Abstract
Il recente sisma del centro Italia ha visto particolarmente coinvolto l’areale appenninico di Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, regioni con una forte vocazione agro-zootecnica. Questo contributo vuole fornire una fotografia della zootecnia e di alcuni aspetti sanitari del territorio colpito, oltre ad una prima valutazione, per quanto possibile esaustiva, dei danni al comparto zootecnico bovino.
Introduzione
L’area colpita dal sisma del 2016 vede complessivamente coinvolti 140 comuni appartenenti alle regioni Abruzzo, Marche, Lazio ed Umbria. Le peculiarità geografiche di questi territori, ricchi di boschi, prati e pascoli, caratterizzano un areale con una forte vocazione agricola e zootecnica. Queste realtà sono parte integrante della cultura e della identità della popolazione che vi risiede. Questi settori assumono quindi, in quest'area, un’importanza particolare non soltanto in termini economici ma anche sociali e culturali. Le caratteristiche territoriali descritte hanno condizionato e contribuito allo sviluppo di una zootecnia di tipo estensivo o semi-estensivo, che oggi risulta essere un elemento fondamentale per la tutela ambientale di queste aree, spesso annoverate tra le “marginali” del nostro Paese. I dati disponibili dimostrano come gli allevamenti presenti, seppur di consistenza ridotta, siano ancora molto numerosi, tanto da assumere notevole rilevanza non solo a livello regionale ma anche, e soprattutto, a livello nazionale. Le specie allevate sono principalmente bovini, ovini e caprini ma si rilevano realtà interessanti anche per quanto riguarda gli equidi ed i suini. L’articolo fornisce un’analisi di tipo descrittivo relativa alla situazione zootecnica e sanitaria nelle aree colpite dal sisma con una breve analisi della valutazione dei danni da sisma basata sui dati disponibili ad oggi e incentrati nello specifico sulla specie bovina, per le caratteristiche legate ad una rappresentatività zootecnica locale e alla maggiore disponibilità di dati accurati. L’analisi puntuale del dato è stata possibile anche grazie al portale Emergenza 2.0 creato in occasione del sisma del centro Italia dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche per fornire un supporto alla raccolta organica dei dati prodotti dagli addetti ai lavori. Emergenza 2.0 rappresenta un sistema unico di gestione del dato che diventa contemporaneamente fruibile a tutti gli operatori coinvolti, in diverse modalità siano esse di dettaglio che di riepilogo sotto forma di grafici, mappe e tabelle facilmente interpretabili.
Analisi del contesto1: aspetti zootecnici e aspetti sanitari
Complessivamente nel territorio dei comuni compresi nell'area del cratere sono presenti 4.373 allevamenti bovini, di cui l’indirizzo produttivo “carne” risulta essere il più diffuso (per circa l’89%), mentre la numerosità media dei capi si attesta su consistenze relativamente contenute, pari o inferiori a 20. L’indirizzo produttivo “carne” è presumibilmente riconducibile alla tipologia “linea Vacca-Vitello”, dove essenzialmente si fa riferimento alla presenza di vacche nutrici per la produzione e lo svezzamento dei vitelli, destinati in parte alla rimonta interna o portati a peso di macellazione nello stesso allevamento di origine ed in parte verso allevamenti specializzati esclusivamente per l’ingrasso. I bovini vengono allevati secondo un modello semi-estensivo (o semi-brado) che prevede un allevamento di tipo confinato nei mesi autunnali/invernali e il pascolo/alpeggio nei mesi primaverili/estivi. Nell’areale appenninico le razze principalmente destinate alla linea vacca-vitello sono la Chianina, la Marchigiana e, nel Lazio, anche la Maremmana. Queste razze autoctone oltre ad adattarsi bene al territorio e al tipo di allevamento, sono dotate di straordinaria rusticità e resistenza, che le rendono ottime pascolatrici anche in ambienti difficilmente accessibili ad altri animali. Caratteristica unica di queste razze è quella di presentare alla nascita un mantello rosso fromentino che con l’avvicinarsi dell’età adulta diventa bianco candido per Chianina e Marchigiana e grigio per la Maremmana. Uno sviluppo fisico imponente consente alle vacche fattrici di affrontare parti spontanei e cure parentali all’aperto anche in condizioni climatiche avverse con estrema facilità. La particolare rilevanza dell’allevamento bovino da carne in quest’area è legata a prodotti locali riconosciuti come l’Igp attribuito al vitellone bianco dell’Appennino Centrale. L’allevamento bovino da latte rappresenta invece una quota meno significativa, pari al 7% circa della totalità degli allevamenti, ed è uniformemente distribuito nell’area del cratere delle quattro regioni. La numerosità dei capi allevati nelle singole aziende, anche in questo caso si attesta su numeri molto bassi (meno di 20 capi). Gli animali vengono tenuti in regime stallino confinato per l’intero arco dell’anno. Gli allevamenti sono principalmente a conduzione familiare e in alcuni casi vengono assunti operai specializzati per la mungitura. La realtà allevatoriale è basata su schemi tradizionali, con allevamenti che spesso hanno adattato strutture preesistenti a nuove esigenze, quindi non sempre perfettamente rispondenti alle necessità produttive. La situazione sanitaria della popolazione bovina del territorio delinea un quadro nel quale le principali problematiche sanitarie sono riconducibili a mortalità nei giovani animali, turbe riproduttive (ipofertilità e aborti), quadri respiratori ad eziologia multipla e malattie ad evoluzione cronica. Relativamente alla mortalità dei vitelli, l’incidenza può essere elevata e le cause sono spesso riferibili soprattutto a forme enteriche e respiratorie che colpiscono gli animali nei primi mesi di vita. L’ipofertilità delle mandrie è da ricondurre a cause multifattoriali, dalle infettive ai regimi alimentari insoddisfacenti. I principali agenti infettivi in grado di influenzare la sfera riproduttiva, generalmente diffusi, risultano essere Rinotracheite Infettiva (BoHV1) Diarrea virale (Bvd-MD), BoHV4 e Neosporosi. Questo comporta una perdita per la mancata produzione di animali destinati all’ingrasso, ma soprattutto di soggetti destinati alla rimonta. Un commento finale va riservato alla Paratubercolosi, un problema emergente che va oltre la semplice patologia animale e che comporta danni economici di assoluto rilievo legati alla progressiva debilitazione degli animali fino alla morte.
Gli allevamenti ovini e caprini sono complessivamente 3.584 e 1230. La “produzione da autoconsumo” (pari al 19%) assume un significato importante e risulta particolarmente diffusa nel territorio laziale. Le caratteristiche territoriali influenzano anche per questa specie la tipologia di allevamento, tendenzialmente improntato all’utilizzo del pascolo. La tradizione pastorale ha dato origine nel tempo ad un allevamento fortemente integrato con il territorio, basato sulla transumanza: la regolare migrazione dai pascoli primaverili/estivi in montagna a quelli autunnali/invernali in pianura, fino ad arrivare ad un regime prettamente stallino semi-confinato in cui gli ovini vengono mantenuti al pascolo durante le ore diurne ed in stalla durante le ore notturne. Le razze ovine autoctone allevate in questi territori sono Sopravvissana e Appenninica, razze rustiche e a duplice attitudine che ben si adattano a questo allevamento caratteristico. Numerosa è comunque la presenza di altre razze, sia nazionali (come la Sarda e la Comisana) che di derivazione estera (come la Lacoune) presenti soprattutto negli allevamenti da latte. Particolarmente consistente è il numero dei meticci, testimonianza di una predilezione per questi soggetti considerati facilmente adattabili alle caratteristiche dei pascoli locali. Anche l’allevamento ovino si caratterizza per un livello elevato di qualità delle produzioni, riconosciute da certificazioni come il marchio Igp per l’agnello dell’Italia centrale. Gli allevamenti caprini hanno un orientamento produttivo “latte”. Le razze maggiormente utilizzate sono la Camosciata e la Saanen, oltre ad una cospicua presenza di meticci di derivazione locale. In generale va rimarcata, per il settore produttivo latte ovino e caprino, la diffusa presenza di caseifici aziendali utilizzati per la trasformazione del latte e la vendita diretta dei prodotti. Come per la popolazione bovina, vista l’affinità della tipologia di allevamento, le maggiori problematiche sanitarie sono riconducibili principalmente alla mortalità degli agnelli e dei capretti, ad aborti, a parassitosi e a forme virali che colpiscono nello specifico queste specie. La mortalità perinatale è generalmente ascrivibile a malattie enteriche e respiratorie, mentre le principali cause di aborto e mortalità neonatale sono riconducibili a patologie multifattoriali e conseguenza di agenti infettivi quali Salmonella abortus ovis, Chlamydia abortus, Coxiella burnetii, Toxoplasma gondii e la Border disease. Notevole importanza risultano avere anche le lentivirosi dei piccoli ruminanti che colpiscono sia gli ovini che i caprini determinando quadri clinici diversi che vanno da forme nervose a forme respiratorie a patologie della mammella. Altro aspetto sanitario importante è rappresentato dalle parassitosi direttamente collegate ad un utilizzo a volte irrazionale dei pascoli che mantengono nel tempo elevate cariche parassitarie, tali da rendere difficile la gestione sanitaria delle greggi.
Nel cratere sono registrati 9651 allevamenti suini, dei quali una larghissima percentuale (91%) è di tipo familiare, a dimostrazione della diffusa presenza in queste aree, ancora, di un tipo di allevamento legato alla tradizione del centro Italia. Sono comunque presenti anche 855 allevamenti di tipo industriale (pari al 9%). L’allevamento familiare, tipico di queste zone, è caratterizzato da animali che vivono per la maggior parte confinati e in strutture spesso non edificate allo scopo. Gli allevamenti di tipo industriale utilizzano tecniche di allevamento intensive in ambiente confinato. Come per le altre specie zootecniche, le caratteristiche territoriali dell’area, in particolare la ricchezza di aree boschive, hanno anche favorito lo sviluppo di realtà in cui è presente un allevamento di tipo brado. Alcune delle zone interessate hanno valorizzato la produzione locale di prosciutti e insaccati al punto da raggiungere la certificazione di Igp come ad esempio il Prosciutto di Norcia, il Ciauscolo Marchigiano, il Prosciutto Amatriciano oppure hanno ottenuto l’indicazione di prodotto tipico come il Guanciale di Amatrice. La situazione sanitaria negli allevamenti suini soprattutto di tipo industriale è fortemente condizionata dal management e dalle strutture. Al momento la principale patologia infettiva è la sindrome riproduttiva e respiratoria del suino (Porcine Respiratory and Reproductive Syndrome, o Prrs). Le sue manifestazioni si sono differenziate per il progressivo aumento del numero di varianti e per la loro diffusione nei sistemi suinicoli. Nella forma riproduttiva, il problema principale è la riduzione del numero di nati e della loro vitalità, mentre in quelle respiratorie e di complicanza le manifestazioni più frequenti sono la mortalità, l’alterato indice di conversione, la riduzione dell’incremento ponderale giornaliero e la minor qualità delle carcasse. Le principali cause di mortalità nei giovani sono, anche in questo caso, connesse alle strutture e ascrivibili per lo più a forme enteriche o respiratorie.
Sono 4569 gli allevamenti di equidi dei quali il 92% di cavalli, 6%asini e 2% muli. Gli equini presenti sono per il 73% destinati a fini sportivi o turistici. L’indirizzo produttivo carne conta circa il 12% di allevamenti. Il cavallo ad uso sportivo nel territorio viene detenuto in strutture dedicate, quali scuderie, con accesso a paddock esterni variabili nel numero e nelle dimensioni, ma comunque sempre ubicati nell’area circostante la struttura principale. I capi allevati per la produzione di carne possono essere allevati allo stato brado, tecnica di allevamento maggiormente diffusa, in linea con la fisionomia del territorio oppure allo stato semibrado, con la possibilità di ricovero confinato durante i mesi invernali. Le razze da carne sono prevalentemente razze autoctone legate ad areali più o meno estesi come il tpr (Tiro Pesante Rapido) diffuso in tutto il centro Italia, o il cavallo del Catria, legato al territorio appenninico umbro-marchigiano o ancora il cavallo Maremmano particolarmente presente nel territorio laziale. In analogia a quanto visto per i bovini e gli ovi-caprini, anche nell’allevamento degli equidi destinati alla produzione di carne, si fa ricorso all’utilizzo del pascolo con tutte le problematiche interconnesse già evidenziate per le altre specie. E’ doveroso sottolineare la particolare suscettibilità di questa specie a patologie quali il tetano ed alle parassitosi, non solo del tratto gastro-enterico ma soprattutto le emoparassitosi.
Valutazione danni da sisma nel cratere
Per tentare di delineare un quadro il più possibile oggettivo e, per quanto possibile, esaustivo dei danni causati da sisma nei Comuni del cratere, è stata presa in considerazione una molteplice serie di dati, al momento disponibili all'interno del portale Emergenza 2.02: mortalità negli allevamenti nelle aree del cratere; numero degli allevamenti chiusi nel periodo immediatamente successivo all’evento; la vendita di animali; conferimento di latte.
Un parametro preso in considerazione per valutare gli effetti del sisma è la mortalità negli allevamenti nelle aree del cratere. La mortalità può essere assunta a parametro di riferimento diretto dei danni causati da un evento sismico della portata di quello registrato in centro Italia. Le cause della perdita di animali possono essere ascrivibili a conseguenze dirette (crolli, traumi, ecc.) o indirette (mancato approvvigionamento alimentare, stress, insorgenza di patologie condizionate, mancata cura, ecc.). Di seguito sono riportati i dati relativi all’andamento della mortalità animale registrata nelle aziende bovine e bufaline, desumibili dall’anagrafe zootecnia nazionale, nel periodo del sisma e nei mesi immediatamente successivi, confrontati con lo stesso periodo dell’anno precedente. Si può ipotizzare da questi dati preliminari che il “picco” di decessi in stalla possa essere condizionato, almeno in parte, dalla situazione post sismica, e sia stato verosimilmente acuito dalle particolari condizioni climatiche che si sono verificate nel periodo dicembre 2016 – febbraio 2017. (Figura 1).
Figura 1 – Numero di capi bovini morti in azienda per mese da marzo 2015 a marzo 2017 distinti per Regione
Fonte: Bdn
Altro dato significativo per valutare l’impatto del sisma sulla zootecnia di queste aree è dato dal numero di allevamenti che sono stati chiusi nel periodo immediatamente successivo all’evento. Analizzando i dati relativi al numero degli allevamenti bovini chiusi nel periodo post sisma (25 agosto 2016 - 31 marzo 2017) rispetto a quelli chiusi nello stesso periodo dell’anno precedente (25 agosto 2015 - 31 marzo 2016). La distribuzione del dato mostra che nel periodo successivo al sisma le chiusure degli allevamenti bovini sono risultate inferiori rispetto all’anno precedente.
Tabella 1 – Numero di allevamenti chiusi nel periodo pre sisma (25 agosto 2015 – 31 marzo 2016) e post sisma (25 agosto 2016 – 31 marzo 2017)
Fonte: Bdn
Anche la vendita di animali, siano essi destinati alla macellazione, a stalle di sosta o ad altri allevamenti è stata considerata come indicatore per la valutazione dell’impatto da sisma. Nello specifico è stata fatta una valutazione delle movimentazioni dei capi bovini di età ≥ a 24 mesi, considerando un periodo di 12 mesi a partire dal giorno successivo al sisma del 24 agosto 2016 (25 agosto 2016 al 24 agosto 2017). Il numero di movimentazioni complessive nel periodo considerato nell’area del cratere come riportato in figura 2, è risultato essere 7.256. Il grafico sottostante sembra mostrare come nei periodi successivi al sisma, si sia osservata una progressiva contrazione delle uscite di capi con età ≥ 24 mesi.
Figura 2 – Numero delle movimentazioni dei capi, distribuiti per motivo di uscita e per trimestre post sisma
Fonte: Bdn
Per quanto attiene l’impatto del sisma sulle produzioni zootecniche, sono stati presi in considerazione i dati relativi ai conferimenti di latte verso due caseifici locali. In particolare sono stati analizzati i dati relativi a 135 allevamenti di bovini da latte compresi nell’area del cratere. Il campione può essere considerato rappresentativo, tenuto conto della consistenza contenuta di allevamenti di bovini da latte nell’area.
Figura 3 – Andamento mensile dei conferimenti di latte da 135 allevamenti nell’area del cratere (in qli)
Fonte: Caseifici locali
Considerazioni conclusive
Gli eventi sismici hanno spesso conseguenze pesanti sul settore zootecnico nelle aree colpite, sia in termini di danni diretti (lesioni alle strutture e morte di animali) sia indiretti (aumento delle patologie condizionate, calo della produzione, riduzione delle possibilità di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, ecc). Complessivamente i dati ad oggi disponibili evidenziano come, nonostante il drammatico evento sismico, gli andamenti produttivi valutati nel periodo immediatamente successivo, non abbiano presentato sostanziali variazioni rispetto ai periodi di riferimento presi in considerazione. A questo risultato possono aver contribuito una serie di fattori, come la rusticità delle razze allevate, le caratteristiche della tipologia di allevamento e le azioni di mitigazione messe in campo dagli attori coinvolti direttamente nell’emergenza. In particolare, l’allestimento di soluzioni temporanee (tensostrutture ricovero per animali e soluzioni abitative per gli allevatori) ha permesso di arginare i danni a carico del settore primario zootecnico. Valutazioni più accurate su eventuali variazioni in termini di produzioni e quantificazione dei danni, e le eventuali ripercussioni sull’attività potranno essere effettuate monitorando gli stessi allevamenti nel lungo periodo in considerazione anche di quelle che saranno le scelte di ricostruzione e di supporto al settore.
Riferimenti bibliografici
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(2010-2012) “Piano di intervento per il miglioramento dello stato sanitario e l’incremento della variabilità genetica (biodiversità) nelle aziende agro-zootecniche dell’Appennino Umbro Marchigiano” progetto Mipaaf, Izsum e Anabic
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Costarelli S. et all. (2004), “Ruolo di neospora caninum negli episodi abortivi di un allevamento ovi-caprino dell’Italia centrale” Large Animals Review, Anno 10, n. 3
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Paniccià M. et all (2004), “Sorveglianza sierologica in allevamenti suini del comprensorio Umbro-marchigiano” Large Animals Review, Anno 10, n. 3
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Pesca C. et all (2016), “Indagine epidemiologica sulla circolazione di agenti abortigeni negli allevamenti ovini e caprini in Umbria e Marche tra il 2010 e il 2015” Atti del XXII Congresso Nazionale Sipaoc
- 1. I dati relativi agli allevamenti sono stati estratti dalla piattaforma Emergenza 2.0 dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, dalla Banca Dati Nazionale (Bdb) dell’anagrafe zootecnica istituita dal Ministero della Salute presso il Centro Servizi Nazionale dell’Istituto “G. Caporale” di Teramo [link], principalmente dalla sezione “estrazioni dati”: [link].
- 2. Piattaforma informatica a sostegno della gestione dei dati zootecnici relativi al sisma del centro Italia, istituita dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche.