La cooperazione forestale nelle Marche: l’esperienza del Consorzio Marche Verdi

La cooperazione forestale nelle Marche: l’esperienza del Consorzio Marche Verdi

Introduzione

Il Consorzio Marche Verdi è un consorzio che raggruppa 23 cooperative forestali che operano nella regione Marche. Fondato nel 1993 dopo un lungo lavoro di incontri tra le varie cooperative, nasce fondamentalmente da una domanda pubblica. Difatti, le Marche restano l'unica regione (assieme all'Emilia Romagna) nella quale nessun ente pubblico ha alle proprie dipendenze maestranze forestali in conduzione diretta, sebbene, come tutte le altre Regioni, abbiano la necessità di provvedere alla manutenzione del territorio (cura dei boschi, lotta antincendio, sistemazioni idrauliche ecc.). Questo è stato il motivo per cui, anche dietro sollecitazione da parte degli stessi enti pubblici, si è deciso di mettere in piedi, in modo unitario, un organismo che rappresentasse le decine di cooperative sorte verso la fine degli anni Settanta come risultato di un processo di privatizzazione di servizi precedentemente svolti da operai e braccianti dipendenti stagionali del Corpo Forestale dello Stato. Fu quella una soluzione utile per assicurare il mantenimento di personale con cui far fronte alle necessità relative alla manutenzione del territorio impegnando, al contempo, i finanziamenti europei in maniera efficace.

L’evoluzione della tipologia di interventi e dell’organizzazione cooperativa forestale

Dalla comparsa delle cooperative forestali nelle Marche ad oggi, i lavori forestali sono molto cambiati. Nell’arco di 25 anni, le attività forestali hanno beneficiato degli aiuti previsti da diversi regolamenti comunitari (si pensi ad esempio ai PIM e al regolamento sullo sviluppo rurale), ciascuno dei quali sosteneva una politica forestale avente finalità e modalità applicative differenti. Si è passati quindi dai rimboschimenti degli anni Ottanta agli interventi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità del bosco, alla difesa del suolo e, anche se timidamente, a risolvere le questioni legate alla firma del Protocollo di Kyoto. Una grande evoluzione che è partita da una visione “produttivistica” delle foreste e della risorsa legno per giungere ad un approccio attento alla sostenibilità degli interventi e sempre più orientato alla valorizzazione delle risorse naturali e degli aspetti multifunzionali del bosco.
Anche il Centro Servizi per le Attività Forestali Associate del Consorzio, istituito nel 1995 con il supporto dell’Unione Europea, ha contribuito a questo cambiamento di approccio, favorendo, in maniera fattiva, tutte le scelte di programmazione forestale che hanno dotato la Regione Marche di importanti strumenti di pianificazione e fornito un impulso ad una gestione corretta del patrimonio agro-silvo-pastorale.
Oltre alla tipologia di interventi forestali anche l’organizzazione delle cooperative è cambiata notevolmente. Il cambiamento più evidente ha riguardato la manodopera. Mentre 25 anni fa era costituita nella maggior parte da figure legate ancora al tradizionale mondo agricolo, che trovavano nell’attività forestale una forma di integrazione al reddito, con il passare degli anni, sia per condizioni anagrafiche e di abbandono dell'attività agricola sia per lo spopolamento dei centri montani e delle aree interne, l'attività dell'operatore forestale, in considerazione anche della maggiore specializzazione richiesta alle maestranze, è divenuta sempre più una attività a tempo pieno, svolta da persone più giovani. Se oggi l'età media degli agricoltori nella regione rasenta i 60 anni, quella degli operatori forestali è infatti intorno ai 40-45 anni.
Per svolgere l’attività forestale in modo sempre più continuo e professionale, le cooperative, anche utilizzando i programmi europei per migliorare l'efficienza e la sicurezza nel lavoro, hanno investito nella formazione e nella meccanizzazione, ampliando e “professionalizzando” le maestranze verso nuove attività come l'ingegneria naturalistica, la gestione di emergenze e ripristini ambientali e la manutenzione dei corsi d'acqua.
Negli anni più recenti, le cooperative si sono confrontate positivamente con l’economia delle aree montane, bisognose della massima integrazione con tutte le opportunità ambientali, culturali e turistiche che il territorio è in grado di offrire. Ne sono una riprova le numerose esperienze nel campo dell’educazione ambientale e del turismo naturalistico, attraverso la gestione diretta di strutture come ostelli, rifugi e country house.
Da questo punto di vista, il Consorzio Marche Verdi cerca di concertare una duplice azione. La prima consiste nel mettere in rete e raccordare le nuove attività economiche turistico-ambientali con quelle ormai consolidate della selvicoltura. La seconda è quella di presentarsi come interlocutore unitario agli enti montani.
Le cooperative forestali offrono oggi un importante contributo allo sviluppo sostenibile, in sinergia con i vari attori territoriali. Questo contributo si è concretizzato, fra le altre cose, con l’introduzione di diverse leggi e normative a livello sia regionale che nazionale. Si fa qui riferimento alla Legge 97/94 con l'art. 17 che ha come titolo “Incentivi alla pluriattività”, al Decreto Legislativo 227/2001 con il quale si è riconosciuta alla cooperativa forestale la figura di imprenditore agricolo e, a livello regionale, alla L.R. 35/97 sulla montagna (che recepisce la legge 97/94) per il consolidamento e lo sviluppo dell'occupazione, con conseguente istituzione del fondo regionale a favore della montagna. A queste si aggiunge la firma della Carta di Fonte Avellana (Bolognini, 2006), che rappresenta un vero e proprio patto tra le forze politiche e sociali della regione Marche per lo sviluppo delle attività nelle aree montane.

Dal Consorzio Marche Verdi al Consorzio Appennino Vivo d'Europa

Il Consorzio Marche Verdi è nato dall’incontro di cooperative preesistenti con lo scopo di mettersi in rete. Questa modalità di lavoro e di collaborazione sperimentata nelle Marche è stata esportata anche a livello nazionale attraverso l’aggregazione di operatori fuori regione.
Una prima aggregazione ha riguardato il Consorzio Marche Verdi e altre due strutture consortili, il consorzio abruzzese “Colafor”, simile come struttura e realtà operativa al Consorzio Marche Verdi, e la cooperativa toscana “DREAM Italia”, composta di professionisti in campo ambientale e forestale. Nel 1996, infine, è stato costituito il Consorzio Appennino Vivo Europa, frutto di un lavoro svolto a livello nazionale dalle organizzazioni di rappresentanza delle cooperative, in collaborazione con i sindacati, le organizzazioni professionali agricole, i ministeri, i parchi e le loro associazioni. Oggi questo ente associa 16 delle cooperative e dei consorzi più rappresentativi di nove regioni italiane.

La cooperazione forestale e la programmazione finanziaria

Nonostante i notevoli progressi raggiunti sul piano legislativo, culturale e di riconoscimento del settore (si pensi ad esempio alla Legge Forestale e alla pianificazione forestale), purtroppo è mancata una coerente programmazione finanziaria. L'incertezza dei tempi di impegno e di spesa delle risorse comunitarie ha costituito un freno al consolidamento dei posti di lavoro ed è stato un limite alla programmazione della formazione e degli investimenti in attrezzature, che avrebbero migliorato sia il livello di qualità delle operazioni svolte che quello della sicurezza degli operatori.
L’auspicio è che il nuovo assetto organizzativo regionale possa sanare questo ritardo affinché, con una migliore programmazione, si possa inscrivere il settore forestale tra i settori in grado di fornire una risposta concreta e duratura al problema dello spopolamento nei territori montani e garantire il mantenimento di mestieri indispensabili per la cura, il presidio e la manutenzione del territorio, cercando, al contempo di sfruttare anche le nuove opportunità offerte dalla filiera legno-energia. Sebbene la Regione Marche disponga di diversi strumenti di pianificazione (si pensi al PAI, al PPAR o al Piano Agricolo Regionale), un ulteriore problema è che questi strumenti, che rispondono a specifiche esigenze e priorità, vengono applicati separatamente quando invece dovrebbero essere impiegati congiuntamente per favorire lo sviluppo territoriale. Se ad esempio vi è la necessità di intervenire su un'asta fluviale per la sua regimazione idraulica e quel corso d'acqua insiste in un ambito territoriale per cui una sua cura ulteriore ne permetterebbe una fruibilità e valorizzazione dal punto di vista ambientale e naturalistico, gli interventi dovrebbero esser realizzati nello stesso momento, utilizzando sinergicamente le risorse finanziarie, anche se facenti capo a capitoli di spesa differenti.
I nuovi strumenti comunitari sembrerebbero offrire la possibilità e lo scenario per questo nuovo approccio alla manutenzione, cura e valorizzazione del territorio, prospettando progetti capaci di integrare i differenti strumenti di programmazione e i vari livelli istituzionali e di utilizzare al meglio le risorse umane che nello stesso territorio vivono ed operano. Le risorse finanziare e la loro programmazione sono il motore di questo percorso che, d'altra parte, non si esaurisce con l'utilizzo di quelle stesse risorse. Occorre infatti attivare percorsi ed attività che, nel medio periodo, diventino autonomi finanziariamente. E’ necessaria quindi una programmazione finanziaria certa e continua con risorse finanziarie pubbliche destinate ad investimenti in risorse naturali che abbiano ricadute di carattere pubblico e che non siano assistenziali. Questo è possibile mediante la realizzazione e il sostegno di progetti verificabili e misurabili sia nella loro messa in opera che per i benefici che esprimono; ovverosia progetti capaci di produrre lavoro e benessere collettivi e in grado di stimolare, nei territori più svantaggiati, un'imprenditoria sana e radicata.

Riferimenti bibliografici

  • Bolognini T. (2006), “La carta di Fonte Avellana e l'orologio delle montagne”, AGRIREGIONIEUROPA, n. 6, anno 2, settembre, pp. 58-59.
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