Abstract
Il ricambio generazionale in agricoltura rappresenta una delle maggiori necessità e sfide e viene riconosciuto come priorità nell’agenda politica dell’UE. Il presente contributo intende fornire un quadro di sintesi sul fenomeno dell’imprenditoria giovanile in agricoltura e sugli strumenti impiegati a sostegno dei giovani agricoltori nell’ambito della Politica agricola comune (Pac) per giungere ad alcune considerazioni conclusive in vista del periodo di programmazione post 2020.
Introduzione
Il ricambio generazionale è da sempre considerato una priorità nell’agenda politica di Bruxelles. Nel 2014 il Consiglio ha evidenziato che i giovani in agricoltura sono fattori fondamentali per la sostenibilità e la competitività di lungo periodo dell’agricoltura europea1. Nel 2015 la Commissione, attraverso il Commissario Phil Hogan, ribadisce che il sostegno ai giovani agricoltori costituisce una priorità affermando che “il ricambio generazionale è una questione che va molto al di là di una riduzione dell’età media degli agricoltori nell’UE”2. Ancora, con la Comunicazione della Commissione europea del 29 novembre 2017 si definiscono gli orientamenti per la politica agricola europea del post 2020 e il ricambio generazionale viene indicato come una priorità nell'ambito di un nuovo quadro strategico. Il documento attribuisce alla Pac il compito di ridurre i rischi nei primi anni successivi all'avvio di un'impresa agricola, offrendo un sistema di sostegno a livello dell'UE per il primo insediamento abbinato a incentivi adeguati per favorire l'uscita delle generazioni più anziane e il trasferimento di conoscenze tra le generazioni nonché per accrescere la mobilità dei terreni e facilitare la pianificazione della successione ad esempio attraverso il ricorso a servizi di consulenza, tutoraggio e preparazione di "piani di successione per le aziende agricole".
Infine, la Proposta di Regolamento per la Pac post 2020 indica il sostegno dei giovani agricoltori tra gli obiettivi specifici che la Pac deve perseguire. Nonostante la grande attenzione riservata a questo tema, testimoniata concretamente dalle ingenti risorse impegnate nei diversi cicli di programmazione, le principali statistiche a disposizione e le recenti pubblicazioni (Corte dei conti europea, 2017) rilevano che le misure per i giovani agricoltori contenute nell’ambito della Pac sembrano essersi rivelate insufficienti ad arrestare un rapido invecchiamento della popolazione agricola.
Il presente contributo intende semplicemente fornire una sintesi dei principali dati statistici a disposizione e una rapida rassegna quanti qualitativa dei principali strumenti a supporto dei giovani imprenditori agricoli nell’ambito della Pac arrivando a proporre alcuni elementi di riflessione su un tema che giocherà un ruolo importante anche nell’imminente ciclo di programmazione comunitaria 21-27.
I giovani agricoltori in cifre
Secondo la Corte dei conti europea (2017) il numero degli agricoltori dell’UE-27 ha registrato una sensibile contrazione tra il 2005 e il 2013 scendendo dai 14,5 milioni di agricoltori ai 10,7 milioni. Con riferimento al 2013, l’Italia si colloca al 21esimo posto con una quota di giovani agricoltori under 35 pari al 3,6% del totale dei capi azienda, contro il 5,8% della media europea. Rispetto al 2010, nel 2013 la quota di imprese con a capo un giovane agricoltore si è ridotta sia per l’Italia, che per l’UE28: nel primo caso è passata dal 5,1% al 3,6%, nel secondo dal 7,5% al 5,8% segnando quindi un peggioramento nell’incidenza dei giovani agricoltori sul totale rispetto al 2010.
Il modesto peso dei giovani sul totale è ancora più preoccupante se letto insieme all’incidenza degli agricoltori più maturi e anziani. Il fenomeno di senilizzazione in agricoltura è sintetizzabile dall’indice di vecchiaia (rapporto tra over 65/under 35) che indica che al 2013 per ogni giovane imprenditore europeo, ce ne sono 5,4 anziani. Il contesto italiano evidenzia una situazione peggiore rispetto a quella comunitaria: ad ogni giovane agricoltore corrispondono quasi 11,7 anziani.
I capi azienda italiani con meno di 40 anni censiti dall’Istat nel 2010 sono 182.768. Si tratta di una cifra importante dal punto di vista assoluto ma minoritaria se rapportata al panorama imprenditoriale agricolo nazionale in cui i capi azienda totali censiti alla stessa data risultano pari a 1.620.884 per cui solo un imprenditore su dieci ha meno di 40 anni.
La situazione sembra peggiorare se si esaminano gli ultimi dati Istat sulla struttura e produzione delle aziende agricole Spa 2013, per i quali, emerge che i giovani agricoltori under 41 rappresentano solo l’8,3% del totale dei capi azienda.
Va tuttavia evidenziato che, restringendo il campo di osservazione alle aziende economicamente più rilevanti secondo una ormai rodata distinzione tra imprese e aziende (Arzeni e Sotte, 2013 e Sotte e Carbone, 2005), l’incidenza delle imprese giovanili aumenta. Purtroppo, i dati censuari agricoli non consentono di distinguere adeguatamente le aziende agricole che non hanno le caratteristiche delle imprese, da quello che lo sono effettivamente. Tuttavia, considerando i dati del Censimento del 2010 ed escludendo le aziende con una produzione standard inferiore ai 10.000 euro (poco meno di un reddito medio annuo da pensione) la quota di imprese con capo azienda under 41 sale al 18%.
In termini generali, tuttavia, i dati statistici a disposizione evidenziano una contrazione delle imprese agricole giovanili e un perdurante processo di senilizzazione del comparto dimostrando come gli interventi messi in campo fino ad ora non sembrano essersi dimostrati sufficienti o adeguati per stimolare un effettivo ricambio generazionale e incrementare la presenza di giovani nel comparto agricolo.
Le misure per il ricambio generazionale nella Politica agricola comune3
La programmazione 2007-2013 affronta il fenomeno della senilizzazione del settore agricolo non solo ricorrendo alla misura 112 di insediamento dei giovani ma anche attraverso il finanziamento alla misura 113 di prepensionamento di agricoltori e lavoratori agricoli (Giuliodori, 2009). A queste due misure si è aggiunto a partire dal 2014 il pagamento per i giovani agricoltori nell’ambito del I Pilastro.
Quest’ultimo rappresenta una vera novità. Per la prima volta la Commissione incentiva l’imprenditoria giovanile in agricoltura introducendo un pagamento disaccoppiato obbligatorio ai giovani agricoltori “attivi4” con età inferiore ai 40 anni che si insediano o si sono insediati come capo azienda entro i cinque anni precedenti la domanda per il pagamento di base. L’erogazione del pagamento è annuale e per una durata massima di cinque anni. L’ammontare del pagamento viene calcolato come percentuale (25%) del valore medio dei titoli fino ad un massimo di 90 ha. Una serie di modifiche migliorative relativamente al calcolo del premio sono state introdotte con il così detto regolamento Omnibus (regolamento (UE)2017-2393).
Un recente lavoro della Rete rurale nazionale (Rrn,2018) ha evidenziato come il pagamento supplementare per i giovani agricoltori abbia interessato 33.304 beneficiari nel 2015 per una spesa complessiva pari a 31.208.984 euro (circa l’80% del massimale disponibile). Il pagamento medio è stato quindi di poco superiore ai 900 euro per beneficiario.
La misura di prepensionamento non ha goduto di grande popolarità in Italia. La sua applicazione già nel periodo 2000-2006 è apparsa da subito problematica e non è stata mai percepita come una vera opportunità da parte degli anziani agricoltori che si dimostrano, notoriamente, molto riluttanti ad abbandonare definitivamente l’attività agricola. Relativamente alla misura di primo insediamento, questa consiste in un premio una tantum per gli agricoltori fino a 40 anni di età che si insediano per la prima volta in una impresa agricola in qualità di capo azienda e che possiedono adeguate qualifiche e competenze professionali e che ne fanno richiesta attraverso la partecipazione agli appositi bandi. Il Piano strategico nazionale (Psn) per lo sviluppo rurale 2007-2013 aveva proposto che la misura (misura 112), a differenza del precedente ciclo di programmazione, fosse inserita all’interno del “Pacchetto giovani”, pensato come uno strumento che raccoglie una serie di incentivi specifici per gli agricoltori sotto i 40 anni che desiderano insediarsi in azienda.
Un’ulteriore novità è stata introdotta a seguito dell’Health check della Pac che, con il Regolamento 74/2009, ha previsto l’aumento del sostegno ai giovani portando da 55.000 a 70.000 euro il massimale concedibile attraverso il premio, con l’intento di favorire ulteriormente l’ingresso dei giovani nel settore agricolo in un momento di crisi economica e finanziaria.
Per favorire l’insediamento di giovani agricoltori è stata stanziata nel 2007-2013, a livello nazionale, una spesa pubblica complessiva di oltre 702,4 milioni di euro pari al 4% della spesa pubblica complessiva. Secondo i dati finanziari più recenti (Ottaviani e Buglione, 2018), sono stati spesi oltre 698 milioni di euro raggiungendo quasi completamente il valore target per l’intera programmazione 2007-2013.
La misura 112 è stata attivata in tutte le regioni sebbene, in termini di risorse destinate, le differenze siano notevoli in valore assoluto e, in alcuni casi, anche in termini di quota percentuale rispetto alla complessiva spesa destinata all’intero Programma di sviluppo rurale (Psr). Nel complesso, le regioni con una più bassa incidenza di giovani rispetto alla media nazionale, hanno generalmente stanziato quote più elevate di spesa pubblica su questa misura. Tuttavia, alcune Regioni pur essendo caratterizzate da una bassa presenza di giovani hanno investito nella misura una quota di risorse inferiore alla media. La figura 1 sintetizza in maniera grafica il grado di coerenza tra l’incidenza del problema della scarsa presenza di giovani agricoltori in ciascuna regione e le risorse messe a disposizione per risolverlo con riferimento al programma di sviluppo rurale 2007-2013.
Nonostante l’ottimo livello di realizzazione, il numero di nuovi insediamenti finanziati con le risorse dei Psr 2007-2013 ‒ oltre 22.000 ‒ rappresenta solo l’1% di tutte le aziende agricole censite nel 2010 (1 milione e 600 mila circa).
Il periodo di programmazione 2014-2020 ha riproposto la misura di primo insediamento come una specifica sotto-misura (6.1) nell’ambito della misura 6. Non ci sono significative novità rispetto a quanto previsto nella precedente programmazione. Alcune novità sono state introdotte di recente con l’entrata in vigore del Regolamento UE 2017/2393 (Regolamento Omnibus). In dettaglio, viene definitivamente ammessa la possibilità per i giovani agricoltori di insediarsi a capo dell’azienda anche congiuntamente con altri agricoltori indipendentemente dalla forma giuridica scelta. Infine, viene ribadita la necessità da parte del giovane di presentare un piano aziendale la cui durata è, però, fissata univocamente in 5 anni.
Nella programmazione 2014-20 sono stati stanziati per la politica di ricambio generazionale 897 milioni rispetto ai 769 milioni di euro della programmazione 2007-13. Anche nella programmazione corrente l’importanza attribuita dalle singole Regioni alla sotto-misura in termini di dotazione finanziaria è tutt’altro che uniforme passando da valori massimi del 13% sull’intera spesa programmata ad un peso di poco superiore al 2%5.
Nel complesso si prevede accederanno agli aiuti della sotto-misura 6.1 circa 20.274 giovani, pari all’1,3% del totale aziende agricole nazionali (sono 22.225 i beneficiari nel 2007-2013) (Piras e Salvati, 2017).
Figura 1 – Relazione tra incidenza dei giovani agricoltori e quota di spesa pubblica programmata per la Misura 112
Fonte: Elaborazioni Rrn-Ismea su dati Psr 2007-2013- Istat (2010)
Un giudizio sulle Misure per i giovani nell’ambito della Pac
La recente relazione speciale della Corte dei conti europea (2017) conclude che le misure della Pac a sostegno dell’insediamento dei giovani si basino su una logica d’intervento inadeguata, poco mirata e priva di una vera definizione di risultati e impatti attesi.
Limitatamente al pagamento supplementare per i giovani agricoltori, la percentuale del massimale nazionale destinata al finanziamento del pagamento per i giovani agricoltori è stata fissata all’1%. La proposta di regolamento per il periodo 21-27 alza questa percentuale fino al 2%. Nonostante il pagamento per i giovani agricoltori costituisca politicamente un segnale di grande attenzione nei confronti del problema dell’insediamento giovanile da un punto di vista pratico il reale beneficio per il giovane agricoltore in termini di sostegno al reddito è molto limitato e vago. Il metodo di calcolo in Italia è basato sul valore medio dei diritti detenuti dall’agricoltore che, evidentemente, genera un trattamento variabile che premia lo status di giovane agricoltore in modo differente tenendo conto del valore dei titoli storici invece che della condizione anagrafica (Frascarelli e Pupo D’Andrea, 2014). Infine, andrebbero analizzati gli effetti di tale pagamento in termini di distribuzione geografica e di comparto. È, infatti, plausibile che le risorse distribuite attraverso questo strumento finiscano per concentrarsi in territori già caratterizzati da una forte presenza giovanile e in comparti ad alto valore aggiunto e che, quindi, avrebbero sicuramente meno bisogno di un sostegno.
Il sostegno ai giovani agricoltori attraverso la misura di primo insediamento del secondo pilastro rimane lo strumento principe delle politiche destinate ai giovani agricoltori. Questo tipo di sostegno compare per la prima volta nel 2000 venendo successivamente riconfermato nel 2007, nel 2014 e ora nel 2021.
La Corte dei conti nella stessa relazione esprime per il premio di primo insediamento un giudizio moderatamente positivo. Infatti, malgrado lo strumento si basi, secondo la Corte, su una valutazione vaga delle esigenze, tuttavia persegue obiettivi parzialmente specifici, misurabili, realizzabili e pertinenti, rispecchiando altresì l’obiettivo generale di incoraggiare il ricambio generazionale.
Nonostante questi aspetti positivi vengono evidenziate alcune criticità che limitano notevolmente l’efficacia del premio di primo insediamento. Appare evidente, sulla base delle risultanze emerse dai principali elementi di monitoraggio, come la programmazione e l’esecuzione della misura dal punto di vista fisico e finanziario sia indistintamente efficiente per tutte le regioni italiane. Per contro, è altrettanto palese come le principali analisi statistiche evidenzino un persistente fenomeno di senilizzazione del comparto agricolo e una contrazione della quota di giovani in agricoltura. Questa lettura contradditoria, potrebbe testimoniare una preoccupazione prioritaria nei confronti del trasferimento delle risorse stanziate allo scopo e meno focalizzata sulle ricadute di lungo periodo come evidenziato da Pulina (2018). La lettura congiunta degli indicatori di spesa e del numero degli insediati e gli effetti di lungo periodo di tale intervento rivelano una sensibile differenza tra la componente specificatamente amministrativa, espressa in termini di spesa sostenuta e numero di insediamenti, e quella funzionale rappresentata dalle ricadute che tale intervento dovrebbe avere nell’invertire o calmierare il processo di senilizzazione del settore agricolo oltre che di mortalità delle aziende finanziate al termine dell’impegno.
In dettaglio, sono molteplici le osservazioni che possono essere mosse in merito all’attuale implementazione della misura e sono molti i suggerimenti che possono essere avanzati per arrivare ad un miglioramento della sua efficacia.
La qualità dei piani aziendali, per esempio, non è omogenea e in alcuni casi le autorità di gestione non hanno applicato procedure di selezione per concedere la priorità ai progetti migliori. Le risultanze di recenti focus group realizzati da Ismea nell’ambito delle attività previste dalla Rrn con giovani imprenditori beneficiari del premio di primo insediamento hanno evidenziato che piani aziendali vengono redatti in funzione dei criteri di selezione e premialità introdotti nei bandi al fine di massimizzare il punteggio e la posizione in graduatoria piuttosto che con l’intento di valutare la vera sostenibilità economica dell’idea imprenditoriale. Allo stato attuale manca un modello comune di “pacchetto giovani”, flessibile in termini di applicazione, ma comune come strategia di approccio tra tutti i Programmi regionali di sviluppo rurale. Raramente l’ammontare dell’aiuto appare essere correlato all’attivazione di altre misure, anche in maniera parziale, nell’ambito del pacchetto giovani andando da un minimo di 30.000 euro fino all’importo massimo di 70.000 euro. L’estrema variabilità registrata nell’applicazione del “pacchetto aziendale” a livello nazionale ne riduce notevolmente il suo valore e la sua portata.
L’ammontare del premio concesso è fortemente diversificato in funzione delle diverse Regioni. La diversificazione registrata sembra essere eccessiva e non giustificata dalla variabilità esistente nel panorama agricolo italiano creando una notevole disparità di trattamento tra giovani agricoltori italiani.
Inoltre, il bilancio settennale destinato alla misura non è uniformemente distribuito durante l’intero periodo di programmazione ma concentrato prevalentemente nei primi bandi, privando così della possibilità di ricevere finanziamenti i giovani agricoltori che si vorrebbero insediare verso la fine del periodo e i cui piani di sviluppo sono, magari, decisamente migliori rispetto ai tanti beneficiari insediati in occasione dei primi bandi.
Le risorse destinate all’attivazione della Misura di primo insediamento, in alcuni casi, si rivelano insufficienti in termini assoluti e in termini di quota percentuale rispetto alla complessiva dotazione Feasr destinata all’intero Psr. In Italia, in termini generali, i nuovi insediamenti finanziati tra il 2007 e il 2013 sono stati circa 22.000, pari a solo l’1,3% di tutte le aziende agricole che costituiscono il target di beneficiari dei Psr nel complesso.
Nei due periodi di programmazione 2007-2013 e 2014-2020 non tutte le Regioni dimostrano concretamente di aver voluto significativamente puntare sul ringiovanimento generazionale in agricoltura coerentemente ai dati demografici presentati nei paragrafi iniziali. Inoltre, nel periodo di programmazione in corso, alcune Regioni hanno addirittura ridimensionato la Misura rispetto alla programmazione precedente in termini di risorse pubbliche programmate.
L’efficacia della Misura sarebbe enormemente potenziata se si creasse un vero coordinamento o concrete forme di complementarietà tra la misura di insediamento del secondo pilastro e le diverse altre misure comunitarie e nazionali a vantaggio dei giovani agricoltori.
Dal punto di vista procedurale e istruttorio, infine, esiste una notevole, forse eccessiva, variabilità nelle scelte attuative adottate da ciascuna regione che in ultima analisi si potrebbe tradurre in una disparità di trattamento per i giovani imprenditori. Sono forti le differenze esistenti in termini di, condizioni di ammissibilità, durata del piano aziendale, significato del termine “primo insediamento, soglie di dimensione economica aziendale minime necessarie per accedere al premio.
Considerazioni conclusive: quali prospettive dopo il 2020
Il ricambio generazionale in agricoltura rappresenta una delle maggiori necessità e sfide e viene riconosciuto come priorità nell’agenda politica dell’UE.
Le statistiche a disposizione pongono in evidenza la debole incidenza dei giovani agricoltori sul totale degli imprenditori agricoli e un preoccupante fenomeno di senilizzazione del settore agricolo.
La Pac ha scelto di mantenere la misura a favore dei giovani presente nel secondo pilastro introducendo, al contempo, un pagamento supplementare per i giovani agricoltori nell’ambito del primo pilastro. Sono molteplici le voci critiche nei confronti dei due strumenti a sostegno dei giovani imprenditori agricoli giudicati, da più parti, insufficienti per garantire un efficace ricambio generazionale.
È evidente, tuttavia, che i problemi dell’insediamento dei giovani agricoltori da un lato, e dello sviluppo delle loro attività imprenditoriali in agricoltura dall’altro, non possono essere affrontati con speranza di successo con questi strumenti. Recentemente, la Corte dei Conti Europea (2017) sulla base di alcuni studi condotti dalla Commissione Europea6 ha evidenziato come, oltre alle misure dell’UE, altri fattori influiscono sul ricambio generazionale come la generale situazione sociale ed economica di un paese, la propensione delle banche a concedere un prestito, le possibilità occupazionali offerte dagli altri settori e la mobilità fondiaria.
Quanto detto, potrebbe portare a ripensare profondamente lo strumento di finanziamento di primo insediamento affrontando le criticità relative alla gestione dell’attività agricola e alla capacità di farla sopravvivere nel tempo (Rrn, 2018b).
Per molti giovani, inoltre, il premio da solo continua infatti a non essere sufficiente nel promuovere un efficace turnover. Nella pratica, il premio d’insediamento per un giovane che si avvicina per la prima volta all’agricoltura è da considerare di dimensioni insufficienti a superare le barriere di ingresso rappresentate dall’investimento in capitale fondiario e agrario. Inoltre, l’obbligo previsto dai bandi di assumere lo status di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale sembra rappresentare un vincolo eccessivo in una fase di avvio di un’impresa agricola, durante la quale il ricorso a redditi extra-agricoli potrebbe rivelarsi fondamentale per garantire al giovane imprenditore un adeguato tenore di vita. Ecco perché il premio si traduce spesso nella migliore delle ipotesi in un incentivo al subentro intra-familiare in aziende già strutturate e nella peggiore in una semplice rendita goduta da giovani figli di agricoltori non realmente intenzionati a realizzare un efficace piano aziende e a proseguire l’attività (carbone, Corsi e Sotte, 2005). In entrambi i casi, le forme di subentro dovrebbero essere distinte nettamente da un effettivo nuovo insediamento con giovani che addirittura provengono da un contesto extra agricolo. In altre parole, occorre distinguere nettamente un passaggio generazionale nella gestione aziendale dal conduttore al proprio figlio il cui effetto, certamente positivo, è quello di una accelerazione del ricambio generazionale da un nuovo insediamento inteso come l’inizio di una attività agricola da parte di nuovi soggetti non appartenenti a famiglie agricole (Carbone e Corsi, 2013).
In termini più generali, appare ormai chiaro come l’obiettivo di favorire nuovi insediamenti debba tener conto delle specifiche esigenze dei giovani non appartenenti a famiglie agricole, prevedendo quindi interventi tesi, da una parte a favorire l’accesso ai capitali e alla terra e, dall’altra permettendo a questa tipologia di nuovi imprenditori agricoli di accedere a specifici contributi per la realizzazione di piccole o piccolissime imprese da condurre anche in part-time e con la possibilità di poter contare, almeno nella fase di start-up, su una diversificazione di reddito anche da attività extra-agricole. Si tratta, in sintesi di vere nuove imprese di cui si conosce ancora molto poco e che, nonostante il loro potenziale ruolo in termini di ricambio generazionale, sono escluse dalle misure di primo insediamento previste dai programmi di sviluppo rurale per via della loro ridotta dimensione economica e dell’impegno part-time del conduttore. Per le aziende start up la concessione del premio non può non avvenire in tempi ridotti. Al momento, i troppo lunghi tempi di istruttoria, vanificano l’effetto start up aumentando i tassi di mortalità delle imprese appena avviate.
Per contro, un premio destinato al solo subentro in aziende familiari strutturate e spesso di grosse dimensioni non può prescindere dalla contestuale partecipazione alle misure di investimento. La concessione del solo premio per questa tipologia di aziende si limiterebbe, altrimenti, ad un generico sostegno al reddito senza alcuna finalizzazione.
Inoltre, una forte politica per il ricambio generazionale deve essere pensata come parte integrante di un più ampio indirizzo generale di politica agraria. In questo senso, tutte le politiche, non solo quelle comunitarie, devono essere pensate in un’ottica di rinnovamento generazionale riducendo o limitando gli effetti negativi e controproducenti di una politica di sostegno fondata più sullo status e la rendita che sul comportamento e sulla progettualità (Corsi, carbone e Sotte, 2005). In particolare, è da più parti stato rilevato come l’ormai abbandonato intervento sui mercati ed il regime degli aiuti diretti al reddito strettamente connessi alla proprietà fondiaria hanno entrambi agito nel corso dei decenni come fortissimi ostacoli all’entrata dei giovani riducendo fortemente la mobilità fondiaria e incrementando il valore del capitale fondiario (Carbone e Corsi, 2013).
Infine, come brillantemente sintetizzato in Cardone, Corso e Sotte (2005), nessuna misura di incentivo all’ingresso dei giovani darà risultati positivi e stabili in presenza di un’agricoltura o meglio un sistema agroalimentare nel suo insieme non competitivo e non in grado di assicurare un ragionevole livello di remunerazione.
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- 2. Discorso del commissario Phil Hogan al seminario congiunto Resr/Ceja sul ricambio generazionale – Bruxelles, 25 gennaio 2017.
- 3. Per maggiori dettagli sulle informazioni contenute in questo paragrafo si rimanda alla pubblicazione della Rrn, Il sostegno alla competitività nello sviluppo rurale: vecchia e nuova programmazione a confronto, Roma 2018.
- 4. Ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) n.1307/2013.
- 5. Per un più puntuale quadro sull’attuazione della Misura 6.1 si rimanda a Piras F., Salvati G. (2017). Analisi dell’attuazione della sotto-misura 6.1 aiuti all’avviamento d’impresa per giovani agricoltori, Rrn Roma dicembre 2017. [link]
- 6. Cfr. Commissione Europea (2015).