Specializzazione e differenziazione dell’agricoltura multifunzionale

  Istituto Nazionale di Economia Agraria

Introduzione

Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura come produttrice di beni pubblici ed esternalità positive congiuntamente ad alimenti e fibre è stato fortemente sostenuto dall’Unione Europea, come elemento essenziale del cosiddetto “modello di agricoltura europeo”. Tale ruolo ha ricevuto attenzione crescente nel più ampio dibattito che ha interessato il processo di riforma del sostegno al settore primario (European Commission, 1998; OECD, 2001). In effetti, la politica agricola comunitaria (PAC) ha cercato di incentivare l’ampio spettro di funzioni secondarie dell’agricoltura attraverso gli strumenti ricadenti sia nel primo che nel secondo pilastro della PAC. Anche nella più recente proposta di riforma, conosciuta come Health Check della PAC, la multifunzionalità in qualche modo fa da sfondo, pur non essendo mai esplicitamente nominata, al processo di diversificazione dei prodotti e dei redditi in agricoltura, fortemente sostenuto dalla Commissione (European Commission, 2007; Cooper, Baldock e Farmer, 2007; Garzon, 2005).
Identificandosi nel modello di agricoltura europea, gli Stati membri riconoscono il ruolo multifunzionale dell’agricoltura, dando tuttavia ciascuno di essi un’enfasi diversa alle produzioni secondarie, in funzione del proprio modello di sviluppo agricolo e territoriale e delle diverse forze in campo che spingono per la maggiore o minore “visibilità” di una determinata funzione (Henke, 2004).
Questo lavoro si pone come obiettivo la conferma di quella che è una percezione della diversa enfasi data al ruolo multifunzionale dell’agricoltura in contesti sviluppati e ad alto sostegno pubblico come sono i paesi dell’UE. Accanto a questo, si cerca di evidenziare anche come, passando da una unità di osservazione “alta” come lo Stato membro, ad una più bassa come la regione (per il solo caso italiano), l’apparente omogeneità della specializzazione di un modello di agricoltura si frammenta in una differenziazione della valorizzazione delle funzioni secondarie dell’agricoltura, che rispecchia fortemente l’interazione tra agricoltura e componenti sociali, ambientali e culturali che caratterizzano il territorio oggetto di analisi.
Il lavoro, dunque, si divide in due parti: la prima si concentra sui 25 membri dell’UE (inclusi quindi 10 nuovi Stati membri (1)) la seconda approfondisce la specializzazione territoriale della multifunzionalità guardando al solo caso italiano, con l’obiettivo di identificare le principali funzioni secondarie nelle regioni italiane. Per fare ciò, si è fatto ricorso, sia per l’analisi europea che per quella nazionale, ad un processo a due stadi di analisi multivariata (analisi delle componenti principali e cluster analysis), applicata ad una batteria di indicatori che sono stati associati ad alcune funzioni specifiche dell’agricoltura.

Indicatori e metodologia

In questo lavoro, le principali funzioni secondarie prese in considerazione sono state associate ad un set di indicatori, standardizzati e impiegati nell’analisi multivariata. Per l’analisi a livello nazionale, gli indicatori sono stati raggruppati in sei categorie: indicatori di produzione, di conservazione del paesaggio, di presidio del territorio, di diversificazione, di conservazione ambientale, di qualità e sicurezza alimentare (Tabella 1).

Tabella 1 - Lista dei 15 indicatori e funzioni

L’uso di indicatori a livello nazionale rappresenta una semplificazione che sintetizza in modo eccessivo – e comunque approssimativo – il contenuto informativo degli indicatori stessi e potrebbe non cogliere a pieno le differenziazioni legate ad una specializzazione funzionale dell’agricoltura. Tuttavia, il principale obiettivo che ci si è dati in questa parte del lavoro è di evidenziare una diversa attenzione dei singoli Stati membri alle funzioni secondarie dell’agricoltura. Questo aspetto si lega anche allo specifico problema di individuazione di indicatori “ad hoc” per la multifunzionalità, che riguarda, da un lato, la effettiva associazione di una data funzione ad un indice sintetico, dall’altro, l’individuazione ottimale del livello territoriale di raccolta delle informazioni (Arovuori e Kola, 2005). Di conseguenza, la maggior parte degli indicatori utilizzati, sia per l’analisi a livello dei Venticinque che per quella sulle regioni italiane, è da considerarsi come una proxy – più o meno efficace – della funzione che si intende rappresentare. Chiaramente, una funzione secondaria risulterà tanto più difficilmente spiegabile con indicatori semplici e quantificabili quanto più marcati saranno gli aspetti di bene pubblico o esternalità che la caratterizzano. Ad esempio, mentre per la performance economica (vedi Produzione nella tabella 1) vi è una più ampia disponibilità di dati, in merito alla tutela del paesaggio l’individuazione di indicatori specifici risulta più complicata. In quest’ultimo caso, in virtù della natura territoriale dell’analisi, si è tenuto conto di come orientamenti produttivi prevalenti, scelte colturali e soprattutto mix di attività agricole realizzate da aziende inserite nello stesso contesto tendano a modellare il paesaggio locale; in quest’ottica, indicatori relativi alla Sau, solitamente classificati come uso del suolo sono impiegati, in questo esercizio, come proxy del paesaggio. Nella seconda parte l’analisi si concentra solo sull’Italia, prendendo come unità di osservazione le venti regioni. In questo caso il set di dati si arricchisce di qualche indicatore in più, grazie alla maggiore reperibilità a livello di singolo Paese, ma si è comunque mantenuta la stessa classificazione tipologica delle funzioni secondarie (Tabella 2).
Naturalmente, e questo è uno dei risultati attesi del lavoro, la dimensione territoriale regionale consente di far emergere una differenziazione più spinta nella specializzazione multifunzionale dell’agricoltura, che invece inevitabilmente si perde nell’analisi a livello nazionale.
Il lavoro, come già accennato, si sviluppa in due fasi: in una prima fase si è utilizzata un’analisi delle componenti principali, che produce un ulteriore set di indicatori (i fattori o componenti) capaci di sintetizzare le informazioni delle variabili di partenza; questi, a loro volta, vengono utilizzati nella seconda fase dell’analisi (cluster analysis) per ottenere gruppi omogenei di osservazioni (Lebart et al., 1979; Bolasco, 1999). Il risultato finale di questo doppio processo è che le osservazioni (i venticinque Stati membri prima e le venti regioni italiane poi) sono stati classificati in cluster omogenei che rappresentano altrettante forme di “specializzazione” dell’attività agricola verso le produzioni secondarie del settore primario.

Tabella 2 - Lista dei 18 indicatori e funzioni

L’analisi multivariata applicata all’UE-25

L’analisi delle componenti principali

Nel passaggio dal set di variabili originali alle componenti si ottiene una “concentrazione” delle informazioni contenute nelle prime in un numero minore di variabili (2). In questo esercizio le componenti con autovalore maggiore di 1 sono sei; di queste, ai fini della “rappresentazione” delle tipologie di multifunzionalità sono state prese in considerazione le prime quattro, che spiegano complessivamente il 64% della varianza totale; per l’analisi cluster successiva, invece, vengono utilizzate tutte le sei componenti con autovalore maggiore di 1.
La prima componente concentra il 24% della varianza. In base al segno delle variabili che più contribuiscono alla sua formazione, l’agricoltura descritta dalla prima componente risulta caratterizzata da grandi aziende, con un’elevata quota di SAU per unità di lavoro. In termini macroeconomici, tale tipologia, pur rappresentando un’agricoltura forte e dinamica, contribuisce in modo relativamente marginale alla formazione del valore aggiunto locale, a causa del forte sviluppo extra-agricolo delle stesse aree. Riguardo agli aspetti produttivi, la prima componente è correlata in modo negativo con la variabile originale “SAU a colture permanenti”. La lettura di ciascuna componente può, dunque, essere duplice: in positivo o in negativo, a seconda dei segni della correlazione delle variabili originali e del peso che queste assumono nella composizione della componente. Nel caso della prima, la lettura in positivo fornisce una rappresentazione di un settore agricolo forte e vitale, localizzato prevalentemente in aree fortemente sviluppate. Una lettura al negativo della stessa componente identifica un’agricoltura marginale dal punto di vista produttivo ma che svolge una funzione preminentemente sociale. Con lo stesso procedimento, possono essere interpretate e definite anche le altre componenti individuate dall’analisi; nella tabella 3 vengono riportate, per ciascuna componente, le variabili che contribuiscono a “spiegare” le componenti e la loro interpretazione sintetica, in negativo ed in positivo.

Tabella 3 - Descrizione ed interpretazione delle componenti principali (UE-25)

La cluster analysis

Il secondo passo dell’analisi multivariata consiste nell’utilizzare le nuove variabili generate dall’analisi in componenti principali come input per una cluster analysis, che offre come risultato il raggruppamento (clustering) delle osservazioni in esame in tipologie omogenee (3). I gruppi composti dall’analisi identificano altrettanti modelli di specializzazione nella produzione di beni e servizi agricoli secondari.
In questo caso, è stato scelto il metodo di Ward (processo gerarchico) (4) ed il numero di gruppi è stato fissato a 7, che spiegano il 67% della varianza totale. Una sintesi dei risultati della cluster analysis viene proposta nella figura 1.
Il gruppo 1 riunisce quattro Paesi del Nord Europa che mostrano un settore primario orientato alla funzione produttiva ma con una elevata propensione alla protezione ambientale e alla conservazione delle risorse. La Germania e la Francia vengono raggruppate insieme nel cluster 2, che si distingue per l’elevata offerta di servizi agrituristici e di certificazioni di origine. I Paesi mediterranei (Italia, Grecia, Spagna e Portogallo) si riuniscono nel cluster 7 in cui predomina la valorizzazione dei prodotti attraverso le certificazioni di origine. Il resto dell’UE-15 si raggruppa nel cluster 3, il cui principale elemento di caratterizzazione è la presenza di grandi aziende.
Molto interessante è il raggruppamento dei nuovi Stati membri: Cipro e Malta costituiscono da sole il gruppo 4 con la funzione sociale dell’agricoltura nell’ambito di un’attività produttiva comunque molto specializzata; Estonia, Ungheria, Slovenia e Slovacchia formano il gruppo 5, il cui principale elemento di omogeneità è rappresentato da allevamenti a carattere estensivo e da una forte presenza di siti Natura 2000; infine, Polonia, Lettonia e Lituania costituiscono il gruppo 6, fortemente caratterizzato da una elevata incidenza della forza lavoro agricola.

Figura 1 – Risultati della cluster analysis nel caso UE-25

L’analisi multivariata applicata all’Italia

La metodologia applicata ai venticinque partner comunitari viene in questo paragrafo riproposta a partire da un set di dati riferiti alle regioni italiane, che differisce solo in parte da quello precedentemente utilizzato, per la diversa disponibilità di informazioni elementari a livello nazionale. L’obiettivo di questa parte del lavoro è di mostrare come, scendendo ad un livello territoriale ed istituzionale più basso rispetto a quello nazionale, emergano elementi di specializzazione nella produzione e nel sostegno di produzioni secondarie.
Il risultato del “caso studio” è particolarmente soddisfacente se si guarda alle specializzazioni emergenti tra regioni, che testimoniano e confermano il processo di forte differenziazione dell’agricoltura nazionale.

L’analisi delle componenti principali

Le funzioni prese in considerazione in questa fase dell’analisi sono le stesse utilizzate in precedenza, anche se il set di dati è leggermente diverso, e per buona parte di fonte ISTAT (vedi Tabella 2). Applicando a tale set l’analisi delle componenti principali, sono stati presi in conto quattro fattori, che spiegano il 76,7% della varianza totale.
Anche in questo caso si riporta nella tabella 4 la descrizione e l’interpretazione delle componenti in base alla varianza spiegata e alla lettura in positivo ed in negativo di ciascuna componente.

Tabella 4 - Descrizione ed interpretazione delle componenti principali (Italia)

La cluster analysis

Il processo gerarchico di individuazione dei gruppi omogenei è stato fermato, in questo caso, a cinque clusters, che spiegano nel complesso circa il 57% della varianza. I risultati del processo di raggruppamento sono proposti nella figura 2.

Figura 2 - Risultati della cluster analysis nel caso italiano

Il primo gruppo Il Il primo gruppo riunisce le grandi regioni del Nord Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, caratterizzate, come è noto, da un sistema agricolo fortemente orientato al mercato ma, allo stesso tempo, sensibile al tema della qualità del prodotto. Il secondo gruppo è costituito dalle regioni della dorsale adriatica-appenninica (Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata), per le quali la prossimità geografica probabilmente prevale, nella determinazione del gruppo, più che una omogeneità nella specializzazione funzionale. Tuttavia, va notato che la rilevante specializzazione cerealicola in queste regioni tende a modellare fortemente il paesaggio, che rappresenta anch’esso un elemento di valorizzazione delle funzioni secondarie svolte dall’agricoltura.
Il terzo cluster raggruppa tre regioni in cui la presenza di imprese agrituristiche è centrale nel sistema agricolo locale: il Trentino Alto Adige, la Toscana e la Sardegna. E’ interessante sottolineare come il Trentino Alto Adige, una regione dell’arco alpino, si unisca ad altre due regioni prevalentemente per il legame funzionale, che prevale rispetto a quello geografico.
Le altre regioni montagnose del Nord Italia (Valle d’Aosta e Liguria) sono, infatti, riunite nel gruppo 4, che si caratterizza per una bassa percentuale della superficie destinata a seminativi ed un peso piuttosto ridotto della SAU sulla superficie totale. L’agricoltura, in questo caso, svolge una importante funzione sociale, con una più elevata quota di lavoro in agricoltura ed una percentuale relativamente maggiore di sostegno pubblico derivante dal secondo pilastro della PAC.
Infine, il gruppo 5 mette assieme un folto gruppo di regioni del Centro-Sud: Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Il tipo di agricoltura associato a questo gruppo è prevalentemente mediterraneo, con forti valenze sociali ma anche con una certa capacità di produrre redditi da integrare con quello derivante dall’attività principale.

Conclusioni

Il lavoro ha cercato di mettere in evidenza il processo di specializzazione multifunzionale di diversi sistemi agricoli a due diversi livelli: comunitario (UE-25) e italiano (venti regioni). Ciò ha portato a far emergere, da un lato, la differenziazione verso forme di produzioni secondarie associate all’attività primaria tra Paesi membri; dall’altro, una maggiore articolazione della differenziazione una volta che si scende ad un livello territoriale più basso. Il processo di specializzazione è stato, in parte, anche il frutto del disegno della nuova PAC, che ha sempre più marcatamente orientato il sostegno verso le funzioni secondarie dell’agricoltura, sia attraverso le politiche del primo pilastro (condizionalità, articolo 69) che con quelle del secondo (programmi di sviluppo rurale). Non secondaria, d’altra parte, è stata la spinta provocata dalla nuova domanda espressa dalla società nei confronti dell’agricoltura, che non si sofferma più solamente sulla produzione di alimenti (di qualità, diversificati e sani) ma anche di servizi (ambiente, attività ricreative, sociali, terapeutiche), che sempre più integrano i redditi primari e concorrono ad una diversificazione delle tipologie aziendali e delle funzioni.
Più nel dettaglio, l’analisi multivariata condotta a livello dell’UE-25 mostra una evidente specializzazione degli Stati membri rispetto alle funzioni secondarie dell’agricoltura, che concorrono a definire il modello di agricoltura europeo. D’altra parte, il modo in cui si manifesta la multifunzionalità dell’agricoltura europea è molto differenziata tra Paesi. Dall’analisi svolta è piuttosto evidente che i Paesi mediterranei dell’UE, quelli nordici, l’area continentale europea ed i nuovi Stati membri, tendono a privilegiare funzioni diverse con enfasi diverse, e questo, in qualche modo, si riflette nelle posizioni assunte rispetto al processo di riforma della PAC e alla difficoltà di trovare una posizione comune in tema di valorizzazione della multifunzionalità nei consessi internazionali.
Passando poi all’approfondimento incentrato sul caso italiano, l’elemento di maggiore interesse sta nel fatto che l’apparente omogeneità della specializzazione nazionale si frammenta in una più spinta articolazione delle funzioni secondarie dell’agricoltura; di queste, due riguardano beni privati con un mercato di una qualche rilevanza (prodotti di qualità e biologico), altre rientrano a più pieno titolo nella produzione di esternalità positive (paesaggio, vivacità aree rurali, aspetti sociali).
In conclusione, il principale risultato di questa analisi a due stadi sta nel fatto che ad un più basso livello territoriale si evidenzia una più dettagliata specializzazione verso le attività secondarie dell’agricoltura. Ciò è il risultato di almeno due forze complementari: da un lato, il fatto che l’interazione dell’attività agricola con il contesto sociale ed ambientale si manifesta in maniera più evidente passando dall’unità di dimensione nazionale a quella regionale; dall’altro, la PAC ed il suo processo di decentramento a favore dei sistemi locali, che si rivela sempre più intenso ed efficace.

Note

(1) Non si è potuto fare riferimento agli ultimi due partner che hanno aderito all’UE (Bulgaria e Romania) per l’incompletezza del set di dati di partenza per questi due Paesi.
(2) Le nuove variabili con “autovalore” maggiore di 1 sono quelle che contengono più informazioni rispetto alle variabili di partenza (la varianza totale è “spiegata dalla componente in misura maggiore rispetto alle singole variabili standardizzate”). Nel complesso, la varianza spiegata dalle prime sei componenti è pari al 79%.
(3) Per la cluster analysis sono stati utilizzati i primi sei fattori dell’analisi in componenti principali, cioè tutti quelli con un autovalore superiore all’unità.
Dunque, nel complesso, la varianza utilizzata in questa fase dell’esercizio è pari a circa il 53% della varianza totale. A questa necessaria perdita di informazioni, si associa il vantaggio della realizzazione di gruppi omogenei.
(4) Il metodo di Ward si basa su un processo di aggregazione per cui ad ogni stadio si uniscono gruppi o singole osservazioni per cui la devianza (calcolata come distanza del baricentro del nuovo gruppo rispetto al vecchio) risulta minima.

Riferimenti bibliografici

  • Arovuori K. e Kola J. (2005), Policies and Measures for Multifunctional Agriculture: Experts' Insight. International Food and Agribusiness Management Review 8, pp. 21-51.
  • Bolasco S. (1999), Analisi multidimensionale dei dati, Carocci, Roma.
  • Cooper T., Baldock D. e Farmer M. (2007), Towards the CAP Health Check and the European Budget Review. The German Marshall Fund of the United States, GMF Paper Series, Washington D.C.
  • European Commission (EC) (2007), “Preparing for the ‘Health Check’ of the CAP reform”, Com (2007) 722, Brussels, 20 November.
  • European Commission (EC) (1998), Contribution of the European Community on the Multifunctional Character of Agriculture, WTO.
  • Garzon, I. (2005) Multifunctionality of Agriculture in the European Union: Is there substance behind the discourse’s smoke?. Institute of Governmental Studies, paper WP2005-36. Henke R. (a cura di) (2004), Verso il riconoscimento di una agricoltura multifunzionale. Teorie, politiche, strumenti, INEA, collana Studi & Ricerche. Fabiani G. (1991), Letture territoriali dello sviluppo agricolo, Franco Angeli, Milano.
  • Lebart L., Morineau A. e Fenelop J. P. (1979), Traitement des données statistiques, Dunod, Paris.
  • Organization for Economic Cooperation and Development (OECD) (2001). Multifunctionality: Towards and Analytical Framework. Paris: OECD Publications.
  • Organization for Economic Cooperation and Development (OECD) (2005). Multifunctionality in agriculture. What role for private initiative? Paris: OECD Publications.
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