La convenzione alpina sull’agricoltura di montagna: brevi considerazioni

La convenzione alpina sull’agricoltura di montagna: brevi considerazioni
a Università di Teramo, Dipartimento di Scienze degli Alimenti

Il paesaggio agricolo italiano si caratterizza per una molteplicità di territori mutevoli tra loro, con orografie, prevalentemente, montuose e collinari, dove operano aziende agricole capaci di produrre numerosi e diversificati prodotti agro-alimentari, alcuni dei quali si fregiano di riconoscimenti di qualità certificata. Le zone acclivi, nel corso di secoli, e comunque successivamente alle colonizzazioni greche e al sinecismo etrusco (Sereni, 2004), sono state modellate dall’azione antropica, attraverso una serie di interventi continui e costanti nel tempo, finalizzati a permettere lo svolgimento di un’agricoltura capace di poter sfruttare razionalmente territori montani e di alta collina, con la realizzazione di ciglioni e di terrazzamenti, in maniera tale da aumentare le superfici agricole coltivabili. I Paesi europei hanno iniziato a prendere coscienza e a formalizzare giuridicamente la salvaguardia, la gestione del patrimonio naturale e la pianificazione territoriale dello spazio transfrontaliero negli anni ottanta, attraverso la sottoscrizione, a Berna, della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale d’Europa. A questo documento ufficiale sono seguiti numerosi atti giuridici formali e sostanziali, richiamati nel preambolo della Convenzione europea del paesaggio, elaborata a Firenze il 20 ottobre 2000. La Convenzione europea del paesaggio constata l’importanza del paesaggio quale elemento fondamentale per il benessere degli individui appartenenti all’Europa in senso ampio, sul quale l’attività agricola e forestale ha agito accelerandone la sua trasformazione, cui dovranno seguire, necessariamente, degli intereventi di pianificazione finalizzati a garantire una valorizzazione del paesaggio per cercare di riportarlo in condizioni di piena e completa utilizzazione anche per le generazioni future (Ministero dell’Ambiente, 2000). Oltre ai problemi geo-morfologici, l’agricoltura delle zone montane deve affrontare alcuni svantaggi climatici che influenzano la normale tecnica agronomica e zootecnica (razze allevabili, carico mantenibile, quantità e qualità degli sfalci) delle aziende; questi svantaggi incidono, in misura significativa, sui costi e sulle strategie aziendali.
L’Unione europea con la Direttiva CE 75/268 ha preso coscienza delle difficoltà incontrate dalle aziende che operano in aree svantaggiate, prevedendo l’erogazione di indennità specifiche1 (Fanfani, 2003). Ad integrazione e completamento della Direttiva CE 75/268, il Regolamento CE 1257/1999, inerente il sostegno allo sviluppo rurale, ha previsto la possibilità di estendere le indennità compensative per le zone montane e svantaggiate ad aziende agricole, collocate in una nuova tipologia di aree inserite nella Rete Natura 20002, al fine di attuare una serie di interventi, i quali, purtroppo, rimangono ancora disattesi in molte regione italiane (Storti, 2004). L’utilizzo di numerosi parametri utilizzati per la definizione dei territori beneficiari delle indennità compensative, ha portato la Corte dei conti europea a muovere delle critiche finalizzate a rivedere i criteri e le modalità di classificazione delle zone svantaggiate, al fine di evitare situazioni di forte sperequazione tra i diversi Stati membri dell’Unione europea (Corte dei Conti, 2003). La zonizzazione proposta da parte di alcune regioni italiane, nell’applicazione dei Piani di Sviluppo Rurale per il prossimo periodo programmatorio 2007-2013, ai sensi delle modifiche previste dal Regolamento CE 1698/2005, ha previsto dei criteri più selettivi per l’erogazione delle indennità compensative che, comunque, non dovrebbero incidere sulle aree montane, le quali continueranno a beneficiare delle indennità previste. Dagli anni novanta ad oggi, attraverso le iniziative comunitarie Leader e Interreg, l’Unione europea ha cercato di rafforzare, in una prospettiva di crescita e sviluppo equilibrato, transnazionale e interregionale, la coesione economico-sociale e la salvaguardia del territorio e delle comunità rurale che in esso risiedono, con la finalità di limitare la marginalizzazione dello spazio rurale, proponendo un coinvolgimento sinergico delle comunità rurali e delle istituzioni, con il fine di realizzare una programmazione locale di tipo bottom-up, capace di calibrare gli interventi di sviluppo rurale alle reali esigenze del territorio e realizzando, mediante il cofinanziamento, iniziative pilota facilmente replicabili, in altre realtà similari.

L’attività agricola e lo spazio alpino

Lo spazio alpino europeo è un’area molto estesa, pari a circa 19 milioni di ettari che coinvolge, parzialmente o totalmente, una molteplicità di paesi che fanno parte dell’Unione europea, nel quale vivono e operano circa 13 milioni di abitanti. Le comunità rurali, che risiedono nelle zone alpine, sono economicamente e socialmente molto importati perché svolgono una funzione di presidio e salvaguardia dell’ambiente, attuando, inoltre, un’agricoltura capace di offrire dei prodotti di qualità certificata ben apprezzati sul mercato (formaggi, salumi, vini, ecc.).
Il 7 novembre 1991 la Comunità europea ha sottoscritto la Convenzione per la protezione delle Alpi o Convenzione alpina, la quale, solo cinque anni più tardi, il 26 febbraio 1996, è stata ratificata dal Consiglio europeo entrando in vigore, solo due anni dopo, il 4 aprile 1998. La Convenzione alpina definisce, in una prospettiva di collaborazione transfrontaliera, tra le regioni dello spazio alpino, alcune misure necessarie da attuare, mediante la sottoscrizione e la ratifica del Protocollo sull’agricoltura di montagna allegata alla Convezione stessa.
La Commissione europea, nell’aprile scorso, ha emanato un proprio documento recante la proposta di Decisione del Consiglio sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170), avente la finalità di approvare e di ratificare il Protocollo Agricoltura di montagna. Il protocollo rappresenta uno strumento che ha recepito le conclusioni dei Consigli europei di Lisbona e di Goteborg, durante i quali furono stabiliti alcuni obiettivi di lungo periodo quali lo sviluppo sostenibile, la tutela della biodiversità e lo sviluppo di un’agricoltura a basso impatto ambientale.

Alcune considerazioni di sintesi inerenti il Protocollo sull’agricoltura di montagna

Il Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170) ribadisce il ruolo centrale dell’agricoltura per il presidio del territorio, la salvaguardia dell’ambiente e individua, nell’agricoltura di montagna, il motore di sviluppo delle comunità locali che operano nello spazio alpino, le quali, attraverso i prodotti tipici che si realizzano, riescono a generare un indotto economico significativo. Le disposizioni generali, indicate nel Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170), prevedono che gli Stati membri dello spazio alpino, mettano in atto una politica agricola che incentivi un’agricoltura, compatibile con le condizioni di svantaggio specifico nelle quali operano le imprese agricole, e che assicuri, attraverso interventi mirati, condizioni di vita adeguate per le comunità rurali montane. Agli agricoltori è riconosciuto il ruolo di protagonisti fondamentali per il mantenimento del paesaggio rurale e il presidio del territorio; pertanto, le decisioni e gli interventi da mettere in pratica dovranno, necessariamente, rendere partecipi e coinvolgere gli agricoltori nelle scelte operative, insieme agli enti territoriali, al fine di mettere in pratica un approccio condiviso, integrato e calibrato alla realtà del territorio montano. Nel documento viene ribadita l’importanza ed il ruolo dello scambio reciproco di informazioni e conoscenze (best practies) tra tutti gli Stati dell’arco alpino, al fine di garantire l’affermazione e la diffusione di una società dell’informazione, necessaria per poter competere strategicamente sul mercato, generando, conseguenzialmente, un distretto della montagna allargato e di dimensioni molto ampie, efficiente e funzionale.
Le misure specifiche, indicate nel Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170), prevedono una serie di interventi abbastanza articolati e organici tra loro che tengano in debita considerazione le caratteristiche peculiari dell’agricoltura dello spazio alpino. L’agricoltura della montagna alpina dovrà essere adeguatamente compensata, secondo le indicazioni emerse da parte dei Paesi aderenti, attraverso interventi di Politica agricola, finalizzati a garantire una coltivazione minima, tipica di questi contesti e collocabile in “un quadro di accordi contrattuali vincolati a progetti e prestazioni”, capace di garantire, inoltre, la conservazione e la cura del paesaggio.
Gli Stati appartenenti allo spazio alpino dovranno impegnarsi a mettere in atto una pianificazione territoriale che si contestualizzi alle zone montane; particolare attenzione andrà riservata agli interventi finalizzati al riordinamento e al miglioramento fondiario, alla conservazione e alla manutenzione degli elementi tradizionali del paesaggio (boschi, siepi, prati e pascoli) e, infine, alle fattorie considerate, non più come strumenti di produzione tout-court, ma come elementi architettonici da salvaguardare, facenti parte integrante del paesaggio alpino. La coltivazione nelle zone agricole alpine dovrà favorire l’estensivizzazione delle colture che richiedono delle fitotecniche e agrotecniche specifiche, in grado di manifestare i loro effetti e la loro influenza sulle produzione tipiche (qualità, tipicità e specificità del prodotto). Per quanto attiene all’allevamento, si ribadisce la necessità di puntare al mantenimento della diversità nelle razze allevate, adatte al contesto alpino, e alla necessità di conservare, mantenendole in uso, superfici pascolative e forestali; la sinergia e l’integrazione tra il bosco e le superfici prative consentirà un più funzionale ed efficiente rapporto tra gli animali allevati, il soddisfacimento delle condizioni di benessere degli animali e uno sviluppo armonico con il territorio, l’ambiente e lo spazio rurale.
Gli interventi di economia agricola e forestale dello spazio alpino dovranno far sì che l’attività agricola si possa integrare con altre attività culturali, produttive e ricreative in maniera tale da generare ulteriori fonti di reddito per le comunità rurali, raccordandosi con le normative vigenti in ambito nazionale e trans-regionale (salvaguardia dell’ambiente alpino, del paesaggio e presidio del territorio). Al fine di consentire una maggiore valorizzazione delle produzione tipiche e una salvaguardia del reddito gli Stati, facenti parte dello spazio alpino, sono invitati a creare e/o migliorare le condizioni di commercializzazione dei prodotti tipici della montagna e incrementare la competitività sui mercati internazionali. Per cercare di mantenere in loco le comunità rurali dello spazio alpino, gli Stati, che sottoscriveranno il Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna, dovranno promuovere il miglioramento e il potenziamento di quei servizi sociali ed economici essenziali e necessari alle zone montane e al mantenimento, in loco, delle popolazioni, cercando di integrasi con quelle azioni di intervento previste dal Regolamento CE 1698/2005 e nei suoi tre assi, ossia: Miglioramento della competitività e del settore agricolo e forestale (Asse I), Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale (Asse II), Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale (Asse III).
La ricerca rimane un elemento strategico per lo sviluppo e il presidio dell’agricoltura della montagna; le parti contraenti, quindi, s’impegnano ad attuare una serie di adempimenti per favorire i processi di formazione e assistenza tecnica, rallentando il fenomeno di abbandono e di depauperamento del territorio montano.

Conclusioni

La sottoscrizione del Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170) appare un atto necessario ed impegnativo che potrebbe contribuire a rafforzare la posizione dell’Unione europea nei confronti della comunità internazionale, poiché rappresenterebbe una presa di coscienza, condivisa, in grado di consentire la valorizzazione dell’agricoltura di montagna, offrendo una posizione comune e coesa di Politica agricola comune. L’attuazione di interventi specifici, finalizzati alla salvaguardia e al presidio del territorio, non collegati direttamente alle produzioni, consentirebbe all’Unione europea di erogare contributi che non alterino e/o ostacolino il mercato internazionale e che, pertanto, non dovrebbero trovare grosse opposizioni in sede di negoziati Wto. L’importanza strategica della ratifica e dell’attuazione del Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170), è quella di creare una forte sinergia tra tutti i soggetti istituzionali e imprenditoriali coinvolti, generando, in un’area vasta, un distretto agro-alimentare allargato, capace di valorizzare le produzioni agricole montane e il territorio, evidenziando il ruolo centrale dell’impresa agricola multifunzionale e confermando la funzione dell’agricoltore quale attore principale e strumento di presidio e salvaguardia del territorio e dello spazio rurale.

Riferimenti Bibliografici

  • Commissione Europea (1975), Agricoltura di montagna e di talune zone svantaggiate (Direttiva CEE 75/268), disponibile sul sito [link] documenti, rilevato il 30 agosto 2000;
  • Consiglio europeo (2006), Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170), disponibile sul sito [pdf];
  • Corte dei Conti (2003), Relazione speciale n°4/2003 sullo sviluppo rurale: il sostegno alle zone svantaggiate, Gazzetta ufficiale Unione europea serie C n°151, 27 giugno 2003;
  • Fanfani R, Brasili C. (2003), La politica di sviluppo rurale dell’Unione europea, Nuovo diritto agrario, n°1 dicembre 2003, disponibile sul sito [link], rilevato il 30 agosto 2006;
  • Ministero dell’Ambiente (2000), Convenzione europea del paesaggio, disponibile sul sito [link], rilevato il 30 agosto 2006;
  • Sereni E. (2004), Storia del paesaggio agrario italiano, Laterza, Bari, pp.29-31;
  • Storti D. (2004), Il regime comunitario delle zone svantaggiate agricole: stato dell’arte e esigenze di revisione, in Le politiche comunitarie per lo sviluppo ruale Un bilancio di metà percorso rapporto 2003/2004, Inea-Osservatorio sulle Politiche strutturali-, Roma, pp.175-178;
  • Vieri S. (1994), La politica agricola comune dal Trattato di Roma alla riforma Mac Sharry, Edagricole, Bologna, pp.60;
  • 1. La Direttiva CE 75/268 definiva come zone montane quelle aree geografiche nelle quali si svolgeva attività agricola caratterizzata da: pendenza media superiore al 20% dei territori comunali interessati o parte di questi, altitudine media compresa tra 600-800 metri (Vieri, 1994) e non possono superare il 10% della superficie complessiva dello Stato membro.
  • 2. La Rete Natura 2000 comprende le Zone di Protezione Speciale (ZPS) e le Zone di Protezione Speciale Comunitaria (SIC) così come definite, rispettivamente, dalla Direttiva 92/43 CE e dalla Direttiva 79/409 CE.
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