Vero o falso? Fiducia dei consumatori, regolamentazione e mercati

Vero o falso? Fiducia dei consumatori, regolamentazione e mercati
a Uniclam, Dipartimento di Economia e Giurisprudenza

Introduzione

Il lavoro analizza il ruolo dell’efficacia della regolamentazione sulla qualità nello sviluppo del mercato interno e estero di beni la cui vera qualità è difficilmente accertabile dai consumatori (ad esempio per caratteristiche di salubrità, di impatto ambientale, di modalità di produzione come “bio” o “equo”) anche dopo il consumo, ovvero beni cosiddetti “fiducia” (trust o credence goods).
Nel modello, prodotti di qualità diversa possono essere venduti come di alta qualità nel senso di un prodotto che rispetta lo standard specificato; la qualità attesa dai consumatori è funzione delle loro convinzioni riguardo all’efficacia della regolamentazione interna. I consumatori esteri, che hanno minori informazioni rispetto a quelli interni, fondano in parte le loro aspettative su uno stereotipo basato sul livello di sviluppo del paese esportatore.
I risultati analitici suggeriscono che scarsa efficacia della regolamentazione, stereotipo negativo e bassa fiducia dei consumatori possono causare fallimenti nel mercato di questi beni, fallimenti a cui sono particolarmente esposti i paesi meno sviluppati. Migliorare l’efficacia della regolamentazione interna favorisce lo sviluppo dei mercati, il benessere interno e le esportazioni. La definizione e implementazioni degli standard da parte di attori esterni, come supermercati, o Organizzazioni non governative (Ong) nel caso di alcuni mercati etici di nicchia del tipo fair trade, è vantaggiosa.

Mercati, regolamentazione e fiducia: il dibattito

Le percezioni e la fiducia dei consumatori in merito all’efficacia della regolamentazione sulla qualità dei prodotti in un paese è generalmente importante per lo sviluppo dei mercati interni e esteri. Tali percezione e fiducia diventano cruciali quando i consumatori non possono realmente valutare alcuni o tutti gli attributi di un prodotto, soprattutto quelli di processo: potrebbe essere proibitivo accertare se un prodotto è realmente ecologico, biologico o completamente salubre. Perciò le aspettative sulla qualità e la domanda dei consumatori dipendono dal loro grado di fiducia nella regolamentazione e nei meccanismi di law enforcement .
La classificazione dei beni in base alla possibilità di valutarne la vera qualità prima del consumo (search goods), o solo sulla base dell’esperienza (experience goods), o neppure dopo il consumo (credence o trust goods) è originariamente dovuta a Darbi e Karni (1973). Da allora si è sviluppata un’ampia letteratura sul funzionamento dei mercati di beni e servizi del tipo “fiducia” (es. Emons,1997). L’esistenza di tali mercati è fortemente dipendente dalle garanzie sulla qualità da parte di soggetti terzi che definiscono e implementano gli standard.
Nel settore degli alimenti molti prodotti possono essere considerati “esperienza” o “fiducia” e di conseguenza in economia agraria esiste una significativa letteratura sul tema. La maggior parte dei contributi ha analizzato congiuntamente l’economia di questi beni e la loro “etichettatura” per lo più adottando l’ipotesi di certificazione perfettamente credibile1.
Le implicazioni dell’informazione sulla qualità per il commercio internazionale sono state meno indagate (con alcune importanti eccezioni tra cui Bureau et al., 1998); poco indagato in economia anche il tema delle preferenze dei consumatori per i paesi d’origine (Lusk et al., 2006) sul quale invece vi è un ampio dibattito nella letteratura di business e marketing.
Il modello descritto nel paragrafo successivo2ha tre caratteristiche: considera il mercato dei beni fiducia con monitoraggio imperfetto, come in Anania e Nisticò (2004) che si concentrano sulla credibilità della regolamentazione (beni che non rispettano gli standard di prodotto in questi mercati possono essere venduti come beni che invece li rispettano3; estende l’analisi al commercio internazionale; include un effetto “paese d’origine”.
Il tema degli standard ha importanti implicazioni di agribusiness e sviluppo. In primo luogo perché la tendenza degli standard a diventare strumento strategico di competizione nei mercati dei prodotti differenziati e la crescente importanza degli standard di processo è stata particolarmente pronunciata nel settore. In secondo luogo perché diversi filoni di letteratura hanno segnalato una relazione crescente fra grado di sviluppo e efficacia degli standard, soprattutto quelli pubblici.
Infatti, la letteratura sulla “privatizzazione” degli standard di agribusiness negli anni ‘90 indica che nei Pvs la diffusione di standard privati per la qualità e salubrità degli alimenti è stata soprattutto una risposta strategica a standard pubblici mancanti o inadeguati (Reardon et al. 2009).
Inoltre gli standard dei Pvs sono stati molto discussi nella letteratura sul commercio internazionale, spesso in base all’assunzione che il caso “standard come barriera alle esportazioni” fosse più probabile per gli esportatori in via di sviluppo. In particolare la diffusione di stringenti standard privati è stata indagata sulla base di preoccupazioni sulla possibile esclusione dei paesi e produttori più poveri, considerati meno in grado di implementarli per carenze tecniche e finanziarie (Maertens e Swinnen, 2007; Swinnen e Vandeplas, 2011).
Infine, un’indicazione indiretta della relazione tra standard e livello di sviluppo viene da una vasta letteratura sul coordinamento delle catene di valore (value chains), nella quale l’innalzamento degli standard è generalmente visto come uno dei principali vantaggi dell’integrazione per i Pvs (Cuffaro e Liu, 2008; Bart Minten et al., 2009).

Un modello interpretativo: descrizione

In analogia con Anania e Nisticò (2004) si assume che i mercati siano competitivi e vi siano produttori di alta qualità e produttori di bassa qualità che cercano di imbrogliare (cheaters o contraffattori). Di conseguenza l’offerta è la somma di offerta di alta qualità e offerta dei contraffattori e l’efficacia della regolamentazione è rappresentata dalla probabilità di essere “scoperti” a imbrogliare e eliminati dal mercato.
Dal lato della domanda, riguardo alla qualità, si formulano tre ipotesi principali sulle aspettative dei consumatori. La prima è che la qualità attesa sia funzione delle convinzioni dei consumatori in merito all’ efficacia della regolamentazione. La seconda è che i consumatori interni ed esteri possano avere convinzioni diverse. I consumatori interni conoscono l’efficacia della regolamentazione interna e basano su questo le proprie aspettative, i consumatori esteri hanno informazioni meno complete e sono influenzati anche da uno stereotipo.
Sebbene le trasformazioni dell’economia abbiamo reso il tema del “paese d’origine” molto complesso, la ricerca di marketing e business ha ampiamente mostrato che i consumatori usano il “paese di origine” come segnale di qualità, specialmente quando l’informazione sulla qualità è ambigua4. Più specificamente, le valutazioni negative dei consumatori sulla base dell’”immagine” del paese sono barriere significative per le imprese dei paesi meno sviluppati. Anche in economia agraria molti studi indicano che i consumatori preferiscono e mostrano disponibilità a pagare un premio per alimenti con un’etichetta di paese d’origine, sebbene l’entità del premio sia variabile fra studi, prodotti, paesi e metodologia (Grebitus et al., 2010).
Lo stereotipo potrebbe anche formarsi in modi diversi e/o complessi, ad esempio sulla base di associazioni positive prodotto-paese, ma per semplicità si assume il caso generale in cui è basato sul grado di sviluppo; la fiducia dei consumatori nella regolamentazione interna di un paese cresce in funzione del livello di sviluppo dello stesso.
Per la funzione di domanda si assume che i consumatori concordino con l’ordinamento delle preferenze, ovvero tutti preferiscono la qualità alta per un dato prezzo, ma abbiano diverse intensità di tale preferenza. Sebbene questo approccio implichi un trade off tra qualità e prezzo, si può anche utilizzare in un contesto in cui i consumatori sono interessati solo alla qualità alta nel senso di un prodotto che rispetta lo standard specificato, ma la qualità è attesa, ovvero è una media dei valore assegnati a “alta” e “bassa” ponderati con le probabilità che il bene sia effettivamente della qualità annunciata e desiderata dai consumatori (ad esempio bio o con caratteristiche “etiche”) oppure no. Queste probabilità a loro volta dipendono dall’efficacia della regolamentazione che è nota ai consumatori.
Dunque la domanda è funzione decrescente del prezzo e crescente della qualità attesa. Questa a sua volta è crescente nell’efficacia della regolamentazione.
Assumendo che non vi sia apprendimento o un apprendimento molto lento sulla vera qualità da parte dei consumatori in questo tipo di mercati prodotti di qualità diversa si possono vendere in equilibrio come prodotti di alta qualità, nel senso che rispettano lo standard specificato.
Estendendo il modello al commercio internazionale si ipotizza che vi siano due regioni, che il paese d’origine dei prodotti sia noto e che i prodotti siano perfetti sostituti eccetto per quanto riguarda le aspettative dei consumatori riguardo alla qualità. I consumatori nel paese “estero” importatore possono formare le proprie aspettative sulla base di vari elementi. Potrebbero osservare un certo tasso di fallimento nei controlli alla frontiera, che si può per semplicità ipotizzare in linea con la quota di produzione “contraffatta” nel paese esportatore. Tuttavia poiché i consumatori esteri hanno maggiore incertezza circa le condizioni dell’offerta (ovvero circa la vera incidenza della contraffazione), si ipotizza che siano influenzati anche da uno stereotipo che, come discusso, dipende dal livello di sviluppo dello stesso.

Risultati e implicazioni

I risultati del modello descritto indicano che minore è l’efficacia della regolamentazione maggiore è l’offerta interna e, ceteris paribus, minore il prezzo di mercato. Minore l’efficacia, minore la qualità attesa e la domanda.
Quindi il prezzo di equilibrio del bene fiducia cresce con la qualità attesa e l’efficacia della regolamentazione: una migliore regolamentazione della qualità, qui intesa come capacità dei regolatori di escludere gli “imbroglioni” dal mercato, si traduce in prezzi più alti per i beni fiducia. Inoltre sia il surplus del consumatore che del produttore sono strettamente crescenti nella qualità attesa e quindi nell’efficacia della regolamentazione.
I risultati del modello ad un solo paese sono utili anche all’analisi della relazione tra regolamentazione interna e performance delle esportazioni in casi particolari tra cui alcuni beni fiducia etici, in primis quelli del tipo fair trade, che per definizione sono “prodotti” solo nei paesi meno sviluppati. L’offerta è costituita solo dall’offerta interna nel Pvs, la domanda è costituita solo dalla domanda di importazioni. In generale, come discusso, i consumatori esteri hanno meno informazioni di quelli interni ma in questo caso dovrebbero ragionevolmente assumere che l’incentivo (e/o l’abilità) dei regolatori nazionali a escludere parte dell’offerta dal mercato siano molto ridotti. Quindi senza forme alternative di regolamentazione l’offerta sarebbe alta e sicuramente la domanda bassa: lo sviluppo di mercati di nicchia basati su attributi etici connessi alla “solidarietà con i paesi poveri” richiede forme di regolamentazione alternative e in effetti, per beni fiducia di questo genere, la regolamentazione è garantita da organizzazioni sovranazionali no profit.
Nel modello a due paesi con commercio internazionale i risultati sono che il prezzo di equilibrio del bene è crescente in funzione dell’efficacia della regolamentazione interna di ciascun paese e dello stereotipo positivo, ovvero, nel caso di un paese relativamente poco sviluppato, decrescente nello stereotipo negativo.
Da osservare che, in tutti i casi, se vi fosse un prezzo minimo dell’alta qualità noto ai consumatori, al di sotto di quel prezzo non vi sarebbe domanda (perché i consumatori penserebbero che il bene è sicuramente contraffatto) e quindi offerta.
Infine, ai risultati analitici si possono aggiungere, sulla base della letteratura, due ulteriori considerazioni. La prima, ben nota, è che se un attributo “fiducia” è collegato alla salubrità, episodi negativi tendono a causare una caduta improvvisa e più che proporzionale nella fiducia dei consumatori, a seconda della natura del problema, con conseguenze gravi sul settore coinvolto, come dimostrato da molte crisi degli ultimi decenni. La seconda è che incidenti sulla qualità e stereotipo negativo si rafforzano a vicenda e possono essere estremamente dannosi soprattutto per paesi piccoli e prodotti di nicchia5.

Conclusioni

Una regolamentazione poco efficace sulla qualità causa fallimenti dei mercati interni e di esportazione di beni con forti problemi di informazione sulla vera qualità, specialmente in presenza di uno stereotipo di “paese d’origine” negativo. Quindi le politiche che migliorano l’efficacia della regolamentazione (legislazione e monitoraggio) sono cruciali per lo sviluppo dei mercati di questi beni. Se un paese non è in grado di adeguare la propria regolamentazione pubblica (e/o vi è un forte pregiudizio negativo) gli standard privati possono integrare o sostituire efficacemente quelli pubblici. Per alcuni mercati di nicchia che si basano sulla disponibilità dei consumatori a pagare per attributi etici di tipo solidaristico è indispensabile il ruolo di entità sovranazionali del tipo Ong.

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  • 1. I modelli analizzano il tema dal punto di vista teorico generale (Marette et al.,1999; Anania e Nisticò, 2004; Zago e Pick, 2004; McCluskey e Loureiro ,2005; Roe e Sheldon 2007;) oppure concentrandosi su meccanismi o attributi specifici, incluse le indicazioni geografiche (Menapace e Moschini, 2012), gli organismi geneticamente modificati (Fulton e Giannakas, 2004; Moschini e Lapan, 2005), i prodotti bio (Dabbert et al., 2014) e i prodotti “etici” come fair trade (Chang e Lusk, 2009).
  • 2. Per la rassegna della letteratura e per un’esposizione completa e analitica del modello si veda Cuffaro e Di Giacinto (2015).
  • 3. Questo argomento è molto presente nella letteratura sull’etichettatura ambientale (es. Costa et al., 2009).
  • 4. Le rassegne della letteratura sull’argomento includono Bilkey e Nes, 1982; Papadopoulos e Heslop, 2014.
  • 5. Un’illustrazione interessante è rappresentata dalla crisi della cyclospora in Guatemala e il conseguente reindirizzo della domanda di importazioni di lamponi da parte degli Stati Uniti verso il Messico, un caso dal quale il settore non si è mai ripreso (World Bank, 2005); una sequenza simile si è verificata per l’industria tessile in Colombia (Chisik, 2003).
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