Produzione di grano duro sostenibile e Life Cycle Assessment: il progetto Barilla

Produzione di grano duro sostenibile e Life Cycle Assessment: il progetto Barilla

Introduzione: l’analisi del Ciclo di vita della pasta di semola di grano duro

La valutazione del ciclo di vita del prodotto o Life Cycle Assessment (Lca) è una metodologia di analisi che valuta l’insieme di interazioni che un prodotto ha con l'ambiente, considerando il suo intero ciclo di vita lungo la catena di approvvigionamento alimentare (o food supply chain, Fsc) dall’utilizzo delle materie prime fino alla dismissione finale.
Nel 2000 Barilla, anche seguendo gli orientamenti della Commissione Europea sull’importanza del Life Cycle Thinking (European Commission, 2011), ha iniziato ad applicare il Lca alle sue produzioni con l’obiettivo di analizzare gli impatti ambientali nelle singole fasi del ciclo di vita e verificare i limiti e i punti di forza di questa metodologia.
Conclusa una prima fase di valutazione, dopo aver verificato la scientificità dell’approccio, la robustezza dei suoi risultati e la facilità con cui gli stessi possono essere comunicati all’esterno, nel 2006 l’azienda ha deciso di investire nel Lca. Si sono così iniziate ad analizzare le principali filiere, gli impatti degli stabilimenti in Italia e all’estero, sviluppando i modelli per i principali prodotti, fino a quando nel 2009 è stata pubblicata la prima Dichiarazione Ambientale di Prodotto o Epd (Environmental Product Declaration) sulla produzione della pasta in Italia (Barilla, 2009).
Nel 2010 Barilla ha deciso di sviluppare un Epd Process, risultando così la prima azienda alimentare nel mondo a dotarsi di un sistema di gestione che permettesse il calcolo e la pubblicazione rapida di Epd per i propri prodotti. Attualmente sono disponibili sul sito environdec.com più di 30 Epd Barilla.
Per l’analisi del ciclo di vita della pasta le fasi considerate sono state: la coltivazione delle materie prime, quindi del grano duro, la macinazione, il confezionamento (o packaging), la produzione, la distribuzione e la fase di cottura domestica.
Gli indicatori utilizzati per verificare gli impatti ambientali della pasta lungo tutto il suo ciclo di vita sono le impronte di carbonio, idrica ed ecologica (rispettivamente carbon, water ed ecological footprint). Il carbon footprint indica il totale dei gas serra generati nelle diverse fasi della Fsc ed è misurato in termini di quantità di CO2 equivalente. Il water footprint rileva il consumo totale di acqua del sistema, includendo il consumo diretto, l’evapotraspirazione da parte delle piante, e il ripristino delle acque inquinate. È misurato in volumi d’acqua. Infine, l’ecological footprint indica le quantità di superfici, terrestri e acquatiche biologicamente produttive, necessarie a produrre le risorse consumate e ad assorbire i rifiuti e le emissioni prodotti. Si misura in ettari globali (gha) (Wright et al., 2011; British Standard Institute, 2011; Ewing et al., 2010; Hoekstra et al., 2011).

Risultati

Come si nota in figura 1, dallo studio Lca sulla pasta è emerso che le due fasi che presentano i maggiori impatti ambientali sono la fase di cottura domestica (40% degli impatti totali) su cui Barilla non può intervenire direttamente, e la fase di coltivazione del grano duro (35% degli impatti totali). Durante la fase agricola l’impatto è prevalentemente legato all’uso dei fertilizzanti che emettono azoto nell’atmosfera, uno dei gas che più incide sull’effetto serra. Pertanto, contrariamente al pregiudizio secondo cui gli imballaggi e il trasporto sono la causa di impatti ambientali rilevanti, in realtà questi ultimi influiscono in maniera minore sull’ambiente rispetto alla fase agricola e a quella di cottura domestica.
Da questa analisi è Barilla ha deciso di mettere appunto delle analisi per capire come rendere la fase di coltivazione del grano duro più sostenibile.

Figura 1 - Ecological, Carbon e Water Footprint della pasta Barilla in Italia

L’impatto ambientale del grano duro

Prima di analizzare il progetto di agricoltura sostenibile promosso in Barilla, è utile evidenziare le materie prime utilizzate nei prodotti dell’azienda e il loro impatto ambientale. Nel report di sostenibilità del 2012 Barilla ha identificato le filiere strategiche e gli obiettivi di miglioramento. Queste sono: grano tenero, grano duro, pomodoro, uova, segale e olii vegetali e rappresentano le materie prime più utilizzate in termini di fatturato.
Nonostante si sia visto come la coltivazione di grano duro non abbia di per sé un impatto ambientale per tonnellata molto elevato, rappresentando quasi la metà in volume delle materie prime impiegate da Barilla, gli impatti assoluti risultano comunque rilevanti.

Il progetto “Grano duro sostenibile” in Italia

L’obiettivo del progetto grano duro sostenibile, lanciato in Italia nel 2010, è stato inizialmente quello di individuare nei singoli areali i sistemi di coltivazione ritenuti più sostenibili valutando gli impatti ambientale, la sicurezza alimentare e i relativi costi economici.
In seguito ci si è chiesti se l’utilizzo di pratiche agricole sostenibili contribuisca a ridurre ulteriormente gli impatti ambientali legati alla produzione del grano.
Negli anni 2011/2012 sono state coinvolte in questo progetto 13 aziende nel Nord, Centro e Sud Italia.
In ognuna di queste realtà è stato coltivato grano duro utilizzando diverse precessioni colturali e, a parità di precessione colturale, con e senza l’ausilio del Decision Support System granoduro.netTM. Granoduro.netTM è un sistema online (web based) di supporto decisionale chiaro e semplice da utilizzare sviluppato da Horta, spin off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per supportare gli agricoltori nell’impiego delle corrette pratiche colturali, integrando le informazioni metereologiche con le condizioni del suolo e le caratteristiche varietali per ogni area coltivata.
Il sistema fornisce supporto decisionale per le operazioni tattiche. Attraverso il portale l’agricoltore viene supportato nelle proprie scelte tattiche per ottimizzare la semina, l’uso dei fertilizzanti, il controllo delle erbe infestanti e la gestione delle patologie. Il sistema inoltre fornisce informazioni sulle condizioni metereologiche attuali e attese e sull’impatto che queste hanno sulla coltura.
Oltre a Horta il progetto ha visto la partecipazione delle persone Barilla in primis, soprattutto provenienti dai dipartimenti acquisti e ambiente e Life Cycle Engineering, società che si occupa dell’analisi del ciclo di vita dei prodotti, con cui l’azienda collabora da circa dieci anni.
Come mostrato nella figura 2, le precessioni colturali sono state classificate in 4 tipologie: cereali (mais, sorgo, grano tenero e duro), colture industriali (girasole, colza, barbabietola), leguminose (favino, cece, pisello proteico), ortaggi (pomodoro). Tale classificazione serve a suddividere le colture in funzione della dotazione di nutrienti che lasciano nel suolo a disposizione per la coltura successiva.

Figura 2 - Classificazione delle precessioni colturali in funzione della tipologia

Come si può osservare nella figura 3, il carbon footprint del grano coltivato con una precessione colturale favorevole, come ad esempio una leguminosa, è risultato essere significativamente inferiore (-36%) rispetto a quello del grano coltivato con una precessione colturale sfavorevole, come ad esempio un cereale. Queste perché il grano trae beneficio dalle condizioni di fertilità dei suoli lasciate da determinate colture. Le leguminose ad esempio sono in grado, tramite la simbiosi con una determinata tipologia di funghi, di assorbire l’azoto atmosferico e di renderlo disponibile nel terreno per le colture successive, che avranno quindi un minor bisogno di fertilizzanti azotati di sintesi.

Figura 3 - Carbon footprint del grano per diverse precessioni colturali (t CO2-eq/t di grano duro) 

Utilizzare una precessione colturale favorevole consente inoltre di ridurre i costi di produzione fino al 31% (Figura 4) in quanto sono necessari meno fertilizzanti e lavorazioni del terreno, e di aumentare le rese di produzione fino al 20% in più (Figura 5).

Figura 4 - Costi diretti di produzione(€/t di grano duro)

Figura 5 - Resa di coltivazione(t di grano duro/ha)

Successivamente, per valutare se una gestione agronomica accurata possa contribuire a migliorare ulteriormente le performance agronomiche ed economiche della coltivazione del grano, è stato testato l’utilizzo del sistema di supporto alle decisioni granoduro.net. In ognuna delle aziende agricole facente parti del campione il grano duro è stato coltivato in due parcelle adiacenti (e quindi con caratteristiche pedo-climatiche simili), la prima ha beneficiato dell’ausilio di granoduro.net e la seconda è stata invece coltivata secondo la tecnica normalmente utilizzata dall’agricoltore. A tale scopo le precessioni colturali sono state suddivise in favorevoli, neutre e sfavorevoli come mostrato in figura 6.

Figura 6 - Classificazione delle precessioni colturali in funzione degli effetti sulla coltivazione del grano duro

È risultato che l’utilizzo di granoduro.net consente una riduzione del carbon footprint (fino al 10% in meno) con tutti e tre i tipi di precessione colturale (Figura 7). Consente inoltre di ridurre i costi diretti di produzione del grano fino al 10% (Figura 8), soprattutto grazie all’ottimizzazione dell’utilizzo di fertilizzanti e di agrofarmaci.

Figura 7 - Carbon footprint del grano duro con e senza l’uso di granoduro.net al variare delle precessioni (t CO2-eq/t di grano) 

Figura 8 - Costi diretti di produzione con o senza l’uso di granoduro.net al variare delle precessioni colturali (€/t di grano duro)

Conclusioni

Questo progetto ha evidenziato l’importanza di un approccio integrato nell’implementare delle pratiche agricole che rendano i sistemi di coltivazione più sostenibili.
Lo studio dimostra come pratiche rispettose dell'ambiente possano essere anche economicamente sostenibili e addirittura vantaggiose apportando un aumento delle rese (+1,3 t /ha) e un aumento dell'utile netto per gli agricoltori, grazie alla riduzione dei costi di produzione ( - 57 € / t ) rispetto alle pratiche comunemente usate.
Il progetto ha inoltre evidenziato l'importanza di strumenti tecnici come il Dss granuduro.net che supporta gli agricoltori nelle loro decisioni. Questo tipo di sostegno riduce i costi di coltivazione e allo stesso tempo gli impatti ambientali del 10% circa rispetto alla coltivazione del grano condotta senza l’ausilio del sistema di supporto decisionale.
Il progetto è in evoluzione, si continuano le sperimentazioni avviate e l’azienda sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di agricoltori per rendere la coltivazione di grano duro sostenibile su larga scala.

Riferimenti bibliografici

  • Barilla (2009), Environmental Product Declaration of Dry semolina pasta from durum wheat [link]

  • European Commission (2011), Life Cycle Thinking and Assessment

  • British Standard Institute (2011), Pas 2050:2011. Specification for the assessment of the life cycle greenhouse gas emissions of goods and services, London, UK

  • Caporali F., Onnis A. (1992), Validity of rotation as an effective agroecological principle for a sustainable agriculture, Agriculture, Ecosystems & Environment, Volume 41, Issue 2, July 1992, 101–113

  • Ewing B., Reed A., Galli A., Kitzes J., Wackernagel M. (2010), Calculation Methodology for the National Footprint Accounts, 2010 Edition. Oakland: Global Footprint Network

  • Hoekstra A.Y., Chapagain A.K., Aldaya M.M., Mekonnen M.M. (2011), The water footprint assessment manual: Setting the global standard, Earthscan, London, UK

  • Mekonnen M.M. and Hoekstra A.Y. (2010), The green, blue and grey water footprint of crops and derived crop products, Value of Water Research Report Series No. 47, Unesco-Ihe, Delft, the Netherlands [link]

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  • Tilman D., Cassman K.G., Matson P.A., Naylor R., Polasky S. (2002), Agricultural sustainability and intensive production practices, Nature 418, 671-677

  • World Resources Institute (2010), The Greenhouse Protocol - Product Life Cycle Accounting and Reporting Standard

  • Wright L., Kemp S., Williams I. (2011), Carbon footprinting: towards a universally accepted definition, Carbon Management 2 (1): 61–72

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