Sostegno agli agricoltori nelle zone svantaggiate: come rendere gli aiuti più mirati?

Sostegno agli agricoltori nelle zone svantaggiate: come rendere gli aiuti più mirati?

La ratio del sostegno all'agricoltura nelle zone svantaggiate

Introdotto nel 1975, all’indomani dell’adesione alla CEE del Regno Unito, il regime di aiuto all’agricoltura nelle zone svantaggiate è uno degli strumenti classici della politica agricola comune (Pac). Come il resto della Pac, si è evoluto durante i suoi 35 anni di esistenza per accompagnare i cambiamenti del mondo rurale europeo e del contesto politico globale.
Nell’Europa degli anni ’70 e ’80, quando il peso dell’agricoltura nella creazione di reddito e d’occupazione era più significativo di oggi, il regime mirava a mantenere l’agricoltura per conservare lo spazio naturale nelle zone rurali marginali ed evitarne lo spopolamento. Quest’ultimo obbiettivo si è con il tempo tramutato nel “mantenimento di una comunità agricola vitale” fino a scomparire del tutto nel 2005.
Oggi il regime è nettamente incentrato sulla gestione del territorio ed è situato nel secondo asse della politica di sviluppo rurale, che mira a valorizzare l'ambiente e lo spazio naturale. Lo stesso nome del regime d'aiuto è cambiato, passando da una definizione generica di aiuto alle zone svantaggiate alla più precisa espressione di zone con svantaggi naturali.
Questa evoluzione va vista alla luce della Pac riformata e razionalizzata, che comprende un'ampia gamma di misure volte a sostenere il reddito degli agricoltori - in primis il pagamento unico - e a rivitalizzare il tessuto socio-economico delle zone rurali, come ad esempio le misure dell’asse III della politica di sviluppo rurale.

Cifre chiave

Le zone svantaggiate rappresentano all'incirca il 57% della superficie agricola utilizzata dell'UE e si suddividono in tre categorie:
1) le zone montane, classificate sulla base di un numero limitato di parametri fisici: altitudine, pendenza o una combinazione delle due. Le zone a nord del 62° parallelo sono assimilate alle zone montane;
2) le zone svantaggiate cosiddette intermedie, classificate secondo una moltitudine di criteri nazionali, la cui diversità è stata additata dalla Corte dei conti europea come potenziale fonte di discriminazione;
3) le zone caratterizzate da svantaggi specifici – come ad esempio le fasce costiere – classificate sulla scorta dello specifico svantaggio che le distingue e limitate per regolamento al 10% del territorio nazionale di ciascuno Stato membro.
La cartina delle zone svantaggiate nei 27 Stati membri - consultabile sul sito [link] - mostra chiaramente che le zone intermedie rappresentano la categoria più ampia, pari a circa il doppio delle zone montane a tre volte le zone con svantaggi specifici. Se ne trovano in tutti gli Stati membri salvo Danimarca, Malta e Olanda dove sono state classificate solo zone con svantaggi specifici. In Italia esse rappresentano il 13,7% dell’area agricola nazionale.
Se consideriamo l'intero periodo 2007-2013, la spesa pubblica per compensare gli svantaggi per l'agricoltura nelle tre categorie di zone svantaggiate si avvicina ai 22 miliardi di euro. Si tratta di un ammontare ragguardevole, pari al 14% di tutta la spesa pubblica destinata allo sviluppo rurale (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale più cofinanziamento nazionale). Circa la metà di tale ammontare è destinata alle zone non montane.

La credibilità del sistema è a rischio

Un esercizio di revisione delle modalità di attuazione del regime di sostego alle zone svantaggiate è in corso dal 2005, anche in seguito agli appunti mossi dalla Corte dei conti europea (Relazione speciale n. 4/2003, GU C 151 del 27.6.2003).
Nel 2005 il legislatore ha rivisto il metodo di calcolo dell’indennità compensativa versata agli agricoltori nelle zone svantaggiate e ha imposto loro il rispetto della condizionalità. La definizione delle zone svantaggiate intermedie è stata inoltre modificata e inequivocabilmente vincolata agli svantaggi naturali per l’agricoltura (Articolo 50, paragrafo 3, lettera a) del Regolamento (CE) n. 1698/2005).
Allo stadio attuale, la revisione è incentrata sulle modalità di delimitazione delle zone intermedie, che suscita seri dubbi quanto all’impiego efficace e mirato dei fondi destinati al regime. Essa si basa infatti parzialmente su indicatori di tipo socioeconomico, come per esempio la densità di popolazione o il reddito medio, che non sono più coerenti con la moderna logica d'intervento del regime incentrata sulla gestione del territorio e non su obbiettivi socioeconomici.
In secondo luogo, i criteri utilizzati dagli Stati membri per lo zonaggio sono più di cento, spesso alquanto complessi ed estremamente diversi tra loro. Per esempio la densità di popolazione massima va da 15 abitanti per km² in Estonia a 130 abitanti per km² in taluni Länder tedeschi. La conseguenza è una mancanza di trasparenza e un rischio di disparità di trattamento.
Inoltre, secondo la valutazione effettuata nel 2006 (Istituto per la politica ambientale europea - IEEP, 2006 – Una valutazione della misura a favore delle zone svantaggiate nei 25 Stati membri dell’Unione europea, [link] e [pdf]), non sempre l'aiuto va alle zone dove il rischio di abbandono della terra è maggiore.
E’ quindi necessario razionalizzare la delimitazione delle zone intermedie e rendere gli aiuti più mirati. La Commissione ha ricevuto un mandato del Consiglio in tal senso e sta lavorando all’elaborazione di una proposta legislativa (1) che si basi su fondamenta solide e allo stesso tempo possa far convergere le volontà politiche degli Stati membri sulla delicata revisione dello zonaggio attuale.
L’obbiettivo non è quello di restringere o di ampliare le zone svantaggiate, ma di definire un metodo di delimitazione chiaro e trasparente, tenendo in considerazione le peculiarità di un territorio vasto a vario come quello dell’UE.

Il percorso individuato dalla Commissione

Nel 2006 la Commissione ha incaricato un gruppo di esperti indipendenti di identificare dei possibili criteri pedoclimatici comuni per classificare le zone dove gli svantaggi naturali per l'agricoltura sono severi. Ne è risultata una lista di otto indicatori legati al clima, alle caratteristiche del suolo e alla combinazione tra suolo e clima che sono stati oggetto di approfondite discussioni tecniche tra la Commissione e gli Stati membri durante il 2008 e il 2009.
La lista dei criteri (bassa temperatura, stress termico, scarso drenaggio, tessitura e pietrosità del suolo, proprietà chimiche del suolo, bilancio idrico del suolo, profondità radicale e pendenza) e la loro definizione scientifica si trovano in allegato alla Comunicazione della Commissione COM(2009)161.
Secondo la Commissione, gli otto indicatori pedoclimatici indicati dagli esperti sono una valida piattaforma per designare le zone svantaggiate intermedie in modo obbiettivo. Essi costituiscono un sistema trasparente, basato su una robusta base scientifica ed in grado di coprire la varietà degli svantaggi naturali che si trovano nell'Unione europea. Posseggono inoltre un alto potenziale di semplificazione perché un solo parametro biofisico è sufficiente per classificare una zona come svantaggiata.
La fattibilità di una nuova delimitazione basata su tali parametri deve tuttavia essere verificata mediante simulazioni basate su dati pedoclimatici di sufficiente dettaglio geografico e semantico. Va infatti considerato che le zone svantaggiate sono classificate su una scala territoriale alquanto dettagliata, generalmente a livello di unità amministrativa locale 2 della nomenclatura statistica europea (LAU 2), corrispondente ai comuni nel sitema italiano. Le statistiche europee su suolo e clima non riescono a cogliere un tale livello di dettaglio.
Nell’aprile 2009, la Commissione ha quindi deciso di coinvolgere gli Stati membri nell’iter propositivo, tramite l’utilizzo delle loro basi dati per simulare l'impatto di una nuova delimitazione basata su questi nuovi criteri (Comunicazione COM(2009)161).
Il Consiglio agricoltura ha convenuto nel giugno 2009 che gli otto criteri costituiscono una base per un sistema di zonaggio semplice e comparabile in tutta l'Unione. Gli Stati membri si sono impegnati per trasmettere alla Commissione delle cartine con la simulazione delle zone che sarebbero delimitate se i nuovi criteri fossero applicati entro fine gennaio 2010. Al momento della redazione di questo articolo, i servizi della Commissione stanno lavorando con gli esperti nazionali per fare in modo che tutte le simulazioni siano pronte in gennaio. Bisognerà attendere le simulazioni per analizzare l'impatto ed elaborare una proposta legislativa. Il nuovo sistema non potrà entrare in vigore prima del 2014.

Come mirare il sostegno verso le zone più a rischio?

Gli studi compiuti sinora e la cooperazione con gli Stati membri hanno mostrato che in taluni casi i criteri pedoclimatici da soli non bastano a individuare le zone dove l’agricoltura è effettivamente a rischio di abbandono.
In alcuni casi infatti, il progresso scientifico e l'intervento umano hanno superato l’handicap naturale e reso possibile la pratica di un'agricoltura redditizia anche in presenza di condizioni naturali all’origine sfavorevoli.
Per esempio molte zone umide sono state drenate; l’irrigazione artificiale ha reso fertili terreni aridi; appropriate scelte colturali, come la viticoltura di qualità, hanno scongiurato il rischio di abbandono di taluni terreni con suoli pietrosi.
In questi casi, è necessario che la classificazione delle zone sulla base dei parametri pedoclimatici venga perfezionata usando degli indicatori addizionali che permettano di escludere quelle zone che hanno superato l’handicap iniziale. Secondo l'analisi della Commissione questo “perfezionamento” – chiamato fine-tuning nei contatti tecnici con gli Stati membri - è necessario solo per cinque criteri pedoclimatici su otto (2) e deve comunque essere fatto dagli Stati membri in un quadro flessibile che permetta di cogliere le peculiarità di ciascuna regione.
Al di là della delimitazione delle zone, un altro strumento per canalizzare gli aiuti verso le situazioni più a rischio di abbandono consiste nell’applicare condizioni di ammissibilità a livello dell'azienda. In una stessa zona classificata come svantaggiata, possono infatti coesistere diverse pratiche agricole, il cui contributo alla gestione sostenibile del territorio è diverso (si pensi ad esempio alle coltivazioni intesive irrigate in serra che affiancano tradizionali pratiche silvopastorali nelle zone meridionali dell’UE).
Attualmente la maggioranza degli Stati membri canalizza l'aiuto tramite regole di ammissibilità, ma non vi è una vera coerenza tra queste regole a livello europeo. La compatibilità con le regole dell'Omc è anche discutibile nei casi in cui talune aziende sono escluse dall’aiuto in ragione del tipo di produzioni coltivate. L’esclusione degli agricoltori a tempo parziale o di quelli che hanno superato taluni limiti di età fissati a livello nazionale suscitano ugualmente dei dubbi, in quanto queste tipologie di agricoltori possono fornire un contributo significativo alla gestione del territorio, malgrado il loro minore impegno nell’attività agricola.
Ci si chiede se sia opportuno definire un quadro europeo che fissi gli obbiettivi delle regole di ammissibilità che gli Stati membri applicheranno a ciascun beneficiario, nella prospettiva di mirare l’aiuto verso coloro che sono più a rischio di abbandono e che maggiormente contribuiscono alla buona gestione del territorio.

Innovazioni di metodo e prossime tappe

La revisione del sostegno alle zone svantaggiate si caratterizza per l’intensa cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri nella fase precedente l’adozione della normativa comunitaria. Per la prima volta la Commissione ha chiesto agli Stati membri di partecipare all’elaborazione della valutazione d’impatto di una sua proposta legislativa e ha stabilito un tavolo di lavoro comune tra amministrazioni nazionali, comunitaria e la comunità scientifica.
Si tratta di un’innovazione di metodo che potrebbe essere ripetuta in altri settori, in particolare quando l’impatto di norme europee è suscettibile di avere conseguenze molto diverse negli Stati membri.
E’ ormai evidente che una nuova delimitazione delle zone svantaggiate intermedie non potrà essere realisticamente in vigore prima del 2014. L’esercizio di revisione delle zone svantaggiate s’intreccia quindi con l’elaborazione delle linee di politica agricola comune per il dopo 2013. Spetterà alla nuova Commissione deciderne la tempistica e il grado di interazione.
Per il momento, vi è tra gli addetti ai lavori la convinzione che l’esercizio rigoroso svolto sinora risulterà utile anche in un quadro politico rinnovato.

Note

(1) Conclusioni del Consiglio Agricoltura del 22 e 23 giugno 2009, [pdf].
(2) I cinque criteri in questione sono: scarso drenaggio, tessitura e pietrosità del suolo, proprietà chimiche, bilancio idrico del suolo e profondità radicale.

Riferimenti bibliografici

  • Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, Rendere più mirati gli aiuti agli agricoltori nelle zone caratterizzate da svantaggi naturali, COM(2009)161 del 21.4.2009, [pdf].
  • Conclusioni del Consiglio Agricoltura del 22 e 23 giugno 2009, [pdf].
  • Corte dei conti europea, Relazione speciale n° 4/2003 (GU C 151 del 27.6.2003
  • Comitato economico e sociale europeo, Indennità compensative per le zone svantaggiate oltre il 2010, parere d'iniziativa 881/2007
  • Istituto per la politica ambientale europea - IEEP, 2006 – Una valutazione della misura a favore delle zone svantaggiate nei 25 Stati membri dell’Unione europea, [link] e [pdf].
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