Agricoltura e rinnovabili: la situazione attuale
La difficile situazione economica globale verificatasi negli ultimi anni ha influito negativamente sulla domanda di energia che, nel caso dell’Italia, si è tradotta in un calo del 5,7% nel 2009 rispetto all’anno precedente. La riduzione del consumo ha toccato soprattutto il settore industriale (-20%), contribuendo in questo modo ad una diminuzione delle emissioni di gas serra in atmosfera, mentre settori in controtendenza sono risultati quello del civile (residenziale e servizi) e dell’agricoltura; in particolare, quest’ultimo ha mostrato un aumento, seppur lieve, degli impieghi finali sul 2008 (+1,4%) (Ministero dello Sviluppo Economico, 2009).
Il settore agricolo, pur avendo rispetto agli altri un peso minore in termini di impieghi finali di energia, assume un ruolo centrale riguardo agli aspetti legati alla produzione di energia da fonti rinnovabili. A livello nazionale i dati 2009 mostrano, infatti, una crescita del Consumo Interno Lordo (CIL) di energia da fonti rinnovabili di oltre 2 Mtep (+13%), arrivando a un totale di circa 19 Mtep, ossia quasi l’11% del CIL nazionale nello stesso anno (Terna, 2009).
In particolare nel settore elettrico le fonti rinnovabili hanno fatto segnare l’incremento maggiore giungendo a una quota di copertura del CIL elettrico totale (333 TWh) del 21% circa a livello nazionale. Gran parte di questo apporto proviene dall’idroelettrico, una fonte storica per l’Italia, che è in grado di fornire ancora oggi circa il 70% della produzione totale da rinnovabili (Figura 1) e quasi il 15% di quella elettrica totale.
Figura 1 - Produzione elettrica da fonti rinnovabili in Italia, anno 2009 (%)
Fonte: Terna 2010
In questo contesto il contributo delle attività agricole e forestali emerge chiaramente osservando il peso che la produzione elettrica da biomasse - principale fonte dopo l’idroelettrico - assume in termini di apporto energetico alla produzione totale (11%, Figura 1).
Tra le biomasse rivestono particolare importanza quelle solide che costituiscono la principale fonte energetica, generando oltre la metà della produzione elettrica da biomasse nel 2009. Nello stesso anno è stata particolarmente significativa la crescita della produzione elettrica da bioliquidi, principalmente gli oli vegetali grezzi che sono passati da 30 GWh nel 2008 a poco più di 1 TWh l’anno successivo. Tale produzione si ripartisce in maniera abbastanza uniforme tra quella destinata alla sola generazione elettrica (56%) e quella combinata di energia elettrica e calore (44%).
Va inoltre osservato che, da un anno all’altro, la potenza installata di impianti alimentati con oli vegetali grezzi provenienti da attività agricole è cresciuta di oltre il 450% (Figura 2), portando la capacità cumulata a superare i 300 MW e il numero di impianti a passare da 8 nel 2008 a 35 l’anno successivo. Questo successo deriva principalmente dall’effetto combinato del basso costo della materia prima (olio di palma) e dell’elevato rendimento tecnico-economico degli impianti di valorizzazione energetica. In Italia la produzione di olio vegetale puro avviene essenzialmente attraverso la coltivazione di circa 3.000 ha di girasole, corrispondenti al 2,5% della superficie nazionale, e circa 20.000 ha di piantagioni di colza, destinati anche in parte alla produzione di biodiesel (Associazione Italiana Energie Agroforestali, 2010). Infine i biogas, che nel 2009 hanno contribuito per quasi un quarto alla generazione elettrica totale da biomasse, e tra questi quelli da attività agricole e forestali sono stati la seconda fonte subito dopo i biogas da rifiuti (Gestore Servizi Energetici, 2009).
Figura 2 - Potenza cumulata (MW) e variazione della potenza installata (%) su impianti alimentati a biomasse
Fonte: GSE 2010
Rinnovabili in agricoltura e prospettive tecnologiche
Osservando in un’ottica ancor più ampia il ruolo delle rinnovabili in agricoltura, è possibile esaminare da due prospettive differenti il punto d’incontro tra le attività tipicamente agricole e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile. Da un lato, infatti, le attività produttive dell’agricoltura giocano un ruolo “attivo” nel processo di produzione di energia fornendo, in maniera diretta, la materia prima sotto forma di biomasse da scarti o da colture dedicate. Dall’altro l’azienda agroenergetica utilizza in misura sempre maggiore risorse del territorio a fini energetici, attraverso il ricorso a impianti mini-idraulici, geotermici soprattutto a bassa temperatura, eolici e solari.
Proprio in quest’ultimo settore - tenuto anche conto della Legge 266/05 secondo cui la produzione di energia elettrica da fotovoltaico può costituire parte del reddito agrario - si sta diffondendo un crescente interesse alle installazioni di impianti fotovoltaici su terreni agricoli. Come mostra la figura 3, infatti, la quota di potenza fotovoltaica installata a fine 2009 su superfici appartenenti ad imprese agricole ha raggiunto quasi un decimo delle installazioni totali in Italia, con i picchi di potenza del 19% e del 22% delle installazioni regionali totali in Trentino Alto Adige e nelle Marche.
Il problema della compatibilità del settore agricolo con quello fotovoltaico è essenzialmente legato al rischio che le installazioni di impianti alimentati a fonte solare sottraggano superfici utili alle produzioni alimentari. In quest’ottica è pertanto fondamentale aumentare gli sforzi e gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo per favorire in breve tempo il progresso tecnologico al fine di aumentare ulteriormente il rendimento dei moduli fotovoltaici e di ridurre conseguentemente la superficie occupata a parità di energia prodotta.
Figura 3 - Potenza secondo la tipologia di sito degli impianti fotovoltaici installati a fine 2009 (%)
Fonte: GSE 2010
Tuttavia le maggiori potenzialità del settore agricolo, in termini di apporto energetico al fabbisogno nazionale, si concentrano senza dubbio sulla valorizzazione delle biomasse che, come mostra il Piano d’Azione Nazionale per le fonti rinnovabili, rappresentano una risorsa fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo vincolante del 17% di copertura dei consumi finali al 2020 attraverso fonti di energia rinnovabile. Secondo tale Piano infatti, al 2020 le biomasse copriranno il 19% della produzione elettrica sul totale da fonte rinnovabile con 18,8 TWh e il 54% della produzione di calore con 5,7 Mtep (Figura 4).
Figura 4 - Produzione di energia termica nel Piano d’Azione Nazionale (ktep)
Fonte: Piano d’Azione Nazionale 2010
Anche le più recenti analisi di scenario elaborate dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA, 2010) confermano il ruolo centrale che le biomasse assumeranno all’interno del sistema energetico nazionale, sia nel medio che nel lungo termine, per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e di penetrazione delle fonti rinnovabili che l’Unione Europea ha fissato per l’Italia al 2020. In figura 5 viene rappresentata la crescita della produzione elettrica da rinnovabili che nello scenario d’intervento, elaborato dall’ENEA per identificare il mix di fonti necessario al raggiungimento dei target comunitari, da luogo nel lungo termine a un apporto elettrico doppio rispetto a quello attuale, passando da quasi 70 TWh nel 2009 a circa 140 TWh nel 2050. In questo contesto la generazione elettrica da biomasse cresce in particolare dal 2030 ed arriva
nel 2050 quasi a quadruplicare rispetto alla produzione attuale.
Figura 5 - Produzione elettrica da fonti rinnovabili nello scenario di intervento, 2010-2050 (TWh)
Fonte: elaborazione ENEA 2010
Nello scenario d’intervento le biomasse assumono un ruolo centrale anche nel settore dei trasporti dove, grazie a un sempre maggiore ricorso ai biocarburanti, oltre a un crescente utilizzo di elettricità, è possibile ottenere circa un quarto della riduzione totale di emissioni rispetto a una evoluzione tendenziale del sistema energetico (Figura 6).
Figura 6 - Riduzione di CO2 per settore nello scenario d’intervento rispetto allo scenario tendenziale nel 2050 (%)
Fonte: elaborazione ENEA 2010
Come è noto, il diffuso e crescente interesse per l’utilizzazione a fini energetici di materie prime di origine agricola ha recentemente alimentato il dibattito sui rapporti fra la produzione di alimenti, che costituisce la funzione primaria dell’agricoltura, e la destinazione di quantitativi rilevanti di prodotti agricoli alla produzione di energia. Questa problematica coinvolge in particolare il settore dei biocarburanti attraverso i quali si dovrà arrivare a coprire, entro il 2020, il 10% del fabbisogno energetico nei settore dei trasporti. Al di là delle critiche, a volte strumentali, di chi prefigura un contrasto insanabile fra la produzione di cibo e quella di energia, è evidente che un approccio corretto e ragionevole al problema necessita di una particolare attenzione verso una serie di elementi che costituiscono i presupposti indispensabili per garantire la “sostenibilità” delle diverse filiere bioenergetiche.
In un simile contesto, dovrebbe costituire un obiettivo prioritario del mondo della ricerca, pubblica e privata, quello di contribuire all’individuazione e allo sviluppo di nuove tecnologie di valorizzazione energetica delle biomasse, nell’ottica del superamento dei limiti della situazione attuale. Lo sviluppo di tecnologie innovative dovrebbe, infatti, consentire di raggiungere gli obiettivi per il 2020 utilizzando prevalentemente materie prime che non presentino rischi di competizione con le tradizionali produzioni alimentari e allo stesso tempo siano caratterizzate da un rapporto costo/benefici ambientali più favorevole rispetto ai processi attuali.
In quest’ottica, e in maniera coerente con le traiettorie tecnologiche delineate dalle analisi di scenario, l’Agenzia ENEA porta avanti da tempo attività di ricerca nel settore della valorizzazione energetica delle biomasse. Tali attività sono finalizzate in particolare allo sviluppo di tecnologie innovative e più efficienti per la generazione di energia elettrica e termica e alla messa a punto di processi innovativi di produzione di biocarburanti, i quali ad oggi, nel settore dei trasporti, sono gli unici sostituti diretti disponibili su ampia scala dei combustibili fossili. In particolare l’Agenzia è impegnata nell’individuazione di tipologie di biocarburanti di nuova generazione che consentano, allo stesso tempo, di evitare la competizione con le colture destinate a scopi alimentari, come quelle oleaginose (colza, soia, girasole e palma da olio) e quelle zuccherine (mais, grano, barbabietola e canna da zucchero), e di ridurre consistentemente il livello di emissioni in atmosfera prodotte rispetto a quelle derivanti dalla combustione dei biocarburanti tradizionali. I biocarburanti di “seconda generazione” sfruttano, infatti, tipologie di colture atipiche, siano esse di tipo erbaceo come il miscanto, il panico verga e il cardo, che altre particolarmente ricche di zuccheri, come il topinambur per la produzione di biogas e bioetanolo. Un altro settore di interesse dell’Agenzia riguarda infine i processi di trasformazione e valorizzazione energetica di biomasse di tipo acquatico come le microalghe, finalizzate alla produzione di biocombustibili quali il biolio e il biodiesel ottenuti a partire dall’olio prodotto e accumulato da tali colture.
Riferimenti bibliografici
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Associazione Italiana Energie Agroforestali (2010), Olio Vegetale Puro. Rapporto Agriforenergy
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ENEA (2010), Rapporto Energia e Ambiente - Analisi e Scenari 2009 Gestore Servizi Energetici (2009), Impianti a fonti rinnovabili. Rapporto statistico
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Ministero dello Sviluppo Economico (2009), Bilancio Energetico Nazionale Terna (2009), Dati Statistici sull'energia elettrica in Italia