Per una lettura sistemica delle agricolture urbane

Per una lettura sistemica delle agricolture urbane
Tipologie, politiche, modelli imprenditoriali, spazialità e metabolismo
a Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito
b Université Rennes2, Unita Mista di Ricerca Spazio e Società (UMR ESO)
c Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali (DS3A)

Introduzione

Ha senso la locuzione "agricoltura urbana", entrata da alcuni anni nell’uso corrente non solo di esperti, ma di cittadini? Può l’agricoltura essere "urbana"? Che cosa esprime oggi il concetto di ‘urbano’? Che funzioni di servizio assume certa agricoltura ai margini del costruito? L’agricoltura urbana comprende sia l’orticoltura amatoriale, sia la produzione agricola professionale? Esiste l’agricoltore urbano e che specificità ha?
E ancora. Che esperienza stanno maturando le aree metropolitane europee in agricoltura urbana? Ci sono strategie di governance del fenomeno? Quali sono gli effetti economici? Quali quelli ecologici e paesaggistici? Quali le politiche europee su questi temi?
Sono queste alcune delle principali domande da cui ha preso avvio la ricerca internazionale Urban Agriculture Europe1 finanziata dall’Unione europea, a cui hanno partecipato più di 120 ricercatori, tecnici, esperti di amministrazioni locali e nazionali, università e istituti di ricerca appartenenti a più di 25 paesi europei, oltre a diversi osservatori extraeuropei. Gli obiettivi sono stati la definizione dello stato dell’arte in tema di conoscenze e pratiche dell’Agricoltura Urbana (AU) in Europa, la costruzione di un approccio comune specificamente europeo tra studiosi, amministratori, politici, tecnici, cittadini, agricoltori e altri stakeholder; l'individuazione di potenzialità, buone pratiche, suggerimenti e indirizzi in primo luogo per le istituzioni dell’Unione Europea, ma anche per le amministrazioni nazionali e locali e per tutti gli attori la cui attività ha relazione con l’AU.
Questo saggio sintetizza le principali acquisizioni teoriche e metodologiche della ricerca e ne trae alcune suggestioni.

Metodo e struttura della ricerca

La ricerca costituisce il primo lavoro generale interdisciplinare sul tema dell’agricoltura urbana, a livello europeo, per il numero di casi, che prendono in esame non solo e non tanto le esperienze di orti urbani dei paesi dell’Europa occidentale, ma anche le molte, diffuse, meno note forme innovative di attività agricole che si sono sviluppate nelle aree periurbane caratterizzate da uno stretto rapporto funzionale con le aree urbane: il fenomeno è legato alla trasformazione in atto nelle forme dell’urbanizzazione e del concetto stesso di città, in cui urbano e rurale tendono a non costituire più un’opposizione, bensì un’integrazione di funzioni, ruoli e spazi di eguale importanza.
Allo studio hanno partecipato ricercatori afferenti a molteplici settori disciplinari: dalla sociologia, alla geografia, dall’economia all’agronomia, dalla pianificazione territoriale all’architettura del paesaggio, dall’ecologia alla conservazione dei beni culturali; sono stati coinvolti anche tecnici e amministratori di enti pubblici, associazioni di cittadini e agricoltori attraverso un intenso lavoro di contatti, sopralluoghi e ascolto.
Questo ha permesso di sviluppare cinque grandi ambiti di lavoro:

  • il primo riguarda la messa a fuoco del fenomeno, da una definizione condivisa di AU alla costruzione di un quadro delle principali tipologie europee;
  • il secondo affronta la governance del fenomeno prendendo in esame i meccanismi formali e informali di organizzazione delle iniziative; gli strumenti normativi e/o le pratiche informali cui le comunità fanno ricorso; i rapporti tra i livelli amministrativi;
  • il terzo affronta la stima dei benefici generati dall’AU e l’analisi dei modelli imprenditoriali che la contraddistinguono;
  • il quarto esplora il rapporto tra AU e spazio alle scale della pianificazione territoriale-paesaggistica e alle scale dell’architettura del paesaggio;
  • il quinto riguarda gli effetti dell’AU sul metabolismo urbano (risorse naturali e processi sociali), ma anche come può esserne influenzata.

Considerata la complessità del fenomeno AU e i caratteri ibridi che in genere essa assume in termini di spazio, attori, politiche, forme organizzative, modelli imprenditoriali, effetti ambientali, ogni grande ambito tematico ha fatto ricorso e sviluppato suoi propri strumenti metodologici e conoscenze, che sono descritti e presentati nei successivi paragrafi.
Il metodo di lavoro ha combinato, in ogni caso, un approccio metodologico di sinossi e costruzione teorica, con attività di raccolta dati e valutazione delle esperienze in corso. L’ambito di osservazione principale è stato l’Europa: i casi studio oggetto delle indagini più articolate sono stati quelli delle città metropolitane di Barcellona, Dublino, Losanna, Milano, Ruhr, Sofia e Varsavia; gli altri numerosissimi casi studio sono stati presi in esame in rapporto sia a temi settoriali sia ad approfondimenti geografici parziali (cfr. l’Atlante europeo dell’AU).
Complementare è stato il confronto con esperienze extraeuropee, in particolare del Nord America, dell’Africa occidentale, del Centro America e del Giappone.

Definizione e tipologie

Le specificità dell’AU sono tali da consentire l’individuazione2 di precise dimensioni e tipologie ad essa ascrivibili.
L’agricoltura urbana, come è definita dalla ricerca, abbraccia tutti gli attori, le comunità, le attività, i luoghi e le economie che si concentrano sulla produzione alimentare in un contesto spaziale che, secondo gli standard locali, è classificato come “urbano”. L’agricoltura urbana ha luogo nelle aree intra-urbane e peri-urbane e una delle sue caratteristiche principali è la sua maggiore integrazione nel sistema urbano rispetto all’agricoltura convenzionale, non solo in termini di collocazione, ma anche in termini di partecipazione alla vita sociale e culturale, all'economia e al metabolismo della città (Vejre et al., 2015).
A partire da tale definizione la ricerca ha elaborato un quadro tipologico generale, finalizzato alla comprensione e identificazione di tutte quelle tipologie di AU che, più di altre, per significatività e diffusione nel contesto europeo, possono giocare un ruolo decisivo nelle politiche pubbliche e nelle strategie locali e territoriali.
Il confronto tra le esperienze europee ha permesso di individuare, innanzitutto, due grandi famiglie di AU3, quella dello urban food gardening (“orticoltura urbana”) e quella dello urban farming (“agricoltura urbana professionale”) (Simon-Rojo et al., 2015).
L’orticoltura urbana comprende “attività agricole sostanzialmente non finalizzate ad un profitto economico e dove la produzione di cibo è occasione per raggiungere obiettivi in massima parte sociali”; gli orti, nelle loro diverse forme di organizzazione, sono distinti in base ad una “produzione individuale” (individual production) o ad una “produzione collettiva” (collective production). La prima è articolata in “orti familiari” (family gardens) e “orti sociali” (allotment gardens), ovvero orti costituiti da piccoli appezzamenti, generalmente di proprietà pubblica, che il singolo cittadino detiene in affitto o concessione d’uso4. La seconda comprende gli “orti didattici” (educational gardens), gli “orti terapeutici” (therapeutic gardens), gli “orti comunitari” (community gardens) ovvero orti gestiti collettivamente con lo scopo preciso di creare un senso di comunità. Gli “orti abusivi” (squatter gardens) possono ricadere in entrambe le categorie.
Gli orti sono solo una piccola parte dell’agricoltura urbana che continua, invece, ad essere fatta in larga parte da agricoltori professionisti.
L’agricoltura urbana professionale comprende le attività agricole legate alla presenza di aziende agricole e si riferisce a modelli imprenditoriali che traggono vantaggio dalla vicinanza alla città, offrendo localmente prodotti agricoli e servizi.
Si tratta di peculiarità che non sono proprie di tutta l’agricoltura delle grandi aree urbane e periurbane: si può, infatti, distinguere una terza categoria, ossia l’“agricoltura non orientata alla città” (non urban oriented farming), legata ad aziende la cui produzione è principalmente indirizzata al mercato nazionale o internazionale, che, a causa della crescita della città, si sono trovate all’interno del tessuto urbano o periurbano, ma che generalmente percepiscono la città come una minaccia piuttosto che un'opportunità.
Le aziende agricole urbane sono articolate in due categorie principali: i - quelle legate a prestazioni di servizi in loco che sono le “fattorie didattiche” (educational farms), le “fattorie turistico-ricreative/agriturismi” (leisure farms), le “fattorie sociali” (social farms), le “fattorie terapeutiche” (therapeutic farms); ii - quelle che forniscono benefici ai cittadini e all’ambiente urbano garantendo flussi di prodotti materiali (le “fattorie con vendita diretta” o Local food + farms) e immateriali ovvero benefici ambientali (le “fattorie agro-ambientali” o environmental farms). Appartengono ad entrambe le categorie le “fattorie culturali” (cultural heritage farms) che intenzionalmente contribuiscono alla tutela e alla trasmissione del patrimonio culturale legato al paesaggio e alle pratiche agricole e le “fattorie sperimentali” (experimental farms) la cui attività è volta a generare innovazione tecnologica, dei modelli sociali ed economici.
L’articolazione tipologica di orti e aziende urbane (Figura 1) è stata costruita in base alla funzione prevalente, stante la spiccata multifunzionalità di tutti i tipi di AU.
Emerge, pur nella grande varietà dei tipi di AU, la grande importanza della funzione sociale che, nelle sue molte sfaccettature, segna il legame tra agricoltura e ambiente urbano.

Figura 1 - Tipologie di agricoltura urbana in Europa

Fonte: Simon-Rojo et al. (2015)

Gli attori e le politiche

Al fine di comprendere la diversità in termini di spazi, attori, governance e politiche dell’AU, due sono stati i principali strumenti elaborati5 un quadro di analisi basato sul concetto di “continuum” (Giacchè et al., 2015) e uno schema interpretativo per l’identificazione delle principali caratteristiche della “governance” dell’AU, distinte tra interne (obiettivi, scala, tempi, stakeholder, relazioni di potere e risorse) ed esterne (partnership, processi di legittimazione e politiche pubbliche) (Prové et al., 2015).
Rispetto al concetto di continuum, diversi autori (Redfield 1941; Bryant et al., 1982; Saraceno 1994; Champion e Graeme 2004; Gant et al. 2011) lo hanno utilizzato per superare un pensiero dicotomico che oppone categorie opposte consentendo così di riconoscere la natura graduale degli elementi e le loro trasformazioni.
Lungo il continuum (Figura 2) sono state posizionate le persone coinvolte nell’AU considerando ai due estremi gli agricoltori "non professionali" (cittadini) e gli "agricoltori professionali" (Ejderyan e Salomon Cavin, 2012) e gli spazi, considerando la localizzazione delle iniziative in termini di vicinanza al centro della città partendo dagli spazi intra urbani fino a quelli periurbani (Giacchè et al., 2015).

Figura 2 - Quadro analitico per lo studio degli attori e spazi

Fonte: Ejderan et Salomon Cavin (2012)

Dall’analisi delle iniziative e progetti di AU a livello europeo si nota come queste siano promosse da una molteplicità di soggetti pubblici e privati che spesso attivano forme di collaborazione e partenariato per la loro gestione.
Negli spazi intra-urbani si rileva una prevalenza di progetti e iniziative appartenenti alla categoria dell’orticoltura urbana e alle tipologie di orti comunitari, didattici e sociali promossi e realizzati da privati in modo formale o informale o da enti pubblici. Nel caso dell’iniziativa pubblica, il livello territoriale di riferimento varia in base alla localizzazione, alla tipologia e al target. In contesti e periodi diversi, una stessa tipologia può presentare forme organizzative e caratteristiche differenti che possono trasformarsi nel corso degli anni.
Negli spazi peri-urbani sono localizzate soprattutto iniziative promosse da imprenditori agricoli a titolo professionale, anche se le aziende agricole ormai sono localizzate anche in spazi intra-urbani (ad es. la Ferme de Budé a Ginevra) che le hanno inglobate. Queste attività sono finanziate spesso con fondi comunitari agricoli (Pac), con la programmazione a livello regionale legata allo sviluppo rurale o ambientali (Programma Life, ecc.).
La gestione degli spazi e delle iniziative spesso si basa sulla definizione di forme aggregative come associazioni, consorzi, reti (ad es. la Xarxa d'Horts Urbans, un programma del comune di Barcellona che nasce dalla messa in rete degli orti in ambito municipale; o il Dublin Community Growers rete, promossa dalla società civile, di tutti i giardini comunitari presenti a Dublino).
Nel corso degli anni sono stati anche elaborati strumenti per la gestione degli spazi (es. Pla Buits di Barcellona che serve per la messa a bando dell’uso temporaneo di spazi pubblici senza destinazione d’uso per la realizzazione di attività a scopo sociale e comunitario), dispositivi di dialogo e di coordinamento delle politiche (es. Gent en Garde, nato nell’ottobre 2013 a Gent in Belgio, dalla volontà di costruire un sistema alimentare più sostenibile) e progetti condivisi capaci di garantire la protezione degli spazi agricoli senza comprometterne lo sviluppo economico (es. Parchi agricoli: Parco agricolo Sud di Milano, Parc agrari Baix LLobregat di Barcellona).

Benefici e modelli imprenditoriali dell’agricoltura urbana

La complessità dell’agricoltura urbana generata dalle forti differenze tra gli attori coinvolti, l’origine delle risorse utilizzate e le funzioni svolte, risulta difficilmente comprimibile nei classici modelli di gestione aziendale.
Il gruppo di lavoro6 che ha focalizzato la sua attenzione sui modelli imprenditoriali dell’agricoltura urbana ha inizialmente costruito e testato un questionario adatto per indagarne le diverse tipologie presenti in Europa appartenenti sia alla famiglia dell’orticoltura urbana che a quella dell’agricoltura urbana professionale. Ne è scaturito uno strumento di indagine composto da due parti. La prima ha un’impostazione tradizionale e riguarda la rilevazione di dati quali-quantitativi inerenti la storia, la struttura, la posizione geografica, le attività principali, i mercati di riferimento, l’ambiente istituzionale, i fattori di successo e di insuccesso del caso studio. La seconda, più originale, riguarda la quantificazione dei benefici ottenuti in relazione alle diverse funzioni svolte dal caso studio, classificate in: produzione di prodotti agricoli, creazione di lavoro remunerato, creazione di lavoro volontario, fornitura di servizi sociali, fornitura di servizi educativi, gestione degli spazi aperti, mantenimento della biodiversità, preservazione dei siti storico-culturali. In particolare ognuna delle 8 funzioni individuate è stata quantificata attraverso il calcolo di un indicatore (beneficio ottenuto) i cui valori sono stati classificati in sei livelli sulla base di un’indagine empirica condotta durante Uae Cost Action (Tabella 1).

Tabella 1 - Panoramica degli indicatori e delle classi di valori utilizzati per misurare e confrontare le funzioni della agricoltura urbana

Note: (*) sono stati considerati sia i lavoratori familiari, sia quelli salariati, mentre le unità lavorative uomo (Ulu) sono state calcolate in base alla definizione di lavoratore full-time dell’Unione europea; ** le attività sociali ed educative sono state conteggiate moltiplicando il numero di ore mediamente dedicate in un anno ad una singola persona per il numero delle persone a cui sono stati prestati i servizi.
Fonte: Alfranca et al. (2013)
 

Per l’analisi delle informazioni raccolte tramite questionario sono stati proposti ed utilizzati due metodi: il diagramma della ragnatela e il Business Canvas Model (Bcm).
In particolare per visualizzare il carattere multifunzionale dell’agricoltura urbana è risultato utile il metodo grafico del diagramma della ragnatela attraverso il quale sono state messe a confronto le diverse funzioni all’interno di uno stesso caso studio e tra diversi casi studio.
Complessivamente i risultati ottenuti pongono in evidenza l’importanza dei benefici generati dell’agricoltura urbana europea dal punto di vista economico, sociale, ambientale, paesaggistico e culturale (Pölling et al., 2015). Nell’ambito dell’agricoltura urbana professionale sono state riscontrate realtà che esprimono elevati benefici in termini produttivi e occupazionali insieme a consistenti benefici ambientali (Hof Mertin a Dortmund, Bratislava Vinohrady a Bratislava, Alta Alella a Barcellona); realtà in cui i benefici indagati sono tutti ai massimi livelli (Tenuta del Cavaliere a Roma); altre realtà che si distinguono per i benefici raggiunti soprattutto in termini occupazionali e ambientali (Sofina farm in Sofia); altre, infine, che coniugano elevati benefici sociali con elevati benefici economici (Carmiel farm a nord di Israele).
Nell’ambito dell’orticoltura urbana si distinguono realtà in cui i benefici sociali e quelli ambientali legati alla biodiversità sono ai massimi livelli (Hortas Municipais de S. Joao in Portogallo); altri dove il volontariato e i servizi educativi sono la massima espressione della multifunzionalità (City farm Schönbrunn a Vienna); altri ancora dove ai consistenti benefici economici e ai servizi educativi si uniscono rilevanti benefici culturali e paesaggistici (Bosco di San Francesco a Perugia).
Lo strumento del Business Canvas Model (Bmc) proposto da Osterwalder and Pigneur (2010) è stato utilizzato per identificare i modelli imprenditoriali dell’agricoltura urbana poiché descrive sia “how the pieces of a business fit together” (Magretta, 2002, p.6), sia “how an organization creates, delivers, and captures value” (Osterwalder and Pigneur, 2010 p.14). La sua struttura permette di specificare quali sono i segmenti di clienti serviti, quale valore è stato creato, quali attività sono state realizzate, e quali risorse ed alleanze strategiche sono state necessarie. Il modello ha il pregio di visualizzare attraverso nove blocchi la struttura del business, avere una visone d’insieme e di identificare le aree problema.
La mappatura dell’agricoltura urbana europea attraverso il Bcm ha permesso di identificare una vasta gamma di modelli imprenditoriali di successo tra i quali è possibile riconoscere cinque strategie imprenditoriali innovative: differenziazione, diversificazione, costi contenuti, beni comuni, esperienziale (Van der Shans et al., 2015). La strategia di differenziazione, ad esempio, viene applicata da quelle imprese che prestano particolare attenzione alle tecniche di produzione e all’utilizzo di varietà locali per produrre alimenti freschi destinati al consumo locale (come nel caso della Dammstorps Handelstradgard AB a Malmö e della Alella Vinicola SL a Barcellona). La diversificazione può riguardare la produzione di servizi sociali, ricreativi ed educativi da parte di una impresa agricola (BioColombini a Pisa Italia, Oberschuirshof a Essen) o da parte di  una orticoltura urbana in quartieri a forte immigrazione (Odlingsnätverket Seved Ideell Förening a Malmö). La strategia dei costi contenuti è legata agli spazi limitati di cui dispongono le imprese nei contesti urbani, e dei benefici addizionali che possono ottenere grazie alla vicinanza alle strade ad alto traffico. Queste due caratteristiche spingono le imprese a contenere il costo attraverso l’uso della tecnologia e di risorse efficienti (Food Central industrial a Dublino). La strategia dei beni comuni è legata al desiderio dei cittadini di partecipare fisicamente alle iniziative di agricoltura urbana per aumentare la loro conoscenza sull’origine del cibo, e di creare nuove forme di solidarietà basate sul baratto di servizi e lo scambio di lavoro piuttosto che su pagamenti in moneta (Association Grünstern Lobaucrinnen a Vienna). La strategia di tipo esperienziale risponde all’esigenza dei cittadini di collegare l’acquisto di cibo all’esperienza di cucinarlo in un ambiente dove c’è una storia da raccontare (Boer Bos farm ad Amsterdam) o di fare una pausa caffè in un luogo identificato come un’oasi urbana (Daktuin zuidpark ad Amsterdam).

Caratteri spaziali e potenzialità dell’agricoltura urbana

L’AU ha effetti spaziali e una dimensione temporale che danno forma e significato ai luoghi e generano una determinata qualità di paesaggio: la sua presenza negli spazi intra e peri urbani può apportare significativi benefici alla qualità di vita. A tal fine, il gruppo di lavoro7 ha dapprima definito le caratteristiche spaziali dell’AU, poi si è concentrato sui benefici che l’AU apporta alla rete di spazi verdi della città e alla valorizzazione del patrimonio storico rurale.
Le principali caratteristiche spaziali della AU dipendono dalla localizzazione, dalla struttura e dalla scala (Paradis et al., 2015). In base alla localizzazione, dal peri-urbano all'intra-urbano, la compattezza dell'AU diminuisce: la struttura e la scala variano da ampie unità compatte con colture estensive come aziende agricole o parchi agricoli, a medie unità compatte ma ampiamente suddivise al loro interno come orti familiari o comunitari, a piccole unità individuali disperse nel tessuto urbano come orti familiari o orti sui tetti. Il carattere degli spazi dell'AU dipende anche dalla permeabilità dei margini e dal tessuto edificato o aperto circostante, che influiscono sulla socialità (Figura 3).

Figura 3 - La permeabilità dei margini

Fonte: testi di Paola Branduini, elaborazione grafica di Sylvie Paradis tratta da Szulczewska e Maksymiuk (2014)

L'AU contribuisce a migliorare la green infrastructure (European Commission, 2013) delle città poiché contribuisce a fornire prodotti (cibo, fibre, biomassa), a generare nuovi servizi (impiego e investimenti, turismo e ricreazione, educazione salute e benessere), a regolare i servizi ecologici (clima, acqua, gestione del suolo, prevenzione dei disastri) e la qualità dell'abitare (mantenimento agrobiodiversità e basso consumo energetico) (Timpe et al., 2015). Per contribuire alla costruzione della green infrastructure lo spazio dell'AU deve essere multifunzionale, connesso e accessibile. La multifunzionalità può essere costituita dalla giustapposizione di diverse funzioni nello spazio o dalla compresenza di alcune funzioni e dalla giustapposizione di altre, o dalla totale compresenza di diverse funzioni (Brenken et al., 2005 in Timpe et al., 2015). La connettività si realizza in diverse forme: dalle cinture verdi ai corridoi verdi, alla rete verde, alle macchie verdi, alla matrice verde (Figura 4). L'accessibilità consente alle persone di vedere e usare i luoghi nelle attività private, nel tempo libero e negli spostamenti (Timpe et al., 2015): ad esempio nei parchi agricoli alcune strade agricole sono segnalate anche per la fruizione pubblica (come nel Parc de Gallecs a Barcellona) oppure altre strade vengono aggiunte per integrare le rete esistente (come nel Landschaftpark Mechtemberg nella Ruhr), oppure viene creata una nuova rete di strade dedicate solo alla fruizione pubblica (come nel Parc agro-urbain de Bernex Confignon a Ginevra).

Figura 4 - Schema delle green infrastructures che includono l’AU

Fonte: Timpe et al. (2015)

L'AU contribuisce inoltre alla valorizzazione del patrimonio rurale storico, sia degli edifici e del paesaggio agrario peri-urbano, sia degli spazi residuali intra-urbani, dando continuità e innovando i paesaggi agrari tradizionali, mantenendo varietà colturali e tecniche di coltivazione, trasmettendo usanze e tradizioni proprie della cultura rurale (come alla cascina Linterno a Milano). Reciprocamente l'AU può beneficiare del patrimonio culturale grazie all'evidenza dei significati identitari che la materia storica comunica e che aumentano la qualità scenica dei luoghi (Branduini et al., 2015).

Metabolismo dell’agricoltura urbana

Per capire le relazioni esistenti e possibili tra l’AU e il metabolismo urbano sono stati adottati due approcci differenti: l’industrial ecology e la political ecology.
Mentre il primo è un approccio più adottato dai ricercatori che si occupano dei sistemi non-viventi (physical scientists) ed esplora il potenziale per instaurare un’economia circolare in cui siano potenziati il riuso e riciclo delle risorse per una produzione più sostenibile, il secondo, adottato soprattutto dai ricercatori sociali, fa riferimento alle decisioni che influenzano i flussi. Per colmare il divario tra le due prospettive e per fornire un’interpretazione del modo in cui l'AU contribuisce a modellare il metabolismo urbano, è stato elaborato8 un modello concettuale (Tornaghi et al., 2015). Il modello, chiamato informalmente “uovo” per la sua forma circolare, è strutturato in 3 livelli: gli elementi chiave (energia, suolo, cibo, animali, piante, rifiuti, acqua), che costituiscono l’AU, si trovano nel cuore del modello; al livello più esterno sono localizzati i processi sociali e fisici (giustizia, felicità e benessere, sviluppo umano, resilienza e capacità) che determinano il contesto; mentre al livello intermedio sono localizzati i processi e le interazioni che, condizionando i flussi metabolici, determineranno e influenzeranno il contesto. Questo modello consente di catturare la complessità dei legami multipli e delle relazioni che si instaurano tra gli elementi e permette di ripensare a come l’AU può contribuire a rimodellare il metabolismo e quindi la forma della città. Infatti, la multifunzionalità dell’AU, ormai riconosciuta, è diventata, da questione marginale, una tematica capace di plasmare le trasformazioni in atto nelle città (Tornaghi et al., 2015). Reintegrando la produzione primaria nelle città si potrebbe passare da un metabolismo di tipo lineare (produzione agricola-trasformazione-consumo-rifiuti, in cui il primo e ultimo passaggio spesso avviene in aree non urbane o non limitrofe ai centri urbani) a un metabolismo di tipo circolare in cui i rifiuti non sono più un punto finale ma un momento in cui, dopo la loro trasformazione (ad es. biogas, compost), rientrano in circolo come input nel processo produttivo agricolo (Nehls et al., 2015). Non bisogna però sottovalutare due problematiche che limitano la coltivazione in città: la qualità dei suoli urbani e la difficoltà di accesso ai terreni stessi in competizioni con usi non agricoli. Ovviamente la scala territoriale (città, quartiere, singolo progetto o iniziativa) richiede scelte tecniche e non solo politiche adeguate. Per il momento la scala di intervento è ancora, nella maggior parte dei casi, puntuale. Esempi si trovano tra le aziende agricole localizzate in aree periurbane che stanno trasformando le difficoltà di lavorare in un contesto urbano in un vantaggio potenziale dell’azienda attraverso la diversificazione dei loro servizi (compost, biogas, produzione energia, etc.). Un esempio virtuoso è l’azienda di Michel Bidaux, che gioca un ruolo importante nel ciclo energetico e nel trattamento dei residui nell’area periurbana di Ginevra (Sage et al., 2015).

Considerazioni conclusive

La ricerca ha lavorato non solo sullo studio del fenomeno dell’AU in tutti i suoi aspetti, ma anche delineato potenzialità e prospettive in Europa: in particolare, ha mostrato come l’AU contribuisca fortemente allo sviluppo sostenibile delle città e delle zone metropolitane, in tutte le articolazioni del concetto di sostenibilità; ha mostrato come essa costituisca una risorsa importante per il futuro territoriale, economico, sociale, culturale, ambientale; ha mostrato soluzioni che possono essere utilizzate come modelli, adattandoli alle specificità di ogni contesto.
Gli approfondimenti specifici sulle aree metropolitane di Barcellona, Dublino, Ginevra, Milano, Ruhr metropoli, Sofia e Varsavia, mostrano un comune trend di sviluppo dell’AU, pur nelle specificità di ogni caso e presentano strumenti, soluzioni e prospettive utili per tutte le altre aree metropolitane europee (Scazzosi, 2015). La Mappa dell’AU, costruita a livello europeo (Lorhberg et Simon-Rojo, 2015), pur grezza per la ancora grande carenza di dati comparabili, restituisce un primo quadro omogeneo del fenomeno; essa costituisce una prima risposta alla necessità di classificazione e mappatura di iniziative il cui quadro complessivo sfugge spesso alla conoscenza anche degli amministratori e che invece potrebbe orientare strategie e politiche in modo più efficace.
La ricerca ha mostrato concretamente come l’AU costituisca un’occasione e uno strumento di ridefinizione di un futuro positivo per le aree urbane e metropolitane, in cui gli spazi agricoli abbiano un ruolo sia di luogo di produzione sostenibile di cibo, ma anche di servizio per i cittadini (cultura, cura dell’ambiente, ricreazione, ecc.) e, soprattutto, costituisca uno strumento fondamentale per il superamento della logica di separazione tra città e campagna: essi costituiscono spazi integrati tra loro, ugualmente importanti nella costruzione della città del futuro. L’AU richiede delle politiche specifiche e consapevoli per il suo governo, attualmente carenti a livello europeo e presenti in genere in modo frammentario ai livelli nazionali, regionali e municipali; inoltre, molte politiche settoriali (sociali, educazione, cultura, cambiamento climatico, biodiversità, lavoro e sviluppo economico, patrimonio storico, territorio, ecc.) interagiscono con l’AU o ne sono supportate. La ricerca ha mostrato che le attuali politiche europee per l’agricoltura (Pac), non prevedono azioni specifiche ad essa dedicate, ma sono in realtà variamente utilizzabili - e in parte già utilizzate - dagli agricoltori urbani e dalle amministrazioni regionali e locali. Anche le politiche settoriali sono e possono essere significativamente supportate dall’AU e possono a loro volta sostenerla.

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  • Timpe A., Cieszewska A., Supuka J., Toth A. (2015), “Urban Agriculture goes Green Infrastructure”, in Lohrberg F., Licka L., Scazzosi L., Timpe A. (a cura), Urban Agriculture Europe, Jovis, Berlin, pp. 126-137

  • Tornaghi C., Sage, C., Dehaene M. (2015), “Introduction”. In Lohrberg F., Licka L., Scazzosi L., Timpe A. (a cura), Urban Agriculture Europe, Jovis, Berlin, pp. 166-169

  • Van der Shans J.W., Lorleberg W., Alfranca O., Alves E., Anderson G., Branduini P., Egloff L.D., Giacchè G., Heller A., Herkströter K. P., Kemper D., Koleva G., Mendes-Moreira M.A., Neves L., Paulen O., Pickard D., Prados M.J., Pölling B., Recasens X., Ronchi B., Spornberger A., Timpe A., Torquati B., Weissinger H., Wydler H., (2015). “It is a Business! Business Models in Urban Agriculture”. In Lohrberg F., Licka L., Scazzosi L., Timpe A. (a cura) Urban Agriculture Europe. Jovis Verlag GmbH, Berlin, pp. 82-91

  • Vejre H. et al. (2015), “Can agriculture be urban?”. In Lohrberg F., Licka L., Scazzosi L., Timpe A. (a cura), Urban Agriculture Europe, Jovis, Berlin, pp. 18-21

  • Sage C., Dehaene M., Tornaghi C., (2015), “Urban agriculture practices on the Metabolic Frontier: cases from Geneva and Rotterdam”. In Lohrberg F., Licka L., Scazzosi L., Timpe A. (a cura), Urban Agriculture Europe, Jovis, Berlin, pp. 178-181

Siti di riferimento

  • Cost Action Urban Agriculture Europe [Link]

  • 1. Tud Cost Action TD 1106 Urban Agriculture Europe (Uae), 2012-2016, [Link].
  • 2. Si fa riferimento ai risultati del gruppo di lavoro su “UA definitions” coordinato da Marian Simon Rojo e Henrik Vejre.
  • 3. Nel testo sono state tradotte le categorie e tipologie individuate. La traduzione dei termini inglesi non è priva di difficoltà; la proposta qui riportata deriva dal tentativo di rimanere il più possibile fedeli al senso della classificazione della ricerca Cost.
  • 4. In alcuni paesi gli orti sociali sono stati influenzati dagli orti comunitari dotandosi di spazi comuni e attività educative.
  • 5. Si fa riferimento ai risultati del gruppo di lavoro su “UA and Governance” coordinato da Mary Corcoran e Joelle Salmon-Cavin.
  • 6. Si fa riferimento ai risultati del gruppo di lavoro su “Entrepreneurial models of Urban Agriculture” coordinato da Wolf Lorleberg e Pedro Mendes-Moreira.
  • 7. Si fa riferimento ai risultati del gruppo di lavoro su “Spatial visions of UA” coordinato da Lili Licka e Luis Maldonado.
  • 8. Si fa riferimento ai risultati del gruppo di lavoro sul “Metabolism of UA” coordinato da Chiara Tornaghi e Luke Beesley
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