Le biomasse nella politica energetica comunitaria e nazionale

Le biomasse nella politica energetica comunitaria e nazionale

Le biomasse agro-forestali possono mitigare la congiuntura climatico-energetica

L’agricoltura incide per il 10,1% sul totale UE delle emissioni di gas serra (Agenzia Europea dell’Ambiente, 2005) ma, in realtà, può contribuire al loro contenimento, in termini di fissazione temporanea di carbonio nei suoli, nelle produzioni vegetali e arboree e, soprattutto, nella produzione di biomasse agro-forestali da impiegare a fini energetici, con effetti sostitutivi dei combustibili fossili e riduzione delle emissioni di CO2.
Il crescente fabbisogno energetico comunitario ha superato i 1.750 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2004, scontando la forte dipendenza esterna (oltre il 50% è la media UE) per le forniture di petrolio e gas, l’emissione di gas clima alteranti, che nel 2004 si sono ridotti solo dello 0,9% nella UE-15 rispetto al 1990 (COM 195/2007), e le pratiche di consumo poco economiche. Il ruolo delle fonti rinnovabili e, tra queste, delle biomasse, è ancora piuttosto contenuto nel mix energetico complessivo, pari rispettivamente a 6,4 e 4,2% (Figura 1), ma la Commissione europea è sempre più convinta che le biomasse agro-forestali, tra le fonti “verdi”, possano svolgere un ruolo importante sia per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, sia nella lotta contro il cambiamento climatico (“Una politica energetica per l’Europa”, COM 1/2007; “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorre fino al 2020 e oltre”, COM 2/2007).
Per questi motivi, negli ultimi anni, è andato crescendo l’interesse dell’UE per lo sviluppo di nuove filiere a partire da materie prime rinnovabili agricole e silvicole locali (“Piano d’azione per la biomassa”, COM 628/2005; “Piano d’azione per le foreste”, COM 302/2006) dal momento che un ulteriore beneficio è quello di creare innovazione, nuovi settori di attività e occupazione nelle zone rurali.

Figura 1 - Mix energetico dell’UE-25 (2004)

Fonte: Eurostat.

Nell’ultimo rapporto sull’energia prodotta da fonti rinnovabili (COM 849/2006), lo sviluppo della biomassa solida ha registrato una significativa accelerazione nel biennio 2004-05 nella produzione di energia elettrica (oltre 58 Mtep nel 2005) dalla combustione di prodotti agro-forestali e di residui nelle centrali termiche, con Finlandia e Svezia principali produttori. Con benefici anche ambientali per il trattamento delle deiezioni animali e dei rifiuti, la produzione UE di biogas (circa 5 milioni di tonnellate nel 2005), si concentra per oltre il 47% nel Regno Unito e in Germania; per circa due terzi il biogas è utilizzato per la produzione di energia elettrica e per un terzo per la produzione di energia termica, mentre ancora residuale è la trasformazione in carburante per autotrazione, ad eccezione della Svezia che si distingue in questo settore.
Nel 2005 la UE ha prodotto 3,9 milioni di tonnellate di biocarburanti, di cui 3,1 milioni di tonnellate di biodiesel (EurObserve’ER), di cui detiene la leadership nella produzione mondiale. L’Italia si colloca al terzo posto dopo Germania e Francia, con 396.000 tonnellate, di cui l’80% proveniente da oli di colza e girasole importati (gli ettari coltivati a oleaginose in Italia sono stati appena 70.000). La riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti, che assorbe il 30% del fabbisogno energetico comunitario ed è responsabile del 21% di tutte le emissioni di gas serra nell’UE, è una delle priorità a breve termine nell’agenda della Commissione che, sin dal 2000, si è orientata verso l’introduzione progressiva negli Stati membri di una quota percentuale nell’impiego di biocarburanti di origine agricola sull’insieme di gasolio e benzina utilizzati per i trasporti, e l’autorizzazione di misure di ordine fiscale volte a coprire il differenziale di prezzo tra i biocarburanti e i prodotti concorrenti di origine fossile.

“Il principio 20-20-20”

Nella sessione primaverile del Consiglio europeo, al quale annualmente la Commissione riferisce sui progressi ottenuti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita, occupazione e sostenibilità definiti nei Consigli di Lisbona (2000) e Göteborg (2001), i Capi di Stato e di Governo sono giunti a conclusioni ambiziose per contrastare l’emergenza climatico-energetica, contenute nel Piano d’azione del Consiglio europeo 2007-2009 “Politica energetica per l’Europa”, che ricalcano quanto già proposto con l’altrettanto ambizioso pacchetto di misure presentate dalla stessa Commissione il 10 gennaio 2007 e approvato dal Consiglio in tale contesto. Tali misure sono finalizzate, secondo un approccio integrato tra politiche (mercato interno, ambiente, clima, trasporti, grandi reti, agricoltura, ricerca scientifica e tecnologica, relazioni esterne) e uno sforzo congiunto degli Stati membri, al completamento del mercato interno dell’energia e al passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, rafforzandone allo stesso tempo la competitività a livello globale.
Tradotto in obiettivi vincolanti, questo vuol dire che l’UE si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 20% e ad aumentare l’efficienza energetica del 20% entro il 2020; inoltre, in meno di 15 anni, deve contare su un mix energetico proveniente per il 20% da fonti rinnovabili, e tra queste l’8% dovrà essere generato proprio da biomasse e biocarburanti, arrivando a fissare per questi un minimo obbligatorio per l’utilizzo, pari al 10% del mercato dei carburanti e promuovendo biocarburanti di “seconda generazione” a minor impatto ambientale, provenienti da materiale forestale e graminacee, attualmente in fase di studio. Gli obiettivi comunitari che si ispirano a questo “principio del 20-20-20”, oltre a lasciare ai Paesi membri piena facoltà di scelta del proprio mix energetico, a fronte della messa a punto di Piani di azione nazionali con obiettivi specifici per elettricità, biocarburanti e riscaldamento, saranno ripartiti in maniera differenziata e ponderata sulla base del meccanismo burden-sharing, introdotto nell’ambito del Protocollo di Kyoto, che tiene conto delle possibilità e delle posizioni di partenza dei singoli Paesi.

Le biomasse agro-forestali devono portare alla produzione e all’uso sostenibile di bioenergie

Una programmazione di lungo termine rappresenta il miglior contesto istituzionale per favorire le scelte di investimento sulle biomasse, aumentando allo stesso tempo la profittabilità delle attività di ricerca e sviluppo (Costantini, 2006). L’UE assegna una forte valenza al ruolo della ricerca per lo sviluppo delle tecnologie energetiche al fine di ridurre i costi delle fonti rinnovabili di energia, aumentare l’efficienza energetica e assicurare la sostenibilità delle bioenergie, tanto che ha aumentato i bilanci per la ricerca energetica e l’innovazione nel VIIo “Programma Quadro” (886 milioni euro/anno) e nel programma “Energia intelligente per l’Europa” (100 milioni euro/anno), per il periodo 2007-2013.
In particolare, riguardo alla produzione di biocarburanti, l’input lanciato dalla Commissione agli Stati membri (“Strategia UE per i biocarburanti”, COM 34/2006) è di riflettere su dove allestire le colture energetiche affinché s’inseriscano in maniera ottimale nella rotazione delle colture, al fine di evitare ripercussioni negative sulla biodiversità, l’inquinamento idrico, il degrado del suolo e la distruzione di habitat e di specie di elevata importanza naturale. Ma, più in generale, per assicurare una produzione e un uso sostenibile delle bioenergie dal lato economico, ambientale e sociale, ciascuno Stato membro dovrebbe definire criteri e disposizioni da “calibrare” in funzione delle biomasse da produrre, della loro destinazione d’uso e del mercato di riferimento, considerando tutta una serie di variabili raccolte nei gruppi di seguito elencati:

  • benefici per la collettività: riduzione di CO2, resa energetica, sicurezza di approvvigionamento, rispetto di norme ambientali e sociali, preservazione del sito di produzione, nuovi sbocchi produttivi per l’agricoltura, creazione di valore aggiunto a livello locale.
  • Costi per la collettività: uso intensivo dei terreni, deforestazione, maggiore impiego di fertilizzanti e pesticidi, uso di risorse idriche, utilizzo di semi geneticamente modificati, perdita della biodiversità, sussidi all’agricoltura, misure fiscali.
  • Disequilibri locali a causa del coinvolgimento economico e sociale di più settori (energia, ambiente, agricoltura) e degli interessi di gruppi di attori coinvolti (governo, popolazione rurale, agricoltori, industria automobilistica, cittadini, ambientalisti).
  • Disequilibri globali a causa della domanda di terra e conflittualità con le produzioni agro-alimentari: la crescita della domanda energetica e la possibile convenienza a produrre materia prima no food può portare a una forte pressione sull’allocazione della terra a discapito delle produzioni agro-alimentari, con rischio di distorsione del mercato (aumento del prezzo dei cereali e degli alimenti), nonché rischio per la sicurezza alimentare in termini di approvvigionamento e rischio di instabilità politica in paesi a basso reddito che importano cereali.
  • Progresso tecnologico: occorrono risorse e tempo da investire nella ricerca perché lo sviluppo tecnologico sia in grado di aumentare le rese, ridurre i costi di trasformazione, migliorare l’efficienza energetica, ridurre la domanda di terra (ad es. produzione di etanolo da biomasse cellulosiche o ligneo-cellulosiche).

Proprio recentemente, l’ONU-Energy ha evidenziato la necessità di definire i seguenti indicatori internazionali di sostenibilità riguardo alle bioenergie: povertà, sviluppo agro-industriale, salute, agricoltura, sicurezza alimentare, finanziamenti, commercio, biodiversità, cambiamenti climatici (UN-Energy, 2007).

Le biomasse agro-forestali nella politica nazionale

La mancanza di informazione e consapevolezza sulle bioenergie, sia a livello di classe politica sia a livello di opinione pubblica, e lo scarso interesse da parte del mondo imprenditoriale verso attività non ancora consolidate, hanno fatto maturare l’interesse del nostro Paese per lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili - e in particolare per le biomasse - solo alla fine degli anni Novanta, sulla scia degli avvenimenti internazionali e delle direttive comunitarie (Conferenza di Rio sui cambiamenti climatici del 1990; Protocollo di Kyoto del 1997). Nel Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse del 1998, assume consistenza l’approccio integrato alle questioni energetiche (preservare l’ambiente, migliorare il rendimento delle fonti energetiche, evitare gli sprechi, razionalizzare l’uso delle risorse) attraverso la concertazione tra Pubblica Amministrazione e stakeholders nel definire azioni settoriali e territoriali per ridurre l’uso di fonti fossili e arrivare a produrre 8-10 Mtep di energia da biomasse agroforestali e zootecniche entro il 2012.
Con il suo strumento di attuazione, il Programma Nazionale Valorizzazione Biomasse Agricole e Forestali (giugno 1999), le azioni si focalizzano sullo sviluppo sostenibile delle filiere agro-energetiche (biocombustibili solidi destinati ad usi elettrici e termici e biocarburanti liquidi per autotrazione e riscaldamento) e, successivamente, sul coinvolgimento di amministrazioni locali e imprenditori agricoli e industriali in progetti pilota regionali e interregionali a carattere dimostrativo (Programma Nazionale Biocombustibili PROBIO del 2000, tuttora attivo).
Ciononostante, il processo di trasferimento dei poteri in materia energetica alle Regioni, avviato a cavallo del nuovo millennio, sta ancora scontando l’assenza di un piano nazionale che stabilisca indirizzi, regole e obiettivi; ne conseguono conflitti di competenze, barriere tecnico-amministrative, prima fra tutte la complessa procedura di autorizzazione a livello locale, e barriere finanziarie, quali gli elevati costi di allaccio alla rete di distribuzione elettrica. Appare chiaro che per conseguire gli obiettivi comunitari, l’Italia, come ogni Stato membro, deve imprimere una svolta decisiva alla propria politica energetica nel senso di un sostanziale potenziamento dell’uso di energia rinnovabile in tutti i settori. Per la completa adozione dei meccanismi di Kyoto e degli interventi mirati sulle variabili energia “verde”, forestazione, edilizia sostenibile e trasporti, infatti, sono necessarie sia procedure di autorizzazione semplici, snelle e territorialmente omogenee sia miglioramenti nei meccanismi di pianificazione in modo che le Regioni e i Comuni siano obbligati ad assegnare ubicazioni adeguate per le energie rinnovabili e integrare queste ultime nei piani regionali e locali.

Gli strumenti per la valorizzazione energetica delle biomasse

La valorizzazione energetica delle biomasse agro-forestali rappresenta uno dei punti cardine della strategia nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare di anidride carbonica, in un contesto più ampio di diversificazione delle fonti di energia per ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, che rappresentano l’85% del fabbisogno energetico italiano (Tabella 1). Negli ultimi anni, i principali strumenti nazionali per valorizzare a fini energetici le biomasse sono stati i seguenti:

  • accesso prioritario al sistema di distribuzione dell’energia elettrica concesso all’elettricità fornita da impianti che utilizzano biomasse solide e biogas che hanno ottenuto dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) la qualifica di Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili (IAFR);
  • utilizzo di Certificati Verdi scambiabili che attestano l’avvenuta produzione di una certa quantità di elettricità tramite l’impiego di fonti energetiche rinnovabili;
  • sovvenzioni per la produzione di bioetanolo;
  • esenzioni fiscali per la produzione di biodiesel;
  • finanziamenti a bando per lo sviluppo e la valorizzazione a fini energetici di biomasse, concessi a imprese agricole, ditte boschive e operatori forestali nell’ambito dei Piani energetici ambientali regionali, dei Piani forestali regionali, dei Piani di Sviluppo Rurale (PSR) e di programmi nazionali per la ricerca, programmi pilota e iniziative di filiera.

Si tratta di un insieme di incentivi per la valorizzazione delle biomasse a fini energetici piuttosto articolato e avviato da tempo, che ha risentito, tuttavia, dell’assenza di un quadro programmatico chiaro e della mancanza di armonizzazione e divulgazione delle misure delle amministrazioni statali (ministeri), spesso con il rischio di inutilizzo degli incentivi.

Tabella 1 – Bilancio energetico nazionale, 2005

Fonte: Ministero dello Sviluppo economico - Osservatorio Statistico Energetico, 2006

Gli usi delle biomasse per fini energetici

La produzione lorda di energia da biomassa (comprendente legna e assimilati, biocombustibili e biogas) è stimata intorno ai 3 Mtep; i consumi effettivi delle biomasse a fini energetici potrebbero essere sottostimati dai bilanci energetici nazionali per la presenza di utilizzatori domestici e per la disponibilità e il conseguente impiego di residui di lavorazione del legno nei processi industriali, entrambi di non facile rilevazione statistica (APAT). Se poi si considerassero le quantità effettivamente disponibili di biomassa (residui agro-industriali, industria del legno, residui forestali e colturali), si stimano 21 milioni di tonnellate disponibili su 15 effettivamente utilizzati (ITABIA, 2003); in tal caso i dati “ufficializzabili” potrebbero far emergere un contributo maggiore della filiera bosco-energia al fabbisogno energetico italiano.
Gli utilizzi delle biomasse agro-forestali a fini energetici (Tabella 2) interessano il riscaldamento domestico, l’elettricità e la produzione di biocarburanti. Tuttavia, nonostante la presenza di impianti e infrastrutture industriali, a fronte di approvvigionamenti esteri più competitivi si registra una sensibile importazione di biomassa da residui (cippato) per la produzione di calore ed elettricità su larga scala e di materie prime (oli vegetali) per la produzione di biocarburanti. Su scala locale, risultano consolidate filiere corte ligneo-cellulosiche in diverse Regioni per effetto di incentivi statali (PROBIO), con impianti termici aziendali o di fabbricato e con progetti pilota di impianti di cogenerazione (la tecnologia per produrre calore ed elettricità mediante un unico processo) e teleriscaldamento (riscaldamento congiunto per piccole utenze, generalmente intorno alle 150 unità) che si sono trasformati in realtà operative di eccellenza in alcuni piccoli o piccolissimi centri urbani e rurali, vicini alle aree di produzione della biomassa.

Tabella 2 - Gli usi finali della biomassa agro-forestale a livello nazionale
 
Fonte: elaborazioni su monitoraggio Mipaaf, Commissione biomasse, 2006

Riscaldamento e biocarburanti

La biomassa legnosa (cedui a corta rotazione, legna da ardere, potature, ecc.) è una delle principali fonti “storiche” per la produzione di energia rinnovabile, con benefici economici maggiori per impianti di piccola taglia e con bacini di approvvigionamento locali; essa rappresenta un mercato in espansione, soprattutto per la domanda di pellet e cippato per caldaie domestiche, con possibilità per l’azienda agricola e forestale di trasformazione per l’autoconsumo e/o su scala locale (filiera corta). La biomassa ligneo-cellulosica, inoltre, ha un bilancio energetico relativamente alto a fronte di un basso impatto ambientale (mantenimento della fertilità del suolo, temporaneo sink di carbonio) e presenta sinergie con la gestione della superficie a boschi da parte della Pubblica Amministrazione o di altri Enti pubblici.
L’espansione delle colture energetiche (legnose ed erbacee), a fronte di un premio PAC poco remunerativo (45€/ha), risente di vincoli strutturali ed economici a livello territoriale (parcellizzazione delle superfici, ridotte dimensioni aziendali, diverse condizioni pedoclimatiche) che si traducono in difficoltà nel definire i modelli di calcolo delle superfici coltivabili e delle colture o combinazioni di colture. La recente normativa UE e nazionale assegna vantaggi economici alle imprese agricole se la destinazione d’uso delle colture è per autoconsumo a scopo termico, con la trasformazione in azienda dei semi oleosi in olio grezzo attraverso un processo di estrazione e transesterificazione relativamente semplice (piccoli impianti a costi contenuti). Per le colture zuccherine e amidacee la tecnologia della fermentazione appare invece più articolata e costosa (impianti di grosse dimensioni, personale formato), mentre la vendita si inserisce in uno scenario di riferimento complesso in cui interagiscono una serie di fattori che vanno dai contratti di fornitura, alla logistica, agli equilibri e criticità economiche macro-territoriali.
Un input allo sviluppo dell’utilizzo di materia prima nazionale per la produzione di biodiesel proviene dal primo contratto quadro nazionale sottoscritto nel gennaio 2007 tra associazioni agricole, Copagri, Unione Seminativi, Assitol, Assobiodiesel e Assocostieri con l’obiettivo di estendere la coltivazione a fini energetici di colza, girasole, brassica e soia su 240.000 ettari nel 2010, assicurando agli agricoltori che stipuleranno i singoli contratti di coltivazione criteri di preferenzialità nei bandi pubblici e nei PSR per interventi per la promozione e commercializzazione dei prodotti energetici.

Energia elettrica

Lo sviluppo delle biomasse per la produzione di energia elettrica su larga scala è piuttosto recente, sia per la mancanza di informazione e consapevolezza sulle bioenergie, sia per le caratteristiche del mercato nazionale dell’energia (liberalizzato dal 1° luglio 2007), sia per la politica di supporto che solo da pochi anni è passata da incentivi riconosciuti in tariffa (modello CIP 6/92) a un sistema di mercato basato sui Certificati Verdi (CV). L’energia producibile da impianti alimentati a biomasse, biogas e rifiuti (Tabella 3) copre circa il 25% del totale prodotto dagli impianti alimentati a fonti rinnovabili. Nel 2006, l’immissione nel sistema elettrico della quota obbligatoria di energia rinnovabile o di Certificati Verdi equivalenti è stata pari al 3,05% dell’energia prodotta da fonti convenzionali, import incluso.

Tabella 3 - Impianti con qualifica IAFR alimentati a biomasse, biogas e rifiuti

Fonte: GSE

La produzione di energia elettrica su piccola scala, invece, si è rivelata da qualche anno un’esperienza economicamente vantaggiosa per gli agricoltori, nonché un contributo nazionale alla produzione di energia rinnovabile e alla riduzione di nitrati. Dalla trasformazione dei reflui zootecnici in biogas mediante impianti semplificati di piccole e medie dimensioni si possono ottenere, a costi contenuti, energia termica ed elettrica per autoconsumo (con esenzione dall’accise per effetto della legge 81/06) o vendita su base locale, nonché sottoprodotti solidi e liquidi (concime). Per la produzione di biogas in azienda possono essere impiegate, per effetto della riforma PAC, anche biomasse vegetali appositamente coltivate allo scopo; tuttavia, la codigestione appare interessante nel caso di gestione consortile interaziendale che coinvolge più aziende o grandi allevamenti, perché consente di ottimizzare gli investimenti e la gestione delle risorse agricole. Alcuni elementi di criticità, legati innanzitutto alla complessità della normativa relativa alla gestione delle biomasse per il recupero energetico in impianti di digestione anaerobica, alle procedure di autorizzazione per l’allestimento degli impianti e per l’allacciamento alla rete elettrica nazionale, potranno essere smussati anche attraverso il meccanismo di revisione dei CV previsto dalla legge 296/06 (finanziaria 2007) e volto a valorizzare l’apporto di materia prima nazionale (Tabella 4).

Tabella 4 - La finanziaria 2007 per il settore biomasse

Le biomasse nella finanziaria e nel Piano del Governo

La finanziaria 2007 che attua, tra l’altro, gli obiettivi programmatici contenuti nel Dpef 2007-2011 in tema di fonti energetiche rinnovabili, ha definito un quadro organico di interventi per lo sviluppo della filiera agro-energetica, dall’agricoltura all’industria di trasformazione, da realizzare anche per il tramite di decreti attuativi, leggi collegate e deleghe all’esecutivo (Tabella 4), che pone i presupposti per l’attivazione e lo sviluppo di filiere che si realizzino su piccola scala e su base territoriale offrendo vantaggi al mondo agricolo.
Il decreto legislativo n. 26/2007, che ha completato la liberalizzazione del mercato energetico, il decreto legislativo n. 20/2007 di attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione e il “Piano nazionale sull’efficienza energetica, sulle energie rinnovabili e sull’eco-industria” che il Governo ha presentato il 19 febbraio 2007 ad integrazione e completamento delle misure in materia previste dalla finanziaria, offrono possibilità di interazione tra settore agricolo ed energetico per la valorizzazione delle biomasse. In particolare, considerato che la finanziaria 2007 riconosce come attività agricola oltre alla produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agro-forestali e fotovoltaiche, anche la produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, l’immediato punto di contatto tra mondo agricolo e industria energetica traspare nella possibilità di realizzare, a breve termine, piccole centrali elettriche a cogenerazione alimentate a biomasse (legna) e di produrre biocarburanti soprattutto in una logica di recupero degli scarti di produzione agricola, con la realizzazione di distillerie di bioetanolo e impianti per la produzione di biodiesel.

Conclusioni

La congiuntura climatico-energetica ha indotto negli ultimi anni la Commissione europea a ripensare alle proprie strategie, non solo in termini di riduzione della domanda di energia, promuovendo il ricorso a tecnologie più efficienti e sensibilizzando l’attenzione dei decisori politici e dell’opinione pubblica verso attente pratiche di consumo, ma anche di diversificazione degli approvvigionamenti, ricorrendo a forme di energia, e tra queste le biomasse agro-forestali, che si rigenerano attraverso processi naturali e sostenibili. Nei recenti documenti di riflessione, di proposte e di azione emergono tre obiettivi:

  • la sicurezza dell’approvvigionamento e la diversificazione del mix energetico;
  • la competitività dell’economia e la disponibilità di energia a prezzi accessibili;
  • lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici.

Questi obiettivi, ancorché prioritari e imprescindibili per lo sviluppo socio-economico e il benessere di ciascun Paese, necessitano di un approccio strategico integrato e di uno spirito di piena solidarietà tra Stati membri, con una visione a lungo termine delle proprie politiche.
Allo stato attuale, il nostro Paese sta elaborando i dettagli di meccanismi di supporto più ambiziosi per lo sviluppo e lo sfruttamento delle biomasse a fini energetici e, allo stesso tempo, sta puntando ad orientare la domanda verso comportamenti più rispettosi dell’ambiente e più sensibili alla questione del risparmio energetico. Il bilancio complessivo sulle biomasse ad uso energetico è quello di un settore di forte interesse, in uno scenario normativo e di mercato in evoluzione.
Lo sviluppo di progetti efficienti per la valorizzazione energetica delle biomasse tende a coinvolgere un vasto numero di attori e ad essere caratterizzato da un iter complesso; l’organizzazione di filiera per le biomasse incontra, tra le maggiori difficoltà, quella di riuscire a mettere in piedi consorzi o associazioni di impresa tra produttori agricoli, industriali e imprese di servizi per la fornitura e prima lavorazione delle biomasse, la gestione e la manutenzione degli impianti, la distribuzione dell’energia.
In sostanza, occorre attivare una serie complessa di relazioni sul territorio con un’idonea ripartizione dei compiti delle Regioni riguardo alla programmazione e al coordinamento degli interventi di sostegno di tipo finanziario, soprattutto su scala locale, migliorando l’efficacia di tutti gli strumenti disponibili alla luce anche degli ultimi provvedimenti del Parlamento e del Governo per lo sviluppo della filiera agro-energetica. E’ importante però che questi interventi siano adeguatamente supportati da azioni di divulgazione e di assistenza tecnica per tutti quei soggetti, sia pubblici che privati, che entrano in qualche modo a far parte del sistema agricoltura-foreste-energia-ambiente.

Riferimenti bibliografici

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  • UN-Energy (2007), Sustainable Bioenergy: a framework for decision makers, Maggio.
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