Co-creazione di innovazione per un’agricoltura sostenibile: recenti esperienze e implicazioni per le politiche europee

Co-creazione di innovazione per un’agricoltura sostenibile: recenti esperienze e implicazioni per le politiche europee

Introduzione

Il processo di transizione verso un’agricoltura più sostenibile richiede cambiamenti a più livelli nei sistemi di produzione agricola e nelle catene del valore (Elzen et al., 2012; Klerkx et al., 2012). Questi molteplici cambiamenti richiedono a loro volta diversi tipi di innovazione: innovazioni tecnologiche (ad esempio, gestione sostenibile delle specie nocive; tecniche di agricoltura di precisione; sistemi di produzione a ciclo chiuso), ma anche innovazioni sociali (ad esempio, differenti modi di organizzare le interazioni all’interno della catena al fine di ridurre al minimo le perdite; utilizzo degli scarti o rifiuti di un processo prodiuttivo come input per la realizzazione di altre fasi del processo stesso; nuovi modelli di business per realizzare filiere alimentari locali; organizzazione di pratiche di agricoltura urbana con la diretta partecipazione dei cittadini) e innovazioni istituzionali (ad esempio, supportare il cambiamento di regolamentazioni che operano dietro la fornitura di energia al fine di consentire un approvvigionamento energetico decentrato per le aziende agricole). Questi diversi tipi di innovazione (tecnologica, sociale, istituzionale) non avvengono in modo isolato, piuttosto sono altamente interconnessi e co-evolvono (Kilelu et al., 2013; Moschitz et al., 2015).
Data questa interconnessione tra le diverse sfere dell’innovazione e i molteplici cambiamenti richiesti a più livelli, l’interdipendenza tra i diversi attori che operano a livello di catena produttiva e gli attori che li supportano tramite interventi di policy mirati al trasferimento della conoscenza (vale a dire, i sistemi di ricerca e di consulenza agricola) (Leeuwis e Aarts, 2011) è divenuta forte e cruciale. Ciò implica la necessità di provvedere ad un’azione di coordinamento affinchè l’innovazione sia effettivamente applicata, e sia ottimizzata la corrispondenza tra le esigenze degli attori dell’innovazione e l’offerta in termini di supporto all’innovazione stessa da parte delle politiche, della ricerca e dei servizi di consulenza. In questo percorso, la creazione di una rete efficace tra i diversi attori coinvolti nel processo produttivo e nei sistemi di supporto è essenziale affinchè il processo di co-innovazione prenda avvio (Brunori et al., 2013; Dogliotti et al., 2014; Esparcia, 2014; Fischer et al., 2012; Klerkx et al., 2010; Wellbrock et al., 2013). Co-innovazione non significa che tutti gli attori siano sempre in accordo nel processo di innovazione: l’innovazione sfida lo status quo, è un processo che per sua natura implica sempre contestazione e negoziazione (Koch, 2004; Leeuwis e Aarts, 2011).
Nel contesto dell’Unione europea, tali processi di co-innovazione hanno ottenuto un notevole riconoscimento, tanto che sono stati definiti accordi di sostegno specifici per l’innovazione, in primis il Partenariato europeo per l’innovazione (Pei), che fornisce il supporto per le reti di innovazione e dispone di strutture, quali le agenzie di innovazione, che intendono agevolare la creazione di reti di co-innovazione (Klerkx e Leeuwis 2009). Inoltre, il programma quadro di ricerca dell’UE, Horizon 2020, stimola la ricerca in collaborazione tra aziende private e organizzazioni della società civile.
Se, da una parte, il formale ed esplicito riconoscimento del ruolo della co-innovazione nelle politiche di sostegno dell’UE rappresenta un risultato importante, va anche riconosciuto dall’altra parte che che l’Unione europea presenta una grande eterogeneità in termini di settori agricoli e sistemi di produzione, nonchè in termini di Sistemi della Conoscenza e della Innovazione in Agricoltura (Akis – Agricultural Knowledge and Innovation Systems). Gli Akis influenzano come questi strumenti di sostegno alla co-innovazione operano ed opereranno in futuro (Hermans et al., 2015; Ingram et al., 2015). In altre parole, il radicamento strutturale del concetto di co-innovazione nei diversi paesi dell’UE rischia di andare ad un ritmo diverso a seconda dei diversi paesi coinvolti, e avrà una sua dinamica, a causa del contesto istituzionale di diversi paesi stessi.
In questo lavoro, si traggono riflessioni sulle esperienze realizzate in termini di incorporamento strutturale dell’approcico alla co-innovazione nei diversi paesi europei, traendo spunto da alcuni progetti recenti in cui gli autori sono stati a diverso grado coinvolti: il progetto del settimo programma quadro dell’Unione “Solinsa”, finalizzato al supporto alle reti di apprendimento e di innovazione per l’agricoltura sostenibile (Brunori et al., 2013; Moschitz et al., 2015) e il progetto “Pure”, il cui focus era sulla difesa fitosanitaria sostenibile (Seuneke et al., 2015).

Solinsa: esperienze di rete di attori che innovano in contesti istituzionali differenti1

Obiettivo principale del progetto Solinsa è stata la disamina dei processi attraverso i quali diverse iniziative legate all’innovazione sostenibile (ad esempio biogas, prodotti regionali, agricoltura sociale – per una panoramica si suggerisce Ingram et al., 2015; Tisenkopfs et al., 2015) abbiano sviluppato ed utilizzato conoscenza prodotta in collaborazione nell’ambito di una rete di co-innovazione. A questo si aggiunge l’obiettivo di verificare come queste reti di co-innovazione abbiano interagito con un ambiente esterno più ampio, che hanno cercato da un lato, di convincere attraverso il loro esercizio di innovazione e, dall’altro, di influenzare e cambiare perchè la loro innovazione fosse effettivamente messa in pratica e adottata. In altre parole, il progetto ha cercato di verificare come diversi attori abbiano lavorato simultaneamente all’innovazione tecnologica, sociale e istituzionale.
Queste reti di apprendimento, dette Linsa (Learning and Innovation Networks for Sustainable Agriculture, Reti di apprendimento e innovazione per l’agricoltura sostenibile) hanno mostrato le seguenti caratteristiche:

  • Un equilibrio dinamico tra diversità e elementi in comune;
  • Un obiettivo condiviso di innovazione;
  • Un impegno reciproco (partecipazione ad un obiettivo comune, sebbene non tutti gli attori partecipino in egual misura agli stessi processi)
  • Un livello minimo di governance e di organizzazione della rete;
  • Riflessività: i partecipanti della rete guidano attività di apprendimento, rivalutano gli obiettivi di innovazione ed esaminano le performance di sostenibilità;
  • Innovazione e sostenibilità devono essere collegate e incarnate nelle attività dei Linsa e nelle pratiche dei loro membri

Una delle lezioni chiave apprese dal progetto Solinsa è stata la notevole diversità dei modelli di interazione tra queste reti di co-innovazione con il loro ambiente più ampio (Ingram et al., 2015). Mentre alcune reti Linsa si sviluppano in reazione alle pressioni esterne (ad esempio, le preoccupazioni dei cittadini circa il benessere degli animali), altre sono emerse in conseguenza di pressioni all’interno di una regione rurale o di opportunità emergenti (ad esempio, l’agricoltura sociale).
Alcune reti Linsa seguono un approccio bottom-up, mentre altre presentano una gestione top-down e mostrano una sorta di struttura gerarchica con legami coi diversi attori delle catene produttive. Alcune reti Linsa hanno sperimentato un’evoluzione radicale in termini di obiettivi da raggiungere, mentre altre si sono sviluppate attorno agli obiettivi di partenza apportando nel tempo solo cambiamenti incrementali alle loro finalità. Inoltre, talvolta le reti Linsa hanno mostrato ambizioni abbastanza radicali a livello locale (in termini di obiettivi da raggiungere), mentre l’innovazione che hanno promosso talvolta è risultata già pienamente integrata in altri sistemi-paese dell’UE, dove evoluzioni in tal senso si sono già avute in precedenza. Nonostante la diversità tra le ambizioni di cambiamento delle reti Linsa e i modelli di interazione tra Linsa e il loro ambiente, è emerso con particolare rilevanza il ruolo cruciale svolto nel processo di co-innovazione per le “attività di contorno”: processi che consentono la negoziazione e l’apprendimento tra diversi attori supportando l’integrazione tra i confini che separano i diversi attori, la creazione di un sapere comune e condiviso (Tisenkopfs et al., 2015). Tale funzione (una sorta di intermediazione per l’innovazione, al pari di quella realizzata a livello Pei) supporta l’integrazione delle reti di co-innovazione, la mobilitazione di sostegno esterno per questo obiettivo, e la regolazione degli obiettivi della rete. Dall’esperienza con le diverse reti Linsa diventa chiaro che la loro diversità ha implicazioni che ricerca, servizi di consulenza e policy devono considerare. Alcune lezioni chiave rilevanti per la ricerca, tratte dal progetto Solinsa, sono che la ricerca partecipativa può aiutare le reti Linsa a sviluppare il loro potenziale, ma occorre creare prima un contesto di fiducia che porti poi ad una collaborazione efficace (Home e Rump, 2015). Ciò richiede un forte impegno da parte dei ricercatori, riconosciuto anche all’interno del contesto istituzionale in cui ricercatori stessi lavorano (vedere anche paragrafo 3). I servizi di sviluppo e i broker di innovazione possono svolgere un ruolo rilevante nel promuovere le interazioni con la ricerca e con gli altri soggetti all’interno e all’esterno delle reti Linsa, riconoscendo le diverse esigenze di conoscenza delle reti Linsa e creando opportunità perchè si realizzi la co-creazione di conoscenza. Quindi, creare le condizioni perchè ciò avvenga è essenziale, e la politica di innovazione dovrebbe fare propria una costante attenzione ai processi di co-creazione e co-innovazione, andando così al di là del solo supporto tecnico o sui contenuti. Poiché non tutti gli Akis sono ancora evoluti verso un approccio alla co-innovazione, la sperimentazione nelle reti Linsa di un simile processo di co-innovazione può a sua volta innescare un processo di apprendimento istituzionale con le strutture di sostegno all’innovazione.

Pure: il ruolo del contesto istituzionale nel processo di co-innovazione

Mentre il progetto Solinsa ha mostrato una notevole diversità in termini di ambizioni e obiettivi di innovazione, il progetto Pure riguarda principalmente le innovazioni nella gestione sostenibile dei parassiti. Come Solinsa, il progetto ha seguito un approccio di co-innovazione. Come tutti i progetti di ricerca e innovazione europei, anche Pure mostra un partenariato molto variegato, con partecipanti provenienti da diversi paesi, dunque con “condizioni strutturali” di co-innovazione di partenza molto diverse (Hermans et al., 2015; Neef e Neubert, 2011). Nel caso del progetto Pure, l’accento è stato posto su come la ricerca e i servizi di consulenza siano stati stimolati ad utilizzare un approcco di co-innovazione dalle condizioni istituzionali in cui erano posti (si fa riferimento a drivers che ne hanno guidato l’azione, quali incentivi, valori, norme, standard). Questo processo è stato studiato in differenti paesi e contesti: Paesi Bassi, Francia, Germania e Danimarca (Seuneke et al., 2015).
Tre i livelli di differenti dimensioni istituzionali che possono essere identificati, tutti collegati tra loro e tali da influenzarsi reciprocamente. Il primo è il livello personale (micro): le identità professionali, i ruoli e le routine influenzano la volontà di impegnarsi in processi di co-innovazione. Il secondo livello opera in termini meso: le comunità e le organizzazioni di ricerca e di consulenti influenzano il loro orientamento verso la co-innovazione. Il terzo ed ultimo livello è il livello macro, l’Akis dei singoli paesi: come i sistemi di ricerca e consulenza sono finanziati e gestiti, la storia istituzionale dell’Akis, come le politiche Akis sono attuate, tutti questi elementi possono influenzare la scelta di adottare un approccio alla co-innovazione. Uno dei principali risultati dell’analisi di Seuneke et al. (2015) è stato che pur essendo parte dello stesso progetto e pur essendo guidato da concetti e approcci simili, il processo di co-innovazione mantiene una sua propria dinamica, mostra problemi specifici legati anche all’efficacia dei sistemi, mostra notevoli differenze tra paesi.
Alcune dimensioni istituzionali hanno messo in evidenza somiglianze tra i paesi, anche in termini di vincoli o limiti alla realizzazione dell’approccio alla co-innovazione (ad esempio, deontologia professionale o limiti in termini di risorse finanziarie). A livello di Akis, invece, talvolta le esperienze di co-innovazione hanno beneficiato di un maggior stimolo ad impiegare l’approccio partecipativo, nonostante i vincoli condivisi a livello personale e organizzativo. In altre parole, sebbene in quasi tutti i paesi che hanno adottato l’approccio alla ricerca partecipativa siano emerse sfide e notevoli difficoltà, il contesto di alcuni Paesi (es. Olanda, Danimarca) si è manifestato nel complesso più favorevole che in altri all’impiego di questo approccio all’innovazione. Una conclusione fondamentale del caso Pure è dunque che dal momento che trasferire una modalità di partecipazione o di co-innovazione da un contesto all’altro è complesso e genera rischi, risulta necessario che nella fase di elaborazione dei programmi per l’innovazione a livello internazionale (es. Horizon 2020) vi sia più consapevolezza delle diverse condizioni di partenza e dei diversi contesti istituzionali nei diversi paesi. I progetti di ricerca (quali Pure) creano un contesto di apprendimento in cui ricercatori e consulenti contribuiscono a generare tale consapevolezza, perchè si possa personalizzare i processi di co-innovazione a seconda dei diversi contesti istituzionali.

Conclusioni e indicazioni di policy

Come le esperienze dei progetti Solinsa e Pure hanno dimostrato, le politiche dell’UE stanno già stimolando l’adozione di un approccio di co-innovazione, e in questo senso stanno raggiungendo i propri obiettivi. Tuttavia, è importante riconoscere feedback provenienti da esperienze in atto di co-innovazione affinchè le politiche dell’innovazione siano più finalizzate all’obiettivo. Dall’analisi proposta, si possono trarre due considerazioni:

  • Riconoscere la diversità e le diverse condizioni di partenza per l’adozione di processi di co-innovazione nei diversi paesi UE è cruciale. Ciò implica che le proposte progettuali (es. per Horizon 2020) dovrebbero essere in grado di consentire approcci su misura dei diversi paesi partecipanti. Ne consegue che gli strumenti della politica dell’UE, quali il Pei e i broker per l’innovazione, potrebbero aver bisogno di essere adattati alle esperienze esistenti di co-innovazione nei diversi paesi e avere, quindi, bisogno di un obiettivo leggermente diverso: non vale il principio “one-size-fits all” (Klerkx e Nettle, 2013; Tödtling e Trippl, 2005);
  • Come emerso soprattutto dal progetto Solinsa, la co-innovazione richiede un forte sostegno alle attività di confine e di intermediazione dell’innovazione in senso più ampio. Nell’ambito della politica europea, l’intermediazione per l’innovazione è attualmente vista principalmente come strumento per stabilire una corrispondenza tra le reti di innovazione e i ricercatori al fine di colmare le lacune di conoscenza esistenti; svolta questa funzione, i broker di innovazione non svolgono alcun altro ruolo. Tuttavia, come i casi Pure e Solinsa suggeriscono, è necessaria che questa funzione di facilitazione operi a più lungo termine e a diverse interfacce, dato che i processi di co-innovazione coinvolgono numerose innovazioni tecnologiche, sociali e istituzionali (Klerkx e Leeuwis, 2009; Wieczorek e Hekkert, 2012). Come Solinsa e Pure mostrano, l’apprendimento riflessivo è la chiave per costruire la capacità di co-innovazione.

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  • 1. Oltre ad utilizzare materiale reperibile sul sito del progetto Solinsa, questo paragrafo si basa su una presentazione a cura di Heidrun Moschitz condivisa dalla stessa autrice con gli autori del presente contributo.
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