Introduzione
La costruzione di strategie di resilienza attraverso modelli urbani più sostenibili è uno dei principali obiettivi delle pratiche di governo del territorio, chiamate da sempre a migliorare la capacità di reazione dei territori ai cambiamenti sociali, economici e ambientali in atto attraverso la ricerca di un equilibrio tra sviluppo territoriale e produzione agricola, tutela delle risorse naturali e valorizzazione del paesaggio.
In questo ambito, un ruolo particolare assumono le produzioni di eccellenza, per le quali la localizzazione, le caratteristiche climatiche, pedologiche e geologiche, ma anche le pratiche di coltivazione e di trasformazione del territorio, sono ormai parte integrante di un contesto produttivo agricolo che sta fortemente cambiando, fino a stravolgere le dinamiche di interdipendenza città-campagna.
Emerge una agricoltura molto diversa dal passato, in cui il paesaggio è parte integrante del marketing di prodotto, la filiera agricola è chiamata anch’essa ad adottare misure di adattamento al cambiamento climatico e di utilizzo di fonti di energia rinnovabile e la qualità dell’architettura rurale si pone in un rapporto di equilibrio tra minimizzazione dell’impatto paesaggistico e massimizzazione dell’efficientamento energetico.
In questo quadro, si delineano nuove forme dell’abitare rurale e della produzione, cui la pianificazione territoriale è chiamata a dare risposte attraverso una rinnovata attenzione non solo ai temi spesso associati alla agricoltura (usi dei suoli e paesaggio), ma alle influenze reciproche tra produzione agricola di pregio, ordinamenti spaziali e sviluppo socio-economico.
Focus di questo contributo sono i cambiamenti che queste eccellenze richiedono alla pianificazione territoriale e alla produzione di politiche pubbliche. In particolare, la filiera vitivinicola rappresenta un ambito di specifico interesse nell’analisi del ruolo della pianificazione nella governance del territorio rurale e delle relazioni città campagna: non solo per la diffusione di questa eccellenza nel panorama italiano, ma soprattutto perché, proprio a partire da questa filiera, l’Associazione Nazionale Città del Vino (Ancv) insieme all’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) promuovono da quasi due decenni l’esplicitazione di una stretta interrelazione tra processo, prodotto e piano.
Il riconoscimento delle reciproche interdipendenze e la loro valorizzazione nell’ambito di uno strumento di carattere regolativo hanno due effetti importanti per la pianificazione territoriale: da un lato portano a un forte cambiamento della concezione del ruolo dello spazio agricolo nell’ambito della città, spesso considerata principalmente nel suo essere insediamento urbano/costruito, ma dall’altro lato richiedono allo strumento un forte cambiamento di prospettiva rispetto a tale insediamento.
Si tratta infatti di ribaltare il punto di vista dalla città verso la campagna, per accogliere le dinamiche di cambiamento e innovazione dei contesti agricoli dell’eccellenza, dall’abitare al produrre allo smaltire gli scarti, in un’ottica di equilibrio con altre politiche nella città, comprese quelle tese ad attività di coordinamento tra le filiere e tra queste e il mercato (food planning).
A partire dai cambiamenti in atto nel rapporto città-campagna e dalle implicazioni per la pianificazione urbanistica, questo contributo restituisce una riflessione sulle modalità per recepire il cambiamento sia a livello metodologico che attraverso l’analisi empirica, per delineare alcune prospettive di lavoro finalizzate a delineare una diffusione del metodo e ad una sua generalizzazione per i territori dell’eccellenza e per tutto il territorio agricolo.
La filiera vitivinicola nel piano urbanistico
L’interrelazione tra piano urbanistico e produzioni vitivinicole di pregio presenta risvolti molto differenti rispetto all’agricoltura tradizionale: questa è la consapevolezza che accompagna da due decenni l’attività dell’Associazione Nazionale Città del Vino, formata da più di 500 comuni interessati da aree di pregio vitivinicolo (Doc, Docg, Igt ecc.) e impegnata a promuovere le Linee metodologiche per valorizzare i comprensori vitivinicoli di qualità nella disciplina territoriale ed urbanistica delle aree rurali. Nate nel 1996 e aggiornate nel 2006, le Linee metodologiche non delineano sicuramente un nuovo strumento di pianificazione, alternativo o aggiuntivo rispetto a quelli già presenti nel panorama nazionale e regionale degli strumenti di governo del territorio. Al contrario, lo scopo è quello di guidare le città del vino verso una maggiore consapevolezza delle questioni e opportunità connesse alla filiera vitivinicola, nella fase di formazione o aggiornamento del proprio strumento di governo del territorio, sia esso il tradizionale Piano Regolatore Generale o uno degli strumenti di nuova generazione, che presentano una bipartizione in un piano “Strutturale”, finalizzato a definire le linee strategiche di sviluppo del territorio, e un piano “Operativo” che conforma gli usi dei suoli. A questo scopo, le Linee Metodologiche forniscono indicazioni per la costruzione dell’apparato conoscitivo e valutativo, finalizzate alla definizione di strategie pertinenti a delineare un equilibrio tra lo sviluppo territoriale e insediativo e le più moderne esigenze della produzione vitivinicola, con una attenzione alle esigenze del territorio e del paesaggio.
In particolare, il metodo (Città del Vino, 2006) si basa su una conoscenza approfondita del territorio, attraverso la realizzazione di specifici elaborati cartografici e documentali utili alla definizione de:
- la zonazione vitivinicola, ovvero l’individuazione delle famiglie di terroirs più o meno vocate alla qualità dei vini: di fatto, non sono individuate solo le zone attualmente occupate da vigneti, ma anche le zone di potenziale produzione. Le metodologie analitiche, basate sullo studio del clima, del terreno, dei vitigni nelle loro interazioni con l’ambiente, afferiscono a competenze pluridisciplinari;
- la capacità d’uso dei suoli, attraverso una classificazione che considera in modo integrato il grado di vulnerabilità a fattori degenerativi come l’erosione, la franosità, in certi casi l’inondabilità o il rischio di ristagno d’acque superficiali o sub superficiali, a partire dalla struttura geomorfologica, dalla pedologia, dalla clivometria e dall’uso del suolo;
- gli equilibri ecosistemici: l’analisi degli elementi che costituiscono gli ecosistemi (flora e fauna locali, biodiversità e specificità ecosistemiche, coperture forestali, prati e altre colture, reti ecologiche) è finalizzata a evidenziare gli elementi e gli ambiti di interesse, le connessioni e le potenzialità, ai fini del progetto della rete ecologica locale;
- i valori paesaggistici, identificati attraverso l’analisi di tipologie, elementi costituitivi, morfologia del paesaggio urbano e rurale, elementi identitari di carattere naturale e antropico, nonché l’individuazione di processi di de contestualizzazione e intrusioni.
Da questo apparato analitico emergono indicazioni progettuali su diversi fronti: il rinnovo dei vigneti o l’impianto di nuovi, la tutela dei vigneti considerati ‘storici’, l’uso sostenibile del suolo agrario, il controllo dell’erosione, la tutela idrogeologica, la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio rurale, e tutto ciò garantendo alla comunità progresso sociale ed economico (cfr. Ancv, 2006).
Dal 2008 è in corso anche un monitoraggio delle pratiche in atto, ad opera di Ancv insieme all’Istituto Nazionale di Urbanistica, con cui promuove il concorso biennale “Il miglior Prg delle città del Vino” nell’ambito della manifestazione nazionale “Urbanpromo”. Il concorso, finalizzato a premiare le città che hanno recepito le indicazioni delle Linee metodologiche dell’Associazione città del vino nei loro strumenti di pianificazione, svolge una funzione di osservazione delle pratiche in atto e di verifica delle modalità con cui le linee guida hanno improntato l’apparato (documentale, cartografico, normativo) del piano e le politiche di governo del territorio (Lingua, 2015a).
Il piano del vino in pratica
Quasi un decennio di applicazione delle linee metodologiche, insieme alla analisi dei piani pervenuti da Nord a Sud della penisola per partecipare al concorso Inu-Ancv “Migliore Prg delle città del vino”, permettono di individuare diverse buone pratiche di piani che presentano una particolare sensibilità alla questione della integrazione tra sviluppo rurale legato alla filiera vitivinicola e governo del territorio, nonché alla costruzione di strategie di resilienza attraverso modelli urbani più sostenibili (Lingua, 2015b).
Possono essere individuate almeno tre tendenze consequenziali e indicative di una evoluzione degli strumenti:
- la prima relativa al recepimento tout court del metodo proposto, attraverso la costruzione di un apparato analitico in cui la filiera vitivinicola assume un carattere specifico e viene declinata attraverso gli appositi elaborati cartografici prefigurati dalle Linee metodologiche (carta della zonazione vitivinicola, capacità d’uso dei suoli ecc.) cui corrispondono prescrizioni normative inerenti le capacità di trasformazione.
E’ il caso del Comune di Sizzano (NO), vincitore della prima edizione del premio (2008), in cui la “Carta delle vocazioni viticole” elaborata per il proprio Prg (L.R. 56/77 del Piemonte) ha caratterizzato efficacemente gli ambiti agricoli, tenendo conto sia degli elementi di connotazione ambientale, storico e paesistica, sia delle caratteristiche delle aziende agricole e delle aree vocate alla coltivazione dei vigneti. Anche il Comune di Castelvenere (BN), primo comune della Campania e del Sud Italia a ottenere il premio (2013) con un Piano Urbanistico Comunale (Puc, L.R. Campania n. 16/2004) che fa della zonazione vitivinicola il punto di partenza su cui impostare le politiche di tutela e sviluppo del territorio. - una seconda tendenza riguarda l’applicazione trasversale del metodo che, attraverso la caratterizzazione dei suoli vocati alla viticoltura, li connette ad altre tematiche inerenti il paesaggio e la conduzione dei suoli. I Comuni di Rapolano Terme (SI), Castelnuovo Berardenga (SI) e Pramaggiore (VE) hanno evidenziato i benefici ottenuti attraverso una programmazione territoriale improntata a:
- tutelare l’unitarietà del paesaggio, inteso non in senso statico ma come vantaggio competitivo non solo per la qualità del prodotto ma anche per il marketing, poiché il fruitore dei luoghi non gusta solo un prodotto di qualità, ma percepisce immediatamente la cultura che lo ha generato, sintetizzata negli edifici e nei luoghi;
- gestire le trasformazioni del sistema delle strutture connesse all’economia e alla cultura del vino attraverso piani aziendali che si configurano come strumenti urbanistici attuativi, in modo da semplificare gli iter di approvazione delle trasformazioni edilizie;
- ridurre l’urbanizzazione e il consumo del territorio che, come nel caso di Rapolano, corrisponde solamente al 3% del territorio comunale e –nonostante questo – si è scelto di ridurlo ancora.
- infine, gli esiti più interessanti riguardano quelle pratiche che hanno fatto del recepimento delle linee guida delle città del vino il mezzo privilegiato per la costruzione di strategie di resilienza. In primis il Piano Strutturale Comunale (Psc ex L.R. 20/2000 dell’Emilia Romagna) del Comune di Bomporto, che rappresenta notoriamente un caso di eccellenza sul territorio nazionale, non solo perché è stato premiato da Inu-Ancv nel 2010, ma anche per i risvolti successivi. Grazie alla zonazione vitivinicola e alla caratterizzazione degli usi dei suoli effettuata nel proprio Psc, il Comune è riuscito ad attivare un processo di governance insieme alla Provincia per individuare il miglior tracciato di una strada provinciale, tale da non compromettere il territorio vitivinicolo di pregio dell’area del Lambrusco.
Il riconoscimento delle peculiarità territoriali legate all’edilizia in area agricola è stato determinante anche a seguito dei due eventi catastrofici che hanno fortemente compromesso lo sviluppo del territorio prefigurato dal piano: un terremoto il 20 maggio 2012 e un’alluvione nel gennaio 2014. Il terremoto ha comportato notevoli disastri sul territorio, con edifici compromessi e inagibili. Si è determinata la necessità di una pronta ricostruzione e di realizzare piani di ricostruzione per censire il patrimonio edilizio compromesso e organizzare nel tempo e nello spazio gli interventi. L’alluvione ha riversato acque inquinate sugli insediamenti e sui territori agricoli, compromettendo le aree di pregio vitivinicolo e i pereti.
In queste situazioni, l’emergenza abitativa determina la necessità di concentrarsi sul patrimonio edilizio esistente, per renderlo nuovamente agibile e abitabile. Passano in secondo piano i manufatti rurali e il territorio agricolo. Invece, a seguito dell’evento sismico, e in una fase post alluvione, il Psc vigente, con il suo apparato analitico e normativo attento alle peculiarità locali (Ferrari, 2015), ha permesso al comune di lavorare cospicuamente anche sul recupero dei manufatti in area agricola e sul dissesto idrogeologico.
Infine, anche l’apparato analitico e progettuale del piano di assetto del territorio del Comune di Valdobbiadene (TV) si muove nell’ambito dell’impianto delle linee metodologiche di Città del Vino, con una particolare attenzione ai temi paesaggistici, inserendo le aree di pregio vitivinicolo nel più ampio discorso della zonazione del territorio e del rapporto della produzione di eccellenza con le aree urbane. Le prescrizioni progettuali risultano di un certo interesse in relazione al tentativo di risolvere i conflitti generati dalle cantine situate in aree urbane, laddove traffico e congestione dovuti al trasporto delle materie prime e del prodotto finito generano insoddisfazione negli abitanti in relazione alla qualità di vita. La soluzione è definita non solo attraverso la possibilità di decentrare suddette cantine, comunque considerata come valida alternativa alla espansione industriale (proprio perché è la produzione vitivinicola l’elemento caratterizzante lo sviluppo dell’area), ma anche nell’ambito di un apparato normativo dedicato alla gestione delle strutture esistenti. Preso atto delle difficoltà di decentramento delle aziende esistenti nella contingenza attuale, le prescrizioni per la gestione delle trasformazioni del sistema delle strutture edilizie connesse all’economia e alla cultura del vino forniscono soluzioni che tengono in dovuta considerazione, da un lato, le esigenze della popolazione inurbata, dall’altro le peculiarità della produzione locale, con indicazioni quasi personalizzate rispetto alle specificità aziendali e di prodotto. Queste soluzioni, inoltre, sono state condivise con la popolazione attraverso momenti strutturati di comunicazione e partecipazione, che hanno riservato una specifica attenzione agli operatori agricoli e vitivinicoli.
In entrambi i contesti, dunque, il riconoscimento delle peculiarità delle aree di pregio vitivinicolo e la definizione di strategie per la loro tutela e trasformazione ha rappresentato un momento di rafforzamento della consapevolezza delle amministrazioni e delle comunità locali, che ha portato a costruire strategie di governo del territorio capaci di generare resilienza anche in caso di eventi catastrofici (terremoti, alluvioni) o di conflitti in relazione alle cantine situate in aree urbane.
Conclusioni
I cambiamenti in atto nel rapporto città-campagna hanno notevoli implicazioni per la pianificazione urbanistica, in particolar modo in relazione ai contesti dell’eccellenza, che improntano una buona parte del territorio agricolo italiano. La filiera vitivinicola, parte integrante di questo sistema delle eccellenze, è da qualche decennio oggetto di specifica attenzione sia a livello metodologico che empirico.
A livello metodologico, le linee guida definite e promosse dall’Associazione Nazionale Città del Vino rappresentano da quasi due decenni un utile riferimento per la pianificazione urbanistica comunale. Le pratiche delineate dall’applicazione di tale approccio evidenziano una notevole evoluzione, negli strumenti, della attenzione ai temi della pianificazione in area agricola e, in particolare, in aree di pregio come quelle vitivinicole. Emergono tre principali tendenze evolutive:
- il recepimento tout court del metodo proposto;
- l’applicazione trasversale del metodo, che connette l’individuazione dei suoli vocati alla viticoltura con il governo di altre tematiche, inerenti il paesaggio e la conduzione dei suoli;
- la costruzione, attraverso il recepimento delle linee guida delle città del vino, di strategie di resilienza il cui riscontro avviene nell’ambito dell’implementazione del piano, anche in caso di eventi catastrofici o di conflitti tra città e campagna.
Questa evoluzione delle modalità di recepimento delle indicazioni metodologiche permette di delineare alcune prospettive di lavoro, finalizzate a perseguire una diffusione del metodo e una sua generalizzazione sia per i territori dell’eccellenza, sia per tutto il territorio agricolo inteso nel suo complesso.
Le pratiche evidenziano come alcune questioni inerenti l’agricoltura di qualità richiedano un trattamento nuovo, o per le meno diverso, rispetto al fare urbanistico consolidato. In primis, emerge in modo preponderante una attenzione al tema della tutela del paesaggio non come valore in sé, ma come parte integrante della filiera vitivinicola (Tesi et al., 2009). Inoltre, le molteplici forme di incentivazione per l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio – anche in zona agricola – hanno portato a sviluppare diverse riflessioni in merito alla qualità dell'architettura rurale e al risparmio energetico, così come la crisi economica ha determinato la necessità di rivedere l’economia del vino in termini diversi, dall’apertura ai mercati internazionali alla valorizzazione delle filiere locali, nell’ambito del più ampio tema dell’accessibilità. Infine, anche le molteplici forme dell’abitare rurale chiedono di entrare a pieno titolo nei processi di pianificazione.
Il Piano delle città del vino è quindi chiamato a farsi carico di queste nuove forme dell'abitare e del gestire la campagna (Boatti, 2014), per rispondere a due questioni essenziali per la pianificazione urbanistica: l’individuazione dei nuovi modi di abitare, gestire e fruire la campagna, ovvero quei luoghi un tempo essenzialmente accomunati alla ruralità, e il loro governo attraverso specifiche attenzioni e indirizzi per la pianificazione delle aree agricole, che tengano in considerazione gli operatori del settore e, in generale, l’intera comunità agricola nelle sue composite sfaccettature e nel suo rapporto con la comunità urbana.
Nelle strategie di piano questo permette di individuare un percorso resiliente nel quale, partendo dalla comunità locale, sia possibile (ri)costruire l'identità territoriale (Dezio, 2015), non solo per il mantenimento nel tempo, ma anche per utilizzare la filiera vitivinicola e le altre filiere di eccellenza come strumenti utili, da un lato, a contribuire alla conservazione della biodiversità e della diversità culturale e, dall’altro lato, a realizzare un’efficace governance territoriale.
Alla luce della riforma degli assetti istituzionali, questa rinnovata attenzione ai rapporti di governance territoriale, richiede sempre più di andare al di fuori dei meri confini amministrativi, per circoscrivere ambiti di riferimento più ampi rispetto al confine comunale, che nelle città del vino sono sicuramente quelli delle zone di pregio (Doc, Igt, Docg).
Se le esperienze analizzate evidenziano il ruolo della pianificazione nella governance del territorio rurale e delle relazioni città campagna in riferimento al tema delle eccellenze questo ruolo non si esaurisce certamente nella attenzione alla sola filiera vitivinicola. Nell’ambito della definizione dei contesti di area vasta, anche alla luce degli obblighi di unione dei piccoli comuni prefigurati dalla L. 56/2014, la pianificazione territoriale è infatti chiamata a farsi carico di tutte le diverse eccellenze che interessano il territorio (aree di riferimento di prodotti con marchi di qualità certificata) e che richiedono necessariamente una integrazione nelle politiche di governo del territorio, nelle forme e geometrie variabili che assumerà l’area vasta nell’ambito del riassetto istituzionale.
Riferimenti bibliografici
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Boatti G. (2014), Un paese ben coltivato. Viaggio nell’Italia che torna alla terra e, forse a se stessa. Laterza, Roma
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Dezio C. (2015), La candidatura Unesco nel percorso evolutivo del Paesaggio Vitivinicolo di pregio, in Urbanistica Informazioni n. 259-260, pp. 76-79
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Ferrari C. (2015), Bomporto: una città del vino resiliente alle catastrofi naturali, in Urbanistica Informazioni n. 259-260, pp. 80-82
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Lingua V. (2015a), Lingua V. (2015), Pianificare le città del vino. Per un dialogo tra territorio e produzione, in Urbanistica Informazioni, n. 259-260, pp. 70-71
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Lingua V. (2015b), Il Piano delle Città del Vino in prospettiva, in Urbanistica Informazioni, n. 259-260, pp. 70-71
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Tesi P.C., Stanghellini S. (2006), Dal Piano Regolatore delle Città del Vino al Piano Strategico Strutturale delle Città del Vino, ovvero verso la pianificazione strategico-strutturale per le Città del Vino, in Il Piano Regolatore delle Città del Vino, cit., pp. 5-15
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Tesi P.C., Vallerini L., Zangheri L. (2009), Vino e Paesaggio. Materiali per il governo del territorio, Ci.Vin, Castelnuovo Berardenga