Luci e ombre della cooperazione vitivinicola in Abruzzo

Luci e ombre della cooperazione vitivinicola in Abruzzo

Il settore vitivinicolo in Abruzzo

Il settore vitivinicolo riveste un’importanza rilevante nell’economia Abruzzese, così come nel costruire l’immagine territoriale e paesaggistica della regione e la percezione che della regione si ha all’esterno.
Il valore della produzione vitivinicola del 2004 è stata pari a 183 milioni di Euro, che rappresentano il 16% del valore della produzione agricola regionale, la quota più elevata tra le regioni italiane e più che doppia rispetto alla media nazionale (Pascetta, 2005); il trend produttivo degli ultimi dieci anni ha visto un incremento medio annuo in valore del 4% (Giampaolo, 2005).
A livello quantitativo la produzione è stata di 3,6 milioni di ettolitri, collocando l’Abruzzo al quinto posto tra le regioni italiane. La provincia di Chieti, con circa 3 milioni di ettolitri, rappresenta l’80% della produzione regionale ed è (con Trapani e Verona) una delle principali province vinicole d’Italia.
Dal punto di vista territoriale la superficie vitata è di circa 37 mila ettari, con un peso dell’8% sulla SAU, ma la sua concentrazione nelle aree della collina litoranea e in parte della collina interna fa sì che in alcuni comuni la vite copra quote superiori all’80% della SAU ed in molti le percentuali siano comunque superiori al 30%.
Una così elevata presenza della vite è riflessa dal numero di aziende, che sono oltre 34 mila. Tra le aziende specializzate nella viticoltura (9 mila) la dimensione media è di 3,1 ettari; l’83% delle aziende specializzate in vini non di qualità si colloca però nella fascia al di sotto dei 9.600 Euro di reddito lordo standard, mentre la percentuale scende al 51% per le aziende che producono vini di qualità.

Il ruolo delle “cantine sociali”

Una così elevata polverizzazione del settore produttivo chiama direttamente in causa la struttura della trasformazione. Non abbiamo a disposizione il dato specifico per le imprese viticole, ma sappiamo dai censimenti che quasi la metà delle aziende specializzate nelle colture permanenti (nella regione principalmente olivo e vite) non produce per la vendita ma solo per l’autoconsumo.
Le imprese di trasformazione sono solo 184 a livello regionale (Pascetta, 2005), di cui 40 sono imprese cooperative. Le cantine sociali sono il perno del sistema produttivo, trasformando una quota molto elevata del prodotto: l’87% del vino da tavola (contro il 56% a livello nazionale), l’89% del vino IGT (contro il 69%) e il 79% del vino a denominazione di origine (contro il 49%). Questo sistema ha il proprio centro in particolare nella provincia di Chieti, dove sono concentrate 34 cantine, mentre nelle altre province i vitivinicoltori assumono un’importanza maggiore; le imprese industriali di sola trasformazione sono invece quantitativamente meno importanti.
La cooperazione riveste, pur non raggiungendo le stesse percentuali abruzzesi, un ruolo primario nell’ambito della produzione nazionale di vino; basti pensare che le tre principali imprese nazionali (Caviro, Gruppo Italiano Vini e Cavit) sono di natura cooperativa (localizzate rispettivamente in Romagna, Veneto e Trentino).
Il ruolo delle cantine sociali risulta fondamentale nella concentrazione della produzione: sempre in provincia di Chieti vi sono oltre 13 mila soci conferitori (su circa 20 mila aziende), con una superficie media di meno di due ettari per azienda, tutti soggetti che avrebbero scarsissime possibilità di arrivare sul mercato a anche di dedicarsi alla trasformazione in proprio.
Questo ruolo di grande rilevanza va però confermato alla luce della capacità effettiva della cooperazione di valorizzare il prodotto, quindi di creare un valore aggiunto con l’attività di trasformazione e commercializzazione che sia in grado di remunerare adeguatamente i conferimenti dei soci. Soci che potenzialmente, partecipando attivamente alla definizione delle strategie dell’impresa, potrebbero rivestire un ruolo ben diverso rispetto agli agricoltori non vinificatori, costretti a vendere il proprio prodotto alle cantine industriali ai prezzi stabiliti dal mercato.

Le strategie delle cantine sociali e la valorizzazione del prodotto

Purtroppo questo potenziale così elevato non risulta effettivamente sfruttato. La percentuale di vino a denominazione d’origine è in regione pari a circa il 28%, una cifra paragonabile alla media nazionale ma molto inferiore alla media delle regioni del Centro Nord.
Vitivinicoltori e cantine sociali hanno, rispetto alla produzione di vino di qualità, atteggiamenti molto diversi: sempre in provincia di Chieti, mentre la produzione delle cantine sociali è per il 73% di vino da tavola e per il 22% di vino a denominazione d’origine, i produttori/trasformatori producono per il 44% vini di qualità e solo per il 49% vini da tavola.
Ancora più significativo è il dato relativo alla commercializzazione del prodotto (riguarda i soci del Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo, che raccoglie però quasi il 70% della produzione regionale e la gran parte delle imprese cooperative): il vino commercializzato sfuso dalle cantine sociali è pari all’86% del totale, percentuale che sale al 97% per il vino da tavola e rimane molto rilevante anche per il vino DOC (79%). Questo prodotto è venduto per la maggior parte ad imbottigliatori esterni, che si occupano di collocarlo sul mercato (anche il vino a denominazione d’origine!); le cooperative non riescono quindi a svolgere, di fatto, tranne poche anche se importanti eccezioni, quella funzione di integrazione verticale della filiera produttiva che potrebbe permettere di valorizzare il prodotto attraverso un suo adeguato posizionamento sul mercato.
Diverso il comportamento dei produttori privati che invece imbottigliano l’85% della loro produzione, senza sostanziali differenze tra vino da tavola e vino DOC, facendo pensare che anche la parte di prodotto venduta sfusa sia finalizzata a raggiungere una fascia di consumatori regionali orientati all’acquisto diretto in azienda, più che a servire altre imprese di imbottigliamento. Sui collegamenti all’interno della filiera vinicola regionale però l’analisi1 è ancora in corso, finalizzata ad approfondire proprio le relazioni tra imprese di produzione e di confezionamento, sia in regione che fuori regione, e in generale ad analizzare le strategie di commercializzazione delle imprese.
Questa situazione persiste nonostante le cantine sociali abbiano messo in atto negli ultimi anni un rilevante sforzo di adeguamento, in termini di ammodernamento delle strutture produttive e di miglioramento della qualità del prodotto, testimoniato dall’aumento della percentuale di produzione di vino DOC e IGT. Questo impegno ha mostrato lo sviluppo di un “orientamento al prodotto”, che non si è trasformato però in una maggiore attenzione al mercato e alle strategie di commercializzazione e valorizzazione del prodotto stesso.
I risultati, in termini di competitività e di reddito, in molti casi non hanno quindi premiato questi investimenti e le aziende si trovano oggi di fronte alla scarsa possibilità di collocare sul mercato i propri prodotti a prezzi remunerativi.
Un ulteriore effetto di questa carenza nella commercializzazione del vino abruzzese si riscontra nella percezione dei consumatori; in una recente indagine realizzata da Eurisko (2005) il vino Montepulciano d’Abruzzo DOC, pur godendo di una certa notorietà “spontanea” (è un nome conosciuto), non riesce ad avere una propria riconoscibilità sul mercato (specialmente nel Nord Italia) ed assume un posizionamento di livello basso nel panorama dei vini nazionali. Singole realtà di eccellenza si sono differenziate dalla posizione media attraverso proprie politiche di marca, ma un intervento di sistema in grado di valorizzare l’immagine complessiva del prodotto non è stato ancora realizzato in modo compiuto; e su questo, data l’elevata importanza nel contesto regionale, le strategie delle imprese cooperative hanno avuto ed hanno tuttora un peso rilevante.
L’elevata potenzialità del sistema cooperativo, in termini di aggregazione dell’offerta e superamento delle piccole dimensioni aziendali, non ha permesso un’effettiva valorizzazione del prodotto, consentendo il formarsi in Abruzzo di un sistema dualistico con forti differenze tra imprenditori privati e mondo cooperativo. Gli investimenti realizzati hanno portato senz’altro ad un miglioramento qualitativo del prodotto, ma è stato trascurato nella maggior parte dei casi l’approccio al mercato, per cui il sistema cooperativo non è riuscito fino ad ora ad assicurare una adeguata valorizzazione dei conferimenti dei soci.

Riferimenti bibliografici

  • Pascetta C. (2005), “Il settore vitivinicolo in Abruzzo”, Congiuntura Economica Abruzzese, CRESA n. 1-2 2005
  • Gianpaolo A. (a cura) (2005), Valutazioni sull’andamento dell’annata agraria in Abruzzo 2004, INEA Sede regionale per l’Abruzzo, Pescara.
  • EURISKO (2005), “Il Montepulciano e le altre DOC abruzzesi: il punto di vista del consumatore qualificato e della distribuzione”, relazione al convegno Il consorzio di tutela dei vini d’Abruzzo, missione, obiettivi strategici, progetti di sviluppo, Francavilla, giugno 2005.
  • 1. Indagine in corso di realizzazione da parte dell’unità di ricerca in Economia agroalimentare del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Teramo
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