Schemi agro-ambientali e condizionalità: cosa determina il comportamento degli agricoltori?

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Schemi agro-ambientali e condizionalità: cosa determina il comportamento degli agricoltori?
a Università di Firenze, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell'Ambiente Agroforestale

Introduzione

Eco-Condizionalità, o Cross-Compliance (CC), e Schemi Agro-ambientali (Agri-Environmental Scheme - AES) sono gli strumenti che la PAC ha messo in campo per promuovere la produzione di esternalità positive nel settore agricolo, e la limitazione di quelle negative. Attraverso la CC, i pagamenti diretti agli agricoltori sono erogati nella loro interezza solo se sono soddisfatti alcuni criteri o standard relativi a sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, ambiente e benessere degli animali. In questo modo si lega l'accesso al sostegno al reddito ad una serie di standard (ambientali e non) in parte già definiti dalla legislazione vigente (Van Tongeren, 2008). Si tratta di un approccio di tipo red ticket, ovvero il mancato rispetto di determinati standard conservativi comporta una penalità sotto forma di riduzione dei trasferimenti al reddito. A questo si contrappone l’approccio proprio degli AES, di tipo green ticket, che permette di usufruire di benefici crescenti (varie forme di sussidio quali crediti d'imposta, assicurazione sul raccolto e prestiti a basso interesse), derivanti da specifici programmi di assistenza, per le aziende agricole che volontariamente decidano di rispettare o, addirittura, superare gli standard di conservazione ambientale previsti (Batie e Sappington 1986); con una sorta di contrapposizione tra sistema sanzionatorio (red ticket) e sistema premiante/compensativo (green ticket).
In Europa i primi elementi di CC furono introdotti con la riforma McSharry del 1992 che prevedeva la messa a riposo obbligatoria di una percentuale del terreno a seminativo. Tuttavia, è solo con la Mid Term Review del 2003 che la CC è resa obbligatoria per tutti i beneficiari del pagamento unico aziendale, e di certe misure dei piani di sviluppo rurale, a partire dal 2005. Gli Stati membri devono, anzitutto, implementare standard sui processi agricoli (criteri di gestione obbligatoria - CGO) relativi ad un certo numero (variabile negli anni) di regolamenti e direttive, peraltro già vigenti, e devono definire una serie di pratiche agricole obbligatorie (buone condizioni agronomiche ed ambientali - BCAA - anche queste di contenuto più o meno ampio nei diversi anni). Per far fronte alla complessità tecnica di certe pratiche, la riforma prevede anche l’introduzione di servizi di consulenza aziendale. Obiettivo di questo lavoro è identificare i principali temi emersi dalla letteratura sulle determinanti del comportamento degli agricoltori relativamente alla partecipazione agli schemi agro-ambientali e al rispetto delle norme di CC.
Sebbene la maggior parte degli studi passati in rassegna sia relativa agli schemi agro-ambientali, quindi a schemi di carattere essenzialmente volontario, ci si chiede se molti dei risultati ottenuti non siano applicabili anche alle politiche di CC. Come nota Latacz Lohmann (1999) la CC stessa può essere considerata “essenzialmente un meccanismo volontario, basato su incentivi, e ricadente nella categoria dei contratti piuttosto che una regolamentazione di tipo command and control”. Infatti, l'agricoltore che non desidera sottostare alle norme di CC (almeno a quelle non già obbligatorie in forza di altri regolamenti) può sempre rinunciare al pagamento unico aziendale.

Le determinanti del comportamento degli agricoltori in risposta alle politiche agro-ambientali

I principali studi che indagano sulla partecipazione agli AES, così come sull’accettabilità delle politiche di CC e sull’adozione di pratiche agricole sostenibili, hanno evidenziato la rilevanza di alcuni fattori incisivi nelle dinamiche del processo di rispetto delle norme e partecipazione agli schemi.
Sembra esservi consenso generale sul fatto che la partecipazione sia influenzata positivamente dalla dimensione aziendale, dal grado di istruzione e dall’attenzione prestata dall’agricoltore alla tutela e conservazione dell’ambiente, mentre vi sarebbe una relazione negativa tra partecipazione ed età. Benché tali fattori “interni” all’azienda e al suo ambiente ma “esogeni” rispetto alla politica possano condizionare fortemente l’adesione alle politiche agro-ambientali, appaiono relativamente poco interessanti ai fini politici poiché non è possibile intervenire su di essi. Per questo motivo, esiste un altro filone di studi che concentra l’attenzione anche sul variare del comportamento partecipativo in funzione di fattori esterni all’impresa ma “endogeni” rispetto alla politica, tra cui gli elementi essenziali degli schemi proposti (per esempio: durata dei contratti e valore dei pagamenti compensativi) e le modalità di implementazione degli stessi. Di seguito la letteratura sarà analizzata secondo questa bipartizione.

Determinanti “interne” del comportamento degli agricoltori

La letteratura esistente ha ben evidenziato l'influenza che i fattori endogeni, ovvero background culturale, età, caratteristiche e dimensioni aziendali, propensioni e attitudini personali ecc. esercitano sulle scelte degli agricoltori, condizionandone fortemente le decisioni in materia di partecipazione agli AES. In alcuni casi, infatti, il peso di tali variabili è ben più rilevante rispetto a quello di altre variabili connesse, ad esempio, alla governance structure, ovvero alle relazioni che intercorrono tra agricoltori e istituzioni locali (Bertoni et al. 2009; Knowler, Bradshaw 2007). In particolare, il contributo dell'istruzione e dell’educazione all’utilizzo di pratiche agricole sostenibili sta diventando sempre più importante nei casi in cui sono considerate le questioni strettamente legate alla tutela ambientale. La disponibilità a partecipare è inversamente proporzionale all’età dei rispondenti, mentre si rivela direttamente proporzionale al livello di educazione e a chiare prospettive sulla successione (Vanslembrouck et al. 2002).
Una relazione positiva si osserva anche tra istruzione agricola specializzata e partecipazione agli AES. L’istruzione agricola incrementa la capacità degli agricoltori di adottare pratiche di miglioramento e, quindi, incide sulla combinazione di input utilizzati nel processo produttivo (concimi, antiparassitari, ecc.); anche la partecipazione di vicini/parenti agli AES ha effetto positivo e statisticamente significativo (Damianos, Giannakopoulos 2002).
La struttura delle aziende agricole e il tipo di coltivazione, nonché le strategie di gestione aziendale, sono particolarmente influenti nell'adozione degli AES.
In generale, colture labour-intensive, un approccio attivo di gestione aziendale e la stretta dipendenza del reddito delle famiglie da quello aziendale sono tutti fattori che non incoraggiano la partecipazione. Esperienze passate con gli AES, la percezione positiva dell’applicabilità delle varie misure, un approccio orientato alla conservazione e gli aspetti economico-finanziari sono invece fattori che favoriscono l'adozione di tutte le misure agro-ambientali (DeFrancesco et al. 2008; Wilson 1997).
Altrettanto cruciale si rivela la variabile “dimensione aziendale” (estensione dell’azienda, ambiente produttivo, redditi lordi stimati, ecc.) per spiegare la scelta degli agricoltori di introdurre nuove pratiche a livello aziendale, di diversificare le coltivazioni, e ancor più di partecipare a specifici programmi di orientamento.
L'evidenza empirica dimostra che i gestori di grandi aziende sono maggiormente disposti a modificare le pratiche colturali esistenti o ad adottare nuove colture. In Damianos e Giannakopoulos (2002) in particolare, sopra un livello critico di dimensione aziendale, l'adozione di una nuova pratica colturale o di una tecnologia innovativa offre la possibilità di ripartire i costi fissi e diminuire il rischio connesso con l’adozione di nuove pratiche come quelle previste dal regolamento 2078/92.
Maggiore è la dimensione aziendale (in termini di redditi lordi), minore è l’avversione al rischio, e più alto il tasso di partecipazione alle misure agro-ambientali. Tuttavia, è possibile riscontrare delle eccezioni: è questo il caso dell’indagine di Wossink e Wenum (2003) in cui la dimensione aziendale e l’assenza di un successore non hanno effetto né sulla partecipazione effettiva, né su quella potenziale. Anche in un lavoro di Vanslembrouck (2002), in una delle due misure esaminate, Aestetic Plant in Yard (misura che consiste nella conservazione delle coltivazioni agricole tradizionali e degli elementi tipici del paesaggio agrario) le aziende di grandi dimensioni, diversamente dalle aspettative, sono risultate meno favorevoli a partecipare rispetto alle aziende piccole e medie. Un dato che si potrebbe spiegare con la collocazione geografica delle aziende più grandi, notoriamente posizionate in aree particolarmente boscose. Quest’ultimo caso ci ricorda che per effettuare un’analisi puntuale è impossibile prescindere dalle caratteristiche della misura considerata e dal contesto socio-geografico in cui la stessa è stata introdotta.
L’accettabilità di alcune misure, come nel caso dei metodi di produzione estensivi, è condizionata da molteplici fattori tra cui l'uso del suolo. Mante e Gerowitt (2007) mettendo a confronto seminativi e prati-pascoli, ne danno prova. Nel loro lavoro, l’apertura a nuove forme di utilizzo del terreno e la propensione a sperimentare da parte degli agricoltori rivelano un impatto significativo solo sui seminativi; al contrario, un implicito interesse da parte degli agricoltori a tutelare la biodiversità ha come effetto quello di implementare le pratiche estensive, ma solo nei prati-pascoli. Questo risultato si spiega con i minori rischi legati all’adozione delle misure per le zone a prato o a pascolo.

Determinanti “esterne” del comportamento degli agricoltori

Tra i fattori esterni che influenzano il comportamento degli agricoltori rispetto all’adozione degli AES vi sono aspetti di design dello schema, quali la natura volontaria del sistema, l’entità dei pagamenti, la durata del regime, il tempo che intercorre tra uno schema e il successivo, ed aspetti legati all'implementazione, quali le informazioni fornite, il tipo di monitoraggio, la rigidità dei cambiamenti imposti dallo schema, ovvero i margini di flessibilità dello stesso. Uno degli argomenti meno approfonditi in letteratura riguarda proprio l’identificazione all’interno di un AES degli aspetti contrattuali, e non solo, che incidono sulla probabilità di partecipare dei vari gruppi di agricoltori.
Alcuni di questi aspetti appaiono a prima vista banali, ma non per questo sono trascurabili. Edwards (2006), ad esempio, cita uno studio condotto in Galles sulle misure agro-ambientali dal quale si evince che ben il 26% degli agricoltori che aveva preso in considerazione l'adozione del regime era stato scoraggiato dalle lungaggini dei processi applicativi, tra cui la compilazione dei moduli e altre questioni burocratiche.
Ruto e Garrod (2009) modellano le scelte degli agricoltori al fine di stimare in che misura gli stessi accetterebbero livelli di vincolo diversi negli schemi proposti in cambio di variazioni sui pagamenti per ettaro. La conoscenza di tale trade-off consente di intervenire sugli incentivi offerti ai potenziali partecipanti agli schemi agro-ambientali.
Talvolta si verifica che, sebbene l'ammontare delle offerte eserciti un peso significativo sulla disponibilità a partecipare, gli elevati compensi monetari offerti nel programma contingente non riescono ad indurre la partecipazione della metà del campione intervistato (Wossink, Wenum; 2003). Tra le cause di un basso tasso di partecipazione agli schemi, infatti, vi è molto spesso l’incompatibilità tra le pratiche conservative previste dalle misure, le caratteristiche degli agricoltori e delle aziende e gli inappropriati incentivi proposti. Gli autori dimostrano come un’offerta calibrata sulla base di adeguate indagini tra gli agricoltori olandesi permetta di raggiungere ben oltre il 60% della partecipazione ai programmi sulla conservazione della biodiversità. Questo caso mette in luce che, al di là della distinzione tra cause “interne” ed “esterne” del comportamento degli agricoltori, è l’interazione tra le due categorie di fattori che spesso determina il successo o l’insuccesso di una misura.
L’opportunità di sperimentare positivamente la pratica dei programmi agro-ambientali e un migliore accesso all’informazione rappresentano fattori determinanti nell’incoraggiare l’adozione delle misure (Mante, Gerowitt 2007; Vanslembrouck et al. 2002). Wilson e Hart (2000) dimostrano questo dato mettendolo in relazione al fatto che se un agricoltore prende parte a più misure che si succedono nel tempo, si tratta principalmente di misure simili tra loro.
Dalla letteratura emerge, inoltre, che gli agricoltori preferiscono in media contratti a breve piuttosto che a lungo termine, con una propensione per condizioni flessibili sia con riferimento alle aree che prendono parte allo schema sia con riferimento alle prescrizioni o misure da tenere in base agli schemi (Ruto, Garrod 2009). Tuttavia, anche in questo caso, le caratteristiche personali come l’età del rispondente, se abbia o no dei successori, il grado di sensibilità ambientale, le dimensioni dell’azienda, la proporzione di terra in affitto e i livelli di dipendenza dal reddito proveniente dalle attività legate all’azienda agricola, sono fonte di eterogeneità nelle preferenze per la durata del contratto. Infatti, la maggiore dipendenza del reddito familiare da quello aziendale induce gli intervistati a preferire contratti a lungo termine e quest’aspetto si spiega con la volontà di legare la propria attività ad un’aggiuntiva e sicura fonte di ricchezza.
In generale, il fatto di percepire reddito extra-aziendale, associato all’elevato grado di specializzazione del coltivatore, rientra tra i fattori che incrementano la probabilità di accettare l'offerta (Ruto, Garrod 2009; Wossink, Wenum 2003). Tuttavia, non sempre la partecipazione alle misure di CC comporta vantaggi economici per gli agricoltori in termini di maggiori profitti conseguibili: sull’opportunità economica dell’adesione incide la possibilità di combinare le condizioni previste dagli schemi in funzione delle proprie esigenze sito-specifiche. In alcuni casi (Russel e Fraser, 1995) dagli effetti sui margini di profitto che derivano dall’applicazione di più misure combinate tra loro, quali, ad esempio, la riduzione nell'uso dei fertilizzanti e il set-aside permanente, emerge che è ottimale e vantaggioso, da un punto di vista di allocazione delle risorse, rispettare una sola condizione alla volta.

Conclusioni

Sulla base dei lavori presi in esame, appare difficoltoso generalizzare i risultati attraverso l’elaborazione di un semplice schema delle determinanti del comportamento degli agricoltori di fronte alle politiche agro-ambientali, supportato da sufficiente evidenza empirica. Questa disomogeneità è da ricondursi alla difficoltà di spiegare, attraverso un modello causa-effetto, comportamenti umani compessi, poiché nel processo decisionale subentrano molte variabili non sempre controllabili e identificabili.
Tuttavia, è possibile trarre alcune indicazioni utili ai policy maker nella progettazione e implementazione delle future politiche agroambientali basandosi sulla letteratura sugli AES e tenendo in considerazione le caratteristiche peculiari della CC.
Anzitutto, emerge la necessità di definire specifici programmi educativi rivolti ai giovani agricoltori e mirati a garantire istruzione e assistenza tecnica sufficienti, al fine di incoraggiare la partecipazione delle piccole aziende, fornendo all’agricoltore competenze tali da rendere le pratiche agricole conservative redditizie.
Nei casi in cui la conservazione, pur non essendo redditizia per il singolo agricoltore, possa offrire notevoli benefici pubblici, dovrebbe essere fornita agli agricoltori una mirata e adeguata assistenza finanziaria, strutturando ad hoc le campagne di informazione con riguardo agli aspetti relativi agli incentivi da offrire agli agricoltori interessati a nuovi metodi di coltivazione.
Inoltre, in alcuni casi l’utilizzo di pagamenti diretti e del green ticket, in contrapposizione al red ticket, fra l’altro ipotizzato dal recente documento della commissione sulla riforma della PAC (COM 2010/ 672), permetterebbe di superare vincoli di tipo reddituale e consentirebbe di intraprendere con maggiore libertà scelte aziendali innovative e, al tempo stesso, rispettose dell’ambiente. Infatti, le insicurezze legate alla gestione del suolo sono spesso associate a nozioni carenti, minore esperienza o stretta dipendenza dal reddito aziendale. Nel caso in cui i cambiamenti da attuare comportino l’assunzione di maggiori rischi, reali o presunti, tali incertezze possono essere superate solo con una seria assistenza tecnica. Infine, poiché la mancanza di una selezione rigorosa delle aziende da sottoporre alle misure di CC favorisce un approccio basato sulla quantità piuttosto che sulla qualità dei finanziamenti, è necessario articolare sempre più le condizioni previste in funzione delle caratteristiche socio-economiche e fisiche locali che a loro volta influenzano il rispetto delle norme.

Riferimenti bibliografici

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