2010: Anno internazionale della biodiversità
Come si evince dalla Relazione Ue sulla biodiversità presentata nell’estate 2009, lo stato di conservazione della stessa è critico. Infatti, permangono le principali ostilità della “diversità biologica” imputabili alle attività antropogeniche, quali il consumo di risorse naturali per la produzione di cibo, acqua, energia e materiali, lo smaltimento dei rifiuti, la modifica degli ecosistemi naturali a causa di urbanizzazione e infrastrutture, nonché di flussi massicci di merci e persone con relativa introduzione di specie aliene e di patologie. Si tratta di attività economiche che indubbiamente hanno contribuito alla diffusione e al miglioramento di un benessere sociale più o meno elevato, ma che troppo spesso – consapevolmente o meno – hanno sottovalutato le possibili ripercussioni negative in termini di sostenibilità ambientale (Pearce, 1991).
La fauna selvatica: una componente della biodiversità
Il presente contributo, partendo da una panoramica sulle politiche nazionali di tutela di una specifica componente della biodiversità, la fauna selvatica, focalizza l’attenzione sulla particolare situazione della regione Lombardia. Grazie alla varietà di ambienti naturali e alle diverse condizioni microclimatiche, tale territorio possiede un’elevatissima biodiversità contrastata però da una forte e costante attività antropica; ciò è causa del manifestarsi di problematiche sociali e ambientali tipiche delle aree più avanzate che cercano di conciliare istanze economiche con quelle ecologiche. Infine, attraverso la descrizione e l’analisi dell’organizzazione e della gestione di un Centro recupero animali selvatici (Cras) si giunge a quantificare in termini monetari il costo di reintroduzione in natura di un animale selvatico.
La tutela della fauna selvatica lombarda attraverso le normative di riferimento
Per quanto riguarda l’evoluzione della normativa di riferimento, si deve precisare che, in generale, la sensibilità italiana al tema è sempre stata notevole, anche se spesso il patrimonio faunistico nazionale è stato trascurato e sacrificato. Il codice civile italiano, definendo la fauna selvatica “res nullius”, ha contribuito ad ostacolare la gestione di tale risorsa almeno fino alla fine degli anni Settanta, quando il legislatore, agendo sotto gli albori di una prospettiva più ambientalista, è intervenuto modificando la situazione attraverso la legge n. 968 del 27 dicembre 1977, “Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia”. Tale normativa ha definito la fauna selvatica come “patrimonio indisponibile dello Stato” che diviene titolare del diritto di proprietà su tutti gli animali selvatici, esteso il numero di specie protette e proibito l’esercizio venatorio all’interno delle aree protette. A partire dagli anni Ottanta l’Italia ha sottoscritto una serie di convenzioni e protocolli internazionali che, in diversi contesti, hanno contribuito alla tutela della biodiversità, e recepito le direttive comunitarie che di volta in volta venivano emanate. Tuttavia, risale solo agli anni Novanta, e parallelamente allo sviluppo del concetto di sostenibilità ambientale, l’attuazione di interventi specifici su scala nazionale e regionale.
La legge quadro n. 157 dell’11 febbraio 1992, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, oltre a rafforzare i contenuti della legge 968/77 ha introdotto altri aspetti particolarmente innovativi demandando alle Regioni e alle Province autonome il compito di realizzarli attraverso l’emanazione di leggi specifiche. Tra i più importanti si citano la tutela giuridica della fauna selvatica nell’interesse non solo della comunità nazionale, ma anche della comunità internazionale, e la salvaguardia della stessa ad opera dello Stato non solo tramite interventi “passivi”, quali il divieto di caccia per determinate specie e la creazione di zone di protezione, ma anche attraverso interventi “attivi”, quali il soccorso, la cura e la detenzione temporanea nonché la liberazione della fauna in difficoltà.
La Lombardia è stata la prima Regione in Italia ad attivarsi in questo ambito. Con la legge regionale n. 26 del 16 agosto 1993 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria” e con la successiva deliberazione della giunta regionale n. 5/55655 del 27 luglio 1994 sono stati definiti regole e strumenti operativi per la tutela delle specie animali selvatiche a rischio di estinzione. La delibera, che coinvolge tre istituzioni (Giunta regionale, Servizio faunistico regionale e province), impone che i Cras siano autorizzati, previo possesso di strutture idonee inserite in ambienti naturali, a svolgere attività di pronto soccorso, degenza e riabilitazione e stabilisce che queste siano rivolte in modo prioritario alle specie protette ai sensi dell’articolo 2 delle Legge 157/92 o a specie in accertata diminuzione sul territorio regionale.
I Centri recupero animali selvatici della Lombardia
I Cras rappresentano un importante luogo in cui la biodiversità viene salvaguardata, monitorata e studiata. Gli animali selvatici autoctoni ritrovati in difficoltà, quando possibile, vengono curati e liberati; altrimenti, se irrecuperabili, sono coinvolti in piani di riproduzione in cattività al fine di rinforzare la popolazione già presente in natura introducendo nuovo patrimonio genetico.
Attualmente in Lombardia sono attivi sei centri ubicati nelle province di Bergamo, Cremona, Mantova e Milano, gestiti da associazioni protezionistiche tra le quali Lipu e Wwf o direttamente dagli uffici competenti delle Province di appartenenza. Dai dati raccolti da una recente indagine sui Cras degli stessi autori (2007-2008) è emerso che in tutte le strutture presenti in Lombardia sono ricoverati complessivamente circa 4.300 animali all’anno. Le specie maggiormente ricoverate sono uccelli (86% circa), mammiferi (9% circa) e rettili (5%). I ritrovamenti sono effettuati principalmente da privati cittadini che, se non direttamente, tramite le forze dell’ordine, consegnano gli animali soccorsi. Le principali cause di ricovero sono strettamente legate all'antropizzazione del territorio. Si tratta infatti soprattutto di “pullus”, ossia di animali nati da pochi giorni, prelevati dai cittadini che li credono abbandonati e di traumi dovuti a ferite da arma da fuoco o a impatti contro vetrate di palazzi e automobili. Mediamente, il 46% dei ricoveri si conclude con il rilascio dell'animale, il 43% con il decesso, mentre l'11% delle specie non è più idoneo al ritorno in natura (per amputazioni o imprinting). Sotto l’aspetto economico, i centri si sostengono principalmente grazie a sovvenzioni pubbliche (specifiche per la tutela della fauna selvatica e/o destinate all’attività generica dell’Associazione) che, a seconda dei casi (Figura 1), variano in ragione del 50-100% del totale delle risorse.
Figura 1 - Ripartizione percentuale delle fonti di finanziamento dei Cras lombardi
Fonte: nostra elaborazione su dati Cras, 2007.
I dati riguardanti la forza lavoro dimostrano che lo sforzo da compiere per arrestare la perdita di biodiversità implica un’ampia partecipazione dell’intera società. Il personale impiegato nei centri é infatti “strutturato” per il 36% (amministratore, direttore, impiegato, operaio, veterinario, ecc.) mentre è costituito da volontari per il 64% (cittadini, tirocinanti universitari e coloro che svolgono servizio civile).
Quanto costa il recupero della fauna selvatica: il Cras Wwf di Vanzago
Come caso di studio è stato scelto il Cras Bosco Wwf di Vanzago (Mi) perché ritenuto il più rappresentativo della realtà regionale. L’Oasi che ospita il Cras fa parte di un sistema di aree protette habitat che permettono la convivenza di numerose specie di avifauna, mammiferi e pesci. Il Cras è composto da un ambulatorio, un’area dedicata alla convalescenza e un magazzino. Nel centro sono impiegate 14 persone a titolo diverso e offrono la loro collaborazione 20 volontari; su un totale di 1.480 ricoveri (dati 2007) gli animali recuperati sono pari al 52%, i decessi al 35% e il resto è irrecuperabile.
Per determinare il costo di recupero degli animali ricoverati, e quindi indirettamente della biodiversità, si è proceduto analizzando i dati della gestione economica delle due strutture sopraccitate, Oasi e Cras, che, seppur gestite entrambe dal Wwf, sono diventate, a partire dal 2007, due entità distinte ma collegate sotto il profilo economico. Facendo riferimento al conto economico del bilancio di esercizio depositato dall’Oasi è stato possibile classificare ricavi e costi come riportato in Tabella 1. Come si nota la voce di costo più consistente è quella imputabile al personale (68%), mentre la fonte di ricavo maggiore è costituita dal contributo pubblico (62% circa).
Tabella 1 - Oasi Wwf di Vanzago, analisi delle risorse economiche, anno 2007 Fonte: nostra elaborazione su dati 2007.
Per quanto riguarda il Cras si è riscontrata un’effettiva difficoltà nel risalire ad un’analoga suddivisione. Infatti, tutti i costi di gestione del Cras sono addebitati – direttamente o attraverso l’Oasi – all’associazione Wwf che provvede di volta in volta alla loro copertura senza vincoli specifici di spesa. Pertanto (Tabella 2) sono da considerarsi ricavi tutte le voci che non figurano direttamente a carico del Cras (personale, sala operatoria, contributo Cras e quote di manutenzione) e la monetizzazione sia del lavoro svolto dai volontari1 che dei beni materiali donati2 (carne, frutta e verdura). Il 47% circa delle risorse utilizzate per il recupero della fauna selvatica proviene dall’Oasi ed è impiegato dal Cras per coprire i costi del personale (36%), di manutenzione dei fabbricati (circa 3%), di noleggio della sala operatoria (1%), mentre l’unica fonte di liquidità (rappresentata dalla voce “contributo Cras” pari al 6,5%) è utilizzata per l’acquisto di alimenti, prodotti sanitari e per la pulizia, ecc. (Tabella 2). Il restante 53% proviene da fonti esterne all’Oasi ed è costituito da donazioni non monetarie (10,7%) e dal lavoro gratuito prestato dai volontari (circa 43%).
Attraverso l’analisi dalle uscite presenti nel libro di cassa del centro, invece, si sono potute desumere e quantificare le diverse tipologie di utilizzo dell’importo corrispondente alla voce “contributo Cras” pari a euro 7.098,27. La maggior parte di esso viene utilizzato per l’acquisto di alimenti (51%) e per pagare altre spese funzionali allo svolgimento delle attività quotidiane3 (30% circa); il restante 18% circa viene impiegato per l’approvvigionamento di prodotti ad uso sanitario (13%) e per la pulizia dei locali del centro (5%).
Tabella 2 - Cras Bosco Wwf di Vanzago, delle risorse, anno 2007
Fonte: nostra elaborazione su dati 2007.
Per risalire al valore del costo di recupero della fauna selvatica si è proceduto calcolando in primo luogo il costo annuo dell’intera struttura (Ca), dopodiché, in base al numero degli animali ricoverati è stato definito il costo medio annuo per singolo animale(Cma) e il costo medio di recupero (Cmr) di due tipologie di animali (un rondone orfano e una poiana ferita da un’arma da fuoco); si tratta di due casi di studio scelti in quanto più frequentemente presenti nel centro e richiedenti un tipo di assistenza molto diversa alla quale corrispondono importi di spesa molto distanti.
La Tabella 3 mostra che il Ca del Cras, pari a circa 110.000,00 euro, equivale in media a 74 euro/anno per ogni animale ricoverato. Tale dato tuttavia non esplica alcuni fattori, quali la specie ricoverata e la causa del ricovero che invece influenzano notevolmente il costo del recupero. Dato che gli uccelli sono la classe animale più assistita presso il Centro di Vanzago (oltre il 70% del totale), si è deciso di calcolare anche il costo di recupero relativo alle due specie di volatili precedentemente citate4.
Come si evince sempre dalla stessa tabella, il costo di recupero del rondone orfano, pari a 114 euro circa, è ripartito principalmente tra le voci personale dipendente (34,2%), volontari (39,6%) e acquisto di beni alimentari, ecc. (23,2%). Si tratta di una condizione speciale perché tali uccelli non necessitano di attività mediche particolari, di prodotti farmaceutici e nemmeno di un intervento operatorio.
Anche per la poiana, il costo di recupero, pari a 419,71 euro è ripartito principalmente tra le voci personale dipendente (35,4%) e volontari (41%), ma tali valori superano di qualche punto percentuale quelli del rondone. Si tratta sempre di un caso peculiare in quanto tali uccelli spesso necessitano, a differenza del rondone, di un intervento operatorio il cui valore incide del 13% sul costo di recupero. L’alimentazione della poiana, anche se specifica come quella del rondone, incide in misura minore (7,4%).
Da entrambi i calcoli è stata volutamente esclusa la quota riguardante le donazioni non monetarie in quanto non vi sono beni donati utilizzabili in particolare per l’alimentazione di queste specie di volatili.
Tabella 3 - Costi per il recupero della biodiversità presso il Cras WWF di Vanzago
Fonte: nostra elaborazione su dati 2007.
Conclusioni
Dal presente lavoro risulta chiaro e importante il contributo che la pubblica amministrazione, le grosse associazioni ambientaliste e i privati cittadini, in veste di volontari, apportano per il recupero della fauna selvatica in difficoltà. Tuttavia questa situazione presenta aspetti differenti di carattere sia positivo che negativo. Un’associazione come il Wwf che opera a livello globale ha il vantaggio di essere “autorevole”. Svolge, infatti, esperienze simili in tutto il mondo, ha la possibilità di avvalersi di personale specializzato che si occupi a tempo pieno di tematiche ambientali, può contare su una solida organizzazione interna in grado di fornire alla pubblica amministrazione un interlocutore stabile con cui confrontarsi e ha la possibilità di promuovere il dialogo tra i centri di recupero di tutto il mondo. L’aspetto svantaggioso, invece, sta nel fatto che una realtà internazionale di tale portata rispetto ad associazioni di più piccole dimensioni, ma ben radicate sul territorio, fatica maggiormente ad instaurare un rapporto diretto con la comunità locale fonte indispensabile di risorse per i Cras. Per agevolare la comunicazione inter e intra Cras sarebbe auspicabile in primo luogo una maggiore collaborazione tra gli enti facendo riferimento, ad esempio, a un organo superiore, come un consorzio, che ne coordini l'attività e favorisca lo scambio di esperienze a diversi livelli.
Per quanto concerne il contributo dei volontari nella tutela della biodiversità va sottolineata, in un’ottica di analisi economica, la grande importanza che riveste questa voce. La nota dolente dell’attività di volontariato, invece, è rappresentata dal dispiego di forza-lavoro in rapporto ai risultati del recupero. Si è avuto modo di constatare infatti che la buona riuscita del ricovero di un animale è correlata positivamente alla presenza di personale dipendente e qualificato. Nel centro di Vanzago, dove il rapporto lavoratori dipendenti/volontari è di circa 2/1, gli animali deceduti sono il 35% contro il 55% di altre realtà dove la proporzione è inversa. In questo caso si sottolinea la necessità di agire in due direzioni.
Da un lato occorre attribuire ai volontari un ruolo strategico in termini di comunicazione con l’esterno: la creazione di nuovi contatti, infatti, può sfociare in collaborazioni, donazioni e può favorire il radicamento nel territorio. Dall’altro, per evitare alcuni effetti negativi legati alla scarsa formazione specifica del personale volontario, potrebbero essere coinvolti maggiormente i tirocinanti universitari dell’area veterinaria e delle produzioni animali, la cui presenza potrebbe fungere altresì da volano per specifiche collaborazioni tra Cras e ricercatori al fine di creare la necessaria sinergia per un approccio multidisciplinare alle diverse problematiche in tema di fauna selvatica.
Riferimenti bibliografici
- Boggia A. Cortina C., Martino G. et al. (2002), Tutela della biodiversità tra affermazione politica e valutazione economica, Franco Angeli, Milano.
- Mariacher A. (2005), Indagine sui centri di recupero per animali selvatici in Italia, Università degli Studi di Padova. (Tesi di laurea)
- Pearce D.W., Turner R.K. (1991), Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, Il Mulino, Bologna.
- Terzi E. (2008), La gestione delle risorse per il recupero della fauna selvatica in Lombardia. L’analisi economica del Centro di Recupero per Animali Selvatici WWF di Vanzago, Università degli Studi di Milano. (Tesi di laurea)
- 1. Calcolato in base al costo orario del lavoro svolto dal professionista affiancato durante l’attività di volontariato.
- 2. Stimate moltiplicando i prezzi medi di mercato dei singoli beni per le rispettive quantità donate.
- 3. Tale voce include le spese per le varie utenze, il materiale di cancelleria, l’acquisto di giornali e pubblicazioni periodiche, la piccola ferramenta, ecc.
- 4. I dati sono stati ricavati dalle schede di ricovero delle due specie di volatili soccorse nell’anno 2007 e integrati dalle informazioni fornite dal Direttore del Cras.