Dedichiamo questa breve nota al tema del ricambio generazionale e della presenza dei giovani in agricoltura. Lo facciamo per evidenziare come la presunta “fuga dalle campagne” (così si esprimeva un recente articolo di Repubblica) origini da un paradosso statistico. I dati, se ben letti, smentiscono la tesi del rifiuto dei giovani per l’impegno professionale nel primario.
Se nel Censimento agricolo del 2010 si considerano solo le imprese che realizzano una produzione di valore (stimato al lordo di tutti i costi) pari ad almeno 100 mila euro/anno, il 22% dei conduttori ha meno di 40 anni, il 30% tra 40 e 50 anni, il 33% tra i 50 e 65. Sono percentuali queste in linea con quelle degli altri settori dell’economia: neanche nell’industria si diventa imprenditori da giovanissimi. Resta un 16% di over 65enni, che però, in quelle condizioni, hanno spesso il figlio o la figlia o talvolta i nipoti diplomati o laureati in agraria o in materie comunque spendibili in azienda. Essi sono pronti a prendere in mano l’impresa quando sarà il momento, e spesso sono già attivi nel suggerire innovazioni e modelli di diversificazione da adottare.
Scendendo nella scala delle dimensioni aziendali, nelle imprese tra 25 mila e 100 mila euro/anno di valore della produzione, l’età media cresce. Ma, pur sempre il 18% dei conduttori ha meno di 40 anni, il 25% tra 40 e 50 e il 34% tra 50 e 65. I più che 65enni salgono al 23%, ma siamo ben lontani dai valori registrati nelle aziende più piccole: le “non-imprese”. Ci riferiamo con questo termine a quel 62% di aziende censite (più di un milione in valore assoluto) che produce meno di 8 mila euro/anno, in cui gli over65 sono il 43% e gli over75 il 20%, mentre sotto i 40 anni c’è solo il 7%.
Prima conclusione: se si fa di ogni erba un fascio, cioè si mescolano imprese e non-imprese, il peso numerico soverchiante di quest’ultime produce un’immagine falsata dell’imprenditorialità agricola italiana: un presunto rifiuto da parte dei giovani verso l’agricoltura, che invece nelle imprese non c’è affatto.
Seconda conclusione: si vuole davvero ringiovanire l’agricoltura italiana? Si faccia di tutto per creare imprese di dimensioni e strutture adeguate ad attrarli e si faciliti soprattutto l’avvio di coloro che l’impresa non l’hanno già di famiglia. La crescita del numero, in questi anni, degli studenti nelle scuole e università agrarie segnala una grande propensione dei giovani verso l’agricoltura. Ma per avere degli imprenditori, occorre che ci siano le imprese e le condizioni per fare impresa su dimensioni adeguate.
Terza conclusione: quanto al milione e più di aziende non-imprese, dov’è il problema se sono condotte da anziani? Esse producono in media solo 2.584 euro/anno e, nel 56,2% di esse, lo scopo primario è l’autoconsumo. Non sono imprese e non hanno la condizione per diventare tali. È comprensibile che possano interessare soprattutto chi ha una pensione, buona salute e molto tempo libero.
La rubrica Il Tema di questo numero di Agriregionieuropa è dedicata all’agricoltura familiare. Il 2014, anno internazionale dell’agricoltura familiare indetto dalle Nazioni Unite, è stato occasione per numerosi approfondimenti e varie iniziative. La rubrica è stata coordinata da Alessandra Corrado, Giuseppe Gaudio e Catia Zumpano con l’obiettivo di riprendere e analizzare il fenomeno, la sua persistenza e la sua evoluzione in Italia e nel mondo.
Editoriale n.43
Editoriale n.43
Franco Sotte a b
a Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
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