La ricerca agroalimentare secondo le prospettive del programma nazionale della Ricerca 2010- 2012

La ricerca agroalimentare secondo le prospettive del programma nazionale della Ricerca 2010- 2012

Introduzione

È di recente pubblicazione sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MiUR) la bozza del programma nazionale della ricerca (PNR) per la nuova programmazione 2010-2012. Il PNR costituisce lo strumento predisposto dal Governo per indirizzare lo sviluppo coordinato delle attività di ricerca nel Paese. L’impostazione adottata è innovativa rispetto al passato, in quanto prevede una ricerca senza soluzione di continuità tra l’ambito pubblico e quello privato, e soprattutto una maggiore integrazione tra ricerca knowledge driven e ricerca applicata. Il programma individua in particolare azioni di ricerca frutto non solo delle priorità espresse a livello europeo, ma anche e soprattutto dei bisogni di rilevanza strategica del Paese, considerati in un’ottica dominante di sostenibilità. Le priorità sono state individuate nei campi dell’energia, dell’agricoltura e dell’ambiente, del made in Italy, del patrimonio artistico culturale, della mobilità, della sicurezza, della salute e delle scienze della vita.
Obiettivo del contributo è focalizzare l’attenzione sul nuovo programma nazionale della Ricerca alla luce di quanto questo strumento programmatico prevede in termini di ricerca nel settore agroalimentare. In particolare, si intende verificare fino a che grado il PNR 2010-2012 fornisce indicazioni specifiche circa i soggetti e le azioni da seguire per rilanciare le attività di R&S nel settore agroalimentare.

Il programma nazionale della Ricerca 2010-12

Il programma nazionale della ricerca (PNR) affonda le sue radici nel Decreto Legislativo n. 204 del 1998 (artt. 1 e 2)1. Con riferimento alla dimensione europea e internazionale della ricerca e tenendo conto delle iniziative, dei contributi e delle realtà di ricerca nazionali e regionali, questo strumento programmatico definisce gli obiettivi generali e le modalità di attuazione degli interventi alla cui realizzazione concorrono con risorse disponibili sui loro stati di previsione o bilanci le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le università e gli enti di ricerca, con le specificità dei loro ordinamenti e nel rispetto delle loro autonomie ed attività istituzionali (Esposti et al., 2010).
Il nuovo programma nazionale della Ricerca, recentemente predisposto dal MiUR e valido per il triennio 2010-2012, prende avvio dagli obiettivi della precedente programmazione2, ma aggiunge elementi di novità: rispetto al passato, il programma adotta una impostazione innovativa secondo la quale la ricerca non ha soluzione di continuità tra l’ambito pubblico e quello privato, ma anzi, mira proprio a far convergere le “due anime” della ricerca, da un lato la ricerca libera knowledge driven, dall’altro quella orientata ad una visione strategica del percorso competitivo del Paese. Già nel precedente PNR (2005-2007) si suggeriva difatti l’integrazione tra ricerca pubblica e ricerca privata attraverso la realizzazione di laboratori pubblici-privati, il potenziamento dei distretti ad alta tecnologia ed il sostegno a grandi programmi di ricerca strategica. Tuttavia, per la nuova programmazione, e soprattutto per via della recente evoluzione del contesto nazionale ed internazionale della ricerca e innovazione, è resa ancora più esplicita la necessità di rilanciare, oltre ad un impegno pubblico, anche una forte motivazione delle imprese private ad investire nella ricerca: per l’Italia, l’imperativo diventa sostenere la capacità di attrarre investimenti al fine di accrescere o quanto meno riportare in linea con i valori medi europei la competitività e la crescita del Paese3. Il PNR sottolinea pertanto la necessità di un intervento sulle strutture pubbliche nazionali, sia in termini di governance, sia in termini di politiche di incentivazione, al fine di affrontare le criticità evidentemente ancora in atto per l’Italia relativamente ai fattori che determinano la capacità di produrre e diffondere conoscenze nonché di creare valore da esse.
In particolare, il principale obiettivo del nuovo PNR è avviare un sostanziale processo di ripensamento e coordinamento delle attività di ricerca, pubblica e privata, dei processi ad esse connessi (si pensa soprattutto al trasferimento ed alla diffusione della conoscenza) e del ruolo degli stessi attori coinvolti.

Struttura del PNR 2010-2012 e obiettivi operativi

Il programma consiste di un documento principale che dapprima descrive l’attuale contesto nazionale ed internazionale di ricerca e innovazione mediante indicatori che delineano la posizione dell’Italia rispetto ai 27 stati membri dell’Unione europea (UE)4, in seguito analizza rispettivamente: la strategia adottata; le azioni previste (distinguendo tra medio-lungo e breve-medio periodo); le riforme di struttura (che riguardano in particolare le università e gli enti di ricerca non universitari); gli interventi di R&S prioritari per il Paese (rispettivamente nelle aree: energia, agricoltura e ambiente, made in Italy, patrimonio artistico culturale, homeland security, mobilità sostenibile, infine salute e scienza della vita); le riforme di governance; le azioni di governo; il quadro finanziario per il periodo 2010-20125.
Le novità principali del documento rispetto alla programmazione precedente sono trasversali alle specifiche azioni di intervento previste e riguardano in particolare i seguenti aspetti:

  • Capitale umano: il programma assegna una rilevanza strategica alla ricerca libera knowledge driven, stimolando interventi mirati al sostegno, da un lato, alla creatività e all’eccellenza, dall’altro ai processi di integrazione tra università, enti di ricerca, ministeri, industrie e regioni (interventi di medio-lungo periodo); in particolare, il PNR promuove interventi finalizzati all’attrazione e qualificazione di giovani nel settore della ricerca scientifica e tecnologica, la creazione di scuole internazionali di dottorato, il riorientamento e il recupero di strutture di ricerca industriale ancorati alla formazione del personale di ricerca, infine interventi di sostegno ai post-dottorati e interventi favorevoli alla mobilità dei ricercatori6;
  • Interventi industriali condivisi tra pubblico e privato: il programma si pronuncia in direzione del sostegno all’innovazione industriale e allo stimolo ai progetti integrati industriali (interventi di breve-medio periodo); dal momento che tecnologie abilitanti7 di estremo rilievo non possono prescindere da meccanismi di supporto pubblico, il programma rinnova la necessità di rimediare al gap di investimenti che colpisce l’Italia se confrontata con gli altri paesi europei (il nostro paese si colloca al posto più basso per contributo dell’industria, più alto per il contributo del Governo);
  • Coordinamento locale delle strutture e infrastrutture: obiettivo finale è sviluppare un sistema che risponda all’esigenza di migliorare l’efficacia e la sinergia nell’impiego di risorse dello Stato e delle Regioni, attraendo anche risorse europee e private verso obiettivi di sviluppo competitivo tramite strumenti quali le piattaforme tecnologiche nazionali, i distretti ad alta tecnologia, e i poli di eccellenza8; si intende quindi promuovere un progresso nelle capacità di pianificare i processi di sviluppo e di investire con prospettive di lungo periodo; con riferimento al Mezzogiorno, il programma vede nel Programma Operativo Nazionale (PON) 2007-2013 per il Mezzogiorno la possibilità di incrementare la capacità innovativa delle Regioni dell’Obiettivo 1, promuovendo bandi per le proposte di progetti di ricerca sulle tematiche previste negli Accordi di Programma Quadro (APQ) stipulati tra lo Stato e le Regioni citate;
  • Ricerca in ambito internazionale: il programma si impegna a sostenere iniziative di ricerca in settori scientifici e tecnologici innovativi e di frontiera per realizzare progetti non attuabili in modo competitivo a livello nazionale o regionale, e in cui la collaborazione internazionale costituisce un valore aggiunto.

Tra i concetti che fondano la struttura del nuovo PNR vi è anche (come citato) la definizione degli interventi di R&S prioritari per il Paese. Se l’obiettivo è incentivare lo sviluppo, il programma definisce lo stato e i bisogni di ricerca di specifici settori: energia, agricoltura e ambiente, made in Italy, patrimonio artistico culturale, homeland security, mobilità sostenibile, infine salute e scienza della vita9. In particolare, a sostegno delle decisioni di governo e in aiuto al PNR per la definizione dei campi di intervento, sono stati istituiti tavoli tematici al fine di delineare quelle che sono le specifiche priorità d’azione: legate ad aree specifiche, sono identificate sulla base di parametri rilevati a testimoniare la necessità dell’intervento programmatorio. Il testo del PNR è pertanto corredato di un allegato contenente le relazioni per esteso dei contributi dei 16 panel di area che hanno collaborato alla stesura del documento programmatico, definendo le priorità da assegnare all’uso delle risorse disponibili da dedicare alle azioni specifiche di R&S. I panel hanno riguardato le seguenti tematiche10: ambiente; salute; scienze della vita; energia; sistema agroalimentare; nanoscienze e nuovi materiali; ICT (Information and Communication Technologies); progettazione molecolare; costruzioni; beni strumentali e made in Italy; aeronautica e spazio; mobilità sostenibile e trasporti; beni culturali; scienze socioeconomiche e umanistiche; piattaforme tecnologiche nazionali, distretti tecnologici e poli di eccellenza; trasferimento tecnologico e interazioni pubblico-privato; infine strumenti di governance della ricerca.

Il sistema agroalimentare italiano come priorità di intervento del PNR

L’attenzione verso la priorità dell’agricoltura italiana è espressa nel testo del PNR nei seguenti termini: “..il Paese è nella condizione di dover rivedere o introdurre nuove linee di ricerca, con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo di sistemi agricoli altamente produttivi ed ecologicamente sostenibili, e di sviluppare produzioni che soddisfano le richieste di qualità stimolate da nuove conoscenze delle relazioni tra dieta e salute. Lo sviluppo di nuovi sistemi agricoli più ecocompatibili dovrebbe anche considerare, come obiettivo prioritario, la riduzione dell’uso della chimica in agricoltura. È necessario inoltre considerare l’interazione tra ambiente naturale e costruito, valutando anche l’impatto di quest’ultimo sull’uomo e sulla qualità della vita” (PNR, 2010, pag. 38). Il PNR recepisce la definizione di “sistema” agroalimentare per come riportata dal tavolo tematico che ne ha curato l’analisi: il “sistema” agroalimentare è identificato come insieme delle produzioni primarie, vegetali e animali, trasformate in alimenti, energie e prodotti non-alimentari, e deve la sua natura proprio alla forte interconnessione delle componenti che lo costituiscono. Tale sistema è peraltro al centro di una rivoluzione scientifica e tecnologica: le nuove scoperte scientifiche ed innovazioni tecnologiche, la possibilità di osservare a livello molecolare piante, animali e batteri coinvolti nelle produzioni del sistema agroalimentare, integrati con un deciso sviluppo della bioinformatica, aprono nuove possibilità per rendere i prodotti primari o derivati da piante, animali e microrganismi più ecocompatibili, con migliorate caratteristiche qualitative, inclusa la shelf-life, supportando la competitività internazionale del sistema agroalimentare nazionale (PNR, “Sommario tavoli tecnici”, 2010, pag. 10). Allo stesso tempo, l’attenzione per gli aspetti caratterizzanti gli organismi di interesse agroalimentare (ad esempio la biochimica, la struttura genetico-molecolare, ecc.), costituisce un valido supporto per la promozione del made in Italy alimentare, nei suoi aspetti di qualità nutrizionale, salutistica e di sicurezza alimentare.
Se queste sono le premesse, il panel (o tavolo tecnico) di riferimento per la tematica dell’agroalimentare identifica i due pilastri portanti dell’attività di ricerca nel sistema suddetto: da un lato, lo sviluppo di conoscenza finalizzata all’innovazione per un sistema che necessita di raggiungere standard più elevati di competitività e, al contempo, sostenibilità; dall’altro, la scienza (in termini di conoscenza e innovazione) come risposta ai bisogni dei cittadini soprattutto in merito alle interazioni tra alimenti e salute. Sebbene siano riconosciute come elevate le competenze scientifiche del Paese e l’apparato produttivo sia ai vertici mondiali11, il panel riconosce che il settore è tuttora penalizzato da gap strutturali che ne frenano la crescita e la capacità di competere. In particolare, il principale limite allo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria alimentare italiane è l’eccessiva frammentazione della struttura produttiva, che si somma alle carenze infrastrutturali e logistiche, agli eccessivi costi dell’energia, alla scarsa qualità dell’offerta di servizi per le imprese, alla finanza, al difficile accesso al credito. A tal proposito, nell’ottica del PNR, un forte impulso al trasferimento delle innovazioni di processo e di prodotto contribuirebbe a migliorare il posizionamento della competitività dell’industria alimentare, e il recupero dell’efficienza, al contempo garantendo le peculiarità delle produzioni nazionali. In particolare, si sottolinea per la nuova programmazione la necessità di adottare strumenti (già presenti in Europa) di integrazione e coordinamento di risorse e soggetti (pubblici e privati), nonché di attività di ricerca (di base, industriale, di trasferimento tecnologico e di formazione del capitale), che fanno capo alle reti di eccellenza.
Per ciò che attiene più specificatamente i temi progettuali, il PNR 2010-2012 richiede alla ricerca avanzata in questo settore di contribuire ad aumentare la produzione di alimenti salubri e di elevata qualità, in modo sostenibile per l’ambiente, con minor consumo di energia, acqua ed emissione di CO2; di partecipare alla ricerca di nuove fonti di energia e all’utilizzo di piante e animali per la produzione di materie prime; infine di concorrere a fornire alimenti con proprietà funzionali adatte alle diverse esigenze nutrizionali della popolazione.

Alcuni aspetti di criticità e considerazioni

In che misura il quadro operativo designato dal PNR per la nuova fase della programmazione della ricerca con specifico riferimento al settore agroalimentare risponde efficacemente al bisogno sollevato da più parti (compreso il documento stesso) di organizzazione del sistema di ricerca e di miglioramento delle performance innovative agricole nazionali? Vediamo in dettaglio il contesto di ricerca agricola in cui il nuovo PNR si inserisce e le risposte che il documento programmatico offre ai bisogni ancora in atto.

Il contesto di ricerca agroalimentare

Il bisogno di organizzazione del sistema di ricerca è sottolineato dettagliatamente nella precedente programmazione, allorquando nel trattare specificatamente di “sistema agroalimentare e della salute” il PNR 2005-2007 tiene conto delle rigidità del sistema di ricerca agroalimentare nazionale: complessivamente, si dice, la situazione italiana della ricerca agraria e agro-industriale è caratterizzata da una molteplicità di istituzioni indipendenti difficilmente coordinate tra loro. La maggior parte degli enti, anche se complessivamente di grandi dimensioni, si articola in unità di ricerca piccole, spesso disperse sul territorio, che rispecchiano le caratteristiche ripetitive di parte della ricerca agraria tradizionale, senza il perseguimento di obiettivi realmente innovativi.
Il PNR 2005-2007 lamenta in particolare l’assenza di centri di ricerca nazionali di dimensioni sufficienti per competere a livello internazionale o per porsi come interlocutori nella collaborazione con altri centri internazionali. La ricerca nel settore è difatti affidata a più soggetti: i principali attori pubblici operanti nel settore sono rappresentati dalla rete universitaria (21 Facoltà di Agraria e 13 di Veterinaria), dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAAF) con la rete di Istituti di Ricerca e Sperimentazione Agraria, dagli organi di sperimentazione afferenti alle Regioni e Provincie autonome, dalla rete dei parchi scientifici e tecnologici collegati con le principali università, per citarne solo alcuni. Le carenze più evidenti del sistema sono peraltro da sempre connesse anche al problema del limitato finanziamento pubblico: lo stesso PNR 2005-2007 lamenta l’assenza in Italia dal 1998 di un piano nazionale pluriennale in grado di coordinare e orientare le potenzialità di ricerca esistenti; la mancanza di un centro di riferimento in grado di indirizzare lo sviluppo e l’applicazione delle nuove tecnologie; un organico collegamento con i progetti di ricerca in corso negli altri paesi industrializzati; la sostanziale assenza di grandi imprese in grado di investire risorse nell’innovazione biotecnologica del settore.
Nel caso del sistema agroalimentare, difatti, quel che più urge è proprio rendere più stabile il collegamento tra le due componenti della ricerca e della domanda proveniente dai consumatori. Il sistema di ricerca pubblica agricola nazionale, rispetto ai sistemi degli altri paesi, presenta infatti una struttura molto dispersa territorialmente ed apparentemente “vicina” alle esigenze dei territori, ma allo stesso tempo con un peso ancora preponderante, soprattutto in ambito universitario, delle logiche tipiche della ricerca non finalizzata, non vincolata ad obiettivi applicativi né efficacemente integrata “a valle” con altre componenti del sistema nazionale di ricerca o con gli utilizzatori (Esposti et al., 2010). E' di certo innegabile che dal punto di vista pubblico il problema maggiore per una corretta e razionale gestione della ricerca e delle risorse destinate ad essa risiede nel tener conto e nell’affrontare congiuntamente una serie di problematiche: concentrare le risorse su ciò che davvero serve all’agroalimentare, quindi selezionare i progetti giusti; valutare adeguatamente i risultati della ricerca impiegando quantità/qualità dei risultati come forma di incentivo; far sì che questi risultati siano davvero utili al territorio producendo, infine, nel medio-lungo termine un incremento del benessere della comunità. Analogamente, dal punto di vista del privato, specialmente delle piccole e medie imprese (di cui il settore agroalimentare e l’agricoltura in generale si compongono principalmente), l’impegno necessario è sia di creare le condizioni perché esse abbiano un accesso facilitato alle innovazioni, incentivando particolarmente la loro collaborazione con la ricerca pubblica, sia di responsabilizzare le istituzioni pubbliche di ricerca perché assumano un chiaro ruolo di sostegno allo sviluppo economico del Paese. Le ricadute economiche e sociali sarebbero certamente elevate se con l’innovazione le imprese potessero mantenere o migliorare la loro presenza nei mercati internazionali.

La risposta del nuovo PNR alle problematiche del settore

Formalmente, dal testo del nuovo PNR non emerge una specifica trattazione del contesto di ricerca agroalimentare dal punto di vista delle sue criticità, ovvero dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce, né si offrono “soluzioni” che si rivolgano specificatamente al settore. Il programma mira piuttosto a delineare quelle che sono le indicazioni di strategia e di azione da intendersi come valide per il triennio 2010-2013 per l’intero contesto di ricerca nazionale.
Come segnalato all’inizio del testo, il nuovo PNR punta molto sulla ricerca di un coordinamento (anche a livello locale) e di sinergie tra soggetti pubblici e privati; per l’agroalimentare, delle indicazioni programmatiche specifiche sono rivolte soprattutto alle aziende del settore, nel momento in cui si sollecita il ricorso a strumenti quali le reti di eccellenza e la stessa promozione su basi scientifiche dei prodotti alimentari made in Italy. Questa costituisce indubbiamente un importante strumento per la difesa del settore agricolo nazionale nella competizione per i mercati mondiali12. In realtà, al di là di questo, il PNR non si pronuncia mai in riferimento al solo settore agroalimentare, ma contempla delle azioni e delle strategie più generali e che, auspicabilmente, si adittino anche al settore.
Dinnanzi, all’esigenza di porre in essere una struttura di governance del sistema complessivo della ricerca nazionale al fine di garantire adeguati livelli di coordinamento e di integrazione tra i diversi attori sui diversi piani (strategico e operativo), il PNR prevede in particolare la creazione di una segreteria tecnica, coordinata dal MiUR, che svolga una Attività di Coordinamento della Ricerca italiana (ACR), con la funzione di ricevere, coordinare e trasmettere al Governo le esigenze direttamente provenienti dal mondo scientifico o dalle Istituzioni che finanziano le attività di R&S. La struttura risulta composta da un presidente designato dal MiUR e comprende componenti della Conferenza Stato-Regioni e dei Ministeri (MiUR, MISE, MIPAAF, Ambiente, Sanità, Beni culturali, Pubblica amministrazione e Innovazione), che svolgono azioni di ricerca coerenti con le loro finalità istituzionali. Al contempo, il PNR introduce rispettivamente:

  • un sistema di rilevazione delle attività di ricerca che permetta una effettiva quantificazione delle performance di ricerca ottenute, rendendo pubbliche le informazioni di dettaglio quali tipologia di ricerca finanziata, fonti del finanziamento, volume delle risorse impegnate, ecc. Il tutto al fine di permettere ai tavoli di programmazione e monitoraggio (la segreteria tecnica di cui sopra, i Consigli di Indirizzo Strategico appositamente definiti dal PNR ecc.) di valutare la ricerca anche nell’ottica di confronti internazionali;
  • strumenti a supporto della formulazione di strategie di ricerca che guardino al medio-lungo termine, con riferimento alle aree prioritarie di interesse del PNR;
  • strumenti di supporto alla competitività: per l’individuazione delle migliori proposte di ricerca, la competizione per i finanziamenti si realizza attraverso bandi di chiamata che, secondo i principi del PNR, devono essere programmati in modo definitivo per tutta la durata del programma; presentare cadenze regolari e rispettate; essere scritti anche in inglese per consentire la valutazione internazionale; prevedere espliciti procedure, modalità e tempi della valutazione; essere completi di richiesta di relazione finale dell’esito della valutazione da far pervenire in tempi rapidi ai proponenti;
  • pratiche di valutazione e finanziamento delle unità di ricerca: l’obiettivo è di mettere in atto da un lato, forme di controllo affinché i fondi siano utilizzati in maniera efficace ed efficiente, nel rispetto degli obiettivi da raggiungere, dall’altro, forme di selezione delle proposte di ricerca coerenti con l’indirizzo del PNR. In particolare, il PNR detta principi che siano finalizzati all’individuazione delle proposte di progetto migliori e tali da consentire una valutazione anche a livello internazionale della ricerca nazionale.

Perché una simile strategia possa essere applicata, il PNR richiede che lo stesso contesto legislativo in materia di ricerca preveda la proposta e l’approvazione di tre nuove leggi: un disegno di legge quadro in materia di organizzazione del sistema universitario, l’attuazione della delega al Governo per la riforma degli enti pubblici di ricerca, infine una legge sostitutiva delle precedenti (Decreti Legislativi 204 del 1998 e 297 del 1999) che definisca e regoli le azioni attuative del nuovo PNR.

Riferimenti bibliografici

  • Beltrame F., Cobis F., Criscuoli L. (2008), “Piattaforme Tecnologiche Nazionali sul modello delle European Technology Platform (ETP): un aggiornamento”, Economia e diritto del terziario, 3, 687-692.
  • Esposti R., Materia V. C., Sotte F. (2010), a cura di, Far lavorare la scienza per il territorio. Le Regioni come agenzie di ricerca agricola, Franco Angeli, Milano (in corso di pubblicazione).
  • Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, programma nazionale della Ricerca 2010-2012, versione aggiornata all’11 gennaio 2010 (bozza).
  • Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Sommario dei tavoli tecnici, allegato al programma nazionale della Ricerca 2010-2012.
  • 1. Il Decreto, detto “cervello del sistema della ricerca”, reca le disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica. A questo, è seguito il Decreto Legislativo n. 297 del 1999, dal titolo “Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”, emanato dal MiUR al fine di rafforzare la competitività tecnologica dei settori produttivi e di accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione.
  • 2. Il precedente PNR risale al triennio 2005-2007 (è il secondo in ordine cronologico; il primo PNR risale al triennio 2001-2003). Partendo da punti di forza del sistema scientifico e produttivo italiani e dalle sue criticità (insufficienza negli investimenti in ricerca e sviluppo, sistema pubblico della ricerca non adeguato, ecc.), il programma prevedeva l’attuazione di tre azioni strategiche: rafforzare la base scientifica del Paese, sostenendo l’eccellenza, il merito, l’internazionalizzazione, la crescita e la valorizzazione del capitale umano; potenziare il livello tecnologico del sistema produttivo a sostegno della sua competitività (breve-medio periodo); infine, sostenere la partecipazione attiva del sistema nazionale della ricerca nei programmi dell’Unione europea e negli accordi internazionali. Il programma, pubblicato dal MiUR a seguito di una fitta rete di consultazioni con altri soggetti istituzionali, con il mondo della ricerca e con le parti sociali, individuava anche 10 programmi strategici nell’ambito di 4 aree prioritarie: Salute, Sistemi di produzione e meccanica avanzata, Ambiente, Trasporti e sicurezza e, in particolare, Agro-alimentare (Esposti et al., 2010).
  • 3. L’obiettivo è adeguare il livello degli investimenti pubblici in azioni di R&S per il periodo 2010-2013 dallo 0,56% allo 0,67% del Pil, come per la media dell’Unione a 27 Stati membri.
  • 4. Nel dettaglio: in termini di “capitale umano-driver dell’innovazione”, sebbene nel Paese sia in atto un processo di adeguamento alla situazione internazionale, l’Italia mostra ancora un certo ritardo in termini di reclutamento, consistenza e sviluppo del capitale umano. Rispetto alla media europea, ad esempio, il Paese è in posizione di svantaggio per numero di laureati in materie scientifiche, per popolazione con istruzione superiore, e per partecipazione ad attività di formazione permanente; quanto alla “creazione di conoscenza”, il ritardo negli investimenti in R&S è netto per l’Italia per quanto riguarda il privato, meno marcato per il pubblico (rispettivamente, si investe lo 0,55% del Pil contro l’1,17% e lo 0,56% del Pil contro lo 0,67% dell’UE a 27 Stati membri). In termini di ricerca pubblica, poi, il paese non eccelle per propensione all’applicazione dei risultati prodotti. Pochi i brevetti, poche le collaborazioni con le imprese, pochi gli spin-off. Quanto all’indicatore “innovazione e imprenditorialità”, in un contesto in cui le imprese tentano di riprendere competitività soprattutto privilegiando innovazioni di processo (quindi, riduzione dei costi) più che di prodotto, nonché accedendo a strumenti di incentivazione alla ricerca nazionali e regionali, si sottolinea la necessità di rafforzare istituzionalmente la propensione alla collaborazione tra il sistema pubblico e le imprese (specialmente di piccole dimensioni); infine, l’indice “proprietà intellettuale” rende chiaro come l’Italia mostri un certo ritardo nella propensione a trasformare in valore economico la conoscenza prodotta; secondo i dati, rispetto alla media europea, le imprese italiane depositano circa la metà del numero di brevetti per milioni di abitanti. Le cose vanno ancora peggio per quanto riguarda i brevetti derivanti da attività pubbliche di ricerca.
  • 5. In realtà, risulta ancora in fase di definizione la tabella indicante gli stanziamenti in R&S previsti dalla legge finanzaria 2008 e dagli altri interventi dello Stato. Del resto, il PNR è al momento indicato nel sito MiUR come bozza, sebbene si possa affermare con ragionevole certezza che il programma sia comunque espressione già di per sé della posizione del Governo.
  • 6. In tal modo il PNR afferma la volontà di concorrere all’obiettivo definito in sede europea di creare un’area comune (ERA, European Research Area) in cui utilizzare al meglio le risorse, integrare le comunità scientifiche dell’Europa orientale e occidentale, attrarre giovani ricercatori da tutto il mondo.
  • 7. Si tratta nello specifico di sei tecnologie dotate di valenza abilitante nei confronti dell’attività umana del futuro: tecnologie genetiche; tecnologie per l’energia; tecnologie dei materiali; tecnologie connesse al funzionamento del cervello; tecnologie dell’informazione; tecnologie per l’ambiente. Il MiUR, nell’ambito delle competenze da sviluppare nel medio-lungo periodo, si fa carico di questi sei ambiti tecnologici, i cui contenuti specifici vanno emergendo anche dalla programmazione del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) “Industria 2015” (PNR, 2010).
  • 8. Introdotte in Italia durante la Presidenza Italiana Ue nel 2003 attraverso il MiUR e alla stregua delle piattaforme tecnologiche europee, le piattaforme tecnologiche nazionali consistono nella costituzione di tavoli tematici su aree di interesse prioritario, sia per l’aspetto di eccellenza tecnico-scientifica, sia per quello di competitività. A seguire, i distretti tecnologici sono stati creati grazie ad un’azione congiunta fra Regioni e Governo. Il loro ruolo è quello di sviluppare la competitività in ricerca, sviluppo e innovazione delle aree produttive esistenti nelle tecnologie chiave abilitanti, promuovendo in particolare la collaborazione fra grandi e piccole-medie imprese su progetti innovativi. Infine, i poli di eccellenza collegano su una frontiera tecnologica le competenze di più istituzioni, incoraggiando l’interazione intensiva finalizzata all’uso comune, allo scambio e alla diffusione delle informazioni. Sono coordinati da un consorzio di imprese, università, enti di ricerca e altri soggetti (pubblici e privati) particolarmente attivi in un determinato settore e territorio e riconosciuti nell’ambito di una competizione internazionale come frontiera tecnologica avanzata. Il loro ruolo e peso sono pertanto valutati in base ai risultati prodotti, quali pubblicazioni, brevetti, spin-off, collaborazioni e reti internazionali acquisite, personale internazionale attratto (Beltrame et al., 2008; PNR, 2010; PNR, “Sommario tavoli tecnici”, 2010).
  • 9. In questa sede si sofferma l’attenzione solo sul tema “agricoltura e ambiente”. Si rimanda direttamente al testo del PNR per un approfondimento di ognuna delle altre aree di intervento.
  • 10. Il dettaglio del contributo offerto dai panel su ognuna delle tematiche citate è reperibile nel documento “Sommari tavoli tecnici” allegato al programma.
  • 11. Secondo le stime riportate dal panel, l’industria alimentare italiana ha un ruolo notevole nel comparto manifatturiero nazionale, sia in termini di fatturato (120 miliardi di Euro), che di numero di imprese ed occupati (32.000 imprese per oltre 400.000 addetti).
  • 12. Del resto, se si effettua un confronto con altri paesi nel corso del tempo in termini di performance, si evidenzia abbastanza chiaramente come il settore primario nazionale non possa essere collocato tra i paesi leader in termini tecnologici, né la sua pur significativa crescita degli ultimi decenni è servita a recuperare lo svantaggio rispetto a questi leader. L’agricoltura italiana rimane ancora collocata, in sostanza, nel gruppo dei follower, cioè di quelle agricolture che crescono tecnologicamente al traino dei paesi leader, tuttavia mantenendo rispetto a questi un ritardo strutturale mai del tutto recuperato (Esposti et al., 2010).
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