell’attuale proposta di revisione dei regolamenti della Pac, una delle novità principali riguarda la definizione di agricoltore attivo. La black list può essere ampliata dai singoli Stati membri: altri soggetti, cioè, possono essere esclusi dalla categoria degli agricoltori attivi sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori. Rispetto a questo tema, la maggior parte dei lettori che ha partecipato al questionario è orientata verso una definizione di “agricoltore attivo” molto selettiva (Figura 1).
Infatti, solo il 15,4% del campione suggerisce di non escludere nessun soggetto da tale definizione. Al contrario, il 50,3% dei rispondenti suggerisce di includere nella definizione di agricoltore attivo i soli imprenditori agricoli professionali (Iap) e i coltivatori diretti; un altro 17,2%, invece, fa riferimento agli iscritti al registro imprese delle Camere di Commercio. Altri criteri di selezione (basati su dimensione economica e reddito agricolo) sono invece indicati in via residuale.

Figura 1 - Agricoltore attivo: quali soggetti includeresti nella definizione di agricoltore attivo?


Fonte: ns. elaborazioni

Sempre con riferimento alla definizione di agricoltore attivo, la proposta di regolamento sui pagamenti diretti riconosce la possibilità di inclusione automatica tra gli agricoltori attivi dei beneficiari di pagamenti diretti inferiori ad una soglia determinata dallo Stato membro (massimo 5.000 euro). Anche in questo caso (Figura 2), gli intervistati mostrano un orientamento verso definizioni più selettive di agricoltore attivo. Il 43%, infatti, non è favore a nessuna inclusione automatica dei beneficiari dei pagamenti diretti tra gli agricoltori attivi. Il 23% del campione suggerisce all’opposto di fissare la soglia al massimo: 5.000 euro. Il 34% degli intervistati è favorevole ad una soglia ma di ammontare più ridotto di 5.000 euro.

Figura 2 - Sei favorevole a considerare attivi coloro che ricevono pagamenti diretti inferiori ad un livello prefissato (massimo € 5.000)?


Fonte: ns. elaborazioni

Flessibilità

Preliminare all’analisi della riforma dei pagamenti diretti è anche il quesito sulla cosiddetta flessibilità, ovvero la possibilità, per gli Stati membri, di trasferire risorse dal 1° pilastro (pagamenti diretti) al 2° (sviluppo rurale), in una percentuale non superiore al 15% del massimale annuo, o viceversa (trasferimento di risorse dal 2° al 1° pilastro). In questo caso, le risposte dei lettori appaiono nette (Figura 3): se poco meno di un quarto dei rispondenti preferirebbe nessun trasferimento di fondi tra i due pilastri; il 59,7% del campione, invece, è favorevole ad un trasferimento di fondi dal 1° al 2° pilastro. La maggior parte di questi, inoltre, è favorevole ad un trasferimento superiore al 10% del massimale annuo. Al contrario, solo il 16,8% degli intervistati è favorevole ad un trasferimento di fondi dal 2° pilastro al 1°.

Figura 3 - Flessibilità: quale scelta dovrebbe prendere l'Italia?


Fonte: ns. elaborazioni

Riduzione progressiva

La proposta di regolamento sui pagamenti diretti prescrive una riduzione di almeno il 5% nei pagamenti diretti per la parte eccedente i 150.000 euro per beneficiario. Tuttavia, gli Stati membri che applicano il pagamento ridistributivo a favore dei primi ettari (destinando ad esso il 5% del massimale nazionale) possono decidere di non applicare la riduzione progressiva. Su questo tema (Figura 4) prevale un forte favore per la riduzione progressiva del pagamento diretto eccedente i 150.000 euro. In particolare, il 21,4% del campione è favorevole a una riduzione consistente fino al vero e proprio capping (riduzione del pagamento eccedente tra il 50% e il 100%), mentre il 25,5% è favorevole a riduzioni fortemente progressive per successivi scaglioni di pagamento diretto. Di converso, minore favore sembra essere accordato al pagamento ridistributivo a favore dei primi ettari, scelto da appena il 4,7% degli intervistati.

Figura 4 - Riduzione progressiva del pagamento diretto superiore a 150.000 euro?


Fonte: ns. elaborazioni

Soglie minime

Se i grandi beneficiari possono essere penalizzati da una progressiva riduzione dei pagamenti, anche i requisiti minimi sono oggetto di scelte a livello nazionale. La proposta di regolamento, infatti, riconosce agli Stati membri la possibilità di aumentare la soglia al di sotto della quale non erogare i pagamenti diretti dagli attuali 100 euro fino ad un massimo di 400 euro. In alternativa, potrebbero essere escluse le aziende i cui pagamenti diretti sono richiesti per una superficie compresa tra 0,5 e 1 ettaro. In questo caso, nel campione intervistato, non prevale un orientamento ben definito (Figura 5). Il 25% degli intervistati, infatti, suggerisce di non modificare l’attuale soglia (100 euro), l’11% propone di aumentare la soglia in un range compreso tra 100 e 200 euro, il 13% di aumentarla tra i 200 e i 300 euro e il 30% di aumentarla in un range compreso tra i 300 e i 400 euro. In ogni caso, ben oltre la metà degli intervistati suggerisce di elevare la soglia di esclusione dai pagamenti diretti. Residuale è invece il riferimento alla superficie aziendale quale criterio minimo per il pagamento diretto.

Figura 5 - Requisiti minimi: quale soglia sceglieresti per l’esclusione dai pagamenti diretti?


Fonte: ns. elaborazioni

Pagamenti redistributivi

Risultati in parte discordanti emergono tuttavia in relazione al pagamento ridistributivo per i primi ettari. Infatti, ogni Stato membro può decidere di destinare fino al 30% del massimale nazionale ai cosiddetti “primi ettari” per una superficie fino 30 ettari, riconoscendo dunque un premio agli agricoltori con le superfici più contenute. Il 29,6% del campione (Figura 6) si esprime in modo contrario all’attivazione del pagamento ridistributivo. Tutti gli altri sono invece favorevoli ad esso: il 30% circa dei rispondenti è per l’attivazione di un pagamento ridistributivo a vantaggio soltanto dei primi 5 ettari, mentre solo il 17,3% è favorevole alla sua attivazione a vantaggio dei primi 30 ettari.

Figura 6 - Pagamento ridistributivo: quali decisioni suggeriresti in merito?


Fonte: ns. elaborazioni

Piccoli agricoltori

Connesse al tema dei requisiti minimi e del pagamento ridistributivo, vi sono poi alcune decisioni legate al regime speciale per i piccoli agricoltori. In particolare, per i piccoli agricoltori è ipotizzato un pagamento semplificato dal punto di vista amministrativo, e compreso tra i 500 e i 1.250 euro per ettaro (tale semplificazione tuttavia riguarderebbe anche delle esenzioni rispetto agli obblighi dell’eco-condizionalità). Il 14,1% del campione (Figura 7) è contrario a tale attivazione. Al contrario, il 33,9% suggerisce un pagamento flat uguale per tutti i piccoli agricoltori compreso tra 500 e 999 euro/ha, mentre un ulteriore 34,4% è favorevole ad un pagamento flat più consistente (tra i 1.000 e 1.250 euro/ha). Il 17,7% del campione, invece, è favorevole ad un pagamento per ogni beneficiario commisurato ai pagamenti ricevuti in passato.

Figura 7 - Piccoli agricoltori: come giudichi le proposte che li riguardano?


Fonte: ns. elaborazioni

Pagamenti integrativo per i giovani, green e zone svantaggiate

Rispetto alla determinazione del pagamento giovani agricoltori, l’attuale riforma prevede due modalità: i) moltiplicare il numero di titoli che l’agricoltore ha attivato per il 25% del valore medio dei titoli detenuti dall’agricoltore; ii) moltiplicare il numero di titoli attivati dall’agricoltore per il 25% del pagamento medio nazionale al 2019. In alternativa, ogni Stato membro può determinare un pagamento forfettario per azienda calcolato moltiplicando un dato numero di ettari per il 25% del pagamento medio nazionale per ettaro. Rispetto a queste opzioni, tuttavia, il campione intervistato appare abbastanza frammentato. Una quota consistente di rispondenti (21,4%) dichiara inoltre di non essere in grado di scegliere tra le opzioni proposte.
Ancora, rispetto al tema del greening, i rispondenti sembrano essere orientati in misura preponderante verso un pagamento flat per ettaro (69,4% dei casi). Solo il 30,6% degli intervistati è favorevole all’opzione di un pagamento in percentuale del pagamento base individuale ricevuto.
Quanto al pagamento supplementare opzionale fino al 5% del massimale nazionale per gli agricoltori le cui aziende sono situate in zone svantaggiate o comunque soggette a precisi vincoli naturali, il 78% del campione intervistato è favorevole. Netta è dunque l’indicazione a prendere in considerazione (e compensare) l’esistenza di precisi svantaggi di carattere fisico all’attività agricola.

Pagamenti accoppiati

Con riferimento al tema dei pagamenti accoppiati, gli intervistati sembrano essere maggiormente propensi ad un’attivazione selettiva. Il 45,8% del campione (Figura 8), infatti, sarebbe incline ad erogare una percentuale superiore al 10% del massimale nazionale solo rispetto a determinate produzioni e/o territori; un ulteriore 19,3% propende per una percentuale inferiore al 10% del massimale nazionale, seguendo tuttavia i medesimi criteri di selettività. Un quarto dei rispondenti (24,5%) propende per non attivare alcun tipo di sostegno accoppiato.

Figura 8 - Sostegno accoppiato: come ritieni debba essere applicata la misura?


Fonte: ns. elaborazioni

Regionalizzazione

Risultati in parte discordanti rispetto ai precedenti sono invece osservati rispetto al quesito sulla regionalizzazione. Come è noto, ogni Stato membro può decidere di applicare lo schema di pagamento di base a livello regionale, definendo le regioni sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori di carattere agronomico, socio-economico o relativi al potenziale agricolo, o ancora amministrativi. In questo caso (Figura 9), la proposta di definire una regione unica a livello nazionale per l’intero l’Italia è indicata dal 9,1% dei rispondenti. il 51,6% indica nelle regioni altimetriche o nella ruralità il criterio sulla base del quale individuare la regionalizzazione, mentre il 18,2% di essi è favorevole alla determinazione del pagamento unico sulla base delle regioni amministrative. Gli altri criteri (definizione delle regioni rispetto alle specializzazioni produttive o in base al criterio di ruralità o densità della popolazione) sono complessivamente indicati da circa il 36% dei rispondenti. Questa domanda, probabilmente mal posta, ha raccolto risposte non del tutto coerenti con quanto emerso nel resto del questionario. È infatti evidente, dal confronto con le risposte ottenute alle altre domande, il forte interesse dei rispondenti ad una redistribuzione della spesa verso i territori più difficili. Così potrebbe essere interpretata anche la risposta a questa domanda, anche se, una regionalizzazione per livelli altimetrici o per gradi di ruralità, non comporterebbe una redistribuzione, ma un congelamento delle attuali discriminazioni territoriali.

Figura 9 - Per quale tipo di regionalizzazione si dovrebbe optare?


Fonte: ns. elaborazioni

Convergenza

Un altro aspetto molto dibattuto è quello relativo alla convergenza dei pagamenti diretti verso un valore per ettaro uguale per tutti. Tale convergenza può essere piena ed immediata nel 2015, oppure differita al 2019. Può inoltre essere parziale: in deroga al raggiungimento di valori uniformi di tutti i titoli, ogni Stato membro può stabilire per i titoli con valore unitario inferiore al 90% del valore medio nazionale un incremento pari ad un terzo della differenza tra il loro valore unitario iniziale e il 90% di tale valore medio. Parimenti, ogni Stato membro può stabilire una perdita massima del 30% del valore unitario iniziale e deve prevedere una soglia minima pari al 60% del valore medio nazionale o regionale.
Rispetto alle possibili alternative citate, la maggioranza assoluta dei rispondenti (Figura 10) appare favorevole ad una piena convergenza dei pagamenti diretti per ettaro o immediata (31,1%) o differita al 2019 (32,7%).

Figura 10 - Quale tipo di convergenza dovrebbe essere adottato?


Fonte: ns. elaborazioni

L’analisi per tipologia di affiliazione

L’analisi sin qui condotta riguarda il complesso del campione intervistato. Tali risultati tuttavia possono essere in parte influenzati dalle diverse affiliazioni dei rispondenti. In proposito è possibile disaggregare i risultati con riferimento a 4 macro-categorie: imprese agricole e agro-industriali (25 risposte); organizzazioni sindacali e cooperative (36); università e ricerca (60); pubblica amministrazione (40). Le restanti osservazioni, qui non considerate, fanno riferimento alle affiliazioni ad altre organizzazioni.

Tabella 1 - Alcuni risposte disaggregate per tipologia di affiliazione


Fonte: ns. elaborazioni

In tabella 1, è possibile dunque apprezzare, per alcuni dei quesiti posti, le principali diversità che emergono tra le varie categorie individuate. In generale, gli appartenenti al mondo dell’impresa e dei sindacati sembrano mostrare un atteggiamento tendenzialmente più conservativo rispetto alle principali proposte di riforma dei regolamenti della Pac. Al contrario, è possibile osservare una maggiore propensione al cambiamento dalle risposte provenienti da coloro che operano nelle amministrazioni pubbliche oppure nel campo della ricerca. Significative, in proposito, sono le risposte date dalle diverse categorie circa la flessibilità (trasferimento di fondi tra il 1° e il 2° pilastro), la riduzione del pagamento diretto superiore ai 150.000 euro, il sostegno alle aziende agricole nelle zone svantaggiate.

Conclusioni

Le risposte fornite dai lettori di Agriregionieuropa sulle principali novità proposte dalla riforma dei regolamenti dei pagamenti diretti confermano, nel complesso, alcuni orientamenti abbastanza innovativi, sicuramente di rottura rispetto alla prassi che ha caratterizzato l’erogazione dei pagamenti diretti nel corso degli ultimi periodi di programmazione. In particolare, è forte l’orientamento verso definizioni più selettive del concetto di agricoltore attivo, così come la richiesta di trasferire fondi dal 1° pilastro alla politica di sviluppo rurale.

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