Introduzione
L’agricoltura biologica è un fenomeno in espansione. Localizzata principalmente nei paesi industrializzati con Europa e Nord America in prima posizione per ampiezza dei mercati, risulta oggetto di crescente attenzione anche nei paesi in via di sviluppo per le prospettive che può offrire in relazione a sicurezza alimentare e problemi ambientali, soprattutto nelle aree più svantaggiate (Badgley et al., 2007; Halberg et al., 2006; Willer e Yussefi, 2007). In Europa, dove si è registrato più di recente un aumento delle produzioni e dei consumi, l’Italia detiene il primato per numero di aziende produttrici e superficie interessata. Qui i segnali di un comparto in evoluzione sono molteplici. Se sul fronte dei consumi dei prodotti biologici si sta assistendo ad una ripresa, l’avvio concreto del Piano di azione nazionale per il biologico, finalizzato ad una migliore comunicazione istituzionale in materia, lascia intravedere la possibilità di un’ulteriore espansione dei consumi. Si attendono a breve anche altri interventi già previsti dal Piano e relativi ad una organizzazione più razionale dell’offerta.
Seppure in presenza di una partecipazione non sempre adeguatamente attenta e tempestiva da parte dei soggetti istituzionali interessati (Zanoli, 2007) e di un’evoluzione del settore talvolta in controtendenza, sull’agricoltura biologica sembrano agire forze che la stanno conducendo fuori dall’ambito di nicchia in cui era usualmente collocata. Se tale lettura risulta corretta, si pone il problema di “misurare” meglio questa parte dell’agricoltura per capire se e quanto sia sostenibile il percorso di sviluppo intrapreso.
Su questo fronte, coerentemente al processo di evoluzione che ha caratterizzato il settore, si sono moltiplicate negli ultimi anni le iniziative di studio e ricerca per definire i termini generali della sostenibilità e, nel caso specifico, verificare rispetto a questi la sostenibilità dell’agricoltura biologica. Senza entrare nel merito del dibattito generale per il quale si rimanda alla nutrita bibliografia disponibile (OECD, 2003), ci si limita qui a ricordare che gli attributi della sostenibilità sono molteplici e interrelati (ambientale, sociale, economico, demografico, …). Inoltre, questi vanno valutati sia rispetto al tempo, poiché fanno riferimento alla fruibilità attuale e futura delle risorse, sia relativamente allo spazio, poiché le modalità con cui esprimere la sostenibilità possono mutare in relazione ai diversi contesti territoriali.
Gli obiettivi propri dell’agricoltura biologica la caratterizzano come un tipo di agricoltura multifunzionale e sostenibile, quantomeno sul piano ambientale, dove i vantaggi di questo metodo di produzione rispetto a quello convenzionale sono più facilmente riconoscibili (in particolare, conservazione della fertilità dei suoli e della biodiversità, riduzione di inquinamento da agro-farmaci, migliore rapporto con le risorse idriche). Resta tuttavia da chiarire quale sia la dimensione relativa di questi vantaggi e in che misura essi possano effettivamente contribuire allo sviluppo sostenibile.
La necessità di migliorare la conoscenza sull’agricoltura biologica risponde, tra l’altro, ad una finalità informativa rispetto a quella che possiamo indicare come la sua sostenibilità attesa e che rappresenta la percezione da parte del consumatore dei benefici derivanti dall’uso dei prodotti biologici, benefici non solo ambientali ma anche di tipo salutistico, oltre che edonistico (Gaviglio, 2007). E’ evidente che informazioni carenti o distorte possono alterare tale percezione e possono contribuire ad alimentare le polemiche sui presunti bluff del biologico di cui si è avuta notizia, di recente, sulla stampa(1).
Infatti, il prodotto biologico o, meglio, la sua presunta superiorità rispetto al convenzionale in termini di salubrità e impatto ambientale da cui consegue la disponibilità a pagare un prezzo più alto, è un bene reputazionale. Il consumatore, cioè, ha ben pochi elementi oggettivi per poter davvero valutare esistenza ed entità di tale superiorità. Li presume, piuttosto, dalla reputazione che il prodotto biologico ha; reputazione che a sua volta deduce dal complesso insieme di informazioni che riceve al proposito.
D’altro canto, la reputazione è requisito assai prezioso ma anche fragile, tanto più quando si passa da bene di “nicchia”, cioè per pochi, a prodotto di massa. In questo secondo caso, infatti, la reputazione del bene si basa in maniera crescente su una conoscenza incompleta, soggetta ad ondate di disinformazione e forte emotività, pubblicità e grande stampa, piuttosto che sul passa-parola, su opinioni di esperti e stampa specializzata, come accade per il prodotto di “nicchia”.
Il progetto di ricerca SABIO sulla sostenibilità dell’agricoltura biologica
SABIO (acronimo di Sostenibilità dell’Agricoltura BIOlogica), progetto di ricerca finanziato dal MiPAAF, si inserisce nel dibattito in corso per contribuire a determinare la sostenibilità dell’agricoltura biologica, di cui studia le componenti socio-economiche, ambientali e salutistiche con l’obiettivo ultimo di stimarne il valore aggiunto complessivo.
Il progetto prende avvio da un esame del mercato e degli aspetti sociali, politici e ambientali che interessano l’agricoltura biologica con la duplice finalità di fornire una panoramica dello stato attuale della conoscenza e ipotizzare percorsi credibili di sviluppo futuro del settore. Utilizzando la SWOT Analysis, vengono definite in particolare due possibili situazioni prospettiche, piuttosto divergenti, determinate dall’attuale stato di incertezza del comparto. Un primo scenario, ottimistico, emerge da un trend crescente dei consumi di prodotti biologici e da un relativo adeguamento dell’offerta in un contesto economico positivo. Lo scenario alternativo si definisce invece in un quadro meno favorevole, con consumi ridotti, e in presenza di un’offerta rigida e di prezzi stabili o in aumento (Berardini et al, 2006).
Il quadro generale così definito costituisce il riferimento per l’attività dei gruppi di studio interdisciplinari coinvolti nel progetto(2) che, focalizzando la propria attenzione su alcuni dei prodotti caratteristici della Dieta Mediterranea (DM), conducono le rispettive linee di ricerca sulle componenti ambientali, salutistiche e socio-economiche dell’agricoltura biologica. Ai risultati conseguiti per le prime due componenti vengono quindi attribuiti valori monetari, tramite opportune metodologie, per consentirne l’aggregazione con la componente economica e pervenire così alla stima del valore aggiunto complessivo del comparto.
Ai fini dell’attuazione del disegno progettuale brevemente descritto sopra, è stato necessario avviare indagini specifiche per la rilevazione di dati a causa della carenza di informazioni disponibili sui prodotti biologici, e utili per le analisi di tutte le componenti indagate in SABIO. Schemi differenziati di questionari hanno così consentito di indagare gli aspetti tecnico-economici dell’offerta a livello di processi produttivi, trasformazione e commercializzazione per ciascuna delle filiere sotto osservazione, completando l’esame con un’indagine ad hoc sui mezzi tecnici utilizzati in agricoltura biologica. La banca dati della Rete di Informazione Contabile Agricola nazionale (RICA) ha completato la base informativa per la componente economica, fornendo i dati a livello aziendale per un confronto diretto tra i risultati dei due metodi di produzione.
Oltre che per la componente economica, un’indagine quantitativa è stata realizzata anche per rilevare dati a carattere ambientale, finalizzati in particolare a costruire indici relativi alle tecniche agronomiche adottate (uso di nutrienti e fitofarmaci, indici di erosione e ruscellamento) ed alla valutazione della biodiversità.
Per quanto riguarda, invece, la componente salutistica, la metodologia adottata in SABIO ha previsto due livelli di indagine. Con il primo livello è stato possibile valutare gli effetti della DM biologica sulla salute umana (cfr. La componente salutistica più avanti). Sulla base dei risultati raggiunti al primo livello, poi, è stata svolta un’indagine specifica sulla disponibilità dei consumatori a pagare il sovrapprezzo (premium price) per i prodotti biologici. Questa articolazione metodologica consente innanzitutto di caratterizzare la domanda di prodotti biologici, verificando l’ipotesi - verosimile - che i consumatori siano più disposti a pagare il relativo premium price se percepiscono un effetto benefico di tali prodotti sulla propria salute. In secondo luogo, il metodo adottato permette la quantificazione economica di tali effetti (mediante il metodo della valutazione contingente), contribuendo così alla stima del valore aggiunto complessivo dell’agricoltura biologica, obiettivo principale del progetto.
E’ utile chiarire che lo stato di attuazione di SABIO non consente, al momento, la divulgazione di risultati definitivi per tutte le attività di ricerca avviate. Se si eccettua l’indagine sulla componente salutistica, che ha permesso di valutare gli effetti sulla salute della somministrazione dei prodotti biologici, le altre indagini sono attualmente in fase di completamento. Di seguito, quindi, si riportano sinteticamente alcuni dei risultati intermedi del progetto per la cui presentazione dettagliata si rimanda alla specifica bibliografia.
La componente salutistica
Nella letteratura di settore si trovano molti studi che hanno per oggetto gli effetti sulla salute umana dei residui di agrofarmaci presenti negli alimenti convenzionali. Effetti sempre negativi che in qualche modo autorizzano a ritenere i prodotti biologici, in linea generale, più salutari. Più di recente si rileva un aumento delle indagini finalizzate ad analizzare le qualità nutrizionali e salutistiche dei prodotti biologici, mentre relativamente poco si ritrova in letteratura sugli effetti diretti della dieta biologica sulla salute umana.
SABIO vuole contribuire a colmare questa carenza conoscitiva studiando gli effetti sulla salute umana dell’assunzione dei prodotti biologici relativamente ad una dieta mediterranea convenzionale. D’altronde, una copiosa letteratura scientifica ha già messo in evidenza la correlazione tra alcune malattie cronico-degenerative e dieta (OMS e FAO, 2004); in particolare, la dieta mediterranea, nell’ambito di uno stile di vita salutare, può rappresentare un efficace strumento di prevenzione grazie alla sua tipica composizione in prodotti vegetali e pesce che contengono sostanze attive in tal senso (antiossidanti).
Uno degli obiettivi specifici di SABIO è la misura della concentrazione di principi antiossidanti in soggetti selezionati ad hoc e sottoposti ad ambedue i regimi dietetici. A tale scopo, ad un campione di individui omogeneo per stato di salute e stile di vita sono stati somministrati, in successione, prodotti da agricoltura biologica e convenzionale per 4 settimane, monitorando tutti i parametri ritenuti utili ai fini della valutazione. I risultati dello studio evidenziano una chiara superiorità del prodotto biologico fresco rispetto al convenzionale(3): nei soggetti che avevano consumato una dieta equilibrata con prodotti biologici, la capacità antiossidante è risultata migliore rispetto ad uno stesso regime alimentare con prodotti convenzionali (De Lorenzo e Di Renzo, 2006).
La componente socio-economica
La componente economica ha un posto di rilievo nel progetto SABIO poiché, oltre alla stima della redditività delle filiere sotto osservazione, ha il compito di tentare di attribuire un valore economico alle esternalità prodotte dall’agricoltura biologica in termini di servizi ambientali, salute e qualità alimentare, e di fornire infine una stima del valore aggiunto complessivo realizzato con questo metodo di produzione.
Le attività di ricerca per stimare la redditività delle filiere sono articolate lungo due direzioni principali, di cui una finalizzata a completare la base informativa per l’analisi comparata del comparto biologico e l’altra, di carattere metodologico, si inserisce nel dibattito più generale relativo alle modalità di confronto tra agricoltura biologica e convenzionale.
In particolare, l’analisi delle filiere di produzione di alcuni alimenti biologici alla base della DM in SABIO è finalizzata a migliorare la conoscenza dei relativi meccanismi di produzione e dei problemi e vincoli. A tal fine, indagini specifiche si sono rese necessarie per integrare le informazioni già disponibili in ambito RICA, sia per poter operare il confronto tra produzioni biologiche e convenzionali di colture mediterranee considerate a livello di singoli processi produttivi, sia per esplorare le fasi delle filiere a valle della produzione. L’analisi di 300 processi biologici e convenzionali, in fase di completamento, è finalizzata a studiare la struttura dei costi e dei ricavi dei due metodi produttivi per evidenziarne i differenziali di produttività e redditività, esplorando anche il livello di integrazione a monte e a valle delle 15 filiere considerate.
Per operare il confronto tra la redditività della produzione biologica e quella convenzionale, è stato analizzato un campione RICA di circa 1.600 aziende, ed è stata messa a punto una metodologia di indagine che tenesse conto di tutta una serie di complesse questioni di ordine sia concettuale che pratico. Queste concernono in primo luogo il confronto di efficienza tecnica e produttività tra biologico e convenzionale, tema già ampiamente indagato in letteratura (si veda Cisilino e Madau, 2007, per una rassegna aggiornata). In secondo luogo, viene anche chiamata in causa l’integrazione tra queste misure convenzionali di efficienza e performance economiche con la misura delle performance ambientali, secondo un set di indicatori appositamente identificati e misurati. Anche alla luce di queste problematiche, che meritano altresì ulteriori approfondimenti di ricerca, i risultati mostrano, nel complesso, scarse differenze tra le imprese biologiche e convenzionali sia sul piano del bilancio aziendale, sia per quanto riguarda l’efficienza economica nell’utilizzo degli input (Cisilino e Madau, 2007).
I benefici derivanti dell’adozione delle tecniche biologiche si esprimono, almeno in parte, attraverso una maggiorazione di prezzo dei prodotti biologici (premium price) rispetto agli omologhi convenzionali. Tale prezzo, tuttavia, non riconosce alcuni benefici che pure questo tipo di produzione comporta (esternalità). In SABIO viene elaborata una metodologia di valutazione delle esternalità che prevede l’individuazione di indicatori sintetici in grado di confrontare gli effetti dei prodotti biologici e di quelli convenzionali sulle risorse ambientali e sulla salute umana. Successivamente, viene attribuito un valore monetario a ciascuna differenza che si viene a determinare, prendendo in considerazione soltanto gli effetti in grado di generare dei flussi finanziari sotto forma di spese o di guadagni per la collettività (Rossetto e Olson, 2006).
A solo titolo esemplificativo, dai dati disponibili in letteratura e rielaborati da Rossetto e Olson (2006), si riportano nella tabella seguente le stime delle esternalità dell’agricoltura convenzionale e biologica relativamente alle componenti ambientali e salutistiche. Si tratta di dati ancora provvisori, tuttora in corso di verifica, che vanno letti ed interpretati con cautela: un aggiornamento della letteratura di riferimento ed i dati delle indagini dirette del progetto SABIO forniranno elementi per un’eventuale validazione di queste informazioni.
In Tabella 1, i benefici dell’agricoltura biologica rappresentano riduzioni delle corrispondenti esternalità negative del metodo di produzione convenzionale, riduzioni che variano in relazione all’elemento considerato. Per quanto riguarda l’acqua, ad esempio, il costo dell’inquinamento da agrofarmaci e azoto, stimato in 733 milioni di euro, viene ridotto a soli 18 milioni di euro adottando il metodo biologico. Risultati molto diversi si leggono, invece, per l’aria, dove la riduzione dell’inquinamento realizzato dall’agricoltura biologica è molto contenuto a causa delle emissioni azotate e di metano che non sembrano significativamente diverse nei due metodi di produzione.
Tabella 1 - Esternalità nell'agricoltura convenzionale (negative) e biologica (positive) – (dati provvisori 2002, in milioni euro)
Fonte: Rossetto e Olson (2006)
La stima del valore aggiunto complessivo creato dal sistema biologico garantirà la sintesi dei risultati ottenuti. Ciò si ottiene aggregando le informazioni relative ai benefici collettivi o pubblici, sull’ambiente e sulla salute, ai benefici privati, determinando così la sostenibilità complessiva del comparto nel lungo periodo, in termini di prezzi, qualità dei prodotti e percezione del consumatore. Sulla base degli esiti ottenuti, una valutazione dell’efficacia delle attuali politiche agro-ambientali consentirà, infine, di elaborare riflessioni sulle strategie e le politiche del settore.
Alcune considerazioni sulle politiche
Fatta salva la libertà di consumatori e produttori di scegliere come meglio credono, vi è ormai diffusa convinzione che il rafforzamento del comparto biologico sia uno degli elementi-chiave della strategia di riferimento per l’intero sistema agro-alimentare italiano, ovvero difesa e valorizzazione del made in Italy agroalimentare sui mercati internazionali e salvaguardia delle libertà di scelta dei prodotti sulla base della provenienza nei mercati nazionali.
Anche solo nell’ultimo anno, peraltro, le politiche hanno ribadito, ai vari livelli, una sostanziale preferenza e attenzione verso il prodotto biologico, sebbene talvolta più a parole che nei fatti e in modo non sempre coerente. Il nuovo regolamento comunitario (reg. (CE) n. 834/07), al di là della controversia apertasi circa la presenza accidentale di OGM, è improntato ad un maggior rigore ed a maggiori garanzie in termini di etichettatura e controlli a difesa del prodotto biologico. A livello di Governo nazionale, nella legge finanziaria per il 2007 sono state recuperate ingenti risorse per il Piano di azione nazionale per il biologico (30 milioni di euro per il triennio 2007-09); nella primavera del 2007 sono state approvate una serie di misure e introdotta una serie di strumenti volti a favorire lo sviluppo del comparto biologico nazionale, non ultimo proprio una più rigorosa soglia di contaminazione da OGM. Infine, significative sono le risorse che buona parte delle Regioni italiane, pur in mancanza di un quadro unitario di sostegno al comparto a livello nazionale, hanno accordato alle produzioni biologiche nella precedente tornata dei PSR, nell’ambito di misure specifiche o delle misure agro-ambientali e che, presumibilmente, si accingono a ribadire nei PSR per il periodo 2007-2013.
E’ però opportuno chiedersi se e dove questo orientamento strategico a favore del biologico debba trovare un limite. Limite sia nel senso di “punto in cui fermarsi”, che nel senso di aspetti negativi che esso possa comportare. Una politica al servizio di questo orientamento è chiamata a favorire gli interessi complessivi del sistema agro-alimentare italiano e, in ultima analisi, dell’intera collettività nazionale, e non semplicemente difendere gli interessi (seppur legittimi) dei produttori biologici. Quindi, deve interrogarsi rispetto al giusto “dosaggio” del favore da accordare alle produzioni biologiche. Sono le complesse interdipendenze tecniche ed economiche tra biologico e convenzionale, sia dirette che indirette, che richiedono che una politica di favore per l’uno rispetto all’altro venga calibrata con attenzione, onde evitare che questa crei poi effetti distorsivi.
La più ampia conoscenza che SABIO fornisce circa il confronto e le interdipendenze del biologico nazionale con il resto del sistema-agroalimentare, non esaurisce ovviamente il tema del giusto “dosaggio” e del design ottimale delle politiche di promozione del comparto. Ne è, però, requisito irrinunciabile, ed alcune generali linee di azione ne possono comunque essere tratte.
In primo luogo, la produzione biologica ha bisogno di una politica incisiva che miri ad incrementare sia l’efficienza economica che le performance ambientali. Infatti, la scelta del biologico risulta talvolta una scelta di estensivazione che rischia di disimpegnare rispetto alla ricerca di tecniche migliori e più avanzate anche per ciò che concerne i risultati ambientali. Inoltre, maggiori efficienza e produttività sono necessarie per far fronte alla crescente competizione di prezzo, anche sui prodotti biologici, proveniente da altri paesi dell’UE ed extra-UE, soprattutto sui circuiti in cui più forte è la competizione internazionale come la GDO. E’ da evitare ogni politica protezionistica che pensi di mettere al riparo il prodotto biologico nazionale da questa competizione alla luce di una sua presunta superiorità, visto che gli standard sono ormai e saranno sempre più internazionali.
In secondo luogo, sebbene si possa condividere che, in linea generale, il biologico mostri migliori performance ambientali e qualità, ciò non deve essere ritenuto sempre vero, soprattutto considerando che, a certe condizioni, anche il convenzionale può attingere a risultati analoghi. E’ quindi talora preferibile una politica che premi direttamente i risultati ambientali o qualitativi attesi, piuttosto che incentivare/disincentivare il biologico/convenzionale tout-court. Una politica, perciò, che cerchi di ottenere su questi aspetti il meglio sia dall’uno che dall’altro sistema.
Infine, è evidente che i problemi del comparto biologico italiano non risiedono in una limitata risposta dal lato dell’offerta alle sollecitazioni favorevoli provenienti dalla combinazione “consumatore + politiche”. L’agricoltura nazionale ha risposto forse con ritardo, ma ormai in maniera massiccia alla “chiamata” del biologico. Il problema è piuttosto la scarsa penetrazione del biologico italiano in alcuni circuiti commerciali (in particolare la GDO), nonché in alcuni segmenti (per esempio l’ortofrutta), in cui il prodotto nazionale mostra invece grandi potenzialità. Sembrano quindi prioritarie politiche che favoriscano la penetrazione dei prodotti agro-alimentari biologici italiani, che sviluppino la logistica, la promozione, gli accordi di filiera, nonché accompagnino la crescita quantitativa con una corrispondente evoluzione quali-quantitativa di controlli e informazioni a tutela del consumatore. Politiche che rafforzino, cioè, l’insieme delle funzioni di marketing che sembrano al momento deboli in Italia nel comparto biologico.
Note
(1) Si veda, quale esempio recente, l’articolo apparso sul numero 34 dell’Espresso del 31 agosto 2007 e le relative repliche.
(2) Le istituzioni coinvolte nel Progetto e di cui fanno parte i gruppi di lavoro operativi sono: Istituto Nazionale di Economia Agraria INEA (Coordinatore), AGER s.r.l., Società di consulenza e ricerca, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali della Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Neuroscienze della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “Tor Vergata”, TESAF-Dipartimento Territorio e sistemi Agroforestali della Facoltà di Agraria, Università di Padova.
(3) Questa superiorità si riduce nei prodotti trasformati.
Riferimenti bibliografici
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