Le Politiche distrettuali nella Regione Piemonte

Le Politiche distrettuali nella Regione Piemonte
a Regione Piemonte, Assessorato Agricoltura

Coniugare aspetti settoriali e territoriali

Il graduale mutamento dello scenario produttivo mondiale ha comportato che anche la Regione Piemonte si avviasse verso politiche economiche sempre più rivolte a percorsi di sviluppo locale. Il territorio di appartenenza produttiva è assunto come centralità caratterizzante, capace di contrapporsi alla globalizzazione. I modelli applicativi regionali di questa nuova versione politica sono stati i distretti agroalimentari di qualità e rurali come definiti dal decreto legislativo n. 228/01:
“articolazioni organizzative atte a promuovere il consolidamento e lo sviluppo dei sistemi produttivi locali“. Le due tipologie sono individuate e distinte nella legge regionale 13 ottobre 2003 n. 26 che istituisce i distretti.
La scelta delle politiche distrettuali per la Regione Piemonte costituisce la continuità di politiche integrate già oggetto della sua programmazione. Ad esse è riconosciuta la capacità di garantire maggiori benefici quale effetto della sommatoria di una progettualità che da individuale diviene complessiva e sulla quale è possibile coniugare la dimensione settoriale a quella territoriale, nonché coordinare diverse fonti d’investimento.
La scelta è anche attivazione di processi di riaffermazione delle governance locali. La Regione riconosce inoltre una funzione di mediatore degli interessi all’istituzione pubblica come garanzia di equilibrio fra le paorti in campo.

Caratteristiche dei distretti nella Regione Piemonte

Con i distretti rurali la Regione Piemonte cerca di dare definizione economica alla realtà rurale. In essa il settore primario non è più elemento essenziale del reddito e dell’occupazione, ma lo sviluppo dipende dalla capacità di connettere le risorse economiche di tutti i settori produttivi del territorio, endogeni e non, in un mix non più legato solo all’attività agricola.
Le politiche distrettuali sono individuate come mezzo capace di coniugare i diversi elementi di sviluppo.
Il sistema culturale e produttivo è fatto ruotare in misura prevalente intorno alla dimensione agricola, sfruttando l’esistenza, già forte o in fieri, di un sistema relazionale tra le imprese agricole e fra queste e le altre realtà produttive e culturali.
Nella visione della Regione Piemonte tuttavia l’agricoltura, mediante attività direttamente o indirettamente connesse, continua a rappresentare una quota significativa del valore produttivo del territorio, e, coerente con i valori ambientali e culturali, caratterizza l’economia locale.
I distretti agroalimentari di qualità sono di contro caratterizzati da uno o più prodotti agro-alimentari omogenei, certificati e tutelati o comunque legati alla tradizione e alla tipicità. Le produzioni devono essere significative a livello regionale.
Il livello di relazioni ed interazione fra le componenti economiche e sociali dell’area interessata è elemento essenziale anche nei distretti agroalimentari di qualità. Esso costituisce presupposto di politiche che individuano nei progetti integrati la possibilità reale di sviluppo e di uso efficiente delle risorse.
A differenza dei distretti rurali però sono più rilevanti le relazioni tra imprese agricole e alimentari. In particolare è importante il rapporto tra trasformazione alimentare e produzioni agricole locali, a cui si aggiunge l’asse finale della distribuzione.
Il fulcro multifunzionale di tale distretto è più rivolto alle produzioni di qualità (in particolare certificate e tutelate) che più genericamente alla produzione agricola ed è costituito essenzialmente dalla congiunzione tra elemento settoriale e territoriale. E’ questo un elemento fortemente presente, poiché in essi sono individuate le filiere più rilevanti dello sviluppo regionale, valutate in funzione della loro connessione con il settore primario e dell’interconnessione nel sistema territoriale sociale e culturale.
La funzione politica dei due tipi di distretto coincide: creare una politica comune e condivisa. La Regione ravvisa nei distretti il modello di sviluppo possibile, perchè basato sulla capacità di indurre le forze sociali ed economiche pubbliche e private a ricorrere ad una politica integrata basata sui principi di: condivisione, cofinanziamento, addizionalità, sussidiarietà, quale sviluppo pienamente integrato e complessivo del territorio.

L’attuazione della legge regionale 26/03

L’attuazione in atto prevede in Piemonte solo l’individuazione di distretti agroalimentari di qualità.
I distretti rurali si sovrappongono per caratteristiche alle zone Leader e pertanto si è rinviata l’attivazione in attesa di correlare le due politiche in sede di nuovo Piano di Sviluppo Rurale (PSR).
I distretti agroalimentari di qualità già individuati territorialmente dalle Province e di prossima approvazione da parte della Regione sono quattro: cerealicolo e orticolo nell’alessandrino con fase industriale connessa, della frutta che comprende i territori delle Province di Cuneo, Torino ed Asti ove è presente la maggiore concentrazione produttiva, del riso sul territorio delle Province di Vercelli, Biella, Novara ed Alessandria con presenza di attività di trasformazione (riserie). E’ già costituito il distretto floricolo che si estende sul territorio delle Province di Biella, Novara e Verbano Cusio Ossola.
Per i sistemi agroalimentari la politica è principalmente una politica a favore delle filiere agroalimentari e delle produzioni di qualità quale elemento di tracciabilità di qualità alimentare ed ambientale. Tale politica non è ancora definita nelle modalità di finanziamento. Il problema è quello di chiarire il ruolo che la progettualità distrettuale ha nell’ambito degli interventi a favore del territorio su cui insiste il distretto, ovvero l’eventuale correlazione con ipotesi di interventi non strettamente connessi a tale progettualità sia sotto il profilo degli obiettivi che della soggettività. Di certo gli obiettivi politici del distretto agroalimentare di qualità tenderanno a:

  • ridurre i costi di produzione e di transazione,
  • integrare le imprese nell’ambito delle filiere produttive,
  • tutelare e valorizzare le risorse naturali, culturali e produttive,
  • migliorare la qualità commerciale dei prodotti e dei servizi locali,
  • salvaguardare l’ambiente,
  • mantenere uno stretto rapporto fra risorse produttive e risorse naturali e culturali.

Considerazioni sui distretti rurali

In ordine ai distretti rurali deve introdursi una breve considerazione.
Si è già detto che l’identità territoriale tra interventi Leader e distretti ha indotto a non attivare al momento i distretti rurali. E’ rilevante però sottolineare come, da studi effettuati con la collaborazione dell’IRES Piemonte, accanto ai classici distretti rurali, in Piemonte è presente una particolare tipologia che è propria delle aree periurbane e metropolitane. Queste aree non presentano un declino socio economico complessivo dell’area come nei distretti rurali classici, ma piuttosto un declino dell’agricoltura presente in forma interstiziale. Per queste aree la politica di intervento ha ipotizzato come obiettivo il ri-orientamento dell’agricoltura verso una maggior qualità dell’ambiente e l’incentivazione di nuove funzioni da parte delle aziende destinate a soddisfare esigenze espresse o latenti delle città. Le future programmazioni in sede di PSR svilupperanno questa ipotesi.

Le procedure attuative della legge regionale 26/03

Sotto il profilo operativo sono state predisposte dalla Regione Piemonte le linee guida applicative.
Le linee prevedono due fasi esplicative: quella relativa alla individuazione territoriale e quella della categoria di appartenenza (distretto rurale e agroalimentare)1.
L’individuazione dei distretti avviene attraverso due differenti atti: il piano di definizione territoriale e il piano di definizione delle politiche. Il primo è prodromico al secondo.
Sono presentati dalle Province che costituiscono il collante della relazione tra i soggetti pubblici e privati chiamati alla progettazione.
Nel caso di territori che insistono su più Province, le stesse indicano la Provincia capofila, che di norma è quella maggiormente caratterizzata dalla produzione che tipicizza il territorio.
La provincia risulta il regista dell’attività programmatica.
Caratteristica della legge regionale n. 26/03 è di non aver creato sovrastrutture di governo del distretto, ritenute un inutile appesantimento burocratico e di spesa.
La condivisione delle politiche è ottenuta attraverso tavoli di concertazione e la sottoscrizione di protocolli d’intesa da parte delle rappresentanze economiche, sociali ed istituzionali dell’area.
I piani presentati dalle Province sono approvati dalla Regione sentita la competente commissione consiliare ed hanno validità triennale. Sono aggiornabili mediante la ripetizione dell’iter di approvazione.
La modalità attuativa dei piani avviene attraverso l’utilizzo degli strumenti di programmazione negoziata che individuano progetti innovativi, soggetti attuatori e modalità di finanziamento o di cofinanziamento. I progetti innovativi sono elemento caratterizzante delle politiche di distretto e la loro tipologia è stata indicata, nelle linee generali, con atto deliberativo della Giunta regionale2.
Per agevolare la progettualità delle Province il settore Politiche comunitarie della Regione Piemonte (con la consulenza dell’Ires Piemonte) ha predisposto schede guida di compilazione dei progetti di innovazione, che indicano obiettivi possibili, beneficiari, normativa di riferimento su esempio delle schede di misura del PSR.
Attualmente nella Regione Piemonte è in corso un ampio dibattito sulle modalità di inserimento delle politiche distrettuale nel nuovo PSR. Di certo nella Regione Piemonte, grazie anche al dibattito che la legge sui distretti ha suscitato, le politiche distrettuali possono essere considerate elemento di innovazione in un PSR futuro che pare attribuire ai progetti integrati di filiera agroalimentare e territoriali di sviluppo rurale, il giusto approccio per la definizione delle politiche future.
Interessante argomento di discussione su questa rivista potrà essere il confronto fra le diverse ipotesi di trasferimento delle politiche distrettuali nei PSR delle Regioni che hanno attivato tali politiche.

  • 1. Le condizioni sono state sommariamente indicate precedentemente nella definizione delle due tipologie di distretto. Le linee indicano metodologie di rilevazione di indicatori valutativi e contenuti essenziali dei piani. Le linee sono state approvate con determina n. 11 del 18/01/2005 dalla direzione a cui compete la gestione delle politiche di distretto.
  • 2. Delibera del 4 ottobre 2004, n. 33-13542.
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