Abstract
Il presente articolo propone una discussione sul contributo del metodo Life Cycle Assessment alle politiche evidence-based, soprattutto per favorire l’adozione di innovazioni più ecologiche e ridurre l’asimmetria informativa B2C, nell’ottica degli obiettivi 2030 di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs).
Introduzione
La transizione verso sistemi agro-alimentari sostenibili e resilienti è al centro dell'Agenda 2030, essendo un requisito per garantire la sicurezza alimentare (obiettivo di sviluppo sostenibile 2) e contribuendo al contempo sia alla mitigazione dei cambiamenti climatici ed ai relativi impatti (obiettivo 13) che alla prevenzione del degrado del suolo e della perdita di biodiversità (obiettivo 15). Il perseguimento di tali obiettivi richiede il contributo della ricerca per orientare i processi decisionali evidence-based verso il supporto di strategie che garantiscano la protezione ambientale, senza ridurre la produttività, la competitività e la redditività del settore e che evitino lo spostamento degli impatti da una fase all’altra del ciclo di vita o da un prodotto ad all’altro (burden sharing; Van Tongeren, 2008). Gli investimenti pubblici nell’’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, Lca) hanno contribuito a costruire la base di conoscenze per l’elaborazione evidence-based di politiche ambientali (Sonneman et al., 2018). Tra gli strumenti di analisi a disposizione della ricerca e dei decisori, il metodo Lca è la tecnica più completa per tracciare e generare informazioni quantitative sugli impatti ambientali che derivano dalle attività e dalle strutture coinvolte nella produzione, fornitura, consumo e trattamento di fine vita dei prodotti agricoli (Sala et al., 2015). Gli studi Lca indagano e/o confrontano e comunicano in modo immediato gli impatti ambientali di, ad esempio, metodi produttivi, sistemi di gestione degli input, tecnologie o comportamenti dei consumatori. Evidenziando i processi che maggiormente contribuiscono all’impatto ambientale (hot spots), i risultati degli studi Lca facilitano l’indirizzamento degli interventi mitigatori a livello settoriale o aziendale e consentono di monitorare il raggiungimento degli obiettivi 2030 di sviluppo sostenibile da parte di settori o imprese. I dati necessari per il calcolo, relativi a singole aziende o aggregati (medi), sono molti. Tali dati possono essere ottenuti direttamente dai produttori (dati primari) o da diverse fonti, quali, ad esempio, la letteratura scientifica, i rapporti aziendali o governativi (dati secondari). Sono inoltre disponibili molte banche dati standard, quali, ad esempio Ecoinvent® ed Agrifootprint®. Tuttavia, riuscire a raccogliere tutti i dati necessari per eseguire l’elaborazione non è un’impresa facile. La raccolta dei dati primari può avere costi proibitivi e i dati secondari spesso non sono sufficienti per coprire la mancanza di informazioni sui processi oggetto di studio (Notarnicola et al., 2017). Per le banche dati agroalimentari, si richiedono maggiore trasparenza sulla raccolta dati, l’armonizzazione delle diverse delle banche dati, per facilitare il ricorso a più di una di esse, la definizione di confini netti tra tecnosfera ed ecosfera e l’incorporazione della variabilità spaziale (Notarnicola et al., 2017). Le banche dati dovrebbero inoltre essere aggiornate con tecnologie innovative e pilota attualmente disponibili per gli imprenditori e consentire ai loro fruitori di affrontare questioni trasversali, come le perdite alimentari lungo la filiera, le tecnologie di trattamento di fine vita e l'impatto dei diversi materiali di confezionamento. Gli indicatori di impatto coprono un'ampia gamma di problemi ambientali, che comprendono l'esaurimento delle risorse naturali, i danni all'ambiente e alla salute umana. A seconda del modello di calcolo, gli indicatori di impatto sono orientati al problema (indicatori di punto medio) o al danno (indicatori di punto finale). Il disegno e la promozione di politiche ambientali dovrebbero essere supportati dalla valutazione dei possibili effetti dei cambiamenti d’uso dei fattori di produzione e alle mutate rese dei processi produttivi (cosiddetti effetti rebound), conseguenti alla sostituzione delle pratiche o tecnologie esistenti con alternative più ecologiche (Sala et al., 2016). Gli effetti rebound possono riguardare la produzione e/o il consumo di un prodotto (effetti diretti) o dei suoi sostituti (effetti indiretti) e possono implicare aggiustamenti di equilibrio economico generale (effetti sull’economia) o cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, nelle istituzioni sociali o nell'organizzazione produttiva (effetti trasformativi).
Il presente articolo si basa su un’analisi teorica della letteratura scientifica economico-agraria, svolta nell’ambito del progetto di ricerca d’ateneo “Strumenti di sostenibilità delle produzioni alimentari” (Sali), finanziato dall’Università di Pisa (cod. Pra_2017_34). Lo scopo dell’articolo è descrivere gli approcci di intervento per ridurre gli impatti ambientali nel ciclo di vita dei prodotti agricoli, gli usi delle informazioni generate tramite Lca nel disegno di politiche evidence-based e le opzioni metodologiche a disposizione dei professionisti, per facilitare la programmazione ed il disegno di studi futuri ed aumentarne l’utilità per i decisori. Per maggiori dettagli e la bibliografia completa si rimanda a Gava et al. (2019).
Strategie, politiche e strumenti di valutazione
In una Lca, la corretta definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione e l’individuazione degli indicatori e del metodo di calcolo più appropriati dipendono dalla strategia di intervento e dal fine dello strumento politico destinatario dell’analisi. Da questi ultimi, dipendono, a loro volta, la scelta del modello di Lca e l’eventuale combinazione con analisi economiche o sociali, per fornire informazioni sulle tre dimensioni di sviluppo sostenibile. Questo paragrafo sintetizza le proposte della letteratura economico-agraria in tema di Lca, rispetto alle strategie di intervento per ridurre l’impatto nel ciclo di vita dei prodotti agricoli, alle applicazioni dei dati sugli impatti negli strumenti di politica e alle prospettive offerte dai diversi approcci metodologici.
Strategie di intervento
Le strategie per ridurre il carico inquinante dell’agricoltura comprendono interventi sull’offerta e/o sulla domanda di prodotti (Garnett, 2014). A livello di offerta, gli interventi consistono nell’adozione di (nuove) tecnologie o metodi produttivi meno impattanti rispetto agli attuali, senza o con minima riduzione della produttività. A livello di domanda, le strategie di mitigazione degli impatti puntano a sensibilizzare il consumatore verso nuovi modelli di consumo. Questi ultimi comprendono la riduzione della richiesta degli alimenti più impattanti, quali, ad esempio, i prodotti di origine animale (in particolare latticini e carne dei ruminanti), quelli derivanti dall’agricoltura convenzionale, quelli che necessitano di pratiche agronomiche che consumano molta acqua (ad esempio il riso), e la riduzione post-acquisto dei rifiuti alimentari, che però ha un potenziale di mitigazione inferiore rispetto ai cambiamenti di dieta. Un’ultima categoria di approcci della ricerca propone interventi a livello di sistema, che coinvolgano l’offerta e la domanda e favoriscano la comunicazione e la collaborazione tra gli stakeholder delle due parti, per ridisegnare i modelli di produzione agricola.
Uso dei dati nelle politiche evidence-based
Le informazioni ottenute tramite Lca trovano applicazione nella definizione degli obiettivi e nel monitoraggio delle politiche (Sala et al., 2016). Il successo del metodo è principalmente dovuto a quattro caratteristiche: (i) è una procedura formalizzata; (ii) beneficia di numerosi database standard che coprono la maggior parte delle attività economiche; (iii) può essere combinata con valutazioni economiche e sociali per coprire le tre dimensioni della sostenibilità; (iv) fornisce informazioni associate a scenari che rispecchiano ragionevolmente i risultati di una politica ambientale prospettica. Quattro classi di politiche traggono particolare beneficio dalle informazioni sugli impatti nel ciclo di vita dei prodotti agricoli; in particolare (Rajagopal et al., 2017):
Inquinamento transfrontaliero, cioè l’aumento dell’inquinamento totale al di fuori dei confini amministrativi in cui si verifica il processo in esame, in risposta a una diminuzione dell'inquinamento totale all'interno dei confini, come, ad esempio, nel caso di cambiamenti indiretti di uso della superficie agricola dalla produzione di alimenti a quella di colture energetiche.
Costi di transazione conseguenti all’applicazione di norme ambientali, come, ad esempio, nel caso delle politiche di responsabilità estesa del produttore, che impongono a quest’ultimo una significativa responsabilità finanziaria e/o fisica per il trattamento o lo smaltimento di prodotti post-consumo, in cambio di incentivi per prevenire la creazione di rifiuti e promuovere prodotti meno impattanti.
Adozione di opzioni (pratiche, tecnologiche) meno impattanti, tramite l’erogazione di incentivi per gli sviluppatori e/o per gli innovatori, ad esempio i pagamenti per gli agricoltori che adottano pratiche benefiche per l'ambiente nell'ambito della Politica Agricola Comune dell'UE.
Riduzione dell’asimmetria informativa da impresa a consumatore, che si verifica quando il consumatore non ha esperienza diretta delle caratteristiche ecologiche dei prodotti agricoli, ma basa gli acquisti su credenze. Le etichettature ambientali riducono l’asimmetria informativa, riportando, ad esempio, informazioni su alcuni indicatori di impatto del prodotto, quali il potenziale di riscaldamento globale oppure il consumo totale di acqua. Non bisogna dare per scontato che i consumatori sappiano interpretare tali etichette. La corretta progettazione delle etichette, in termini di quantità e qualità dei contenuti, è un elemento chiave per favorirne la capacità comunicativa. Inoltre, i governi e le aziende dovrebbero prevedere campagne informative e di educazione del consumatore per facilitare la comprensione delle etichette.
Indipendentemente dalla classe di politiche, gli studi Lca possono essere usati dai decisori per tre diversi scopi (Rajagopal et al., 2017): (i) acquisire informazioni sull’impatto di (nuove) tecnologie o pratiche produttive; (ii) scegliere le tecnologie o pratiche da incentivare o scoraggiare; (iii) individuare parametri o soglie che possono essere direttamente applicati nella formulazione della norma (ad esempio, la quantificazione di un incentivo per favorire l’adozione di cultivar di riso che riducono il tempo si sommersione e quindi le emissioni di metano).
Declinazioni del metodo e approcci multidimensionali
Esistono due modelli di Lca, attribuzionale e consequenziale. Il modello attribuzionale è quello convenzionale – già formalizzato negli anni ’90 (Iso 14040:1997) – che fornisce un quadro statico degli impatti associati a tutti i processi inclusi nei confini del sistema oggetto di studio. Il modello consequenziale, definito formalmente solo nel 2011 (Unep, 2011) è stato sviluppato per consentire i collegamenti tra modelli ambientali ed economici. Lo scopo di tale modello è quantificare le conseguenze, mediate dal mercato, di decisioni (interventi di mitigazione dell’impatto) a carico del sistema oggetto di studio su altri sistemi (McManus e Taylor, 2015). Gli studi consequenziali includono non tanto i processi del reale (o proposto) sistema produttivo, quanto quelli che hanno più probabilità di rispondere a un cambiamento della domanda a seguito delle decisioni prese per ridurre l’impatto ambientale (sistemi marginali). Ad esempio, la diffusione degli impianti di cogenerazione a biomassa agricola può ridurre la domanda di energia elettrica dal mix energetico nazionale. Per cui gli studi consequenziali devono tenere conto delle interazioni tra politiche di settore e dei cambiamenti di comportamento dei consumator. Oltre al prodotto principale, le filiere agricole spesso includono prodotti intermedi e sottoprodotti (processi multifunzione; ad esempio, i vitelli nella produzione di latte bovino). I due modelli di Lca differiscono per l’approccio di calcolo delle emissioni associate ai processi multifunzione. Il modello attribuzionale si basa di solito sull’allocazione, il consequenziale sull’espansione dei confini del sistema. L’allocazione prevede la ripartizione delle emissioni tra prodotti principali, intermedi e sottoprodotti in base a proprietà fisiche, quali ad esempio la massa o l’energia lorda, o al valore di mercato dei tre tipi di output. L’espansione dei confini del sistema considera i prodotti intermedi ed i sottoprodotti come risultanti da attività esterne alla filiera del prodotto principale. Tali attività esterne sono incluse nei confini del sistema ed i relativi impatti calcolati e sottratti da quelli del processo multifunzione (impatti risparmiati). Il principale inconveniente del modello consequenziale è l’elevato numero di assunzioni economiche, che cresce facilmente con il numero di processi inclusi nei confini del sistema, da cui possono originare risultati molto variabili. La maggiore o minore appropriatezza e le potenzialità dell’uso complementare dei due modelli di Lca per le applicazioni politiche sono oggetto di dibattito nella comunità scientifica.
Per superare gli svantaggi e, allo stesso tempo, ampliare ed approfondire la portata dei risultati degli studi, gli economisti hanno proposto la combinazione dell’Lca con strumenti decisionali e di valutazione economica, ad esempio, l’analisi multicriteri, l’ottimizzazione stocastica, il calcolo del costo pieno di produzione. Un promettente approccio è la creazione di un collegamento tra discipline ingegneristiche, delle scienze della vita e delle scienze sociali, integrando l’Lca con la data envelopment analysis, così da fornire stime sulle tre dimensioni della sostenibilità e migliorare l’indirizzamento delle politiche. Rispetto agli altri settori economici, gli studi di economia agraria che combinano Lca con data envelopment analysis sono pochi. Ulteriori miglioramenti possono derivare dal ricorso all’integrazione dell’analisi input-output con l’Lca nell’Lca ibrida (environmental input-output Lca), che ad esempio, può eliminare l'arbitrarietà nella definizione dei confini del sistema oggetto dello studio, contribuendo così a far fronte agli errori di troncamento.
L’analisi della sostenibilità del ciclo di vita (Life Cycle Sustainability Assessment) ha sollevato l'interesse dei decisori in ambito politico, perché genera informazioni sintetiche sugli impatti ambientali (Lca), economici (Life Cycle Costing) e sociali (Social Lca) (Zamagni, et al., 2013). La disponibilità di dati sugli impatti su più dimensioni è particolarmente importante nella valutazione di innovazioni dibattute, specialmente nell’ambito della bioeconomia (Viaggi, 2015). Date le potenzialità del metodo, gli studi Life Cycle Sustainability Assessment meritano maggiore attenzione da parte degli economisti agrari.
Limiti dell’analisi del ciclo di vita come strumento di supporto alle politiche e possibili soluzioni
La flessibilità delle linee guida fornite dalle norme Iso hanno sollevato preoccupazioni in merito alla credibilità, trasparenza e capacità di comunicazione dei risultati degli studi Lca, che possono inficiare la diffusione delle applicazioni dello strumento nelle misure di politica pubblica (McManus et al., 2015). Oltre i già citati problemi associati ai dati, l’ampio margine decisionale lasciato all’esecutore dell’analisi rispetto all'utilizzo di criteri di allocazione e ponderazione degli impatti è oggetto di critiche severe, perché le scelte operative possono generare risultati diversi e difficilmente comparabili. Le linee guida dovrebbero essere oggetto di deepening, cioè modifiche tali da rendere l’architettura gli studi Lca più uniforme (Jeswani et al., 2010). Per risolvere questo tipo di problemi Il Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea sta cercando di rispondere all’esigenza di maggiore armonizzazione nei “protocolli” di analisi tramite la proposta di linee guide dettagliate per il calcolo degli impatti nel ciclo di vita dei prodotti (Impronta Ambientale di Prodotto, Product Environmental Footprint; Raccomandazione 2013/179/UE), in modo simile a quanto accade a seguito dell’adozione di una certificazione ambientale volontaria basata sull’Lca (ad esempio la Dichiarazione Ambientale di Prodotto, Environmental Product Declaration o EPD®). Oltre a ciò, il metodo Lca fornisce solo risultati sull’impatto ambientale, tralasciando gli aspetti economici ed ambientali, di grande importanza per i decisori. L’approccio per il superamento di questo limite è il cosiddetto broadening, che consiste nell’estensione dell’analisi alla valutazione integrata di più dimensioni della sostenibilità, sulla base di dati per quanto possibile comuni, come nel caso degli studi Life Cycle Sustainability Assessment (Jeswani et al., 2010). L’adozione di una metodologia più olistica consente anche di tenere conto degli effetti rebound che possono verificarsi a seguito della implementazione su larga scala di interventi di mitigazione ambientale. Gli effetti rebound possono essere affrontati tramite approcci partecipativi che promuovono la collaborazione tra stakeholders, quali gli attori della filiera, i consumatori, le autorità e i gestori di rifiuti Da questo punto di vista, si richiede uno sforzo da parte dei ricercatori per sviluppare indicatori che consentano di allargare la valutazione ai rapporti di agenzia, la responsabilità morale e le interazioni dinamiche tra valori economici e impatti sulla salute di diversi sistemi di produzione (Garnett, 2014).
Considerazioni conclusive
La letteratura scientifica economico-agraria propone di affrontare il problema della necessaria riduzione del carico inquinante nel ciclo di vita dei prodotti agricoli attraverso il supporto pubblico all’adozione di innovazioni (pratiche e/o tecnologie) che consentano di migliorare l’efficienza della gestione delle risorse in azienda (interventi sull’offerta) o di favorire il cambiamento delle abitudini di consumo con effetti indiretti sull’offerta (interventi sulla domanda) o che promuovano interventi sia sull’offerta che sulla domanda, tramite il supporto degli stakeholder di filiera (interventi a livello di sistema). Gli studi Lca trovano applicazione come base informativa per le politiche evidence-based, quale strumento scientificamente robusto per il calcolo degli impatti dei sistemi agricoli, interessati o meno da interventi di riduzione del carico inquinante. Oltre a comunicare gli impatti ambientali di pratiche o tecnologie, i dati sugli impatti consentono di stabilire limiti di legge rispetto alle emissioni (ad esempio carbon tax) oppure livelli di ingresso rispetto ad incentivi o l’accesso ad alcuni bandi pubblici (ad esempio green public procurement). Le politiche di settore che maggiormente beneficiano di tali dati sugli impatti riguardano l’inquinamento transfrontaliero, i costi di transazione conseguenti all’applicazione di norme ambientali, l’adozione delle pratiche o tecnologie meno impattanti e l’asimmetria informativa da impresa a consumatore. Data la crescente sensibilità dei consumatori rispetto all’impatto ambientale dei prodotti agroalimentari, i sistemi di certificazione ed etichettatura ambientale costituiscono l’esempio più significativo delle opportunità offerte dalle analisi dell’Lca, in termini di posizionamento dei prodotti sul mercato e nel caso di produzione finalizzata all’esportazione. Migliorare il posizionamento dei prodotti sul mercato è la principale motivazione che spinge gli imprenditori a dotare i loro prodotti di una certificazione ambientale. Tuttavia, l’impatto dell’adozione di una certificazione ambientale sul reddito agrario dipende anche dai costi sostenuti per ottenere la certificazione e rispettarne i requisiti, incluso l’adeguamento delle strutture produttive. Sono necessari più studi che considerino gli impatti ambientali, economici e sociali dell’adozione delle certificazioni nel settore agroalimentare, per valutare la possibilità di distribuire il vantaggio economico associato all’adozione tra gli stakeholders della filiera agroalimentare coinvolta nella certificazione e se gli agricoltori siano incentivati a modificare le pratiche e tecnologie di produzione oppure siano “obbligati” dal mercato (Zezza, 2015). L’etichettatura consente la diretta comparazione di prodotti tra loro sostituibili. Tuttavia, l’influenza delle etichette sulle decisioni d’acquisto dipende non solo dalla chiarezza delle informazioni presentate, ma anche dalla capacità di comprensione del consumatore. Pertanto, gli imprenditori del settore agroalimentare che desiderano promuovere i propri prodotti come “ecologici” dovrebbero prestare attenzione agli atteggiamenti dei consumatori, per valutare quale tipo di informazione e quale modalità di presentazione di tale informazione possa essere incentivare l’acquisto del prodotto. L’implementazione di campagne di educazione dei consumatori potrebbe migliorare l’efficacia delle strategie di intervento sulla domanda.
Esistono diverse opzioni metodologiche per gli studi Lca; la scelta dipende dallo scopo e dalla destinazione dello studio. In particolare, l’analisi di tipo consequenziale è preferibile qualora si devano collegare modelli ambientali ed economici. La transizione sostenibile verso sistemi produttivi più rispettosi dell’ambiente non può prescindere dalla valutazione degli aspetti economici (ad esempio costi di adozione) e sociali (ad esempio l’accettabilità da parte del consumatore e gli impatti sulla salute dei cambiamenti di dieta). La possibilità di integrare il calcolo dell’impatto ambientali con valutazioni economiche e di impatto sociale (ad esempio Life Cycle Sustainability Assessment), rende il metodo Lca indicato per gli studi sullo sviluppo sostenibile, ad esempio per il monitoraggio dei progressi aziendali o settoriali verso il raggiungimento degli obiettivi 2030 di sviluppo sostenibile. Un maggiore impegno della ricerca per comprendere l’atteggiamento degli agricoltori nei confronti delle pratiche e tecnologie a minor impatto ambientale potrebbe suggerire quali sono gli interventi con la maggiore probabilità di essere intrapresi e quali politiche potrebbero essere efficaci per promuoverne l’adozione (Lefebvre et al., 2015).
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