Nell’UE, al 15 settembre 2015, risultano approvati 82 su 118 Programmi di sviluppo rurale (Psr), per un impegno pari al 78.4% del budget complessivo. Il processo di approvazione è concluso in 22 su 28 Stati membri. In ritardo più di tutti è l’Italia, dove non sono stati ancora approvati 11 Psr su 21. Indietro sono Piemonte e Liguria nel Nord, Lazio nel Centro, mentre nel Mezzogiorno, eccetto Molise e Sardegna, sono ancora al palo i Psr di tutte le altre Regioni. Tra queste, sono comprese tutte le “meno sviluppate” (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) per le quali l’UE ha stanziato i fondi più consistenti. Cosicché, a livello nazionale, sono operativi Psr per un ammontare di 3.624 milioni di euro, meno del 40% dello stanziamento complessivo.
Questi ritardi sono inaccettabili. Perché l’agricoltura e lo sviluppo rurale aspettano ormai da anni che si dia accesso alle nuove misure riformate. Ma anche perché i ritardi si stanno accumulando proprio nelle Regioni che più palesano difficoltà a spendere i fondi.
Il fatto poi che in “zona Cesarini” quelle Regioni siano riuscite (non sempre, comunque) a spendere tutto il budget non tranquillizza affatto. Gli agricoltori hanno bisogno di spesa in tempi rapidi e certi. Dubito molto dell’efficienza ed efficacia della spesa erogata in fretta e furia, dopo anni di ritardo, sotto la spada di Damocle del rischio di perderne la disponibilità.
D’altra parte, i ritardi e lo stringersi dei tempi spingono le Regioni, fin dall’impostazione dei Psr e nel corso di tutta la loro gestione, ad una precauzionale e perversa selezione delle misure. Pur di spendere, si trascura di spendere bene. Così vengono preferite le misure poco selettive e più semplici da gestire, rispetto a misure più mirate e strategiche in cui l’emissione del bando, la raccolta delle domande, l’istruttoria, ecc. richiedono non solo più tempo, ma anche maggiore impegno e competenza amministrativa.
Anche in Europa c’è comunque molto da rivedere sulle procedure di riforma della Pac. Non si può accettare che la programmazione 2014-2020, inizi di fatto nel 2016. La codecisione non può giustificare due anni di ritardo. E il problema non si risolve con il mantra ricorrente della “semplificazione”, che può tradursi in allentamento della selezione e dei controlli: di fatto nello spendere purchessia. Si deve ripensare l’intero iter di predisposizione e implementazione della politica di sviluppo rurale, iniziando prima, procedendo spediti e sanzionando chi (a Bruxelles o negli Stati membri) non rispetti i tempi, al fine di garantire procedure mirate e selettive.
Questo è il quarto numero che Agriregionieuropa dedica ai temi globali di Expo2015. Coordinato da Valentina Cristiana Materia, il Tema è quello cruciale dell’innovazione, del suo trasferimento e della sua adozione. Le prospettive competitive dell’agricoltura europea, e di quella italiana in particolare, si giocano su questo terreno.
Apriamo con un articolo di Margherita Scoppola sul pensiero scientifico di Giovanni Anania. Giovanni, che ci ha lasciati prematuramente il 15 luglio, è stato un esempio per tutti sul piano scientifico, cosi come su quello umano. Questo numero di Agriregionieuropa è dedicato alla sua cara memoria.
Editoriale n.42
Editoriale n.42
Franco Sotte a b
a Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
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