Durante l’incontro di stock taking tenutosi a Ginevra nell’ultima settimana di marzo non ci sono stati avanzamenti concreti nelle trattative del WTO. Nel rapporto finale, il Direttore Generale Pascal Lamy ha ammesso che, nonostante i progressi effettuati, è impossibile negare che oggi non si siano raggiunti gli obiettivi desiderati (Wto [link]). David Walker, l’ambasciatore neozelandese che presiede il gruppo negoziale per l’agricoltura, ha fatto il punto sulle questioni che restano ancora irrisolte (Wto [link]). Si tratta, ad esempio, della questione del cotone, definita dallo stesso Lamy la “cartina al tornasole” per verificare l’inclusione della dimensione dello sviluppo nel Doha round, e per la quale, nell’ambito del Sub-Commitee on Cotton (l’organo creato dall’accordo quadro del luglio 2004), molti paesi in via di sviluppo hanno lamentato mancanza di interesse; della designazione dei prodotti sensibili, per i quali Canada e Giappone cercano ulteriore flessibilità; della possibilità di imporre eccezioni all’imposizione di un tetto massimo per ciascuna tariffa (il cosiddetto “capping”) al di là dei prodotti che saranno selezionati come sensibili; del meccanismo speciale di salvaguardia, indicato da Walker come uno dei temi più complessi e a più alto contenuto politico. Le trattative sono ormai in situazione di stallo dal luglio del 2008, sebbene si contino ormai innumerevoli appelli all’impegno per la loro conclusione. Nel settembre del 2009, i capi di stato e di governo del G-20, che raggruppa i maggiori paesi industrializzati e in via di sviluppo, hanno ribadito di voler concludere il Doha Round entro il 2010. Nel loro incontro successivo, tenutosi a Toronto il 26-27 giugno, si sono di nuovo impegnati a non innalzare nuove barriere commerciali, e si sono espressi per una conclusione equilibrata e ambiziosa dei negoziati, questa volta però senza indicare una scadenza precisa. D’altra parte, che il limite del 2010 fosse irrealistico era chiaro a tutti già nei primi mesi dell’anno, ed è stato confermato dal fatto che l’incontro di stock taking si sia svolto a livello di alti funzionari e non di ministri. In giugno, a Parigi, l’incontro tra le delegazioni di una ventina di paesi membri del WTO ai margini della conferenza dell’OCSE ha avuto ancora una volta come risultato il riconoscimento del fatto che le varie posizioni restano divergenti. Lamy ha di recente proposto una nuova geometria negoziale basata sul cosiddetto cocktail approach, ovvero l’insieme di incontri bilaterali, negoziati a livello di small groups, e trattative multilaterali. Una novità degli ultimi mesi è poi la formazione del G-19, che raggruppa una ventina di paesi sviluppati e in via di sviluppo (tra cui Unione Europea, India, Cina, Brasile, Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia, Svizzera, Argentina, Sud Africa, Indonesia, Sud Corea, Messico, Egitto, Burkina Faso, Zambia, Mauritius, Barbados) che cercano di esplorare la possibilità di dare una svolta ai negoziati sulla base di discussioni plurilaterali invece che dell’approccio bilaterale proposto dagli USA. Riguardo agli Stati Uniti, la conferma di alcune importanti nomine (vedi Notizie flash) ha messo fine almeno ad una parte delle critiche relative alla mancanza di un loro reale impegno nelle trattative. Parallelamente, si sono fatte più concrete le richieste statunitensi alle economie emergenti di maggiore apertura dei mercati, e di rivedere in questo senso l’attuale bozza delle modalities. Tuttavia, difficilmente l’impegno statunitense potrà essere ulteriormente chiarificato prima delle elezioni di medio termine previste per il prossimo novembre. Anche per questo motivo ha destato sorpresa l’annuncio del Presidente Obama di voler concludere proprio in novembre, in occasione del nuovo G-20 che si terrà a Seoul, l’accordo bilaterale con la Corea del Sud, che ormai da lungo tempo attende di essere ratificato in Senato e per il quale vi sono profonde divisioni di politica interna. Nelle ultime settimane, a Ginevra non sono mancate discussioni anche per quanto riguarda l’esercizio dei templates and data, nell’ambito del quale, dopo aver individuato i parametri per gli impegni previsti dalla bozza delle modalities, si procede ora a preparare quella che sarà la struttura vera e propria delle schedules. Il G-20, guidato dal Brasile, ha insistito che il carattere di questo esercizio rimanga tecnico e neutro, senza pregiudicare quanto sarà contenuto nell’accordo sulle modalities. Secondo il Brasile, non sarebbero, infatti, rimasti da trattare che alcuni punti critici, per i quali è prima necessario raggiungere un accordo politico. Questa posizione però, secondo altri paesi membri, rivelerebbe proprio un problema di fondo nel proseguire con l’attuale testo delle modalities. Anche la questione del meccanismo speciale di salvaguardia rimane controversa: resta il contrasto tra il gruppo del G-33 (che chiede un meccanismo flessibile che i paesi in via di sviluppo importatori possano utilizzare contro improvvisi aumenti in volume o riduzioni dei prezzi all’importazione), e alcuni paesi esportatori, che invece cercano restrizioni più severe alla sua applicazione. Prima della pausa estiva dei lavori, Lamy ha mostrato segnali di ottimismo ed ha affermato che starebbe emergendo una “nuova dinamica” nei negoziati, grazie al fatto che “gli ingredienti giusti” sono stati mescolati nel “cocktail” ; ma che è tuttavia ancora troppo presto per valutarne gli effetti. I lavori dovranno quindi proseguire, da un lato, nell’esercizio tecnico della preparazione dei templates and data, e dall’altro dal punto di vista politico, per limare le divergenze sui punti di discussione che restano ancora aperti. Dopo la consueta pausa estiva, le attività riprenderanno a Ginevra a fine settembre.
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