La dimensione territoriale nel prossimo periodo di programmazione

La dimensione territoriale nel prossimo periodo di programmazione

Il presente articolo offre una sintetica riflessione sulla dimensione territoriale del prossimo periodo di programmazione della politica regionale, con una prospettiva Europea e una particolare attenzione ai territori rurali. Nella primo paragrafo si presentano brevemente i fattori trainanti (“drivers”) dello sviluppo dei territori rurali d’Europa; nella secondo paragrafo si ripercorrono le principali tappe dell’approccio territoriale alla politica di coesione e nel paragrafo finale gli autori aprono ad alcune riflessioni sul prossimo periodo di programmazione e i territori rurali.

I fattori determinanti lo sviluppo economico dei territori rurali in Europa

I fattori determinanti lo sviluppo economico dei territori rurali in Europa sono la diversificazione dell’economia e la valorizzazione dell’agricoltura; l’accessibilità a servizi di base di qualità adeguata per la popolazione che vi risiede; la produzione di amenità collegate alla valorizzazione dell’ambiente e il miglior funzionamento possibile dei legami funzionali esistenti tra le città e la campagna. La valorizzazione del capitale umano (livelli di istruzione e capacità di attrarre attori capaci di creare innovazione), assieme all’individuazione delle soluzioni di governance sono anch’essi elementi fondanti.
Sebbene la diversificazione nel settore dei servizi sia ancora più bassa nelle aree rurali dell’Unione Europea rispetto a quelle urbane (63 per cento del valore aggiunto lordo delle aree prevalentemente rurali, contro il 75 per cento in quelle prevalentemente urbane), si può notare una sua crescita in particolare nel comparto del turismo (Rural Development in European Union, Statistical and Information Report 2010). La diversificazione dell’economia rurale nel settore terziario è particolarmente forte in alcune aree dell’Europa: nel Nord della Germania, nel Nord e nel Centro della Francia, nell’Italia del Nord, a macchia di leopardo nel Regno Unito e in molte aree vicino alle capitali del Paesi dell’Europa a 12 (Edora 2011). Dove la “Nuova economia rurale” si è affermata con maggiore vigore (in particolare nelle aree più accessibili) il settore terziario si afferma sul primario e anche sul manufatturiero (Edora 2011). Interessante notare che questi sono anche i casi in cui le economie rurali si caratterizzano per l’esistenza di legami funzionali con le città e le reti di comuni.
In questi contesti l’agricoltura resta un fattore cruciale per il suo contributo al mantenimento del paesaggio e alla caratterizzazione socio-economica delle aree rurali, quale fattore rilevante per lo sviluppo ad altri settori economici, quali il turismo e per la sua capacità - fatte salve determinate condizioni - di produzione di beni pubblici e ambientali). Il suo peso nell’economia delle aree rurali sta, tuttavia, diminuendo. Dal 2000 al 2008, infatti, il peso relativo dell’agricoltura nella capacità di creare occupazione nelle aree rurali è diminuito del 25% (Rural Development in European Union, Statistical and Information Report 2010). Molti lavoratori agricoli fanno sempre più affidamento a forme di reddito alternative, talora anche basate in località distanti dall’azienda agricola stessa. Nell’insieme l’Europa risulta comunque assai disomogenea in termini di livelli di diversificazione delle aree rurali, con i Paesi del Nord Europa che conoscono livelli di diversificazione molto avanzati, e altri Paesi e regioni in cui l’agricoltura mantiene quote di occupazione ancora rilevanti.
L’accessibilità, l’organizzazione e la qualità dei servizi offerti alle popolazioni che vivono nelle aree rurali sono altri fattori che possono trainare queste aree da due punti di vista: quello delle “opportunità” e della qualità della vita delle popolazioni che vi vivono (es. i livelli di istruzione raggiungibili; l’accessibilità dei servizi sanitari e le possibilità di mobilità interna), ma anche quello delle opportunità di lavoro che l’organizzazione di reti di servizi territoriali, e di soluzioni innovative per l’offerta degli stessi, possono offrire: si pensi a esperienze come l’organizzazione delle reti sanitarie territoriali, dei servizi di cura di bambini e anziani (tra cui gli agri-asili), le scuole, la rete dei servizi per gli immigrati e l’agricoltura sociale.
Alcuni Paesi stanno iniziando a misurare le differenze dell’offerta di questi servizi sul territorio: in Polonia, ad esempio, i bambini che hanno accesso ai servizi di scuola materna (3-5 anni) nelle aree rurali sono circa il 35 per cento, contro circa il 60 per cento nelle aree urbane (cfr. European Commission, Poverty and Social Exclusion Report 2008); in molti Paesi d’Europa si iniziano ad affermare problemi nell’organizzazione dei servizi di scuola elementare e primaria di secondo livello (con la razionalizzazione nel servizio e l’aumento delle distanze dai plessi scolastici); in Italia nonostante il livello crescente di invecchiamento che colpisce particolarmente le aree interne, i servizi sanitari risultano concentrati nelle aree urbane e la costruzione di reti territoriali sanitarie fatica ad affermarsi (cfr. Mise-Mipaaf-Inea Background Report predisposto nell’ambito dello studio rurale Ocse). Alcune analisi regionali elaborate in Umbria e in Calabria mostrano, inoltre, come esista anche un problema di qualità dell’offerta dei servizi nelle aree rurali, specie in quelle più periferiche (cfr. Lucatelli, Savastano, Coccia 2006: Lucatelli, Peta 2010). Molte aree rurali europee hanno ancora un problema di accessibilità e collegamento ai più importanti nodi di trasporto: il tempo per raggiungere gli aeroporti internazionali è tre volte più elevato per le aree prevalentemente rurali europee se comparate a quelle prevalentemente urbane.
Infine, dal punto di vista territoriale, le opportunità di crescita delle aree rurali dell’Europa sono anche legate alla capacità di trovare adeguate soluzioni di partnership tra le città e la campagna tali da facilitare quelle relazioni funzionali che legano queste due tipologie di aree. Relazioni funzionali che spaziano da movimenti migratori e residenziali; alla produzione e lo sfruttamento di servizi ambientali (dal controllo e la cura del suolo; la produzione e lo sfruttamento di asset quali il paesaggio); alla migliore organizzazione territoriale di servizi quali i rifiuti e la distribuzione; all’efficienza delle reti idriche fino ai più tradizionali legami collegati alla costruzione di filiere economiche, quali quelle agro-alimentari, quelle energetiche e del legno. I rapporti tra città e campagna possono riferirsi a diverse combinazioni spaziali come le città metropolitane e le aree peri-urbane che le circondano, le reti di città di piccole e medie dimensioni ma anche le reti di piccole città cosiddette mercato, nelle aree più interne (BBR-DV 2012).

La coesione territoriale, un nuovo obiettivo per le politiche Europee

Negli ultimi due decenni, la riflessione sulle politiche europee, in riferimento sia alla politica agricola che a quella di coesione, si è evoluta fino al riconoscimento di tre importanti necessità:

  • rinforzare l’approccio “place based”, così da rispondere propriamente ai bisogni specifici dei territori;
  • riconoscere in maniera più adeguata l'interdipendenza tra i territori, prescindendo dalle frontiere amministrative: le cosiddette aree funzionali, come ad esempio quelle che riconoscono i legami esistenti tra le aree urbane e quelle rurali;
  • rendere maggiormente equa la distribuzione degli investimenti sui territori.

Dopo il lancio del periodo di programmazione 2007-2013, nel periodo 2007-2009, una serie di lavori e di iniziative testimoniano questa evoluzione1. Il trattato di Lisbona, adottato nel 2009, fa della coesione territoriale un obiettivo dell’Unione Europea e riconosce il carattere fortemente diversificato dei diversi territori che la compongono. Gli obiettivi chiave della coesione territoriale sono la promozione di uno sviluppo più equilibrato, di una maggiore solidarietà tra territori e di un accesso equilibrato dei cittadini ai servizi di base. Si tratta anche di rendere operativi alcuni principi organizzativi propri della coesione territoriale: perseguire fluidità tra i diversi livelli territoriali all’interno di forme di governance multi-livello e non gerarchizzata; facilitare il coordinamento tra politiche territoriali e settoriali; perseguire strategie integrate e cooperazione tra territori.
Inoltre, il Trattato rafforza anche il ruolo degli attori regionali e locali nelle politiche territoriali europee, conferendo loro lo statuto di vero e proprio partner.
E sono proprio questa concezione più ampia del partenariato e questi nuovi principi di governance territoriale, fondati su un approccio integrato, che ritroviamo negli orientamenti della Commissione europea sulle politiche territoriali per il periodo 2014-2020. Questi aspetti sono poi rintracciabili nelle proposte della Commissione per la nuova Pac e per la futura politica di coesione, presentate nei paragrafi che seguono.
Contemporaneamente all’elaborazione della proposta della Commissione europea, anche i Ministri responsabili della gestione del territorio dei 27 Stati membri hanno iniziato a considerare seriamente la questione della coesione territoriale. Si è così arrivati all’adozione, nel maggio 2011, sotto la Presidenza ungherese del Consiglio, dell’ “Agenda territoriale dell'UE 2020 : Verso un’Europa inclusiva, intelligente e sostenibile, fatta di regioni differenti”. Cinque proposte di questo documento sono interessanti dal punto di vista della Pac, della politica di coesione e delle loro azioni nei confronti dei territori rurali:

  • realizzare la Strategia UE 2020 in linea con i principi della coesione territoriale;
  • valorizzare le specificità dei territori e il loro capitale territoriale per assecondare il loro sviluppo anche attraverso la messa in rete dei territori stessi e le azioni di cooperazione territoriale;
  • rinforzare la dimensione territoriale della programmazione dei fondi europei (ovvero Feasr, Fesr, Fse) a tutti i livelli : definizione delle priorità e degli interventi; valutazione; impatto e controllo;
  • incoraggiare gli approcci sperimentali di sviluppo locale integrato nei diversi contesti territoriali;
  • facilitare l'integrazione della dimensione territoriale nelle politiche (ivi comprese quelle settoriali) e assicurare il coordinamento di queste politiche a tutti i livelli implicati nei processi amministrativi e della governance.

Sarebbe importante che questi principi, individuati dall’Agenda territoriale, fossero considerati dalla maggioranza dei Paesi membri nell’occasione del negoziato con la Commissione sul futuro quadro legislativo delle diverse politiche territoriali, come anche in fase di applicazione dello stesso.

Il Quadro Strategico Comune 2014-2020 e le aree rurali

Molti dei principi e delle idee sopra esposti sono alla base delle proposte della Commissione sul nuovo quadro finanziario al 2020, sui regolamenti per la coesione e sul documento sul Quadro Strategico Comune 2014-2020 che stanno portando alla definizione delle prossime regole per la politica regionale. Si tratta di proposte che la Commissione – anche su spinta di alcuni Paesi membri e di analisi preesistenti preparate dal partenariato – ha posto all’attenzione del tavolo di negoziato: la nuova impostazione strategica per il raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020 e la coerenza tra l’impianto di programmazione e gli impegni presi dai diversi Paesi con i Piani Nazionali di Riforma; la condizionalità e l’idea che l’intervento aggiuntivo della politica regionale possa risultare efficace solo se alcune “pre-condizioni” siano assicurate; un nuovo approccio territoriale, che dia un peso adeguato alla dimensione territoriale dei programmi.
Per quanto riguarda gli aspetti territoriali la Commissione insiste su due principi di riferimento: la scala della dimensione territoriale (sviluppo urbano, sviluppo locale e un’apertura sui rapporti tra città e campagna e le aree funzionali) e il miglior coordinamento possibile dei diversi fondi che possa garantire l’efficienza e l’efficacia dei risultati di questa politica. Proprio la nuova enfasi sui risultati e l’impatto che questa politica saprà assicurare sui territori, dovrebbe essere il punto di partenza per una seria riflessione sulle opportunità di crescita che la politica regionale può assicurare ai territori rurali dell’Europa.
Anche se la politica di coesione non si indirizza specificatamente alle aree rurali, può tuttavia contribuire in maniera rilevante al loro processo di sviluppo, come dimostrato anche delle analisi sulla valutazione ex post 2000-2006 della DG-Regio che ha dedicato uno degli approfondimenti tematici proprio al tema dello sviluppo rurale2 (DG Regio 2009). La spinta allo sviluppo di nuove attività economiche e dei fattori che possano assicurare la valorizzazione di queste aree sono stati perseguiti attraverso un ampio ventaglio di interventi che hanno sostenuto la diversificazione economica in attività di tipo diverso dall’agricoltura quali il turismo e l’energia, lo sviluppo di reti informatiche nelle aree rurali oltre ai caratteristici interventi di tipo infrastrutturale propri della politica regionale (infrastrutture ambientali, rifiuti e trattamento delle acque, trasporti). L’investimento in trasporti avrebbe migliorato l’accessibilità di molte aree rurali dell’Europa, assicurando una migliore rete alle città di medie dimensioni. L’investimento in ricerca e sviluppo, benché presente, è stato meno intenso rispetto a quello dedicato alle città mentre la debolezza dell’intervento di questa politica nelle aree rurali è stata la mancanza di iniziative locali e “vicine ai cittadini” (dedicate ad es. ai servizi per la popolazione), e la mancanza di interventi che agiscano sulla governance per il miglioramento di partnership e network tra territori (esempio tra aree urbane e rurali).
Il libro verde sulla Coesione Territoriale sottolinea come l’accesso ai servizi di base – scuole e servizi sanitari – sia spesso problematico nelle aree rurali, specie quelle remote, dove circa il 40 per cento delle persone vive a più di 30 minuti dall’ospedale più vicino e a più di un’ora dall’Università.
Tra il 2008 e il 2009 la DG-Regio ha organizzato una serie di seminari dedicati ad analizzare il tema dei legami funzionali tra la città e la campagna, mentre la Presidenza francese ha aperto una riflessione con i diversi Paesi dell’Unione proprio sul ruolo della coesione per lo sviluppo delle aree rurali e le potenzialità per un miglior coordinamento tra la politica regionale e la politica di sviluppo rurale. Invitando la Commissione ad approfondire il tema sui legami tra città e campagna, attraverso l’implementazione di un Azione Pilota su “Rurban, partnetrship tra aree rurali e urbane per lo sviluppo sostenibile”, il Parlamento Europeo ha spinto la Commissione Europa ad una seria riflessione su come il miglior funzionamento possibile dei legami funzionali tra città e campagna possa anche assicurare miglioramenti sulla crescita economia a livello regionale e la coesione territoriale (Federal Institute for Research on Building, Urban Affairs and Spatial Development 2012). I legami tra la città e le aree rurali vengono analizzati in relazione a tre diverse dimensioni territoriali: le città metropolitane e le aree peri-urbane; i legami tra città di medie dimensioni; le aree rurali periferiche e le “piccole città mercato”. I risultati di una serie di casi di studio in corso in diverse aree dell’Europa saranno discussi in una lista di appuntamenti internazionali.
In vista della preparazione degli Accordi di Partenariato e successivamente dell’adozione dei diversi programmi di politica regionale, per capire come il nuovo approccio territoriale potrà poi concretamente tradursi in nuove iniziative progettuali, bisogna considerare che il Quadro Strategico Comune non contiene riferimenti espliciti a possibili obiettivi della politica di coesione nelle aree rurali, ma contiene tre aspetti importanti:

  • La spinta verso una dimensione territoriale della politica di coesione che tenga conto della diversità dei luoghi e della loro dimensione funzionale;
  • Il perseguimento del miglior coordinamento possibile tra fondi e la migliore integrazione possibile delle politiche per il raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020;
  • La proposta di una serie di strumenti programmatori con l’obiettivo di agevolare la realizzazione di azioni integrate (lo sviluppo locale realizzato da soggetti attivi sul territorio e gli investimenti integrati territoriali).

La dimensione territoriale della politica di coesione può essere perseguita tenendo conto, in fase di programmazione della specificità dei territori e dei loro legami funzionali: le esigenze delle città, delle reti di città, dei rapporti tra città e campagna e dei bisogni proprio delle aree rurali, ma anche delle esigenze specifiche di aree quali quelle montane e delle isole. Ma anche attraverso l’identificazione di zone di intervento nelle quali i diversi fondi comunitari possono collaborare in maniera complementare alla realizzazione degli obiettivi stessi (attraverso l’utilizzo di strumenti di programmazione che possono facilitare questa integrazione o anche attraverso la scelta di procedere con programmi multi fondo).
La novità più importante del prossimo periodo di programmazione è la previsione di un contratto unico di partenariato a livello di Paese membro, in cui i diversi fondi dovranno essere interpretati in maniera sinergica così da permettere il perseguimento più efficace possibile degli obiettivi sui territori. A differenza del periodo precedente - in cui a livello di indirizzi Comunitari il coordinamento era ridotto al concetto di demarcazione e lasciato alla buona volontà dello Stato membro e delle Regioni - nel prossimo periodo di programmazione l’organizzazione di meccanismi che agevolino l’integrazione dei diversi fondi sul territorio e “misure concrete che saranno adottate per mantenere questo coordinamento” sono i requisiti più importanti da perseguire. Sebbene non siano stati introdotti meccanismi efficaci quali ad e.g. una premialità specifica per chi opterà per la programmazione multi-fondo e un ring fancing per progetti che facilitino le relazioni tra città e campagna, la Commissione spinge verso un disegno strategico unico delle diverse politiche che dovrebbero agire in maniera coerente per il raggiungimento di obiettivi comuni sui territori.
Infine la Commissione propone una serie di strumenti, quale lo “Sviluppo locale partecipato” e gli “Investimenti territoriali integrati” per agevolare l’integrazione e gli obiettivi di sviluppo sul territorio. Nel primo caso si tratta di uno strumento snello, che deve riferirsi a dimensioni territoriali limitate e che mette fortemente l’accento sull’azione trainante di gruppi di azione locali (local action groups) e sulla necessità di promuovere e costruire capacità di partecipazione e innovazione sociale. Gli “Investimenti territoriali integrati” sono invece strumenti che servono a facilitare la realizzazione integrata per investimenti che possono rientrare in priorità di tipo diverso, facilitando anche l’integrazione tra programmi distinti.

Le proposte per lo sviluppo rurale (2014-2020)

Nel prossimo periodo di programmazione l’implementazione dello sviluppo rurale (secondo pilastro della Pac), assieme a quella degli altri fondi strutturali, sarà integrata da un Quadro strategico comune (Qsc), che comprende tutte le politiche territoriali europee e le reinterpreta alla luce degli obiettivi strategici di Europa 2020. Questo Quadro strategico comune verrà ripreso da ciascuno Stato membro nella forma di Accordo di partenariato che lega i diversi Stati membri e i loro territori all’Unione Europea.
L’Accordo di partenariato dovrà contenere le azioni chiave scelte tra gli undici obiettivi tematici comuni a tutti i fondi, così da facilitare lo sviluppo integrato dei territori rurali. I meccanismi per assicurare il coordinamento tra i diversi fondi che concorrono allo sviluppo dei territori rurali dovranno essere individuati e adeguatamente monitorati.
L’intervento per lo sviluppo rurale, come presentato nella proposta di regolamento per il Fondo Europeo Agricolo e per lo Sviluppo Rurale (Feasr), resta fortemente legato all’intervento per l’agricoltura. Il sostegno al settore agricolo ne risulta anche rinforzato, dal momento che l’intervento non si articola più in tre Assi (di cui i primi due avevano un carattere prevalentemente agricolo), come avveniva nel periodo 2007-2013, ma in sei priorità legate alla strategia 2020 e delle quali almeno cinque riguardano prevalentemente il settore agricolo Queste si riferiscono a:

  • trasferimento della conoscenza e dell’innovazione,
  • miglioramento della competitività,
  • organizzazione della catena alimentare,
  • tutela e rinforzamento degli eco-sistemi,
  • utilizzo efficace delle risorse e transizione a un’economia a bassa emissione di CO2. Solo l’ultima priorità riguarda
  • sviluppo rurale nell’ottica territoriale e non settoriale.

La Commissione propone, attraverso questa priorità, di "promuovere l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico delle aree rurali”. Questa priorità comprende la diversificazione delle economie, la creazione di piccole imprese e di occupazione, lo sviluppo locale e l’accessibilità alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict).
Bisogna comunque riconoscere che tematiche quali l’innovazione, il rispetto dell’ambiente e il cambiamento climatico ricevono una particolare attenzione attraverso l’attestazione di tematiche trasversali. C’è un rafforzamento della condizionalità spingendo su pratiche agricole sostenibili e sull’offerta di beni pubblici ambientali. Per quel che riguarda l’innovazione e il trasferimento delle conoscenze, i tassi di cofinanziamento del Feasr possono essere aumentati e, soprattutto, è creato un “Partenariato per l’Innovazione Europea”. Il Pie agirà attraverso Gruppi operativi capaci di associare gli attori dell’innovazione nel settore agricolo e sarà creato uno Steering Group a livello Europeo capace di assicurare una guida strategica a questi partenariati.
Aldilà di questa declinazione in priorità a carattere prevalentemente settoriale, è da segnalare l’assenza di un obbligo minimo di allocazione per lo sviluppo dei territori rurali. Una simile scelta è discutibile anche alla luce delle difficoltà di attuazione che l’Asse III (Sviluppo rurale e diversificazione economica) ha registrato in molti Paesi dell’Unione Europea nel presente periodo di programmazione. Diversamente da quanto la Commissione propone nel caso del Fesr e del Fse3, le priorità proposte per il Feasr non hanno delle quote finanziarie prestabilite, fatta eccezione per le questioni legate alla gestione della terra e alla lotta al cambiamento climatico che devono inglobare almeno il 25% dell’allocazione totale per lo sviluppo rurale; e fatta eccezione di Leader al quale saranno destinati almeno il 5% del totale Feasr.
Se, nell’insieme, il regolamento Feasr non sembra profondamente diverso dal periodo precedente, tuttavia si evince una nuova attenzione della Commissione all’approccio territoriale integrato. Il metodo di sviluppo locale integrato, elaborato e praticato da lunga data dai Gruppi di azione locale nell’ambito dei programmi Leader, e esteso nel 2007 ai gruppi d’azione costiera del Fondo Europeo per la Pesca, sarà esteso, per quei Paesi che non conoscevano già queste esperienze, anche ai campi d’azione del Fesr e del Fse. Sarà possibile, nel prossimo periodo di programmazione, costruire delle azioni di cooperazione tra gli attori pubblici e privati delle zone rurali e di quelle urbane, superando le tradizionali barriere tra lo sviluppo urbano e quello rurale.
Un’altra novità interessante riguarda la possibilità di privilegiare alcuni tipi di azione quali quelle a favore dello sviluppo del settore agricolo della montagna, delle filiere corte, il sostegno delle piccole aziende agricole, dei giovani agricoltori e delle organizzazioni di produttori. Questo sostegno specifico si farà attraverso dei sotto-programmi tematici che beneficeranno di una maggiore intensità di aiuto o, se necessario, di misure specifiche. Per quanto riguarda il riparto delle risorse della Pac per lo sviluppo rurale tra i diversi Paesi membri (circa 100 miliardi di euro sui sette anni), la Commissione se ne occuperà dopo l’adozione dei regolamenti, fondandosi su dei criteri legati agli obiettivi dello sviluppo rurale ma anche alla «performance dimostrata nel passato». Nessuna delle proposte attualmente esistenti fa riferimento a criteri che possano interpretare obiettivi di coesione. D’altra parte è anche prevista la possibilità, per quei Paesi che lo desiderano, di spostare fino ad un 10% delle risorse del primo pilastro sul secondo pilastro.

Conclusioni

La Commissione propone un nuovo quadro normativo ispirato ai principi della coesione territoriale: riconoscimento e valorizzazione della sinergia tra territori; soluzioni di governance flessibili rivolte ad aree territoriali funzionali, anche infra-regionali; articolazioni tra soggetti appartenenti a diversi livelli amministrativi; il miglior coordinamento possibile tra le diverse politiche, armonizzazione e responsabilizzazione dei diversi livelli amministrativi nelle pratiche e nei modi di gestione dell’azione pubblica.
Si tratta di una proposta normativa – consolidata dal Trattato di Lisbona - che costituisce un quadro di governance che va interpretato e tradotto sui territori secondo le logiche della sussidiarietà e della responsabilità condivisa dei diversi livelli amministrativi. Ciascuna Paese membro avrà la responsabilità di usare il quadro proposto per adattarlo alle esigenze, in termini di coesione e crescita socio-economica dei suoi territori, tenendo conto della complessità amministrativa dentro la quale queste politiche si devono realizzare.
Se, da una parte, la politica di coesione ha un potenziale importante per il miglioramento dell’organizzazione dei servizi alla persona nei territori rurali, e per accompagnare la diversificazione economica in corso in molte delle aree rurali dell’Europa, la politica di sviluppo rurale ha l’importante ruolo di preservare filiere agricole dinamiche, in grado di migliorare il funzionamento dei diversi livelli della filiera catena alimentare stessa, valorizzare la produzione agricola e il suo legame con il territorio e le altre attività economiche con cui si può integrare in un’ottica di sviluppo locale. Vero pure che il secondo pilastro della Pac, nel prossimo periodo, dovrà anche dimostrare la sua capacità di facilitare processi di crescita economica e di miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini europei nelle aree rurali, nell’ottica della coesione territoriale.
Per assicurare il miglior coordinamento e la migliore sinergia tra la politica di coesione e quella dello sviluppo rurale sarà necessario stabilire pochi obiettivi comuni per lo sviluppo delle aree rurali per le quali è necessario un investimento sinergico; definire meccanismi di coordinamento da monitorare adeguatamente e utilizzare la valutazione come vero volano di questo processo; creare una nuova aspettativa e una domanda da parte dei cittadini europei che divengano “sentinelle” dei propri territori e ne riconoscano il potenziale in termini di creazione di beni pubblici; coinvolgere adeguatamente i diversi livelli amministrativi individuando quei meccanismi in grado di incentivare questo coordinamento e utilizzare adeguatamente quegli strumenti di programmazione che la Commissione ha previsto proprio a questo scopo.

Riferimenti bibliografici

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  • Territorial Agenda of EU 2020: Towards an Inclusive, Smart and Sustainable Europe of Diverse Regions, EU 2011 Hu;

  • 1. Il disegno di una politica marittima integrata (PMI, 2007), che offre un quadro di coordinamento a tutti gli attori del mondo del mare e dei suoi litorali. E’ la prima iniziativa a livello di Unione Europea che mira a coordinare un insieme di politiche per lo sviluppo di un’area specifica; La pubblicazione del Libro Verde della Commissione sulla Coesione territoriale (2008); La diffusione del Rapporto Barca: An Agenda for a reformed cohesion policy, (2009) e l’adozione da parte del Consiglio Europeo di una Strategia macro-regionale per il Mar Baltico (2009).
  • 2. Inoltre esiste una serie di analisi e valutazioni in alcuni Paesi Europei che mostrano un forte impegno della politica di coesione nelle aree rurali, ad esempio in Francia e in Italia (vedere Lucatelli S. “Integration between regional and rural development policy in the Italian National Strategic Regional Framework" presentazione al Seminario DG Regio sulla Il supporto della politica di coesione allo sviluppo delle aree rurali; vedere anche Datar, “Analyse de la contribution des programmes operationnels regionaux 2007-2013 su développement des territorires ruraux” Paris, 2010.
  • 3. Per il Fesr e il FS è prevista una concentrazione tematica ("fléchage") degli investimenti.
    Una soglia minima delle risorse del Fesr dovrà essere consacrata a tre obiettivi tematici: Ricerca e Innovazione, competitività delle piccole e medie imprese, transizione verso un’economia a bassa emissione di carbone; questa soglia sarà dell’80% nelle regioni più sviluppate e del 50% dans nelle regioni meno sviluppate. Una soglia minima delle risorse del Fesr sarà consacrata ad un solo obiettivo: la transizione verso un’economia a debole emissione di carbona; una sogli del 20% nelle regioni più sviluppate e in via di transizione e del 6% nelle regioni meno sviluppate. Il 20% del Fse sarà distanato (in tutte le zone) al raggiungimento di un solo obiettivo tematico, la promozione dell’inclusione sociale e la lotta contro la povertà.
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