La risorsa forestale nazionale e la nuova politica di sviluppo rurale 2014-2020

La risorsa forestale nazionale e la nuova politica di sviluppo rurale 2014-2020
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Introduzione

Il patrimonio forestale nazionale rappresenta una tra le risorse meno valorizzate del nostro Paese. Copre il 33% della superficie nazionale, fornisce beni e servizi pubblici indispensabili e sempre più richiesti dalla società, e costituisce la “teorica” base produttiva per un’industria di trasformazione, quella italiana, che è tra le più forti al mondo, ma che importa dall’estero più del 75% della materia prima che lavora. Un enorme potenziale quello del patrimonio forestale nazionale, in termini di sviluppo, occupazione, salvaguardia ambientale e presidio del territorio; un potenziale che oggi rimane ancora ampiamente inespresso anche a causa della limitata gestione attiva, uno strumento fondamentale di valorizzazione e tutela della risorsa.
Le motivazioni di tale situazione sono molteplici, ma principalmente riconducibili sia a una certa rigidità della struttura imprenditoriale del settore e, per alcuni versi, anche per quella politico-culturale, sia alla complessa e frammentata normativa che disciplina la materia forestale, strettamente legata alle normative vincolistiche di tutela dei beni ambientali, culturali e del paesaggio. Queste condizioni hanno finora limitato, e continuano a limitare, le attività selvicolturali di gestione e utilizzazione delle foreste italiane, sia come bene produttivo che come bene pubblico multifunzionale. Il contesto sociale e culturale del nostro Paese, spesso influenzato da una distorta informazione mediatica, è tendenzialmente ostile alle utilizzazioni boschive e alla gestione forestale condotte a fini produttivi (Rametsteiner et al. 2009), cosa che ha generato nel corso degli anni un orientamento politico molto focalizzato alla salvaguardia ambientale e distratto nei confronti di una necessaria azione di incentivazione degli investimenti produttivi nel settore. Tutto ciò ha portato anche a un evidente aumento del rischio, non solo per l’assetto idrogeologico, ma anche per la salvaguardia delle caratteristiche ecologiche e paesaggistiche degli ecosistemi forestali delle nostre aree montane e rurali. Questi, infatti, essendo il frutto di una secolare interazione tra natura e azione antropica, nel caso in cui non vengano più gestiti attivamente e correttamente, rischiano oggi di vedere ridotte, se non addirittura compromesse, molte delle loro caratteristiche strutturali e funzionali, in particolare ecologiche e paesaggistiche. (Romano et al., 2012.b).
Negli ultimi decenni, dunque, il sistema forestale nazionale ha dovuto affrontare rapidi mutamenti strutturali ed economici dovuti sia alla molteplicità di beni e interessi da tutelare che all’ampliamento del numero e della natura dei portatori di interesse, cosa che ha originato funzioni di domanda con determinanti molto diverse (Cesaro, 2013). Sono variati i quadri di riferimento, gli scenari si sono fatti globali e i beni e servizi pubblici hanno acquistato maggior peso nella composizione della domanda di prodotti forestali, originando conflitti non facilmente risolvibili. Alla luce del ritrovato interesse politico e programmatico sulle aree interne e montane del nostro Paese, appare dunque necessario e urgente trovare un compromesso che consenta di risolvere gli ostacoli attualmente esistenti e di liberare il potenziale economico, sociale e ambientale ancora inespresso dei nostri boschi. Un’impasse che andrebbe risolta perché se da un lato il contesto amministrativo e normativo del Paese e le esigenze e richieste sociali contribuiscono a rallentare i processi di crescita e investimento, dall’altro gli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese ci impongono di intraprendere azioni rapide ed efficaci per limitare, in primo luogo, gli effetti del cambiamento climatico in atto, per mitigare gli impatti economici e occupazionali generati dalla crisi, per lenire o prevenire i problemi assetto del territorio dovuti all’abbandono delle attività di gestione dei territori di collina e di montagna.
Per tutte queste tematiche un ruolo sempre più importante viene assunto, specialmente per l’Italia, dalla politica comunitaria per lo sviluppo rurale, una politica in cui la materia forestale, a partire dalla approvazione della Strategia forestale europea nel 1998, è confluita e alle cui regole, obiettivi e strategie si è progressivamente adattata. La presenza importante dello sviluppo rurale, però, ha fatto sì che le Regioni abbiano progressivamente destinato la maggior parte delle proprie risorse alle misure forestali cofinanziabili, abbandonando di fatto tutte le altre azioni di carattere forestale che non trovavano possibilità di finanziamento nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale (Cesaro e Romano, 2008).

Le foreste nelle politiche europee per lo sviluppo rurale attraverso diverse programmazioni

Pur in assenza di una esplicita politica forestale europea, nel corso degli anni le foreste sono divenute un tema trasversale di molte strategie e politiche comunitarie (clima, energia, ambiente, commercio internazionale) e, in particolare, di quella di sviluppo rurale.
Proprio grazie al sostegno di quest’ultima, infatti, negli ultimi venti anni si sono innescati in molte realtà italiane processi virtuosi di gestione e valorizzazione del patrimonio forestale che oggi rappresentano importanti esempi di buone pratiche per lo sviluppo del settore e delle aree montane. Va sottolineato, comunque, che in molti casi si tratta di esperienze troppo isolate e sparse, che non costituiscono una realtà solida, organica e soprattutto diffusa in modo omogeneo sul territorio nazionale. Per queste ragioni, dopo tre cicli di programmazione comunitaria (1994- 1999, 2000-2006 e 2007-2013), si è costretti ad ammettere che il settore forestale abbia perso un’importante occasione non riuscendo a sfruttare a pieno le opportunità fornite dalle politiche di sviluppo rurale per innovarsi ed esprimere concretamente le proprie potenzialità.
Prendiamo ad esempio le misure forestali della programmazione Feasr 2007-2013 che, per una serie di motivi, hanno generato risultati inferiori alle attese. Il primo di tali motivi è il forte carattere di innovazione di alcune misure: misure come “Indennità per le aree Natura 2000” o “Pagamenti silvoambientali” non erano mai state applicate prima e hanno avuto chiaramente bisogno di una fase di “rodaggio” connessa alla messa a punto di procedure amministrative e di controllo nuove (Cesaro, 2013). Altre misure, come ad esempio i sistemi agroforestali, così come disegnate, si sono adattate poco alla situazione del nostro Paese e sono rimaste completamente disattese, anche nelle poche regioni che le avevano previste.
Alla luce di queste evidenze, in vista della futura programmazione, appare auspicabile fare delle scelte strategiche più vicine alle capacità e propensioni del nostro sistema forestale nazionale, condividendole a livello nazionale evitando di procedere in ordine sparso come già successo in passato.
Alle porte della nuova fase di programmazione 2014-2020, l’Osservatorio Foreste dell’Inea (www.inea.it/prog/osservatorio_foreste/it/index.php), nell’ambito delle proprie attività di ricerca e analisi, ha da poco pubblicato il rapporto Foreste e politiche di sviluppo rurale a cura di Luca Cesaro, Raoul Romano e Catia Zumpano (2013), un lavoro che si inserisce nella collana Analisi e approfondimenti Inea sul post 2013 per fornire un quadro sullo stato dell’arte, le opportunità mancate e le prospettive strategiche del settore forestale nella futura politica di sviluppo rurale. Il rapporto, attraverso un attento studio sulle motivazioni e problematiche che hanno limitato l’attuazione degli interventi forestali nei precedenti e nell’attuale periodo di programmazione, riporta un’analisi di quelle che sono le opportunità e le novità contenute nella proposta di regolamento Feasr 2014-2020 per il settore forestale, rappresentando uno strumento di supporto sia per la rappresentanza italiana impegnata in sede di negoziato comunitario sulla riforma della Pac, sia per le amministrazioni regionali impegnate ad interpretare le nuove proposte di regolamento avanzate da Bruxelles.

Le foreste nella politica di sviluppo rurale 2014-2020: un'analisi generale dei contenuti

La nuova riforma del secondo pilastro della Pac interpreta e conferma l’evoluzione dell’attenzione che è stata dedicata alle foreste europee e ai settori produttivi a esse collegati nel corso degli ultimi venticinque anni. In particolare, la riforma enfatizza il ruolo strategico che la gestione forestale sostenibile può ricoprire sia nel perseguimento degli obiettivi comunitari di tutela ambientale e di sviluppo socioeconomico dei territori rurali, sia nel raggiungimento degli impegni internazionali di lotta al cambiamento climatico (Marandola et al., 2012).
Differentemente dalle passate programmazioni, gli interventi e le misure di interesse forestale previste dal secondo pilastro sono organicamente inserite nella struttura programmatica della Pac 2014-2020.
In linea con le sfide proposte dalla Strategia Europa 2020 che impongono il raggiungimento di mete ambiziose in materia di lotta al cambiamento climatico, di sostenibilità energetica e di conservazione della biodiversità, e in accordo con l’approccio integrato e multi-tematico proposto dalla nuova programmazione, la gestione forestale assume per il periodo 2014-2020 una posizione trasversale rispetto alle sei Priorità dello sviluppo rurale. Tale trasversalità fa degli interventi previsti per il settore forestale uno strumento valido e concreto di cui l’UE può disporre per perseguire, tra l’altro, la propria strategia climatica 2020. Strumenti che, nonostante il grande clamore, i grandi proclami e i grandi impegni assunti a livello paneuropeo e comunitario, fanno dello sviluppo rurale la principale politica comunitaria che oggi impegna risorse nei singoli stati membri per la lotta al cambiamento climatico.
Ma non è tutto. Oltre all’importante funzione “climatica” delle foreste, una particolare attenzione viene data anche alla fornitura di beni e servizi pubblici collegata alle attività di gestione dei boschi: tutela paesaggistica, conservazione della biodiversità, regolazione del ciclo dell’acqua, valenza turistico-didattico-ricreativa, potenziale di diversificazione dell’economia locale (es. prodotti non legnosi della foresta quali piccoli frutti, tartufi, funghi, sughero, ecc.). A ciò la riforma del secondo pilastro della Pac affianca anche la riscoperta o, quantomeno, una maggiore enfasi nei confronti del potenziale di sviluppo socioeconomico connesso alla risorsa forestale, ai settori e alle filiere produttive a essa collegate. La proposta di regolamento Feasr, infatti, richiama in diversi punti l’opportunità di far convivere esigenze ambientali e interessi produttivi, cosa che assume importanza strategica specie in quelle aree rurali marginali ove la risorsa forestale può rappresentare una delle principali, se non l’unica, fonte di lavoro e di reddito per le comunità locali. Come accaduto per le passate programmazioni, però, la nuova proposta dimentica di porre adeguata attenzione alle diversità storiche, ecologiche e socioeconomiche che contraddistinguono le diverse aree forestali europee, rischiando di omologare le tipologie di interventi e non valorizzare le specifiche caratteristiche territoriali. Ci riferiamo, in particolare, alle peculiari necessità dell’area mediterranea che, soprattutto per la vulnerabilità ecologica che la caratterizza rispetto ai paesi del centro-nord Europa; necessiterebbe di un approccio tematico dedicato che, ancora una volta, non è stato pienamente riconosciuto e accolto nella nuova programmazione (Romano e Marandola, 2012.a).

Gli interventi e le misure di interesse forestale nella Pac post-2013

Differentemente dalle passate programmazioni, la proposta di regolamento Feasr post-2013 presenta delle novità che sembrano offrire la possibilità di migliorare la capacità di spesa delle misure di interesse forestale da attivare con i Psr nel nuovo periodo. In particolare ci si riferisce all’estensione del ventaglio di possibili beneficiari che viene allargato a tutte le forme associative che caratterizzano il mondo forestale, cogliendo la necessità, più volte sottolineata dagli stakeholder, di favorire l’associazionismo e l’integrazione in un settore che lamenta problemi di frammentazione e di disarticolazione delle filiere. Nella stessa direzione può essere letta la possibilità di includere e prevedere sottoprogrammi tematici all’interno dei Psr, con lo scopo di affrontare in modo mirato le necessità di aree geografiche e settori produttivi particolarmente sensibili (Marandola, 2013). In questo quadro viene prevista la possibilità di elaborare, per esempio, sottoprogrammi tematici per le aree montane, cosa che ha la potenzialità di accrescere le possibilità operative e di coordinamento dei diversi interventi che possono interessare il settore forestale in questi territori, amplificando anche le ricadute in termini di sviluppo per le aree rurali più marginali.

Tabella 1 – Misure forestali e di interesse per il settore forestale previste per la programmazione 2014-2020


Fonte: Elaborazione Osservatorio Foreste Inea, da proposta regolamento UE 2014-2020

Metodologia di classificazione e analisi

L’insieme delle misure proposte per il settore forestale per il periodo 2014-2020, di fatto, ricalca quello già collaudato nei precedenti periodi di programmazione, anche se ci sono alcuni elementi di novità che riguardano la semplificazione e il coordinamento degli interventi. La proposta di regolamento, infatti, raggruppa molti degli interventi attivabili per il settore forestale in un unico set di misure (art. 22) al fine di favorire la semplificazione e il coordinamento nell’attuazione degli interventi e, possibilmente, di consentire ai beneficiari di ideare e realizzare progetti integrati di maggiore valore aggiunto. Il set di misure forestali comprende molte delle azioni già previste nelle precedenti programmazioni che con la nuova programmazione vengono declinate in cinque differenti interventi di investimento e gestione forestale (artt. 23 e 27). Tra queste misure si ritrovano, riunite in un’unica misura (art. 23), le azioni di imboschimento dei terreni agricoli e non agricoli (ex misure 221 e 223) che prevedono la copertura dei costi di impianto e un premio annuale per ettaro a copertura dei costi di mantenimento, inclusi lavori pre- e post-intervento, per un periodo massimo di dodici anni.
Ovviamente le specie da utilizzare per gli impianti dovranno essere adatte alle condizioni pedoclimatiche del territorio e, in zone con specifici problemi, possono anche essere rappresentate da specie legnose perenni come cespugli e arbusti. E’ in fase di discussione avanzata la possibilità di far rientrare i rimboschimenti realizzati con questa misura all’interno della percentuale di aree di interesse ecologico che le aziende agricole dovranno realizzare per rispettare i requisiti di greening previsti dalla riforma del primo pilastro della Pac.
Con il set viene riproposta anche la misura per la “realizzazione di sistemi agroforestali” (art. 24) che nell’attuale programmazione non ha riscosso il consenso atteso, in Italia così come nel resto d’Europa. All’articolo 25 ritroviamo la misura di “prevenzione e ripristino dei danni causati alle foreste dagli incendi boschivi e dalle calamità naturali”. Per questa misura la principale novità è rappresentata dall’inclusione, nella categoria delle calamità, degli attacchi parassitari, delle patologie e degli eventi catastrofici correlati al cambiamento climatico. Con questa struttura la misura sembra aprire anche interessanti possibilità per la prevenzione di disastri correlati al dissesto idrogeologico, problema che affligge in maniera sempre più rilevante il territorio italiano.
La misura a sostegno degli “investimenti finalizzati a migliorare la resilienza e il valore ambientale degli ecosistemi forestali” (art. 26), invece, riprende la misura degli attuali investimenti non produttivi (misura 227), ma introduce, o meglio non esclude, la possibilità di un beneficio economico nel lungo termine degli investimenti realizzati. Gli interventi previsti da questa misura, pur essendo interventi storicamente a valenza ambientale, prevedono quindi espressamente, per la prima volta, la possibilità di non escludere i vantaggi economici che possono derivare dalla commercializzazione dei materiali (legnosi e non legnosi) che possono essere ottenuti durante e dopo la fine dell’impegno e dalla fornitura di servizi derivanti dagli investimenti effettuati per preservare e migliorare gli ecosistemi forestali.
La misura a sostegno degli “investimenti in nuove tecnologie forestali e nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti forestali” (art. 27), viene delineata con lo scopo di migliorare la performance economica e ambientale delle foreste e dei prodotti forestali. Tale misura, inoltre, richiama la possibilità di effettuare investimenti per l’uso e la produzione di materiale legnoso da destinare a scopi energetici, stabilendo che il sostegno è limitato a tutte le operazioni che precedono la trasformazione industriale.
In tutte le misure del set forestale viene ribadito che per le aziende al di sopra di una certa superficie il sostegno debba essere subordinato alla presentazione delle informazioni salienti di un piano di gestione forestale o strumento equivalente realizzato nel rispetto dei principi paneuropei di Gestione forestale sostenibile.
Oltre alla novità del set di misure forestali, appare necessario evidenziare due dettagli che possono contribuire a comprendere la linea strategica seguita dal regolamento Feasr per la materia forestale.
In primo luogo, l’estensione del sostegno anche alle funzioni climatiche dei servizi silvoambientali (art. 35) (attuale misura 225) e agli investimenti che accrescono la resilienza dei sistemi forestali agli effetti del cambiamento climatico (art. 26), cosa che conferma quanto già detto precedentemente in merito all’importanza riservata dalla programmazione al tema del cambiamento climatico. In continuità con l’attuale periodo di programmazione, la misura dei “servizi silvo-climatico-ambientali” proposta prevede di mantenere gli indennizzi ai selvicoltori che assumono volontariamente impegni volti alla conservazione della biodiversità, alla protezione degli ecosistemi forestali di grande pregio e al consolidamento della funzione protettiva delle foreste in tema di erosione del suolo, di equilibrio idrologico e di resilienza nei confronti delle calamità naturali. In questo contesto il regolamento propone anche di erogare un sostegno dedicato anche alla conservazione e alla valorizzazione delle risorse genetiche forestali.
In secondo luogo si sottolinea la trasformazione dell’attuale misura per l’accrescimento del valore economico delle foreste (attuale misura 122) in un’azione (art. 27) rivolta agli investimenti in nuove tecnologie e processi forestali. Pur venendo confermati i contenuti, questo cambio di nomenclatura sottolinea come il significato ambientale delle foreste continui a prevalere su quello strettamente produttivo. Questo elemento, inoltre, è ribadito dalle condizioni poste per gli investimenti ammissibili che devono dimostrare di migliorare la sostenibilità ambientale dei processi forestali.
La programmazione 2014-2020 conferma anche i “pagamenti Natura 2000” (art. 31), per le superfici forestali ricadenti nelle aree designate dalle direttive di riferimento. Il sostegno continua a essere fornito ai proprietari e gestori forestali e prevede la compensazione degli svantaggi che risultano dall’adempimento degli specifici interventi restrittivi.
Viene inoltre previsto un contributo per la realizzazione di Piani di gestione di siti Natura 2000, cosa che potrebbe contribuire a sbloccare il potenziale di conservazione ambientale e di crescita sostenibile a essi legato.
Contrariamente a quanto atteso, però, la proposta di regolamento 2014-2020 non prevede misure dedicate alla costituzione di associazioni forestali, anche se la misura per il sostegno alla costituzione di gruppi di produttori (art. 28) può essere estesa al settore forestale e interessanti opportunità vengono offerte dalla misura di cooperazione (art. 36). Questa impostazione offre la possibilità di coordinare la produzione, di commercializzare in maniera congiunta i prodotti, di costituire regole comuni sulle informazioni di produzione, di condividere percorsi di innovazione, ma sembra porre dei limiti alla possibilità di gestire in maniera congiunta e aggregata le superfici forestali, cosa che assume un significato strategico in tutti quei Paesi, come l’Italia, che registrano un’alta frammentazione delle proprietà forestali. Su questo fronte, però, restano alte le attese per la misura di cooperazione che si annuncia particolarmente attenta a iniziative di partecipazione congiunta di soggetti diversi a progetti comuni di sviluppo e tutela della risorsa.
Il “tema foreste” viene introdotto, in maniera più forte rispetto al passato, anche all’interno delle azioni previste per il “trasferimento delle conoscenze”, per “l’innovazione” e per i “servizi di consulenza” (artt. 15, 16, 21), proprio a sottolineare la necessità di sviluppare nuove competenze anche in un settore, come quello forestale, che contribuisce in modo attivo allo sviluppo del territorio rurale. Lo scopo di queste misure è quello di favorire la crescita professionale degli addetti, di aumentare la competitività delle imprese, di migliorare le performance ambientali ed economiche delle imprese. A conferma del delicato ruolo ambientale delle foreste, viene posto l’obbligo che i servizi di consulenza, gestione e sostituzione aziendale per i proprietari, i gestori e le Pmi attive nel settore forestale riguardino come minimo gli obblighi di rilievo previsti dalle direttive 2009/147/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, 92/43/Cee (direttiva habitat) e 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque – Dqa).
La consulenza deve anche riguardare aspetti connessi alla perfomance economica e ambientale delle proprietà forestali al fine di migliorare la gestione sostenibile e la performance complessiva dell’azienda. Il regolamento dispone, inoltre, che i servizi di consulenza debbano permettere di identificare i miglioramenti da apportare a livello aziendale per favorire la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, la conservazione della biodiversità e la protezione del suolo e delle risorse idriche.
Con la misura di “investimenti materiali” (art. 18), viene ribadito come le attività forestali siano una parte integrante dello sviluppo rurale. Gli investimenti per migliorare la performance dell’azienda, la trasformazione, la commercializzazione e/o lo sviluppo dei prodotti, infatti, vengono estese anche al settore forestale per la realizzazione di infrastrutture che facilitino l’accesso alle superfici forestali, per il perseguimento degli impegni silvoambientali o per l’accrescimento del valore di pubblica utilità di un sito Natura 2000.
Come detto, con la nuova proposta di regolamento le foreste rientrano a pieno titolo anche nel tema della “cooperazione” (art. 36), che si amplia e rafforza, divenendo un contenitore importante per tutte le iniziative finalizzate all’aggregazione di operatori e strategie. La misura promette di incentivare, tra l’altro, forme di cooperazione finalizzate alla creazione di reti, all’integrazione di filiera, allo sviluppo di azioni congiunte per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, all’adozione di impegni agro-silvo-ambientali, alla produzione sostenibile di biomasse, alla stesura di piani di gestione forestale o di documenti equivalenti.

Riflessioni conclusive

In generale la riforma dello sviluppo rurale sembra riservare grande attenzione ai temi forestali e può essere giudicata, nel complesso, in modo positivo.
Negli ultimi due decenni si è assistito ad alcuni radicali cambiamenti della politica forestale sia a livello nazionale che a livello europeo e internazionale. Limitandosi agli ultimi due periodi di programmazione – quello in corso e quello precedente – si può dire, però, che lo sviluppo rurale abbia rappresentato il principale, se non l’unico, contenitore per le politiche forestali.
Sicuramente per il futuro è necessario fare delle scelte strategiche, condividerle a livello nazionale per evitare di procedere, come spesso è successo, in ordine sparso. È necessario concentrare le risorse in misure che si adattino alle necessità e alle caratteristiche del patrimonio forestale nazionale e che contribuiscano alla strategia di mitigazione e adattamento del cambiamento climatico, ma inducano anche effetti positivi sulla gestione attiva del bosco, rivitalizzando le filiere produttive e facendo riguadagnare alla materia prima nazionale spazio rispetto al legname di importazione.
La nuova programmazione offre buone possibilità al riguardo, anzitutto, dal punto di vista della programmazione delle misure, soprattutto per le regioni nelle quali il bosco assume maggiore importanza. La seconda importante innovazione riguarda il riconoscimento chiaro ed esplicito dei servizi e benefici pubblici delle misure. Questo significa che, seppur lentamente, la ratio delle misure silvo-climatico-ambientali (ma anche di quelle agroambientali) si sta spostando sempre più nella direzione di remunerare i servizi pubblici e ambientali svolti dagli agricoltori e dai selvicoltori piuttosto che limitarsi a compensare i mancati redditi e i costi aggiuntivi, anche se per il prossimo periodo questa impostazione continuerà ad essere conservata.
Di estrema importanza sembra essere anche la questione dell’integrazione dei Fondi strutturali all’interno di un Quadro Strategico Comune, che passa da una semplice enunciazione di coerenza delle misure e dei programmi, a un obbligo esplicito della programmazione di sviluppo rurale.
Ci sono, ovviamente, anche alcune criticità: in primo luogo l’assenza di una misura dedicata squisitamente all’associazionismo forestale; misura, quest’ultima, giudicata di estrema importanza soprattutto dai paesi dell’area mediterranea. Il nuovo regolamento di sviluppo rurale, inoltre, appare un po’ carente negli aspetti relativi alla produzione, trasformazione e commercializzazione di biomasse di origine forestale, tema che andrebbe sviscerato maggiormente soprattutto se si vuole affrontare la sfida del cambiamento climatico.
Come sempre, tuttavia, i principali responsabili della qualità della programmazione sono le Autorità di gestione (regionali) che predispongono i programmi e l’amministrazione centrale nel suo ruolo di coordinamento e indirizzo strategico (Cesaro, 2013).
Ovviamente ci si augura che regioni e amministrazione centrale possano entrambi imparare dalle buone esperienze e, soprattutto, dagli errori delle passate programmazioni proponendo soluzioni semplici, efficaci, innovative e soprattutto chiaramente indirizzate allo sviluppo dei sistemi di produzione forestale e non semplicemente a quanto è più facile o meno impegnativo da attuare. È vero che i principali elementi di innovazione spesso vengono dalle esperienze e dalla capacità dei singoli (imprenditori, proprietari forestali, associazioni, consorzi, ecc.), ma il decisore politico deve essere in grado, nel momento in cui mette a punto le politiche di sostegno allo sviluppo, di interpretare questi stimoli, di guidarli e di supportarli nel migliore dei modi in una visione di lungo periodo.

Riferimenti bibliografici

  • Cesaro L., Romano R., Zumpano C. (2013), Foreste e Politiche di sviluppo rurale: stato dell’arte, opportunità mancate e prospettive strategiche in Analisi e approfondimenti sul post 2013, (a cura). Quaderno 1 – Analisi e approfondimenti Inea sul post 2013, Roma, 2013

  • Alcune riflessioni conclusive, Capitolo VI - in Foreste e Politiche di sviluppo rurale: stato dell’arte, opportunità mancate e prospettive strategiche in Analisi e approfondimenti sul post 2013, a cura di Luca Cesaro, Raoul Romano, Catia Zumpano, Inea, 2013

  • Cesaro L., Romano R. (2008), Politiche forestali e sviluppo rurale; situazione, prospettive e buone prassi, (a cura). Quaderno 1 – Osservatorio Foreste Inea, Roma, 2008

  • Marandola D., Romano R., Cesaro C. (2012), Le foreste nelle politiche di sviluppo rurale: evoluzione e prospettive post 2013, in Foreste e Sviluppo Rurale, Rete Rurale Magazine, Numero 3 – marzo 2012, a cura di Verrascina M. e Romano R., pp. 14-17.

  • Romano R. (2013), Le foreste nell’Unione Europea: strumenti e strategie - Capitolo II - in Foreste e Politiche di sviluppo rurale: stato dell’arte, opportunità mancate e prospettive strategiche in Analisi e approfondimenti sul post 2013, a cura di Luca Cesaro, Raoul Romano, Catia Zumpano, Inea, 2013

  • Romano R., Marandola D., Cesaro L., Marchetti M. (2012.b), Forest policy in Europe and 2020 scenarios: between sustainability and rural development, Italian Journal of Forest and Montain Environments, edita dall’Accademia Italiana di scienze forestali, Anno LXVII n. 3, maggio-giugno 2012, pp. 221.

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