Introduzione
Nei primi mesi del 2009 verrà approvato dalla Provincia di Viterbo e presentato alla Regione Lazio il Piano di gestione relativo alla Zona di protezione speciale (Zps) Lago di Bolsena e isole Martana e Bisentina. La redazione di tale Piano, che ha visto coinvolti da una parte la Regione Lazio e la Provincia di Viterbo e dall’altra l’Università degli studi della Tuscia, ha rappresentato un’occasione importante di riflessione. In tale documento, infatti, sono state analizzate nel dettaglio le caratteristiche socio-economiche dell’area, in modo tale da evidenziare i principali punti di forza e di debolezza delle attività che vengono praticate nei comuni che ne ricadono all’interno. Ne è emerso che i settori trainanti l’economia, oltre al terziario sono, rispettivamente, quello agricolo, turistico ed ittico (Polos, 2002; Polos, 2007).
Il turismo, da sempre uno dei comparti più importanti dell’economia italiana e laziale, è considerato uno dei settori con maggiori potenzialità di sviluppo (Osservatorio sul turismo, 2007). La crescita del volume dei viaggiatori prevista potrebbe generare un aumento delle attività imprenditoriali connesse al turismo e un incremento del reddito prodotto, con riferimento non solo al comparto tradizionalmente considerato la base dell’economia turistica, quello degli alberghi/ristoranti, ma a tutte le attività connesse, quali l’agricoltura, l’artigianato, la distribuzione commerciale, le attività ricreativo-culturali, nonché a tutti quei settori che afferiscono direttamente al turismo, come le agenzie di viaggio e i tour-operator.
Viterbo, e più in generale la Tuscia, in tutte le sue componenti socio-economiche e geografiche, compreso dunque il comprensorio del lago di Bolsena, fino a oggi ha puntato solo parzialmente al turismo come fattore strategico per lo sviluppo del territorio.
È interessante approfondire, quindi, alcune possibili prospettive di sviluppo del settore turistico, da vedere come una filiera integrata, anche alla luce della possibilità data ai pescatori dalla normativa attuale di intraprendere attività di pescaturismo ed ittiturismo. Partendo da valutazioni relative all’area oggetto della presente discussione, si cercherà di fornire indicazioni di carattere generale che possano essere applicate anche in altre aree lacustri italiane, spesso sottovalutate o mal gestite dal punto di vista delle potenzialità turistiche. In particolare, si cercherà di evidenziare come alcuni investimenti, volti a migliorare le strutture ricettive, a sostenere la formazione professionale, ad integrare l’attività di pesca con la ristorazione e l’attività turistico-ricettiva, potrebbero favorire il decollo del turismo sostenibile nelle aree lacustri.
Il turismo lacustre come una filiera integrata
Tra le principali motivazioni che spingono il turista ad una vacanza nelle aree lacustri (in generale e in quella di Bolsena in particolare), si possono evidenziare la ricerca della tranquillità e il desiderio di godere di bellezze naturali (Osservatorio sul turismo, 2007).
Se si considera il turismo lacustre come una filiera integrata mirata alla tutela e alla salvaguardia del territorio, esso coinvolge direttamente e indirettamente un gran numero di operatori, come gestori di strutture turistico-ricettive, agenti di viaggio e tour operator, guide turistiche, corrieri, interpreti e gestori dei servizi di ristorazione. Ma in via indiretta coinvolge anche la cittadinanza residente, con riferimento ad una serie di risorse (beni culturali, tradizioni, ambiente, infrastrutture) che rappresentano un patrimonio di tutta la collettività. Un territorio, quindi, deve essere in grado di proporre al turista un’offerta coordinata di ricettività, servizi di trasporto, ristorazione, servizi collaterali alla vacanza e risorse di eccellenza, dalle bellezze paesaggistiche naturali al patrimonio culturale e sociale. La prospettiva integrata, in cui la natura e il rispetto dell’ambiente giocano un ruolo fondamentale, ma in cui al tempo stesso servizi coerenti con questo percorso possono acquisire valore, rappresenta una variabile fondamentale per pensare ad un modello di sviluppo turistico sostenibile in grado di supportare le modifiche d’uso delle risorse, naturali ed economiche, in funzione di vincoli ambientali e di promuovere il patrimonio del lago di Bolsena, ricco di risorse culturali, artistiche e produzioni tipiche. Solo in questo modo sarà possibile sfruttare appieno le potenzialità del territorio, in un’ottica di tutela e rispetto dell’ambiente ormai ineludibile.
Tuttavia, queste modalità innovative di interpretare il fenomeno turistico, oltre che garantire la sostenibilità ambientale, devono assicurare anche la sostenibilità economica. Gli interventi attuati, in ragione di una richiesta della comunità verso una maggiore attenzione all’ambiente, pur con i limiti generati dal Piano di gestione, devono risultare coerenti con un profilo di caratterizzazione del territorio che deve mettere al centro l’ambiente come fattore distintivo e di marketing, integrato con le altre vocazioni territoriali (arte, cultura, enogastronomia). Per molti territori tale scelta ha rappresentato la strada verso il successo, con un’offerta turistica ecologicamente sostenibile, economicamente conveniente, eticamente e socialmente equa (1). L’obiettivo deve essere quello di promuovere, diffondere e condividere questi concetti.
Pescaturismo e ittiturismo
Le attività di pescaturismo e ittiturismo potrebbero costituire sia un’innovazione nel comparto della pesca e del turismo, sia una nuova strada per perseguire un modello di sviluppo sostenibile e di turismo responsabile che, consentendo al turista di inserirsi in maniera armonica nell’ambiente che lo circonda senza alterarne le singolari particolarità possono anche riqualificare una quota di mercato turistico in parte esistente e crearne una nuova piuttosto significativa.
Il pescaturismo è un’attività integrativa alla pesca artigianale, che offre la possibilità agli operatori del settore di ospitare a bordo delle proprie imbarcazioni un certo numero di persone per lo svolgimento di attività turistico-ricreative, nell’ottica di promuovere e diffondere la cultura del mare e della pesca. A bordo delle imbarcazioni sono effettuate diverse attività che vanno dalla semplice escursione all’osservazione delle attività di pesca professionale. L’attività di pescaturismo è regolamentata dal D.M. n. 293 del 13 aprile 1999, che comprende lo svolgimento di attività nell’ottica della divulgazione della cultura del mare e della pesca. Il pescaturismo può fornire una risposta importante ai numerosi problemi locali legati alla pesca e al turismo, fornendo agli operatori la possibilità di integrare il reddito attraverso un’attività coerente con la loro identità storica e culturale; allo stesso tempo può consentire di razionalizzare il prelievo delle risorse grazie alla diversificazione delle attività produttive. In questo modo, il pescatore può evidenziare aspetti della cultura lacustre e delle tradizioni della pesca artigianale spesso non adeguatamente valorizzati e diffondere la conoscenza della sua realtà professionale, salvaguardando allo stesso tempo le risorse naturalistiche ambientali.
L’ittiturismo consiste in un’attività di ricezione ed ospitalità svolta dai pescatori professionisti, attraverso l’utilizzo delle proprie abitazioni, adeguatamente ristrutturate o appositamente acquisite, e l’offerta di servizi di ristorazione e degustazione dei prodotti tipici della pesca. Ciò può consentire di allestire piccoli ristoranti tipici dove si cucina il pesce appena pescato ed altre pietanze tipiche del luogo e di aprire esercizi commerciali dove è possibile acquistare i prodotti locali preparati artigianalmente.
In base all’art. 12 della Legge n. 96 del 20 febbraio 2006, le attività svolte dai pescatori, relativamente all’ospitalità, alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca, nonché le attività connesse ai sensi del D. Lgs. n. 226 del 18 maggio 2001, compreso il pescaturismo, sono assimilate alle attività agrituristiche. Quindi, chi pratica l’attività di pescaturismo o di ittiturismo può accedere agli stessi fondi previsti per l’agriturismo.
Nonostante ciò, entrambe le attività, acquaturismo ed ittiturismo, non hanno avuto uno sviluppo apprezzabile, soprattutto nelle acque interne.
Infatti, nei laghi in cui si è cercato di far nascere e sviluppare tali attività (ad esempio nel lago di Vico e nel lago Trasimeno), esse non hanno ripagato in maniera adeguata gli sforzi degli operatori, tanto da essere state quasi del tutto abbandonate o da essere praticate in maniera marginale. Difficile individuare le cause di tale fallimento. Da una parte, probabilmente, c’è l’inesperienza dei pescatori, che si sono improvvisati operatori turistici e non hanno proposto un’offerta di livello qualitativo tale da soddisfare le richieste dei turisti; dall’altra, potrebbe esserci un’inadeguatezza delle strutture ricettive, che sono ben lontane da quelle proposte dagli agriturismi.
Infatti, molti laghi italiani presentano una notevole inadeguatezza strutturale che limita fortemente le attività di pescaturismo e ittiturismo. Il primo vincolo è rappresentato dalle imbarcazioni, spesso di piccole dimensioni e non in grado di portare a bordo gruppi numerosi. Quindi, per il trasporto dei turisti sarebbe necessario affiancare alla barca principale, dove si svolge l’attività di pesca, anche altre barche condotte sul luogo appositamente, con un costo del servizio piuttosto elevato. Il problema è anche legato al numero limitato di turisti che si sono dimostrati interessati a spendere cifre elevate per questo tipo di turismo alternativo, soprattutto perché spesso il servizio offerto è di scarsa qualità. Infatti, gli stessi visitatori evidenziano che uno degli aspetti più vincolanti per lo sviluppo del pescaturismo e dell’ittiturismo è rappresentato dall’assenza di strutture di accoglienza dove poter fornire ospitalità ai turisti e provvedere ad un servizio di ristorazione, in quanto, in molti casi, le uniche strutture presenti sui laghi sono quelle utilizzate dai pescatori, ossia piccoli ricoveri per il deposito delle reti e degli altri strumenti da pesca.
L’ipotesi potrebbe essere quella di investire nella realizzazione di nuovi punti di ristoro sul lago, realizzando strutture ex-novo o ristrutturando quelle già esistenti (accedendo ai fondi disponibili per l’agriturismo, in particolare quelli previsti dal PSR 2007-2013) gestiti direttamente dai pescatori, i cui menù siano a base di pesce di acqua dolce preparati secondo le ricette della tradizione gastronomica locale. Tali realtà non dovrebbero rappresentare un ulteriore elemento di concorrenza con la ristorazione tradizionale (come già avvenuto in qualche caso con gli agriturismi), ma dovrebbero accreditarsi come luoghi di degustazione per soli prodotti ittici di lago in cui il legame con l’attività di pesca locale dovrebbe essere il filo conduttore di piatti, storie ed arredi. La possibilità di somministrare pasti potrebbe trovare in una forma associata un ottimo modello operativo, sia perché le esperienze fin qui osservate depongono favorevolmente (Orbetello, Chioggia, ecc.), sia perché si ha motivo di ritenere che la tradizione cooperativa sviluppatasi in questi anni tra i pescatori di alcuni laghi, tra cui quello di Bolsena, possa essere un patrimonio da mettere a frutto anche in questo caso.
I punti di ristoro potrebbero assolvere anche al compito di fornire informazioni e accettare le prenotazioni per le attività di pescaturismo, sollevando così il singolo operatore da funzioni organizzative, almeno inizialmente. Infatti, contrariamente all’agriturismo, il pescatore non dispone di un centro aziendale, il che comporta notevoli difficoltà di relazione con gli ospiti-turisti ed è per tale motivo che il punto di ristoro potrebbe avere questa doppia valenza. È evidente, tuttavia, che i pescatori potrebbero avere notevoli difficoltà sia nella gestione dei punti di ristoro che nell’interfacciarsi con il turista. Infatti, tali attività richiedono un’abilità comunicativa e di accoglienza di cui non dispongono tutti i pescatori. Potrebbe nascere l’esigenza, quindi, di affiancare i pescatori con personale preparato e formato appositamente, come camerieri o cuochi professionisti nei punti di ristoro, guide o operatori turistici nei punti di accoglienza. Dall’altro lato, i pescatori dovrebbero sottoporsi ad un periodo di formazione professionale, che li renda in grado di interfacciarsi con il mondo del turismo in maniera autonoma.
Conclusioni
Gli aspetti finora considerati, importanti dal punto di vista ambientale, naturalistico ed economico, potrebbero essere in grado di influenzare l’immagine complessiva del lago (in particolare quello di Bolsena), che può caratterizzarsi come una zona in cui le attività sono integrate efficientemente con il territorio, che ha mantenuto pressoché intatte le realtà e gli equilibri esistenti e, quindi, è in grado di attrarre turisti. Tuttavia, è necessario che lo sfruttamento attuale e non ottimale delle risorse venga tenuto sotto controllo e limitato. Ma la pressione antropica sulle risorse naturali, proprio per il carattere di individualità che la contraddistingue, potrebbe essere difficile da controllare, anche per l’inesistenza di un opportuno organismo dedicato.
In quest’ottica andrebbe anche vista l’attività di pesca, che fornisce non solo occupazione e reddito, ma che potrebbe rappresentare un’attrattiva se si riuscisse a trasmettere il concetto che si tratta di un’attività tradizionale, a basso impatto ambientale, che cattura un pesce di qualità e non allevato, in un lago le cui acque si possono ancora considerare di buona qualità (Dono et al., 2005). Se tale messaggio fosse recepito e se venissero attuati corsi di formazione in grado di preparare i pescatori ad accogliere turisti alla ricerca di un’esperienza diversa, come vedere da vicino l’attività di pesca, soggiornare nelle case dei pescatori, degustare prodotti locali preparati dagli stessi pescatori, allora nuove forme di turismo finora inedite per molti laghi italiani, quali il pescaturismo e l’ittiturismo, potrebbero nascere e svilupparsi con successo, sostenendo adeguatamente l’impegno ed i redditi dei pescatori e fornendo una valida alternativa al turismo tradizionale.
Note
(1) La scelta del turismo sostenibile è stata attuata con successo (e rappresenta un importante fattore di marketing) dalla Regione Trentino Alto Adige (forse l’esempio più significativo), dal polo turistico di Bibione (VE, primo sito turistico in Europa ad aver ottenuto la certificazione ambientale EMAS) e, nel Lazio, dalle comunità localizzate intorno ai Parchi Naturali (ad esempio Parco Naturale Regionale dei Monti Aurunci), dai comuni di Sabaudia e Sperlonga (LT) e dalla comunità montana del Velino (RI), tutti in possesso della certificazione ambientale ISO 14001.
Riferimenti bibliografici
- Dono G., Mazzapicchio G., Della Vecchia F., Branca G., Orban E. (2005), Promozione e ricerca di nuovi sbocchi per il pescato delle acque interne, Rapporto finale di ricerca, DEAR, Università della Tuscia, Viterbo.
- Osservatorio sul Turismo (2007), Indagine sulle motivazioni delle vacanze, Isnart, Roma.
- Polos 2002 (2002) – 3° Rapporto Economia Tuscia Viterbese, CCIAA di Viterbo.
- Polos 2007 (2007) – 8° Rapporto Economia Tuscia Viterbese, CCIAA di Viterbo.
- Regione Lazio (2007), Programma di Sviluppo Rurale del Lazio per il periodo 2007/2013.