I numeri dell’obesità nelle regioni italiane

I numeri dell’obesità nelle regioni italiane
a Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Statistiche «Paolo Fortunati»
b Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Economiche

Premessa

Sebbene le politiche di prevenzione all’obesità abbiano ormai raggiunto le posizioni di vertice nell’agenda delle politiche sanitarie nazionali e internazionali, l’aspirazione ad un intervento pubblico basato sull’evidenza scientifica si scontra con un’informazione statistica lacunosa. Ciò è dovuto sia alla relativa novità del problema, in particolare nell’Europa Mediterranea, che alle difficoltà e ai costi di indagini sistematiche mirate alla raccolta di dati su peso, altezza e abitudini nutrizionali.
L’Italia – come osservato in altri articoli di questo numero di Agriregionieuropa – non fa eccezione. Gli unici dati “storici” (e si parte solo dal 1999) sono quelli raccolti dall’ISTAT attraverso l’indagine multiscopo – Aspetti della vita quotidiana. Si tratta di valori di peso e altezza “dichiarati” dal rispondente e non misurati. Una differenza sostanziale se si considerano i dati effettivamente misurati (seppure solo su adulti tra i 35 e i 74 anni) nell’ambito del Progetto Cuore dell’Istituto superiore di sanità [link], secondo i quali la percentuale di italiani sovrappeso aumenta dell’8% rispetto alla misura riferita e i tassi di obesità nel periodo 1998-2002 erano del 18% per gli uomini e del 21% per le donne rispetto al 9% secondo le misure riferite. Le cifre più recenti (datate 2007), sempre secondo i dati dichiarati nell’ambito dell’indagine multiscopo, riportano un tasso di obesità complessiva poco inferiore al 10%, mentre sovrappeso e obesi costituiscono complessivamente circa il 45% della popolazione italiana. Ciò lascerebbe presagire un “reale” tasso di obesità almeno intorno al 16-20% e potrebbe non essere un’esagerazione affermare che quasi due italiani su tre sono sovrappeso o obesi.
Le difficoltà di misurazione sono ancora superiori per i bambini. L’obesità si misura negli adulti secondo i valori dell’indice di massa corporea (o body mass index, Bmi), ossia il rapporto tra il peso in chilogrammi e il quadrato dell’altezza in metri. Un adulto è classificato “normopeso” se il suo Bmi è compreso tra 18,5 e 25, “sovrappeso” tra 25 e 30, “obeso” oltre i 30. Lo stesso rapporto non può essere applicato ai bambini, per i quali la variabilità in peso e altezza nelle varie fasce di età è molto alta. Per questo, i valori soglia sono definiti a livello internazionale secondo l’età e si riferiscono alla probabilità che un bambino con un dato Bmi diventi un adulto sovrappeso o obeso. Ad esempio, secondo le stime adottate dall’International Obesity Task Force, un Bmi sopra i 18 tra i 7 e i 9 anni indica un’alta probabilità di superare i 25 da adulto, mentre un Bmi sopra i 22 è un buon predittore di obesità in epoca adulta. Dalla pubblicazione del citatissimo articolo di Lobstein e Frelut (2003) l’Italia si è scoperta come il paese europeo con il più alto tasso di obesità infantile. Nel 2008 l’Istituto Superiore della Sanità ha svolto una vasta indagine sui bambini delle terze elementari [link], che ha coinvolto 45590 bambini in 2610 scuole di 18 regioni italiane (tutte meno Lombardia e Trentino Alto Adige), con un tasso di partecipazione al 97%. Nel complesso, l’indagine confermerebbe che oltre un terzo (36%) dei bambini in quella fascia d’età ha le premesse per diventare un adulto obeso o sovrappeso (limitandosi all’obesità, il valore sarebbe attorno al 12%). Sebbene tali statistiche risultino comunque inferiori alle stime attuali per gli adulti, l’Italia rimane tra i paesi con le più alte percentuali di bambini a rischio obesità.

I dati regionali

I dati Istat-multiscopo e Iss possono essere riportati a livello regionale per ottenere alcune indicazioni importanti. La tabella 1 mostra i dati su obesità e sovrappeso negli adulti italiani per regione nel 2001 e nel 2007, misure riportate, ma comunque indicative per valutare le dinamiche tra le due osservazioni, nonché i dati misurati sui bambini di terza elementare. La tabella 2 riporta i dati per situazione economica (sempre dichiarata) delle famiglie.

Tabella 1 - Dati percentuali sulla popolazione obesa e sovrappeso per regione

Tabella 2 - Tassi di obesità e sovrappeso per situazione economica

Fonte: *Ns. elaborazioni su dati Istat, indagine Multiscopo – Aspetti della vita quotidiana, 2001 e 2007; ** Indagine Progetto Okkioallasalute, [link], 2008

Osservando i dati della prima tabella emerge chiaramente come sia il tasso di obesità che la percentuale complessiva della popolazione obesa e in sovrappeso siano aumentati negli ultimi anni in tutta Italia, con l’unica leggera eccezione del Friuli Venezia Giulia. La situazione fotografata dalle indagini multiscopo – che come si è detto è una stima “ottimistica” – confermerebbe la necessità di un intervento pubblico nazionale.
Particolarmente significativi sono gli incrementi delle regioni settentrionali, ossia nelle regioni che nel 2001 presentavano tassi ben al di sotto della media nazionale. In Lombardia si è registrato un aumento della popolazione in sovrappeso (obesi inclusi) del 3.6%, in Trentino del 3.8%, in Veneto del 2.1% e in Liguria addirittura del 4.3%. L’Emilia-Romagna è l’unica regione settentrionale a porsi al di sopra della media nazionale sia per obesità che per il dato complessivo.
Nonostante un’apparente “convergenza” nelle variazioni percentuali tra le regioni del Nord e del Sud, i tassi crescono inequivocabilmente mano a mano che ci si sposta verso l’Italia meridionale e, anzi, i trend mostrano una certa linearità del fenomeno. Fatta eccezione per Calabria e Sardegna – anche se quest’ultima ha subito un aumento della popolazione sovrappeso del 5.9% – nel Sud ci si sta avvicinando al 50%, soglia già superata da Sicilia e Campania.
Un dato ancora più preoccupante riguarda l’obesità infantile: nel Nord i bambini fuori taglia sono circa un terzo, nel Centro Italia poco più di un terzo, e nel Sud si aggirano intorno al 40%, con un picco in Campania dove arrivano persino al 49%.
Il quesito che si pone a livello europeo è riproposto a livello nazionale: perché l’obesità infantile tende ad essere superiore nei paesi della celebrata dieta mediterranea?. Dalla tabella 2 emerge una potenziale risposta, legata non solo all’alimentazione, ma anche alla possibilità di condurre uno stile di vita più sano ed attivo. Le risorse economiche sono strettamente correlate ai tassi di obesità e sovrappeso. Tra le famiglie che dichiarano di disporre di “risorse scarse” o “assolutamente inadeguate” i tassi di sovrappeso e obesità nel periodo 2001-2007 hanno subito un incremento molto alto, pari rispettivamente al +4.1% e +4%. Questi dati sono in linea con altre statistiche condotte a livello europeo e negli Stati Uniti, e trovano la loro ragione economica nel fatto che gli alimenti più calorici sono disponibili a prezzi nettamente più bassi rispetto ad altri alimenti “sani” come ad esempio frutta e verdura, ma anche nei costi per l’attività fisica extra-lavorativa (Drewnowski e Specter, 2005). Questo, in combinazione con il fatto che la sensibilità ai prezzi è superiore per le fasce economiche svantaggiate, spiega in gran parte il “paradosso” dell’obesità mediterranea. Interessante è comunque anche il dato della percentuale degli obesi (10.7%) nelle famiglie benestanti. Il valore è piuttosto alto e potrebbe essere analizzato, ad esempio, alla luce dei consumi fuori casa o del fenomeno della destrutturazione dei pasti o, ancora, prendendo in considerazione altre variabili socio-demografiche o legate alla qualità della vita in generale.

Conclusioni

I dati che fotografano la situazione e l’evoluzione del fenomeno obesità nelle regioni italiane offrono numerosi spunti di riflessione sulla necessità ed eventualmente sull’urgenza di un intervento pubblico su scala nazionale e regionale. La percentuale di popolazione sovrappeso o obesa in Italia è in rapido aumento, e le disparità economiche sembrano essere una plausibile spiegazione del fenomeno. Si pongono quindi problemi sia in termini di efficienza del sistema sanitario (costi sociali in aumento per le malattie legate all’obesità), che soprattutto di equità. Purtroppo l’Italia si aggiunge alla lunga lista di paesi che non producono dati in grado di legare gli stili di vita, lo stato di salute e le condizione economiche (non solo in termini di redditi, ma anche di prezzi relativi), limitando notevolmente la possibilità di interventi a carattere economico e mirati alle popolazioni a rischio.

Riferimenti bibliografici

  • Drewnowski, A. e N. Darmon (2005). Food Choices and Diet Costs: an Economic Analysis. American Journal of Clinical Nutrition, 82: 265S-273S.
  • Lobstein, T. e M.L. Frelut (2003). Prevalence of overweight among children in Europe. Obesity Reviews, 4: 195-200.
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FRUTTA E VERDURA COSTANO MENO IN MERIDIONE .CAUSA DELL'OBESITA'IL MINOR IMPEGNO LAVORATIVO AD ALTO CONSUMO ENERGETICO,UNA CULTURA PSICOLOGICA DI COMPENSAZIONE ATTRAVERSO IL CIBO, MAGGIORI DISPONIBILITA'ALIMENTARI,CAMBIAMENTI ALEMENTARI

Commento originariamente inviato da 'furio' in data 04/04/2010.