I sistemi locali nelle politiche di sviluppo rurale e nella strategia nazionale per le aree interne

L’esperienza dell’Atlante rurale

L’Atlante Nazionale del Territorio Rurale (Mipaaf 2010) si è caratterizzato per avere promosso e sostenuto la necessità di sviluppare un approccio geografico alla implementazione delle politiche agricole e di sviluppo rurale. La più recente applicazione condotta nell’ambito dell’Atlante Rurale è quella che ha portato alla realizzazione di Dossier riferiti a ciascuno dei 686 sistemi locali del lavoro; è in corso la pubblicazione dei Dossier sul sito di Rete Rurale.
Con questa elaborazione si è manifestata l’esigenza - e l’opportunità - di assumere come destinatario ultimo delle politiche per lo sviluppo rurale il territorio e l’insieme strutturato dei soggetti che lo abitano, piuttosto che rivolgersi alle singole categorie di soggetti (dalle imprese agricole alle famiglie consumatrici, alle istituzioni locali). Categorie di soggetti che vengono usualmente affrontate con misure e azioni settorializzate, ciascuna delle quali coglie singoli parametri caratterizzanti i diversi soggetti, dalle imprese agricole alle amministrazioni pubbliche locali, rischiando però di lasciare in secondo piano le relazioni tra i soggetti che segnano invece in misura decisiva la capacità di risposta dei diversi sistemi locali.
Nel proporsi di servire una nuova stagione di esplorazioni strategiche che dovrà accompagnare e caratterizzare la stagione di programmazione comunitaria 2014 2020 ormai in fase di avvio, l’Atlante Rurale è partito dunque dalla tematizzazione dei sistemi locali, cogliendola intanto nella rappresentazione più codificata e consolidata dei sistemi locali del lavoro, per i quali esiste largo consenso scientifico ed una ormai non disprezzabile dotazione informativa. Sistemi locali del lavoro che potranno naturalmente essere successivamente rivisitati nelle proprie geografie nello sviluppo delle politiche regionali per intenderli come parti di territorio capaci di interrogare e di interagire sempre più efficacemente con le politiche di sviluppo rurale.
Le politiche di Sviluppo Rurale si trovano, peraltro, in una fase molto delicata della loro evoluzione. Per un verso, infatti, si è dovuta registrare nella stagione di programmazione che volge ormai al termine una certa difficoltà nella implementazione delle politiche del Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale 2007-2013 che i ritardi nella spesa rendono particolarmente evidenti 1 e che i condizionamenti del ciclo economico negativo sicuramente rilevanti, possono solo in parte spiegare.

Un approccio territoriale allo sviluppo rurale

L’applicazione dell’Atlante Nazionale del Territorio Rurale sui temi dello sviluppo locale condotta nell’ambito delle attività del Piano di azione della Rete rurale nazionale 2007-2013 (UE Mipaaf 2007) ha affrontato tre dimensioni:

  • quella delle geografie del Psn,
  • quella dei temi che attraversano l’operatività degli assi e delle misure del Psn,
  • quello dei soggetti chiamati in causa dalle politiche del Psn.

Il Documento “Nuove geografie per le politiche di sviluppo rurale”(Mipaf 2010) ha presentato una selettiva rassegna degli indicatori elaborati dall’Atlante e delle conseguenti rappresentazioni dello spazio rurale nazionale. Si tratta di indicatori e geografie che rappresentano il background della nuova esplorazione condotta dai Dossier per Sistema Locale, cominciando altresì ad affermare la centralità dei sistemi locali come oggetti e soggetti delle politiche di sviluppo rurale.
La ricerca condotta per la formazione dei Dossier si è proposta di fornire un contributo originale che muove in diverse direzioni:

  • aggiornare l’immagine geografica del Psn, superando gli approcci sin qui condotti per aree omogenee 2 sostanzialmente non troppo lontane dalle zone altimetriche Istat, che hanno ormai perso la memoria della rappresentazione del territorio per Regioni Agrarie – ad esse strettamente collegata - particolarmente feconda nella tradizione di ricerca di Mario Rossi Doria sulla polpa e l’osso del agricoltura meridionale italiana; un nuovo approccio per sistemi integrati come è quello proposto dai Sll consente di integrare questa rappresentazione, intervenendo peraltro per correggere localmente alcune deformazioni che oggi ne caratterizzano la geografia;
  • ricucire tematicamente i percorsi e le azioni dello sviluppo rurale entro un itinerario che collega la produzione di prodotti agricoli ed il loro valore economico e culturale con la organizzazione fisica e sociale - e dunque con il valore - dei luoghi che li producono, ricercando nel paesaggio, nell’ospitalità e nella infrastrutturazione sociale del territorio della produzione agro-alimentare – insomma in una sorta di “filiera del gusto”- le condizioni di successo non effimero della vendita dei prodotti e dei loro luoghi di produzione;
  • rafforzare il protagonismo dei soggetti locali nelle strategie di sviluppo rurale chiamandoli a misurarsi più direttamente con i temi della innovazione.

Per rispondere operativamente a queste sollecitazioni l’applicazione condotta per la formazione dei Dossier ha prodotto una sistematica caratterizzazione dei sistemi locali del lavoro e ne ha proposto una tipizzazione (Figura 3) che discrimina innanzitutto i sistemi locali caratterizzati da un elevato potenziale insediativo 3da quelli che, sotto questo profilo, presentano più forti penalizzazioni strutturali, prendendo poi in considerazione le più recenti dinamiche demografiche 4 e le condizioni economiche 5 come ulteriori fattori caratterizzanti. Tipizzazione che può favorire una più efficace e mirata diffusione e generalizzazione delle politiche e delle buone pratiche sperimentate localmente.
L’ innovazione si pone così come nuova frontiera per la promozione di pratiche cooperative e per la sperimentazione di nuovi modelli di governance che sollecitino le eccellenze emergenti nelle diverse tipologie di spazi rurali a proporsi come applicazioni strategiche esemplari, capaci di trovare più vasto riscontro nelle politiche di sviluppo rurale del prossimo periodo di programmazione europea (Dps 2012) ed a farlo con il maggior grado di libertà possibile nell’assetto degli attuali regolamenti comunitari, concorrendo così significativamente alla messa in campo di strategie nazionali efficaci per sostenere in modo integrato le politiche di coesione territoriale (Dps 2012).

Gli esiti di una prima applicazione

L’approccio per sistemi locali può dare oggi un contributo rilevante ad una politica di governo del territorio più efficace e più sostenibile (anche finanziariamente); una politica di governo che faccia leva specificamente sulle loro caratteristiche, dove la concentrazione dei vincoli e delle opportunità alla crescita può essere letta con una certa efficacia operativa.
Un progetto di governance leggera per i sistemi locali, nella attuale trasformazione dell’assetto istituzionale che ha cercato di mettere in discussione il livello istituzionale intermedio e dovrà ridiscutere il ruolo efficiente delle Regioni 6 consentirà di garantire una presenza autorevole e ascoltata del punto di vista dei comuni, riferimento identitario irrinunciabile ed essenziale punto di forza strutturale dell’economia e della società italiana.
Partire dai sistemi locali 7è dunque l’esigenza prioritaria di una politica delle aree interne 8 che intenda le risorse umane e quelle storiche e naturali che in questi sistemi si riconoscono, come un pilastro fondamentale per una nuova stagione di crescita che non può essere trainata solo dalle (necessarie) riforme istituzionali che ci portino più vicini all’Europa (e portino l’Europa ad essere più coesa al suo interno).
I sistemi locali presentano naturalmente geografie differenziate e segnalano criticità specifiche, a partire da quelle della frammentazione (Figura 1), visto che per 120 dei 686 sistemi locali (con il 3% della popolazione ma con oltre il 15% del territorio) la dimensione media dei comuni rimane, per l’intero aggregato, inferiore ai 2000 abitanti.

Figura 1 - Sistemi Locali e dimensioni comunali

Tale criticità si conferma considerando il rapporto tra l’estensione del territorio di cui è necessario assicurare la manutenzione e la dimensione della ricchezza che nei sistemi locali viene prodotta (Figura 2), sia che la si voglia misurare nel valore aggiunto delle attività agricole, che più direttamente esprimono questa azione di manutenzione, sia che la si rapporti al complesso di attività economiche da cui è possibile attingere, attraverso i percorsi redistributivi delle politiche pubbliche ma anche attraverso l’azione sussidiaria delle fondazioni private o quella “di mercato” delle imprese dell’energia e dei servizi pubblici locali, risorse per governare la manutenzione del territorio e assicurare così sicurezza, conservazione del patrimonio, rigenerazione ambientale.

Figura 2 - Sistemi Locali e risorse per la manutenzione territoriale


Note: La carta è stata prodotta confrontando due grandezze: una è il valore aggiunto totale del Sistema Locale del Lavoro per kmq di estensione, l’altra è il valore aggiunto agricolo del Sll sempre rapportato alla sua estensione.
La scala cromatica pone i verdi come i Sll con un elevato quoziente tra valore aggiunto totale e superficie territoriale (valore aggiunto per kmq superiore a 6 milioni di euro), mentre i Sll in viola sono quelli con valori inferiori di questa grandezza.
I sistemi territoriali “con forte responsabilità locale” presentano le cifre più elevate nel valore aggiunto totale per km quadrato. I “sistemi locali da assistere con le politiche di sviluppo rurale” sono aggregati che si assestano su valori di valore aggiunto per kmq compresi tra 750 mila € e 6 milioni di € per kmq, oppure aggregati con valori più ridotti di valore aggiunto totale ma con valori nel quoziente tra valore aggiunto agricolo e superficie territoriale superiori a 90 mila euro per kmq.
I Sll “prioritari per le politiche di coesione” presentano grandezze ridotte in entrambe le dimensioni rappresentate (valore aggiunto totale inferiore a 750 mila € per kmq e valore aggiunto agricolo inferiore a 90 mila € per kmq).

178 sistemi locali (anche qui con poco più del 3% della popolazione ma con una copertura territoriale più estesa, che arriva al 22% del territorio nazionale) presentano valori di valore aggiunto agricolo e totale per unità di superficie territoriale estremamente contenuti segnalando l’elevata probabilità che siano presenti o insorgano quei deficit di manutenzione del territorio che frequentemente danno luogo a drammatiche criticità.
E poi c’è naturalmente da fare i conti con la distribuzione diseguale del potenziale economico e insediativo (Figura 3) che la geografia del paese deve scontare nel rapporto tra Sud e Nord e poi all’interno delle Regioni meridionali, tra “polpa ed osso” dello stivale. Sono 104 i sistemi locali del Paese (96 dei quali nelle regioni del Sud e delle Isole) che si segnalano per gravi problemi di declino, demografico ed economico.

Figura 3 - Sistemi Locali tra centralità territoriale e dinamica economica


Note: La carta rappresentata utilizza come variabili per la classificazione dei Sll l’accessibilità alla popolazione, la sua variazione ed il valore aggiunto pro capite.
Le due classi in giallo ed arancione rappresentano i Sll “ad alto potenziale”: entrambe le classi hanno valori di accessibilità superiori a 100 mila abitanti accessibili in 30’, quelli in arancione presentano variazioni dello stesso indicatore nell’intervallo 2001-2008 superiore al 4%, mentre gli Sll gialli hanno variazione di accessibilità inferiore a tale soglia.
I Sll “con criticità” sono quelli nelle tre tonalità di blu: gli aggregati azzurri sono quelli in una condizione meno critica, con accessibilità medio-bassa e dinamica abbastanza stabile (accessibilità complessiva inferiore a 100 mila abitanti, ma crescita superiore a –1 %); gli aggregati in blu presentano valori di accessibilità bassi e dinamiche negative (accessibilità della popolazione residente inferiore a 100 mila abitanti e dinamica inferiore a - 1%), e lo stesso vale per gli Sll in blu più scuro, la cui condizione è aggravata dal fatto di detenere medie di valore aggiunto pro capite al 2005 inferiore all'80% della media nazionale (17.428 € con una media nazionale di 21.785 €).

Qualche indicazione per una governance rinnovata

Ai sistemi locali, al loro potenziale ma anche alle loro criticità, deve guardare una politica lungimirante che progetti una governance locale più moderna (e meno onerosa), necessaria per mobilitare le risorse umane e materiali da molto tempo così ampiamente diffuse (da costituire un patrimonio unico per valore storico e paesistico, unico quanto altrettanto sensibile), ma ancora così poco orientate (disorientate?) ad aumentare le performance del Paese.
L’efficienza della strategia di ri-valorizzazione delle aree interne si gioca tra l’attitudine a seguire l’evoluzione permanente delle relazioni funzionali tra i territori e la capacità di cogliere gli elementi di identità e permanenza delle reti locali.
E’ per questo importante lavorare a soluzioni di governance non estemporanee che sappiano coniugare la flessibilità del “territorio di progetto” e la riconoscibilità/stabilità sociale delle forme di governo locale.
Si tratta di soluzioni non banali in una arena istituzionale affollata e ricca di poteri di veto, ma necessarie per il successo delle politiche. Per sostenere una nuova stagione di crescita economica e civile e per generare un’autonomia efficace e progressiva, in una cooperazione responsabile.
Entro questa prospettiva, si pone il tema centrale di una perequazione territoriale tra “distretti rurali” e città che ne acquistano i servizi, dalla sicurezza alla cultura alla fruizione attiva, dal paesaggio alla ospitalità, generando contratti di manutenzione con le aziende agricole o le Cooperative Sociali e non.
Una perequazione territoriale sostenuta da una governance adeguata, e che ha bisogno di una politica di coesione nazionale. Politica che ha cominciato a prendere corpo per iniziativa del Ministro Barca attorno alla prospettiva della Strategia Nazionale per le Aree Interne.
Le aree interne sono contraddistinte innanzitutto dalla rarefazione del capitale fisso sociale che in esse si è venuto stratificando nel tempo con assai minore intensità di quanto non sia accaduto nelle aree della armatura urbana del paese penalizzandole in termini di dotazione e di opportunità di fruizione dei servizi.
Tali aree scontano anche una peculiare fragilità delle relazioni territoriali, penalizzate dalle difficoltà morfologiche del territorio e dalla distanza dai sistemi urbani più consolidati; ragione questa che ha portato l’Uncem ad utilizzare le elaborazioni dell’Atlante Rurale per presentare un proprio contributo (Uncem 2013) alla formazione della Strategia Nazionale delle aree interne, contributo che propone una identificazione delle aree interne che marca con maggiore intensità il tema della loro accessibilità 9 e che è quella considerata in questa sede (Figura 4).

Figura 4 - Sistemi Locali dell’armatura urbana e aree interne

Anche le aree interne sono attraversate in modo rilevante (ancorché geograficamente differenziato) dalla rete di relazioni economiche – innanzitutto quelle che si esprimono nel mercato del lavoro – che hanno ridefinito sistematicamente la dimensione dello spazio locale, della vita quotidiana della maggior parte della popolazione, entro ambiti che sempre più debordano dalla dimensione comunale.
La presenza di aree interne, infatti, segna quasi 2/3 dei sistemi locali del Paese, escludendo comunque quelli (e sono poco meno di un centinaio) nei quali le stesse aree interne rappresentano solo la periferia estrema di sistemi urbani più o meno strutturati che ne governano le relazioni territoriali.
Per oltre 400 sistemi locali ed altrettante economie, dunque, si può parlare di marcata impronta rurale, dove è presente meno del 10% della popolazione nazionale ma nei quali viene prodotto quasi un quarto del valore aggiunto agricolo della nazione, con una intensità due o tre volte superiore a quella del Paese (Figura 5).

Figura 5 - Aree interne e sviluppo rurale

L’impronta agricola di queste economie non è più semplicemente un segnale di arretratezza ma rappresenta una evidente riserva di valori e di capacità che ha trovato occasione di esprimersi positivamente anche nella crisi, come capacità di tenuta e di innovazione nella continuità.
Determinante è dunque il contributo che il mondo rurale e i suoi protagonisti possono recare alla strategia di sviluppo auto-centrato e sposato alle specificità dei luoghi che vuole affrontare il tema delle aree interne con una forte attenzione alla integrazione delle politiche settoriali e con la consapevolezza di dover coniugare in modo sostanziale l’addizionalità delle politiche comunitarie con l’impegno “ordinario” delle politiche pubbliche nazionali e regionali.
Senza che le prime (le politiche straordinarie di coesione) diventino l’occasione per supplire alle deficienza di budget delle seconde, ma evitando altresì che l’intervento straordinario rappresenti l’occasione di investimenti episodici ed estemporanei, sovrapposti superficialmente a un tessuto di strutture economiche e infrastrutture territoriali di cui sono evidenti i problemi di obsolescenza, inadeguatezza, abbandono.

Riferimenti bibliografici

  • (UE Mipaaf 2007) Unione europea - Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali: “Piano di azione della Rete Rurale Nazionale 2007-2013” in www.reterurale.it

  • (Mipaaf 2010) Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali “Atlante Nazionale del Territorio Rurale - Nuove geografie per le politiche di sviluppo rurale” a cura di Caire – Urbanistica,in www.reterurale.it

  • (Dps 2012) Dipartimento Politiche di Sviluppo - Ministro per la Coesione Territoriale: metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020” Roma dicembre 2012 www.dps.tesoro.it

  • (Uncem 2013) Unione Nazionale Comuni ed Enti Montani - Risorse istituzionali, sociali e imprenditoriali per una nuova governance delle aree interne

  • 1. Alla data del 31 marzo 2013 la spesa sostenuta dai 21 programmi di sviluppo rurale e dal Programma Rete rurale nazionale registrava un avanzamento pari al 53,82% (www.reterurale.it).
  • 2. Poli urbani, aree rurali ad agricoltura intensiva e specializzata, aree rurali intermedie e aree rurali con problemi complessivi di sviluppo.
  • 3. Valutato attraverso l’indicatore relativo alla popolazione accessibile in 30’ con soglia critica fissata a 100.000 abitanti; popolazione accessibile misurata attraverso l’impiego di un modello di simulazione della mobilità veicolare privata sulla rete infrastrutturale esistente (fonte Atlante stradale Tci 1:200.000).
  • 4. Le dinamiche demografiche sono state registrate sempre attraverso l’indicatore di accessibilità della popolazione a 30’ prendendo in esame la dinamica del periodo 2001-2008; una variazione del 4% è stata scelta come soglia discriminante per i territori ad alto potenziale; per i sistemi locali a media-bassa accessibilità si è invece individuata la soglia di una variazione negativa per discriminare un sottogruppo caratterizzato in termini di declino.
  • 5. Tra le aree in declino, la presenza di valori di valore aggiunto pro capite inferiori all’80% della media nazionale è stata individuata come fattore caratterizzante di un ultimo gruppo di sistemi locali che presenta le penalizzazioni più accentuate.
  • 6. Si veda al riguardo anche la recente proposta della Società Geografica Italiana per la riterritorializzazione di Province/regioni in un nuovo assetto istituzionale e l’importante eco mediatica ed istituzionale che la proposta ha ricevuto. Cfr. www.societageografica.it.
  • 7. Intanto quelli individuati dalla statistica ufficiale, e cioè i sistemi locali del lavoro che descrivono le relazioni funzionali che legano i territori nel mercato del lavoro individuando le partizioni del territorio nazionale che massimizzano i livelli di auto-contenimento dei flussi pendolari per motivi di lavoro rilevati al 14° Censimento Generale della popolazione e delle abitazioni.
  • 8. La questione delle aree interne, già ampiamente presente nel dibattito degli anni ’60 sulle politiche di riequilibrio territoriale, è tornato di grande attualità per l’iniziativa del Ministro della Coesione Territoriale che nell’autunno 2012 ha candidato espressamente la formazione di un progetto nazionale per le aree interne italiane, definendo come aree interne “quella vasta e maggioritaria parte del territorio nazionale non pianeggiante, fortemente policentrica, con diffuso declino della superficie coltivata e spesso affetta da particolare calo o invecchiamento demografico”. [pdf]
  • 9. L’accessibilità generale della popolazione rappresenta uno degli indicatori più efficaci per misurare le condizioni di centralità di un determinato territorio e rappresenta una sorta di media mobile “spaziale” che, come le usuali medie mobili temporali, consente di smorzare le fluttuazioni statistiche di natura casuale. Ogni volta che si tratta un indicatore statistico rappresentandone la distribuzione nello spazio per unità geostatistiche che presentano una forte disaggregazione, il rischio che la normale oscillazione casuale dei valori osservati generi distribuzioni “a macchia di leopardo” si presenta con regolarità rendendo meno evidente ed immediato il senso della rappresentazione. La rappresentazione della distribuzione geografica di indicatori socio-economici attraverso una loro “media mobile spaziale” è dunque un contributo di portata più generale che l’analisi della accessibilità consente di offrire alle scienze regionali
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