Abstract
La Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) è una politica nazionale place based che finanzia strategie territoriali integrate sostenute da coalizioni permanenti di sindaci. Le aree di intervento sono perimetrate a partire da una mappatura delle aree interne del Paese basata su criteri di accessibilità ai servizi essenziali, attraverso un processo di istruttoria pubblico che prevede l’utilizzo di una vasta batteria di indicatori (open kit) e un confronto informato tra Centro, Regioni e territori.
Questo contributo fa il punto sulla Strategia e sulle principali evoluzioni che hanno caratterizzato quest’ultima fase di attuazione per poi focalizzarsi sul processo di definizione dei programmi di intervento dei Fondi Strutturali comunitari nel cui ambito troverà continuità l’approccio sperimentato con la SNAI.
Introduzione
La Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) nasce per combattere le crescenti diseguaglianze sociali e territoriali aggravate dalla crisi del 2008 in quelle che vengono chiamate aree interne, i luoghi più lontani dalle città, attraverso il sostegno a azioni che sopperiscano alla scarsità dei servizi di cittadinanza essenziali e consentano di sperimentare modelli di offerta più adeguati a queste aree. All’azione sui servizi si affianca il finanziamento di progetti di sviluppo locale, che creino nuove opportunità di lavoro per i giovani, soprattutto in ambito culturale, turistico e agricolo. La logica che ispira la SNAI risiede nella presa d'atto che la sola integrazione tra fondi per lo sviluppo è una condizione necessaria ma non sufficiente se non accompagnata da una riorganizzazione dei servizi essenziali che garantisca livelli accettabili di qualità della vita sui territori contribuendo, insieme all’avvio di processi di innovazione (sociale e produttiva), al miglioramento dell’attrattività di questi luoghi.
Figura 1 - Le 72 aree progetto selezionate
Fonte: Elaborazioni del Comitato tecnico aree interne (CTAI) sui dati dei confini amministrativi aggiornati al 31/12/2017 rilasciati da Istat
Gli elementi fondanti su cui si basa questa policy stanno nell’adozione di un modello di governance multilivello che coinvolge Stato, Regioni e Istituzioni locali e nel prerequisito dell’associazionismo tra Sindaci come precondizione alla costruzione di coalizioni permanenti sui territori. Le aree di intervento sono state perimetrate a partire da una mappatura delle aree interne del Paese basata su criteri di accessibilità ai servizi essenziali, attraverso un processo di istruttoria pubblico che prevede l’utilizzo di una vasta batteria di indicatori (open kit) e un confronto informato tra Centro, Regioni e territori. Con questo metodo sono state individuate 72 aree (Figura 1) che comprendono 1.071 comuni con circa 2 milioni di abitanti (2017). Si tratta di zone periferiche composte per due terzi da comuni montani che hanno subito negli ultimi decenni forti fenomeni di spopolamento e abbandono della superficie agricola.
La principale novità in termini di approccio alla programmazione è rappresentata dal metodo di co-progettazione proprio della Strategia, che a partire dall’ascolto degli attori rilevanti consente di supportare l’avvio di un processo di capacitazione degli attori locali, grazie ad un team di esperti nazionali che accompagna le aree. Questa modalità ha avuto il pregio di favorire l’espressione di una domanda di intervento non generica da parte dei territori e la messa a punto di idee progettuali avanzate, consentendogli in molti casi di accedere, anche grazie all’attivazione dei centri di competenza rilevanti, a opzioni di intervento altrimenti non disponibili.
L’inquadramento della SNAI nel contesto Europeo
Nell’Unione Europea l’intervento rivolto alle aree a domanda debole con problemi di accessibilità ai servizi (aree interne) va ricondotto alla dimensione della coesione territoriale introdotta con il trattato di Lisbona e la nuova strategia ad alto livello dell'UE (Europe 2020) e in particolare all’intervento per le aree rurali. Già a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso diversi Stati membri si sono posti il problema del coordinamento dell'insieme delle politiche rispetto alle esigenze delle aree rurali (politiche per l'occupazione; servizi sociali e welfare; politiche ambientali; politiche regionali).
Tra le esperienze più avanzate si sono susseguite nel tempo il Libro bianco rurale in Inghilterra per la definizione delle priorità strategiche delle politiche rurali, il documento strategico National Agenda for a living countryside nei Paesi Bassi. In questi casi l'obiettivo non è stato quello di definire politiche rurali focalizzate sul settore agricolo ma garantire un miglioramento dei fattori di contesto per lo sviluppo e la qualità della vita nelle aree rurali, attraverso il coordinamento di tutte le diverse politiche che hanno un impatto sul territorio.
In anni più recenti il focus si sposta dall’esigenza di un coordinamento delle diverse policy a quello della costruzione di una governance multilivello attraverso il rafforzamento della collaborazione tra amministrazioni settoriali e tra livelli di governo (Nazionale, Regionale, Locale). Si colloca in questo solco la recente introduzione in Francia di una Agenda Rural, un metodo per la costruzione di una governance cooperativa che si basa su un’ampia consultazione pubblica e che prevede un processo di concertazione multilivello.
L’Agenda Rural della Francia si muove su grandi pilastri d’azione: valorizzare la presenza e l’impegno dei giovani, garantire formazione, scuola, lavoro, riorganizzare i servizi pubblici, ma anche facilitare la nascita di “Bistrot”, come luoghi di socialità. Si prevede un’azione forte sulla digitalizzazione anche grazie al 5G e alle reti da costruire nelle “aree bianche” e sulla medicina territoriale con la creazione di 600 nuovi medici per le aree rurali francesi. A occuparsene saranno tutti i ministeri, con un Comitato interministeriale che nasce ad hoc.
Tra l’Agenda Rural francese e la Strategia per le Aree interne ci sono moltissime analogie. L’Agenda conferma la necessità di politiche per le aree rurali a livello europeo - che di fatto l’Italia ha anticipato nove anni fa con la Strategia nazionale per le Aree interne- che scaturiscano da una visione condivisa tra i diversi livelli istituzionali.
Tra le specificità del caso italiano vi è il prerequisito dell’associazionismo tra comuni che serve per accedere ai fondi ed è finalizzato a favorire la costruzione di sistemi intercomunali permanenti in grado di condividere un disegno strategico e garantire un’interfaccia di riferimento sui territori. La Strategia si basa sulla condivisione a monte tra i vari Ministeri coinvolti (Salute, Istruzione, Beni culturali, Lavoro, Agricoltura, Trasporti) e le Regioni di un impianto strategico e trova attuazione attraverso la sottoscrizione di un patto (che prende la forma di Accordo di Programma Quadro) tra le associazioni dei sindaci che promuovono le strategie sui territori e gli altri livelli di governo interessati.
Sembra che queste esperienze abbiano dato una scossa all’Europa: lo scorso giugno la Commissione ha presentato la sua "Visione a lungo termine" per le aree rurali. Il documento, per contrastare le criticità e cogliere le nuove opportunità di sviluppo per le aree rurali europee dal punto di vista economico, sociale e ambientale, propone un Patto rurale - che si sviluppi su tutti i livelli di governance e che coinvolga attraverso un framework comune gli stakeholder a livello europeo, nazionale, regionale e locale - e un Piano d'azione rurale articolato su iniziative chiave, partendo dal presupposto che le diverse politiche dell'UE forniscono già sostegno per affrontare le sfide e le opportunità rurali.
Inoltre, la Commissione prevede il "rural proofing" per le politiche dell'UE da valutare d'ora in poi anche in relazione al loro potenziale impatto sulle aree rurali e individua una serie di iniziative "faro", rafforzate da azioni di accompagnamento. Ci si avventura così, mutuando diversi elementi dalle esperienze italiana e francese, sul terreno spinoso del ridisegno dei modelli di governance dell'Unione [link]
La Strategia Nazionale aree interne: il punto sull’attuazione
Il percorso di programmazione che conduce alla definizione della strategia si è recentemente concluso per tutte le aree selezionate. La Strategia ha comportato nei territori interessati l’attivazione sinergica di interventi e risorse finanziarie di differenti Fondi SIE e fondi nazionali, regionali e privati per un totale di 1.179 milioni di euro (Figura 2) e l’adozione di modalità innovative per l’identificazione dei fabbisogni e la progettazione degli interventi. Tra le criticità la complessità del metodo che implica tempi lunghi di elaborazione delle strategie e delle progettualità e che ha determinato in quest’ultima fase la ricerca di un’accelerazione dei processi di programmazione con il rischio di un affievolimento del metodo.
Figura 2 - L’architettura programmatica della SNAI nel 2014-2020. Ambiti multi-tematici di intervento dei fondi nelle 72 Strategie approvate
Fonte: Comitato tecnico aree interne, 2021
Nelle azioni individuate nelle strategie i progetti sui servizi, a cui va il 44% delle risorse totali stanziate, vengono concepiti secondo modelli di delivery adeguati rispetto alle esigenze di aree a domanda debole e con l’intento di garantire le precondizioni necessarie per mantenere popolazione e attività economiche su questi territori.
In ambito sociosanitario si sostiene l’integrazione tra il sociale e il sanitario e si rafforzano la reti dei servizi territoriali secondo logiche innovative: telemedicina con kit elettronici per i pazienti appena dimessi; assistenza territoriale con ospedali di comunità, per chi a casa non è in condizione di ricevere assistenza; infermieri e ostetriche che seguono malati cronici, anziani, donne incinte e neomamme; farmacie che erogano servizi collegati agli ospedali anche per telefono o da remoto.
Gli interventi per la mobilità hanno investito: sulla mobilità dolce, con lo sviluppo di reti e percorsi ciclabili, la riqualificazione di percorsi pedonali, l’attivazione di servizi a chiamata o di taxi sociale; sul miglioramento della percentuale di utilizzo del trasporto pubblico con il potenziamento dei servizi dedicati esclusivamente agli studenti e/o ai lavoratori, la sperimentazione di servizi di Trasporto Pubblico Locale (TPL) flessibili o a chiamata e l’armonizzazione dei servizi di TPL con gli orari scolastici/lavoro; sull’introduzione della figura del Mobility manager e l’istituzione di tavoli inter-istituzionali per l’integrazione modale.
Gli interventi sulla scuola hanno previsto ipotesi di accorpamento di plessi preesistenti con la creazione di complessi scolastici pensati nell’ottica dei centri civici con spazi per attività ludico sportive e ricreative, l’adozione di modelli didattici innovativi e di soluzioni digitali, la creazione di reti scolastiche e il potenziamento dell’offerta formativa con l’attivazione di nuovi indirizzi/azioni professionalizzanti in relazione alle vocazioni territoriali (agricoltura e turismo) e ai temi di sostenibilità ambientale (IFP, IFTS, ITS), anche in ottica di alternanza scuola-lavoro.
Agli interventi per lo sviluppo locale viene destinato il 56% dei fondi totali suddivisi in diversi ambiti di intervento come indicato in figura 2 e al cui interno le azioni relative alle filiere agricole e al tema natura, cultura e turismo hanno una rilevante importanza (in complesso il 27% dei fondi totali). Sotto il profilo finanziario, si tratta di interventi che vedono l’utilizzo congiunto dei fondi strutturali comunitari gestiti dalla Regione di appartenenza secondo le regole previste dai relativi strumenti di programmazione.
Gli interventi per l’agricoltura (cui va il 9% dei fondi totali delle Strategie) sono sostenuti quasi esclusivamente dal FEASR (71%), che finanzia l’innovazione, le filiere corte, la promozione delle produzioni agroalimentari, le azioni di formazione e consulenza alle imprese, il recupero di strutture produttive tradizionali (es. le malghe) e di terreni abbandonati, l’infrastrutturazione rurale.
Un ruolo chiave rispetto al perseguimento di strategie di valorizzazione delle filiere agricole e del turismo è svolto dagli interventi di formazione e lavoro (circa 24 milioni di euro pari al 2% degli stanziamenti totali) finanziati per il 87% dal Fondo Sociale Europeo (FSE). Una parte delle azioni proposte dalle aree sono infatti destinate all’adeguamento delle competenze degli studenti rispetto alla domanda delle imprese del territorio, attraverso l’inserimento di nuovi indirizzi coerenti con le vocazioni locali e l’utilizzo degli strumenti di alternanza scuola lavoro, e all’attivazione di percorsi di apprendimento permanente/formazione professionale degli adulti coerenti con le richieste del mercato locale, quasi sempre con un focus sulle filiere legno, agroalimentare e turismo. Si tratta di interventi che implicano la valorizzazione della rete delle collaborazioni tra le istituzioni scolastiche, i soggetti della ricerca e le imprese per la messa in sinergia di risorse e opportunità su temi funzionali alla valorizzazione delle risorse locali.
Il Fondo agricolo ha giocato un ruolo rilevante e la sua partecipazione finanziaria è stata significativa (207 milioni di euro pari al 18% sul totale delle 72 strategie approvate) anche perché sostenuta dalla domanda dei territori che hanno messo l’agricoltura al centro della loro visione di cambiamento. Molte aree hanno individuato nei sistemi produttivi agro-alimentari un asset da cui partire decidendo di investire sulla valorizzazione delle produzioni locali. In questi territori però l’esigenza di assicurare la sostenibilità ambientale, il prevalere di un’agricoltura di piccola scala e la presenza di una catena del valore collegata alle risorse agricole caratterizzata da elementi di grande fragilità rendono non sempre percorribile la costruzione di filiere locali orientate al mercato. In questi casi vanno sostenuti modelli di agricoltura più solidali innescando un cambiamento delle comunità agricole attraverso la condivisione di pratiche, l’innovazione nelle relazioni tra produttori, l’avvio di forme nuove di cooperazione e di mutualismo e l’adozione di approcci che prevedano la “produzione congiunta” di beni (e servizi) pubblici e la creazione di sinergie rispetto al turismo (lento). Il lavoro di co-progettazione e accompagnamento svolto dalla SNAI ha consentito di avviare un percorso sui territori a cui è oggi prioritario dare continuità.
L'integrazione nella nuova programmazione nazionale e comunitaria per il 2021-2027
Per la futura fase la cornice comunitaria per le politiche di coesione prevede che le scelte di programmazione e di investimento degli Stati Membri vengano declinate secondo cinque Obiettivi di Policy (OP) individuati a livello comunitario. Guardando nello specifico alla dimensione territoriale l'azione delle politiche di coesione punta a costruire con l’OP5 Un'Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali.
All'azione della politica di coesione andrà ad affiancarsi con una programmazione separata il Piano Strategico della PAC per l'agricoltura e le aree rurali.
In Italia dai tavoli di partenariato per la definizione della nuova programmazione comunitaria delle politiche di coesione è emersa la forte intenzionalità, ampiamente condivisa, di dare continuità all’approccio sperimentato con la Strategia Nazionale aree interne.
La bozza di accordo di partenariato ha recepito questa intenzione prevedendo di traghettare l’azione intrapresa con la SNAI nell’ambito dell’OP5 attraverso il sostegno alle Strategie Territoriali (ST) per le aree interne che saranno finanziate dai programmi regionali 2021-27. Si prevede il consolidamento dell’azione nelle aree già selezionate e la possibilità per le regioni che lo riterranno opportuno di selezionare nuove aree. Le strategie saranno supportate dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo Sociale Europeo Plus.
Non mancano tuttavia le criticità. In primo luogo, sebbene sia previsto l’intervento dei due fondi strutturali, nella maggior parte dei casi questi faranno capo a due programmi diversi. Infatti, poche Regioni stanno valutando la possibilità di un programma plurifondo. Questa circostanza non impedisce l’integrazione dell’intervento dei due fondi nelle ST ma richiede che le diverse amministrazioni lavorino insieme nella costruzione dei programmi per prevedere modalità adeguate a fare dialogare i due ambiti di intervento.
Ulteriore complessità è rappresentata dal fatto che l’apporto del fondo di sviluppo agricolo (FEASR) e delle risorse nazionali nel nuovo quadro formale sono esterni rispetto all’assetto programmatico che sostiene le ST. Questo pone la necessità di prevedere opportune opzioni strategiche nei programmi per garantire che si realizzi l’integrazione tra fondi strutturali e altri fondi pure in questo mutato scenario.
A tale scopo vanno senz’altro attivati e presidiati nei programmi percorsi di condivisione tra amministrazioni settoriali diverse a livello Regionale e Nazionale soprattutto riguardo all’individuazione della domanda dei territori e ai processi di co-progettazione, supporto e partecipazione a livello locale.
Infine, va considerata l’esigenza di capitalizzare l’esperienza passata e non ripetere gli errori. A questo riguardo sono stati realizzati nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione, diversi laboratori di confronto tra istituzioni diverse a supporto della definizione dei programmi 2021-27. I laboratori hanno riguardato sia la messa a sistema e l’utilizzo di conoscenza valutativa utile sia l’avvio di un confronto tra amministrazioni rispetto agli aspetti chiave da prevedere nei programmi a tutela della possibilità di supportare adeguatamente l’azione delle coalizioni territoriali.
Considerazioni conclusive
Allo stato attuale, visto che l’attuazione in molte aree è ancora agli stadi iniziali, non esiste una valutazione esaustiva sull’efficacia della spesa nelle strategie territoriali. D’altro canto, in base alle conoscenze valutative che si stanno prendendo in considerazione nell’impostazione della programmazione 2021-27, si può senz’altro dire che il metodo SNAI di lavoro sui processi, attraverso lo scouting, la co-progettazione, l’accompagnamento ai territori, si è rivelato particolarmente adatto alla definizione e attuazione di interventi complessi (multi-fondo e multi-dimensione) che coinvolgano una molteplicità di attori e temi, come il rafforzamento delle reti socio-sanitarie territoriali o la riattivazione delle comunità locali a partire dalle proprie identità culturali e produttive agricole (tra loro interconnesse).
In sei anni di lavoro territoriale (a partire dal 2014 anno di avvio dell’attuale programmazione) la SNAI ha finanziato infatti diverse esperienze innovative in ambito socio-sanitario e di medicina territoriale da cui si possono estrarre insegnamenti utili sulle azioni da intraprendere per affrontare l’emergenza sanitaria attuale. Inoltre sono state sperimentate prassi per l’integrazione strategica e operativa tra i fondi rispetto agli obiettivi della competitività e sostenibilità dei sistemi produttivi locali, primi tra tutti quelli agroalimentari, che sarebbe utile riprendere nella programmazione futura degli interventi [link].
Tuttavia va tenuto presente che nel nuovo assetto programmatico si complica il dialogo con i PSR, che già in questa fase non sempre è stato semplicissimo, risentendo di una situazione estremamente diversificata a livello regionale. L’integrazione del FEASR nell’ambito della SNAI infatti non è avvenuta secondo un indirizzo unitario e ha seguito modalità attuative molto variegate a seconda dei contesti. Inoltre, in generale, il riferimento in fase attuativa a bandi generici, non mirati rispetto alle esigenze di intervento delle aree, nonostante l’importante lavoro di co-progettazione messo in campo per definire i profili delle azioni necessarie e dei potenziali attuatori, ha in diversi casi determinato un disallineamento tra le richieste dei territori e le capacità del programma di dare adeguate risposte.
Nell’impostazione dei nuovi programmi si stanno prendendo in considerazione questi apprendimenti per mettere a punto soluzioni in grado di superare le criticità incontrate nella passata programmazione e capitalizzare su quanto si è riusciti a sperimentare in questa fase. Inoltre anche se la possibilità di fare riferimento ad un asse dedicato alle strategie territoriali rappresenta sicuramente un passo avanti rispetto al passato allo stesso tempo ci si deve confrontare con sfide nuove, come quella di garantire l’integrazione con i fondi agricoli e nazionali in una cornice formale completamente mutata.
Riferimenti bibliografici
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Lucatelli S., Storti D. (2019), La strategia nazionale aree interne e lo sviluppo rurale: scelte operate e criticità incontrate in vista del post 2020, n. 56, [link]
-
Storti D. et al. (2020), Sostenibilità e innovazione delle filiere agricole nelle aree interne: scenari, politiche e strategie, Franco Angeli, Scienze Regionali, Collana dell’Associazione Italiana di Scienze Regionali (AISRe) [link]