Introduzione*
Obiettivo di questo articolo è informare sulle opportunità esistenti in favore dei Territori Rurali nell’ambito della politica regionale nazionale e comunitaria per il periodo 2007-2013 e sulla base del Quadro Strategico Nazionale (QSN) (1). Per meglio inquadrare e comprendere l’impostazione del QSN con riguardo a questi territori, sono necessarie due premesse: ricordare che il QSN è frutto di un solido approfondimento sulle lezioni del passato, contenute nel Documento Strategico Preliminare Nazionale (DSPN) e che esso si colloca nell’ambito di un importante cambiamento dello scenario generale delle politiche di Sviluppo Rurale, segnato dall’uscita del sostegno specifico per la politica di sviluppo rurale e della pesca dall’ambito di azione dei Fondi Strutturali. Il DSPN è il documento prodotto dalle amministrazione centrali nella prima fase del processo di costruzione del QSN. Come indicato dalle “Linee Guida per l’elaborazione del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013” (2) , tale documento, assieme ai Documenti strategici predisposti dalle singole Regioni e al Documento Strategico per il Mezzogiorno, predisposto dalle otto regioni del Sud assieme al Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione del Ministero per lo Sviluppo Economico, aveva come obiettivo di realizzare il confronto tra i diversi livelli di governo e le parti economiche e sociali in vista della stesura del QSN. Partendo dall’analisi della situazione socio-economica del Paese e dai risultati ottenuti e le lezioni apprese nel periodo 2000-2006, il DSPN ha individuato gli obiettivi di coesione e le priorità di intervento per la discussione che ha poi portato alla bozza di QSN (3).
Alla base del Documento vi era la convinzione che il punto di partenza per la costruzione della futura strategia di sviluppo regionale fosse costituito dalla diagnosi e dalla valutazione dei risultati conseguiti nel precedente periodo di programmazione. Alla definitiva stesura del DSPN, dunque, si è arrivati attraverso l’utilizzo, per ciascun tema chiave, dei risultati dell’attività di valutazione, l’apporto delle diverse Amministrazioni centrali e delle parti economiche e sociali e l’organizzazione di Seminari allargati di discussione su temi rilevanti ai fini della definizione della nuova strategia di sviluppo territoriale (4). Pur riconoscendo la necessità di continuare a ragionare per grandi temi e per settori (ad esempio “Ricerca e innovazione”; “Ambiente e risorse naturali e culturali” e altri), il DSPN affermava l’importanza che le priorità e i criteri delineati vengano poi declinati in base alla dimensione territoriale. E’ nella particolare articolazione di risorse, soggetti e interessi sul territorio, infatti, che le singole azioni “settoriali” possono integrarsi. Il DSPN prevedeva, infatti, tre principali declinazioni territoriali: Città; Sistemi produttivi (tra cui anche i sistemi agroalimentari) e Sistemi rurali.
Le lezioni apprese dal precedente periodo di programmazione (2000-2006) (5)
La programmazione per lo Sviluppo Rurale nel periodo 2000-2006 ha perseguito due obiettivi principali:
- migliorare la competitività dei sistemi agricoli e agro-industriali in un contesto di filiera;
- sostenere lo sviluppo dei territori rurali e valorizzare le risorse agricole, forestali, ambientali e storico-culturali.
È opportuno evidenziare come tali obiettivi facessero parte della più generale strategia in favore dello sviluppo locale (Asse IV del Quadro Comunitario di Sostegno - QCS) (6), dove l’avvio e il consolidamento di processi di sviluppo locale doveva essere perseguito attraverso la definizione di più linee strategiche (7). Le linee di intervento previste per la realizzazione del primo obiettivo riguardavano:
- la riconversione produttiva (per il conseguimento di assetti produttivi compatibili con le prospettive di mercato);
- l’introduzione di innovazioni per la riduzione dei costi unitari;
- la valorizzazione e il potenziamento delle produzioni di qualità;
- l’introduzione di sistemi di gestione integrata;
- le azioni formative e quelle finalizzate al ricambio generazionale e al miglioramento delle dotazioni infrastrutturali.
L’Obiettivo Sviluppo Rurale puntava prevalentemente a migliorare l’utilizzo di tutte le risorse endogene esistenti nelle aree considerate, da quelle imprenditoriali, a quelle ambientali e paesaggistiche, alle risorse legate all’identità culturale e sociale. In particolare, trattandosi prevalentemente di aree dove il settore agricolo non riesce a garantire livelli di reddito adeguati, la strategia puntava al sostegno e alla diversificazione del sistema di imprese locali per ampliare gli sbocchi occupazionali in settori collegati all’agricoltura (turismo rurale, agriturismo, artigianato). Oltre al miglioramento infrastrutturale, tra le linee di intervento il QCS indica per il raggiungimento di questo obiettivo anche il miglioramento dei servizi essenziali con l’obiettivo ultimo di migliorare la qualità della vita della popolazione di queste aree.
Nel periodo 2000-2006, l’obiettivo di miglioramento della competitività delle filiere agro-alimentari e quello ambientale (di gestione del territorio) sono quelli che hanno ottenuto la maggior parte dei finanziamenti, mentre l’obiettivo di diversificazione dei redditi e di miglioramento della vita delle popolazioni rurali è stato scarsamente perseguito (8). La conoscenza messa a disposizione dalla ricca attività di valutazione perseguita nel periodo 2000-2006 segnala che ad oggi l’obiettivo competitività, anche se con difficoltà talvolta collegate alla capacità di raggiungimento dei target fissati o al mancato collegamento delle diverse misure in un’ottica di filiera produttiva o territoriale, è stato perseguito da tutte le Regioni con notevoli investimenti finanziari. Il perseguimento della competitività delle specifiche filiere è stato oggetto delle politiche regionali del periodo 2000-2006, con interventi previsti all’interno dei POR e dei Piani di Sviluppo Rurale (inclusi gli interventi irrigui) (9), finanziati dai Fondi Strutturali, e con strumenti quali i contratti di filiera e gli Accordi di Programma Quadro (APQ) finanziati dal Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS) (10).
Ad oggi è ancora difficile dare un giudizio generale sugli effetti che questi investimenti hanno avuto sulla competitività del settore nel suo insieme, sebbene alcune evidenze emergano in relazione a casi e territori specifici (11). Sono peraltro completamente assenti analisi che permettano di capire se gli interventi previsti dal primo pilastro della Politica Agricola Comunitaria (mercati) e quelli di sviluppo rurale più specificamente indirizzati alla competitività del comparto abbiano concorso, e come, al raggiungimento dell’obiettivo comune di ammodernamento e creazione di maggior dinamismo nel settore. Per quanto riguarda l’integrazione con la politica di coesione, mancano valutazioni della rispondenza delle politiche di rete attuate nel periodo 2000-2006 (in particolare la politica dei trasporti e della logistica) con le esigenze della filiera agro-alimentare, con particolare attenzione allo spostamento locale, interregionale e internazionale delle merci.
Per quanto riguarda i Sistemi Rurali e l’obiettivo di sviluppo dei territori rurali, che aveva il duplice scopo di creare nuove opportunità di lavoro e rendere la vita nelle aree rurali più vivibile, benché si registrino esperienze pilota decisamente interessanti in alcune Regioni, nel complesso le linee di intervento attuative di questo obiettivo hanno stentato a decollare; le iniziative concretizzate sono prevalentemente di tipo “infrastrutturale” (progetti specifici per l’irrigazione interaziendale, l’elettrificazione di zone rurali e soprattutto la costruzione o ristrutturazione di strade rurali). Interventi più innovativi, in favore della Diversificazione delle attività nelle aree rurali, come ad esempio interventi in favore della trasformazione di prodotti tipici, la valorizzazione integrata di risorse locali (ad esempio prodotti alimentari specifici collegati anche a interventi in favore dell’artigianato locale e del turismo), hanno trovato poco spazio nella programmazione. La diversificazione economica, inoltre, ha interessato principalmente quella interna alle aziende agricole, con la realizzazione o il potenziamento degli agriturismi, tralasciando altre potenzialità, quali quelle legate alle attività turistiche, artigianali e quelle legate all’offerta di servizi (ambientali, culturali o socio-sanitari).
Particolarmente critica, nei Programmi di sviluppo rurale, è la situazione degli interventi in favore della “qualità”, nonostante le potenzialità di queste produzioni per la costituzione e il rafforzamento di filiere integrate in un’ottica di sviluppo locale integrato. In generale, c’è stata una vera e propria mancanza di idee innovative per perseguire gli obiettivi di creare nuove opportunità di lavoro e della diversificazione economica in queste aree. Scarso è stato anche il perseguimento dell’obiettivo del miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali, che si sarebbe dovuto realizzare attraverso interventi volti a migliorare il livello dell’offerta e l’accessibilità dei servizi per le aree rurali, quali servizi di assistenza sanitaria, creazione di asili nido, miglioramento o potenziamento dei servizi di trasporto. Ovviamente il quadro della spesa e degli interventi di politica economica prescelti può cambiare notevolmente se si scende al livello delle singole regioni. In generale si è rilevata una scarsa integrazione tra gli interventi dei diversi Fondi, sia per le regioni del Centro-Nord che, in misura minore, per le regioni del Mezzogiorno. Sono i profili di cui tenere conto per rispondere all’esigenza di integrazione fra politica regionale e politica di sviluppo rurale da realizzare nel 2007-2013.
Un altro fattore da tenere a mente, nel tentativo di spiegare l’impostazione del QSN con riferimento ai territori rurali, è l’uscita dello Sviluppo Rurale dall’azione della politica di coesione. Questa decisione presa a livello Comunitario, se da un lato ha semplificato e snellito da diversi punti di vista l’organizzazione della Politica di Sviluppo Rurale nel Paese, dall’altro sottopone la stessa ad un rischio di “isolamento”; questo è particolarmente grave se si considera che oggi esiste ormai una ampia letteratura e un consenso comune, anche a livello internazionale (vedi i lavori dell’OCSE), sul fatto che lo sviluppo dei territori rurali non può essere affrontato che attraverso un deciso coordinamento tra le politiche ordinarie e quelle aggiuntive, e tra le diverse politiche a carattere territoriale (nel nostro caso la Politica di sviluppo rurale e la Politica regionale) (12). Da qui la forte enfasi contenuta sia nel DSPN che nel QSN sulla “necessità di Integrare la politica regionale e quella di sviluppo rurale”. Questa necessità è stata richiamata anche dalla Commissione quando, negli Orientamenti Strategici per la Politica di Coesione, pone come obiettivo centrale per i territori rurali “la promozione della diversificazione economica” e insiste sul fatto che questa vada perseguita attraverso una vigorosa integrazione fra la politica di coesione stessa e quella di sviluppo rurale.
Il QSN e i territori rurali
La programmazione della politica regionale, vale a dire della politica a carattere territoriale concordata a livello europeo con le finalità di coesione economico, sociale e territoriale e attuata soprattutto, ma non solo, nelle aree in ritardo di sviluppo, è stata avviata in attuazione della politica di coesione europea per il periodo 2007-2013, e nel rispetto degli impegni presi dall’Italia in supporto degli obiettivi di crescita e occupazione nel processo di Lisbona. Si tratta di un percorso istituzionale e partenariale fra amministrazioni centrali, regionali e locali, e con le parti economiche e sociali, che ha dato vita a numerosi documenti di programmazione strategica, la cui sintesi ultima è il Quadro Strategico Nazionale. Il percorso seguito muove dalla necessità che la politica regionale dia un forte contributo alla ripresa della competitività e della produttività dell’intero paese e alla riduzione della persistente sotto-utilizzazione di risorse del Mezzogiorno. L’intero processo si è basato sulla logica che è necessario valutare l’esperienza passata per poter decidere nuovi indirizzi. Si è mosso dunque da una diagnosi delle tendenze dell’economia italiana e della stagnazione della produttività, ha considerato scenari esogeni per il prossimo decennio, valutato i risultati della politica regionale 2000-2006, individuato punti di forza e di criticità e ricavato lezioni per il futuro. Da questo percorso analitico sono scaturite indicazioni delle priorità strategiche del QSN che mirano a sviluppare i circuiti della conoscenza, ad accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale, a potenziare, con riguardo agli specifici fabbisogni territoriali, le filiere produttive, i servizi collettivi e la concorrenza, a internazionalizzare i territori attraverso attrazione di investimenti, consumi e risorse e a modernizzare e far crescere le capacità di governo delle istituzioni.
Negli Orientamenti Strategici per la Politica di Coesione, la Commissione Europea rimarca la necessità che le priorità di questa politica vadano declinate tenendo conto della dimensione territoriale, in particolare dell’articolazione in aree urbane e rurali. L’obiettivo è che tali politiche siano in grado, il più possibile, di rispondere ai reali bisogni dei territori. Con riferimento alle aree rurali, gli orientamenti strategici per la politica di coesione enfatizzano la promozione della diversificazione economica, da perseguire attraverso una vigorosa integrazione fra la politica di sviluppo rurale e quella regionale. Per quanto riguarda specificatamente quest’ultima, essa deve giocare un ruolo importante su due piani principali: garantire un livello minimo di accesso ai servizi di interesse economico generale (nella prospettiva di migliorare la qualità della vita e le condizioni di contesto, attrarre imprese e personale qualificato e contenere l’emigrazione) e rafforzare le capacità endogene dei territori rurali, favorendo l’innovazione a livello locale. In particolare devono essere promosse le aggregazioni sinergiche (poli di sviluppo, gruppi economici che associno le risorse locali, gruppi di comuni e Comunità montane) che consentano di raggiungere la massa critica necessaria per offrire servizi efficienti.
Per conseguire tali obiettivi, gli Stati membri devono garantire complementarità e sinergia fra le azioni che saranno finanziate dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), dal Fondo di coesione, dal Fondo Sociale Europeo (FSE), dal Fondo Europeo per la Pesca (FEP) e dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) in un dato territorio o in un dato settore di attività, definendo nel QSN e nel Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale (PSN) gli orientamenti principali relativi ai meccanismi di coordinamento tra gli interventi finanziati dai vari Fondi. Un’analoga attenzione ai temi dell’integrazione è presente negli orientamenti strategici della Commissione specifici per lo sviluppo rurale, che evidenziano l’assoluta necessità di “sviluppare sinergie tra le politiche strutturali, la politica dell’occupazione e la politica dello sviluppo rurale”.
Il processo
Una volta conclusi il DSPN, il Documento Strategico per il Mezzogiorno e i diversi Documenti Strategici Preliminari Regionali, in vista della stesura della prima bozza di Quadro Strategico Nazionale si è aperta la fase di confronto delle Amministrazioni centrali e regionali nell’ambito di otto Tavoli tematici e Gruppi tecnici, attraverso un processo di affinamento progressivo delle reciproche posizioni coordinato dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione del Ministero per lo Sviluppo Economico. Dalla discussione tenuta su tali tavoli sono scaturite le “prime proposte strategiche” e l’individuazione di soluzioni di governance per la loro applicazione, che hanno rappresentato un primo passo verso la definizione delle priorità strategiche nazionali e che sono servite da base per l’elaborazione della versione finale del QSN (13). Ai tavoli hanno partecipato rappresentanti delle Amministrazioni Centrali, delle Regioni e delle parti economiche e sociali con compagini di partecipazione alquanto differenziate. I tavoli tematici hanno riguardato le seguenti tematiche:
- istruzione, formazione, territorio;
- ricerca e innovazione, banche e aiuti di Stato;
- ambiente, risorse naturali e culturali, mercato dei servizi, territorio;
- servizi sociali, inclusione sociale, sicurezza e legalità;
- reti/collegamenti, territorio;
- mercato del lavoro, sistemi produttivi, sviluppo locale;
- città, sistemi produttivi, innovazione;
- internazionalizzazione e attrazione investimenti.
In termini di declinazione territoriale delle priorità, la tematica della aree rurali non è stata oggetto di un specifico tavolo tematico, né di un gruppo tecnico, in quanto è stata trattata in maniera trasversale nell’ambito di tutti i tavoli così da garantire, all’interno di ciascuno di essi, l’emersione delle problematiche connesse alle aree rurali. Tale obiettivo ha comportato la produzione di specifici contributi che hanno riportato, su ciascun Tavolo, il punto di vista e le esigenze dei Territori Rurali rispetto all’area tematica di interesse. Tra l’altro, l’attenzione ai Territori Rurali è stata sostenuta anche dalla partecipazione ai diversi tavoli del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF) e dall’attivo contributo delle parti sociali rappresentative del mondo agricolo (Confagricoltura, CIA e Coldiretti). Le Regioni, rappresentate in gran parte dagli Uffici responsabili della programmazione regionale, hanno mostrato un’attenzione variabile alle problematiche rurali a seconda del Tavolo, del tema principale di discussione e delle priorità della Regione stessa. Per meglio capire quest’impianto organizzativo, è il caso di ricordare che questo processo è avvenuto in maniera parallela con quello che, sul Tavolo di concertazione presieduto dal MiPAAF, ha portato alla definizione del Piano Strategico Nazionale, sul quale il Ministero per lo Sviluppo Economico (MiSE) ha partecipato attivamente.
Nei diversi tavoli è emersa una serie di tematiche direttamente connesse al rurale, come, ad esempio, l’importanza della ricerca e dell’innovazione per i sistemi agroalimentari e la necessità di migliorare l’intermediazione tra “chi produce ricerca e chi deve utilizzarla”; i rapporti fra agricoltura, ambiente e paesaggio, sia in termini di valorizzazione e sfruttamento delle risorse naturali, sia in termini di costruzione di filiere produttive, come nel caso della produzione di energia rinnovabile; l’importanza della logistica per il miglioramento della competitività dei sistemi agroalimentari, sia a livello locale che a livello interregionale; il collegamento fra aree urbane e aree rurali periurbane e l’importanza dei comuni e dei network dei comuni per l’offerta di servizi essenziali nelle aree rurali; la specificità delle aree rurali rispetto alle questioni connesse ai servizi sociali e all’inclusione sociale, soprattutto in termini di accessibilità ai servizi stessi.
Nel complesso, dai tavoli è emersa la richiesta di una forte integrazione fra i diversi strumenti delle politiche di coesione e fra queste e le politiche di sviluppo rurale. Sotto questo ultimo aspetto, il lavoro dei tavoli è stato estremamente utile, in quanto ha consentito di definire meglio gli ambiti e le possibili modalità di integrazione in vista della redazione sia del QSN che del PSN.
La selezione dei campi prioritari per l’integrazione
Il processo sopra descritto ha portato all’individuazione di una serie di temi chiave per i quali l’integrazione tra la politica regionale e quella dello sviluppo rurale è considerata una condizione fondamentale per il raggiungimento dello sviluppo (14). E’ bene sottolineare come l’individuazione di queste “Priorità per l’integrazione” sia il risultato di un lungo processo di concertazione: orizzontale tra MiPAAF – MiSE e le altre Amministrazioni centrali di riferimento, e poi anche allargato alle Regioni e alle parti economiche e sociali (15).
Il QSN individua dunque i campi di attività in cui è prioritario perseguire l’integrazione tra le due politiche, distinguendo per obiettivi e individuando, sul piano alto della strategia, una ripartizione tra cosa dovrebbe fare la politica di sviluppo rurale e cosa quella regionale. Bisogna considerare, però, che nell’immaginare questa ripartizione, il QSN ricorda volta per volta il ruolo affidato alla Politica di Sviluppo Rurale sia dal Regolamento che dagli Orientamenti Strategici della Commissione (16). Per quanto riguarda l’obiettivo Competitività della filiera agro-alimentare previsto dal Regolamento sullo Sviluppo Rurale e dagli Orientamenti Strategici della Commissione, il QSN individua come prioritaria l’integrazione nei seguenti campi di attività: Innovazione; Ricerca e Sviluppo; Infrastrutture e Logistica e Capitale Umano (17). In particolare, per quanto riguarda la ricerca, la politica regionale può quindi facilitare il recepimento di temi cruciali per le aree rurali, per l’agro-industria e per le foreste (ad esempio la ricerca sulle biotecnologie, sulle energie rinnovabili, ed altre); migliorare il raccordo, sul territorio, tra operatori economici che devono utilizzare i risultati della ricerca (aziende agro-industriali) e attori che producono la ricerca stessa, anche attraverso soluzioni innovative di mediazione; rendere le aree rurali attrattive per quegli attori, anche esterni, capaci di produrre e diffondere innovazione (ad esempio attori esterni portatori di interesse extra-locale quali il settore privato e le banche, ma anche attori quali le università e i poli di ricerca). In relazione all’obiettivo del miglioramento della gestione del territorio e dell’ambiente, vengono individuati i seguenti campi di attività:
- miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali;
- miglioramento della commercializzazione dei prodotti locali;
- valorizzazione in modo integrato delle risorse umane, naturali e culturali, comprese quelle paesaggistiche e delle produzioni di qualità.
La politica regionale concorre anche, in questi territori, alla costruzione di filiere strategiche (come ad esempio quelle fondate sulla produzione di bioenergie o le filiere economiche attorno ad un’area parco). Per quanto riguarda l’obiettivo dello sviluppo rurale, il QSN accoglie e integra le indicazioni e gli Orientamenti strategici dell’Unione in relazione allo sviluppo rurale (18) e afferma che “la politica regionale, a sua volta, potrà impegnarsi nelle seguenti direzioni: migliorare l’offerta e l’accesso dei servizi essenziali nelle aree rurali (con particolare attenzione a quelle marginali), anche attraverso la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali che siano strumento di facilitazione per l’accesso ai servizi stessi e dunque consentano di rallentare lo spopolamento e di favorire lo sviluppo di nuove attività; e mettere in atto adeguate politiche, in coordinamento e con un ruolo aggiuntivo rispetto alla politica ordinaria per il lavoro regolare, l’occupazione, le pari opportunità di genere e per l’istruzione, per il miglioramento dei livelli di istruzione nelle aree rurali”.
Oltre a questi riferimenti espliciti riportati nella sezione del QSN dedicata all’integrazione tra la politica di sviluppo rurale e quella regionale, le aree rurali sono richiamate più volte, nell’ambito delle diverse priorità, come aree di intervento prioritario; in particolare si segnala il riferimento contenuto nella priorità Inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale, nella quale vengono considerati prioritari gli interventi nei territori interni e rurali e le realtà comunali scarsamente abitate. Il riferimento esplicito alle aree rurali è presente anche nella priorità dedicata alla diffusione delle ICT, nella priorità dedicata al miglioramento e alla valorizzazione delle risorse umane e in quella dedicata alle reti e al miglioramento della mobilità (cfr. obiettivo specifico dedicato al contributo per la realizzazione di un sistema nazionale della logistica).
E’ inoltre necessario ricordare che ci sono parti importanti della politica regionale che, anche se non prevedono un riferimento esplicito alle aree rurali e non hanno incluso il riferimento territoriale nell’esplicitazione delle loro strategie, avranno sicuramente un impatto sulle stesse. Si tratta soprattutto degli interventi per l’applicazione della priorità “Garantire le condizioni di sostenibilità ambientale dello sviluppo e livelli adeguati di servizi ambientali per la popolazione e le imprese” e quelli per l’applicazione della priorità “Competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani”, specialmente in riferimento all’obiettivo specifico dedicato alla “diffusione di servizi avanzati di qualità nei bacini territoriali sovra-comunali e regionali di riferimento”.
Strumenti che possono agevolare l’integrazione
Il QSN offre una serie di indicazioni sul piano operativo per agevolare il processo di integrazione tra la politica regionale e quella di sviluppo rurale. Da una parte spinge verso apposite soluzioni di governance da ricercare sia a livello centrale che a livello regionale. Dall’altra consiglia l’utilizzo e l’individuazione di una serie di strumenti che possono agevolare l’integrazione stessa. A livello nazionale devono essere definite, in accordo anche col partenariato istituzionale ed economico-sociale, soluzioni di governance che possano agevolare l’integrazione nella fase di attuazione dei programmi, prevedendo, ad esempio, forme di coordinamento tra i Comitati di Gestione dei rispettivi fondi; la partecipazione incrociata, come membri di diritto, ai Comitati di Sorveglianza dei Programmi Operativi e dei Piani di Sviluppo Rurale (PSR); la definizione di gruppi di lavoro ad hoc, all’interno degli stessi Comitati di Sorveglianza, con la finalità di verificare il grado di integrazione delle politiche.
La ricerca di soluzioni di governance è suggerita anche a livello regionale, affinché si realizzi l’effettivo coordinamento tra le strutture di gestione dello sviluppo rurale e quelle della politica regionale. A livello locale, per l’integrazione si fa affidamento al proseguimento dell’esperienza della progettazione integrata e del Leader e al consolidamento dei partenariati migliori. In particolare il QSN insiste sulla necessità che a tali partenariati sia assicurata la partecipazione dei diversi operatori rurali (e quindi non soltanto di quelli agricoli) e che sia dato spazio alle istanze della popolazione rurale. Quest’ultima indicazione appare particolarmente importante dal momento che l’evoluzione delle politiche in favore dello sviluppo dei territori rurali – e il superamento della loro natura ancora strettamente settoriale - risulta strettamente legata alla capacità di queste stesse politiche di dare voce, e quindi anche di render conto, ad attori di tipo differente.
L’integrazione finanziaria e programmatica va perseguita incentivando modalità di programmazione e attuazione adeguate. Sarà dunque opportuno:
- favorire la possibilità di combinare i diversi fondi all’interno della progettazione integrata;
- individuare modalità specifiche di incentivazione finanziaria, all’interno dei limiti stabiliti dai regolamenti, per progetti che prevedano uno stretto collegamento funzionale tra interventi finanziati dai diversi programmi all’interno di una stessa area;
- prevedere forme di programmazione che permettano, per determinate questioni, l’integrazione a livello multi-regionale (19);
- prevedere strumenti che consentano di mettere a sistema risorse nazionali, Fondi strutturali e Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR) (20);
- evitare, a livello regionale, sfasature temporali nella gestione dei rispettivi programmi monofondo e nella gestione della progettazione integrata;
- estendere l’impianto del sistema di monitoraggio dei Fondi strutturali, con le dovute flessibilità, a quello dei futuri Programmi di sviluppo rurale.
Il QSN, infine, attribuisce un ruolo importante alla Valutazione come funzione trainante dell’integrazione (21), spingendo verso la ricerca di meccanismi di collegamento tra le attività di valutazione previste per i Piani di Sviluppo Rurale e quelle previste per la programmazione operativa regionale. La sinergia e l’ottimizzazione delle diverse attività valutative dovrebbero essere garantite dal coordinamento della committenza delle valutazioni a livello regionale o centrale (previsto anch’esso dal QSN). Si auspica anche che le Autorità di Gestione dell’uno o dell’altro programma (Piani di Sviluppo Rurale o Programmi Operativi Regionali) prevedano attività valutative comuni, espressione di domande integrate di valutazione, e che i rapporti di valutazione vadano a verificare l’effettiva integrazione dei programmi, almeno per quelle parti che la strategia prevedeva particolarmente importanti nell’ottica dell’integrazione.
Conclusioni
Il QSN offre interessanti opportunità per lo sviluppo dei territori rurali, opportunità che passano prevalentemente per le potenzialità in termini di integrazione tra la politica regionale con la politica di sviluppo rurale. Sono stati individuati i Campi di attività più importanti per il perseguimento di tale integrazione, lasciando libere le Regioni che volessero spingersi anche oltre. Bisogna però ricordare che l’attuazione di entrambe queste politiche è decentrata in massima parte alle Regioni. Questo significa che il pieno sfruttamento di queste opportunità non può che passare per il livello regionale.
Il coordinamento orizzontale tra gli Assessorati di riferimento e tra le strutture Amministrative sarà quindi fondamentale. L’integrazione delle strategie è uno dei requisiti contenuti negli Orientamenti Strategici della Commissione e nei documenti nazionali (QSN e PSN), ma sta alle Regioni costruire strategie non soltanto coerenti, ma soprattutto sinergiche con potenziali effetti “moltiplicativi” sui territori, e soprattutto tradurre queste strategie attraverso strumenti adeguati di attuazione. Questo implica grossi sforzi di coordinamento orizzontale, che se assenti, rischiano di mandare perduto l’impianto previsto dal QSN nei confronti di questi territori.
D’altra parte, è necessario ricordare che una delle più importanti novità del periodo di programmazione 2007-2013 è una programmazione unificata per la politica regionale comunitaria, finanziata dai Fondi strutturali, e per la politica regionale nazionale, finanziata dal Fondo Aree Sottoutilizzate. Le “Linee Guida”, approvate da Stato, Regioni ed Enti locali con l’intesa della Conferenza unificata del 3 Febbraio 2005, sanciscono, infatti, la scelta di avere un unico Quadro Strategico Nazionale (QSN), che si riferirà sia alla politica regionale comunitaria, che a quella nazionale. Alla base di questa decisione c’è la necessità di rendere queste due politiche pienamente coerenti.
Sempre in linea con gli indirizzi delle “Linee guida”, la programmazione 2007-2013 dovrà perseguire “la coerenza fra politica regionale e politica ordinaria di sviluppo, dandone conto nei documenti di programmazione dei diversi livelli di governo, e nei loro atti strategico-operativi, e monitorandone i distinti valori finanziari, sia negli impegni giuridici, sia nella spesa” (DSPN, pag. III). Ciò significa che l’obiettivo di coerenza riguarda non solo le due politiche regionali, ma anche le politiche ordinarie che concorrono all’attuazione della strategia di sviluppo definita dalla nuova politica regionale con il QSN.
Il QSN prevede che ”ogni amministrazione che concorre agli obiettivi della politica regionale di coesione, si doti (…) di un proprio documento di programmazione specifica (territoriale per le amministrazioni regionali, settoriale per le amministrazioni centrali) della politica regionale di coesione unitaria“. Tale documento contiene gli obiettivi generali della politica regionale di coesione unitaria, gli obiettivi specifici attraverso i quali ogni Regione declina la sua strategia e il quadro di programmazione finanziaria unitario. Nell’ambito di tale documento, dovrebbe essere esplicitato anche il collegamento e l’integrazione tra la politica regionale, la politica di sviluppo rurale e quella della pesca, prevedendo alcune indicazioni territoriali, assieme alle priorità e agli strumenti per agevolare l’integrazione stessa.
D’altra parte, ad oggi, la politica di sviluppo rurale del Paese ha ancora un carattere fortemente settoriale e fatica a diventare una politica trasversale, legata al territorio. La maggior parte degli interventi in favore dei territori rurali, nel periodo 2000-2006, è costituita ancora da incentivi alle aziende agricole principali beneficiarie di questi programmi. Altri soggetti, altrettanto importanti, quali Comuni, gruppi di Comuni, Gal, altri operatori economici e “popolazioni rurali” hanno beneficiato in maniera marginale di queste politiche. Le esperienze più innovative, mirate a integrare le risorse sul territorio e a creare alternative di diversificazione economica, sono purtroppo rimaste marginali.
Per quanto riguarda la politica regionale, il periodo di preparazione della cornice strategica del prossimo periodo di programmazione è stato caratterizzato da una nuova sensibilità in generale alle problematiche territoriali, e in particolare a quelle dei territori rurali. Al tempo stesso la ristrettezza delle risorse, specialmente nelle Regioni del Centro- Nord e la necessità di concentrarsi sulle più importanti priorità dello sviluppo (Ricerca e Innovazione; Obiettivi di Servizio; Città e Sistemi Urbani) limita lo spazio “strategicamente esplicito” che questa politica concede ai territori rurali, anche se l’impatto “potenziale” e talora indiretto di parte di questa politica su questi territori resta importante (ma non necessariamente esplicitamente disegnato). Resta infine la tendenza a pensare che “esiste” un’altra politica che si occupa esplicitamente dei territori rurali, cosa che automaticamente “deresponsabilizza” le politiche regionali.
Resta infine da segnalare l’assenza nel Paese di una strategia coordinata per lo sviluppo dei territori rurali e la tentazione di confondere il Piano Nazionale di Sviluppo Rurale con tale strategia nazionale. Nonostante gli indubbi passi avanti fatti da questo strumento, esso resta fortemente settoriale e non è in grado di garantire quel coordinamento orizzontale tra diverse politiche (anche quelle ordinarie, prime fra tutte la politica sociale, sanitaria, dell’istruzione e dei trasporti), considerato fondamentale per far avanzare l’intervento in favore dei territori rurali (22). Fortunatamente l’integrazione e il coordinamento, perseguiti con tanta difficoltà a livello centrale, ma soprattutto regionale, sono spesso molto più avanzati a livello locale.
Note
* Le opinioni qui espresse sono addebitabili esclusivamente alle autrici.
(1) Il Quadro Strategico Nazionale è il Documento che individua gli indirizzi strategici ed operativi per l’attuazione della politica regionale, nazionale e comunitaria nel Paese. Bisogna a tal proposito ricordare che caratteri distintivi della politica regionale e precondizioni per la sua stessa efficacia sono l’intenzionalità dell’obiettivo territoriale e l’aggiuntività. A differenza della politica ordinaria, che persegue i propri obiettivi trascurando le differenze nei livelli di sviluppo, come se tutti i territori interessati fossero caratterizzati da condizioni ordinarie, la politica regionale di sviluppo, nascendo dalla piena considerazione di tali differenze, è specificatamente diretta a garantire che gli obiettivi di competitività siano raggiunti da tutti i territori regionali, anche e soprattutto da quelli che presentano squilibri economico-sociali. Il QSN, che costituisce la cornice strategica all’interno della quale si muovono i diversi programmi delle Regioni,è stato approvato dal CIPE il 22 Dicembre 2006 ed è attualmente oggetto di un negoziato informale per la predisposizione di un testo prodotto in cooperazione con la Commissione Europea.
(2) “Le linee guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale per la politica di coesione 2007-2013” sono state approvate dalla Conferenza Unificata il 3 febbraio 2005. Esse hanno stabilito indirizzi entro i quali sviluppare la programmazione regionale e scandito i metodi di collaborazione istituzionale e con il partenariato economico-sociale. In questa sede è nata l’indicazione della programmazione unitaria della politica regionale comunitaria e nazionale quale indirizzo vincolante per la programmazione 2007-2013.
(3) Per una dettagliata descrizione del Processo, vedi Finuola R e Lucatelli S, “Territori Rurali e Processo di definizione della politica regionale 2007-2013”, in Politiche Strutturali per l’Agricoltura, INEA, Giugno 2006.
(4) Questi Seminari hanno avuto come oggetto le seguenti tematiche:
- Conoscenza per lo sviluppo: il ruolo della scuola e dei processi di apprendimento nelle politiche di sviluppo (Roma, 7 luglio 2005);
- Ricerca e Innovazione per la competitività dei territori: come orientare la politica di sviluppo (Roma, 11 luglio 2005);
- Risorse naturali e culturali come attrattori (Roma, 28 settembre 2005);
- Il lavoro e le competenze delle persone: le sfide per lo sviluppo dei territori e la riduzione della disparità (Rimini, 17-18 ottobre 2005);
- Ambiente e Energia per lo Sviluppo sostenibile (Roma, 11 novembre 2005).
(5) Le lezioni qui presentate sono contenute nel Documento Strategico Preliminare Nazionale, disponibile sul sito del Dipartimento per le Politiche di Coesione e Sviluppo (http://www.dps.mef.gov.it ).
(6) Il Quadro Comunitario di Sostegno è stato il documento strategico di riferimento per la politica regionale nel periodo 2000-2006.
(7) Per una più approfondita analisi della strategia 2000—2006, vedi Lucatelli S., Monteleone A., “Valutazione e Sviluppo delle Aree Rurali: un approccio integrato nella Valutazione delle Politiche di Sviluppo, Materiali UVAL, n.7, 2005.
(8) Vedi a questo proposito l’Allegato Tematico sullo Sviluppo Rurale della Valutazione Indipendente del QCS (a cura di Fanfani R. e Cazzato F.); Vedi anche Lucatelli S e Monteleone A, “Valutazione e Sviluppo delle Aree Rurali” (cit.).
(9) L’organizzazione della programmazione dello sviluppo rurale nel nostro Paese, per il periodo 2000-2006 è avvenuta in maniera differente nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno (Regioni obiettivo 1).
Nelle Regioni obiettivo 1 gli interventi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sono finanziati con:
a) i Piani di Sviluppo Rurale, al cui interno con il FEOGA Garanzia sono finanziate le ex misure di accompagnamento (Agro-ambiente; Imboschimento delle Superfici Agricole e Prepensionamento) e le indennità compensative per le aree svantaggiate;
b) i POR, al cui interno sono finanziati interventi più tipicamente strutturali (investimenti alle aziende agricole; infrastrutture rurali; misure per la diversificazione rurale), finanziati dal FEOGA Orientamento. In tutte le regioni non incluse nell’obiettivo 1, gli interventi di sviluppo rurale sono cofinanziati dal FEOGA Garanzia e trovano applicazione nei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR). Sia nel Centro-Nord, che nell’area Obiettivo 1, sono stati attivati i Programmi Leader.
(10) Sia gli APQ a carattere irriguo che quelli propriamente agro-alimentari.
(11) Vedi anche Lucatelli S., Monteleone A., “Valutazione e Sviluppo delle Aree Rurali” (cit.) e vedi anche gli Allegati del Seminario su Valutazione e Sviluppo delle Aree Rurali, pubblicati nei Materiali UVAL n. 7.
(12) Vedi OECD, The New Rural Paradigm: Policies and Governance, Parigi, June 2006. Vedi anche Lucatelli (2006), “Lo sviluppo dei territori rurali nel Documento Strategico Preliminare Nazionale, Continuità, discontinuità, priorità per la politica regionale 2007-2013” in Agriregionieuropa, Numero 4;
(13) Per una dettagliata descrizione del Processo, vedi Finuola R e Lucatelli S, Territori Rurali e Processo di definizione della politica regionale 2007-2013 (cit.).
(14) Il risultato di questo processo è riportato nel paragrafo del QSN dedicato a “Il collegamento e l’integrazione finanziaria fra la politica regionale, la politica di sviluppo rurale, della pesca e altri strumenti finanziari”.
(15) All’individuazione di questi temi prioritari hanno contribuito anche i seminari organizzati nell’ambito del processo di costruzione del QSN e quelli organizzati dal MiPAAF nell’ambito delle consultazioni per la definizione del PSN.
(16) L’interpretazione che il QSN riporta della Politica di Sviluppo Rurale è quella di una politica multidisciplinare che si pone come obbiettivo esplicito la diversificazione dei territori rurali.
(17) Per una descrizione più dettagliata di cosa può fare la politica regionale in questi campi di attività, si veda il testo del QSN.
(18) Per quanto riguarda l’obiettivo di miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali e di diversificazione dell’economia rurale, l’Unione Europea individua come azioni prioritarie dello sviluppo rurale la creazione di impiego in attività non agricole e l’offerta di servizi essenziali per la popolazione rurale (incluso il miglioramento delle condizioni di accesso, agendo ad esempio sul trasporto pubblico locale), con particolare enfasi a quei servizi che facilitano l’accesso dei giovani e delle donne nel mondo del lavoro di queste aree (ad esempio, asili nido).
(19) Ad esempio quelle attinenti alla logistica delle merci, per le quali sono necessarie soluzioni sovra-regionali.
(20) Ad esempio: grandi infrastrutture irrigue; infrastrutture di tipo logistico e reti di trasporto.
(21) Il QSN recita: “La necessità di valutare gli effetti congiunti di diverse azioni, anche afferenti a diversi programmi, sullo stesso territorio, rende la stessa valutazione strumentale al perseguimento dell’integrazione delle politiche”.
(22) Vedi a questo proposito i risultati del Comitato OCSE, Gruppo di Lavoro per le Politiche Rurali, pubblicato in “The New Rural Paradigm: Policies and Governance” (cit.).